martedì 8 giugno 2021

Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)



IL LAVORO NELLA RIFLESSIONE ECONOMICO-POLITICA
Ciclo di lezioni aperte al pubblico del Corso di perfezionamento in Teoria critica della società. promosso da Casa della cultura e Università degli Studi Milano-Bicocca




Quarta lezione - Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore: 

                                                                         
Leggi anche:

Il Capitale come Feticcio Automatico e come Soggetto, e la sua costituzione. - Sulla (dis)continuità Marx-Hegel. - Riccardo Bellofiore -

La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore -

Le contraddizioni delle soluzioni “keynesiane” al problema della disoccupazione e la sfida del “piano del lavoro” - Riccardo Bellofiore

Marx e la fondazione macro-monetaria della microeconomia - Riccardo Bellofiore

Crisi capitalistica, socializzazione degli investimenti e lotta all’impoverimento - Riccardo Bellofiore, Laura Pennacchi

H.G. Backhaus e la dialettica della forma di valore - Riccardo Bellofiore, Tommaso Redolfi Riva

Tra Schumpeter e Keynes: l’eterodossia di Paul Marlor Sweezy e l'ortodossia di Paul Mattick - Riccardo Bellofiore -

KEYNESISMO E MARXISMO A CONFRONTO SU DISOCCUPAZIONE E CRISI - Domenico Moro

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

CHE COS'È IL VALORE? - Giorgio Gattei* 

Vedi anche: Il Capitale dopo 150 anni. C'è vita su Marx? - Riccardo Bellofiore 

Sulla “Nuova lettura di Marx”*- Riccardo Bellofiore 


domenica 6 giugno 2021

"Covodio" - Aristide Bellacicco


 

Aristide Bellacicco (Medico) fa parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni"

Leggi anche: Epidemia e potere - Aristide Bellacicco

IL COVID-19 BUSSA ALLA PORTA DELLA BARBARIE, NON DEL SOCIALISMO. - Paolo Ercolani

ECON-APOCALYPSE: ASPETTI ECONOMICI E SOCIALI DELLA CRISI DEL CORONAVIRUS* - Riccardo Bellofiore 

Stiamo vivendo la prima crisi economica dell’Antropocene - Adam Tooze 

- Un culto di morte -

"Covodio"

Epidemiologi al secondo posto

al terzo stanno gli infettivologi 

che se la battono con i virologi

e gli statistici

ma chi c'è al primo?

Mascherinistici e distanziologi,

esperti in balistica degli sputi,

amuchinomani, manocuoristi

e ancora i gomitosalutisti

ma chi sta in testa?

No-mask, no-sex, no-vax, 

gli eroi di divani e sofà

e lo sterminio nelle RSA.

Coronascettici e complottomani,

ma chi è che vince tutte le mani?

Xenocinofobi, biopoliticanti, Leviatani,

numeratori, sottrattori, teorici

Covinternazionalisti, sfebbratori,

ristorattori e youtubbastri

ma chi prevale lassù negli astri?

Virusoubrettes, cantabalconi,

zizekkisti, spilloversaggi,

antropocenici puntaindici,

catastrofisti, menefreghisti,

cronometristi contatamponi

ma chi galleggia più su di tutti?

Pseudostatisti, vivatrumponi,

mortalitometri, confrontazionisti,

occhiopennini, necrologiomani,

tuttappostologi e terroristici

ignorantipici

ma chi è chi ride su al piano attico?

Non certo i morti sotto la terra

nè i vivi sopra, poco più in alto,

e sui barconi e sui barchini c'è gente

seria da far paura che anche lo scherzo

non fa più presa. 

Ma resti intesa

la verità la più schifosa:

dei contasoldi, plusvalorofagi,

percentualisti, borsanottambuli,

naziazionisti e finanzmafietti

capitaloschi e bigfarmacisti

e infine gli eurocravattaracci

nessun di questi ci ha perso un dollaro

né il posto fisso né gli altri averi

ed in remoti superquartieri

hanno vissuto puri e sicuri

ma hanno intascato dei gran denari

da questa strage di proletari.



Altri Brevi racconti dello stesso autore:
 

sabato 5 giugno 2021

Vedendo il linguaggio e chi lo usa - Tullio De Mauro

Da: Nuovoeutile - Annamaria Testa -Tullio De Mauro è stato un linguista, lessicografo, accademico e saggista italiano, ministro della pubblica istruzione dal 2000 al 2001. 


                                                                              

venerdì 4 giugno 2021

Hegel, la storia universale della libertà - Salvatore Natoli

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Salvatore Natoli Ha insegnato logica alla Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università Ca' Foscari di Venezia e Filosofia della politica alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano. Attualmente è professore ordinario di Filosofia teoretica presso la Facoltà di scienze della formazione dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca

                                                                           


Vedi anche: 
Dall’essere all’idea. Le articolazioni decisive della "Logica" di Hegel - Paolo Vinci 

LA LEGGE LA LIBERTA' LA GRAZIA - Remo Bodei, Antonio Delogu

Hegel: lo Stato perfetto (e la spina di Marx) FILOSOFIA E VITA PUBBLICA - Fulvio Papi 

"La fenomenologia dello spirito nel pensiero si Hegel" - Francesco Valentini (https://www.teche.rai.it/1990/06/la-fenomenologia-dello-spirito-nel-pensiero-hegel/)

Leggi anche: SULLA VORREDE HEGELIANA - Stefano Garroni 

Alexandre Kojéve, Introduzione alla lettura di Hegel (Fenomenologia dello Spirito) - Silvio Vitellaro 

Da Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla Maria Fabiani

Il lato inquieto dello spirito. Osservazioni su alcuni momenti della filosofia dello spirito jenese di Hegel [1] - Carla Maria Fabiani

CRITICA” TRA HEGEL E MARX - Roberto Fineschi

NOTE SUI SIGNIFICATI DI “LIBERTÀ” nei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel*- Vladimiro Giacché**

HEGEL - IL SISTEMA - Antonio Gargano

Danaro, lavoro, macchine in Hegel - Remo Bodei

mercoledì 2 giugno 2021

Crisi storiche e naturalismo capitalistico - Stefano G. Azzarà


Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020 (vol. IX), a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico) - Riproduciamo qui, con qualche lieve modifica, il primo capitolo del libro di Stefano G. Azzarà Pensare la pandemia. Universalismo astratto e sovranismo particolaristico di fronte allo stato d’eccezione, Mimesis, Milano 2020.
Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo. 



Le crisi acute mettono in evidenza le contraddizioni, le fragilità e linee di faglia di ogni società storica come di ogni sistema politico  e economico. In tutte le epoche, guerre su vasta scala, cadute repentine della produzione, eruzioni rivoluzionarie, terremoti, carestie ma anche epidemie hanno interrotto il normale funzionamento della vita delle nazioni e hanno sottoposto a stress imprevisti i loro assetti, conducendole a volte anche al collasso quando queste tensioni superavano  il livello di soglia e in  particolare quando  potevano  far leva su fratture profonde pregresse che sino a quel momento erano rimaste più o meno celate o erano state in qualche modo suturate. Così che sarebbe interessante completare l’indagine di Walter Scheidel sull’impatto livellatore e redistributivo dei «Quattro Cavalieri» – «guerre di massa, rivoluzioni trasformative,  fallimenti  degli  Stati  e  pandemie  letali» – indagando  «se  e  come»  la presenza di gravi forme di disuguaglianza sociale o altre asimmetrie abbiano potuto «contribuire a generare questi shock violenti»1. 

Sotto questo aspetto, le società capitalistiche, e tanto più quelle avanzate come la maggior parte dei paesi appartenenti alla civiltà occidentale, dovrebbero  comunque  dimostrarsi  in  linea  di  principio  avvantaggiate rispetto  alle società tradizionali o a quelle improntate a una diversa organizzazione della produzione e della riproduzione. Per quanto certamente più complesse delle formazioni sociali precedenti o di quelle concorrenti, come già Gramsci aveva compreso nel cartografare la loro «robusta catena di fortezze e di casematte»2 – una  complessità  che  per  il  suo  pluralismo,  oltretutto, viene  di  solito  fatta valere anche come una caratteristica positiva di fronte a possibili configura-zioni alternative e più centralizzate del legame sociale –, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra queste società hanno in gran parte superato il problema della sussistenza e dei bisogni primari su scala di massa. Inoltre, la razionalità tecnica e scientifica che presiede alla loro organizzazione, progettata vieppiù per adattarsi alle fluttuazioni improvvise dei mercati, dovrebbe essere in grado in linea di principio di reagire in maniera adattiva e persino proattiva ad ogni contingenza: in questo modo quantomeno, come ha fatto notare Richard  Sennet3, è stato con  insistenza promosso  nel corso di troppi  decenni alle nostre spalle il processo di «specializzazione flessibile» del lavoro sociale complessivo, al fine di sconfiggere tramite le «reti  aperte» i «mali della routine». E di rispondere, abituandosi a «cambiamenti improvvisi e decisi», alle esigenze di un’epoca che, si diceva, con la sua continua accelerazione dei ritmi di vita e di consumo e con i suoi problemi ogni giorno più globali imponeva una  sempre  nuova  ridefinizione just  in  time di  tutte  le  funzioni  sociali  man mano che le esigenze della società stessa mutavano, in risposta alla sua prepotente evoluzione interna come agli stimoli esterni (in realtà, per «ridurre il costo diretto e indiretto del lavoro»4 e per «ridurre il rischio d’impresa», avvertiva più prosaicamente Luciano Gallino). 

martedì 1 giugno 2021

Sraffa tra Ricardo e Marx - Riccardo Bellofiore

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)



IL LAVORO NELLA RIFLESSIONE ECONOMICO-POLITICA
Ciclo di lezioni aperte al pubblico del Corso di perfezionamento in Teoria critica della società. promosso da Casa della cultura e Università degli Studi Milano-Bicocca



Terza lezione "Sraffa tra Ricardo e Marx" - Riccardo Bellofiore:
                                                                           


lunedì 31 maggio 2021

Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it
Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. Collabora con https://www.lacittafutura.it - https://www.unigramsci.it

Leggi anche: Antisemitismo e antisionismo sono collegati tra loro? - Alessandra Ciattini 

Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri 

Chiarezza - Shlomo Sand

Israele/Palestina. Alle radici del conflitto - Joseph Halevi

Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina



 Ci sono ragioni oggettive per sostenere la lunga lotta del popolo palestinese che continua a essere massacrato sotto i nostri occhi.








Purtroppo tutti i mezzi di comunicazione non fanno che creare confusione e mistificazioni per impedirci di comprendere cosa sta succedendo in questi giorni drammatici in Medio Oriente. Per questo motivo ho deciso di indicare brevemente quali sono le ragioni per le quali noi stiamo dalla parte dei palestinesi e auspichiamo la loro autodeterminazione e indipendenza.

Prima ragione. Non siamo antisemiti, perché anche i palestinesi sono semiti, ma siamo antisionisti. Gli ebrei sono detti semiti per il semplice fatto che parlano una lingua, simile a quella araba, che fa parte della famiglia linguistica semitica. Dal momento che noi stiamo con i palestinesi e guardiamo con ribrezzo ai tutti i crimini di cui sono stati oggetto gli ebrei, non siamo antisemiti, ma (le parole contano e bisogna imparare a usarle) antisionisti. Questi ultimi costituiscono quel gruppo di individui di religione ebraica, inizialmente una minoranza, che sostiene di aver ricevuto gran parte del Medio Oriente direttamente da Dio e che considera cittadini dello Stato di Israele solo coloro che sono di religione ebraica. Queste pretese sono inaccettabili oltre che giuridicamente inammissibili.

sabato 29 maggio 2021

Svolta classista nella scuola sottomessa al capitale - Paolo Massucci

Da: https://www.lacittafutura.it - Paolo Massucci, Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni.

Leggi anche: La dura lotta intercapitalista - Paolo Massucci 

IDEOLOGIA CLASSISTA, SCUOLA CLASSISTA - Paolo Massucci 

LA START UP CHE FA ENTRARE NELLE FACOLTA’ A NUMERO CHIUSO” Paolo Massucci



Il capitalismo in crisi nel XXI secolo abbandona il pensiero liberaldemocratico, che aveva costituito l’ideologia prevalente nei paesi capitalistici più avanzati, per volgersi verso una ideologia elitaria in cui la vita di ciascuno è tenuta sempre più sotto controllo.



Nella mediocrità conformista dei nostri giornali, risalta un ottimo articolo di fondo sul “Corriere della Sera” del 4 maggio 2021 dal titolo Scuola: la nuova maturità con il curriculum sarà un po’ classista di Ernesto Galli della Loggia, stimato politologo e storico, di buon livello, ma da sempre considerato un conservatore, anzi, per l’esattezza, un liberale vicino alla destra economica. 

Nonostante la distanza ideologica con l’autore, questo articolo, che critica radicalmente l’introduzione del curriculum vitae dello studente come elemento di valutazione del diploma di maturità, si può profondamente condividere quasi in toto dal punto di vista culturale e della visione del mondo.

Pur concernendo un tema particolare, che può apparire minore, lo scrittore tratta in realtà una questione centrale e rappresentativa della visione della nostra società e del futuro che si prospetta. Insomma, ci si deve interrogare, come mai, leggendo l’articolo, ci si trovi sulla stessa lunghezza d’onda di un editorialista fondamentalmente di orientamento di destra.

venerdì 28 maggio 2021

Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri

Da: https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) e “l musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017)

Leggi anche: Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri 

I morti palestinesi, la censura di Facebook e l'ipocrisia di tutti - Alberto Negri


Informazione italiana. L’atteggiamento nostrano è questo: “Se ne riparlerà alla prossima eruzione”, come se Gaza e la Palestina fossero un fenomeno naturale, come Stromboli. Eppure anche lì il vulcano non dorme mai. E tutti hanno paura di morire, gli stessi che pubblicano i miei articoli.


Se non fosse per Michele Giorgio, inviato del manifesto a Gaza, sui media italiani sarebbe calato il silenzio più totale. L’atteggiamento nostrano è questo: “Se ne riparlerà alla prossima eruzione”, come se Gaza e la Palestina fossero un fenomeno naturale, come Stromboli. Eppure anche lì il vulcano non dorme mai. Ma le bombe e le loro vittime non sono fenomeni naturali: sono crimini di guerra. Ce lo dice Michelle Bachelet, alto commissario Onu per i diritti umani, secondo la quale i raid israeliani su Gaza possono costituire dei crimini di guerra e che pure Hamas ha violato le leggi umanitarie internazionali lanciando razzi su Israele.
Se c’è un inferno sulla terra è quello che ha investito le vite dei bambini palestinesi a Gaza, dice la signora Bachelet: i morti _ma il bilancio è ancora assai provvisorio _ sono stati 270 tra la Striscia, la Cisgiordania e Gerusalemme Est, di questi 68 sono bambini. Nonostante le dichiarazioni israeliane, non c’è nessuna prova che gli edifici sgretolati dai missili e delle bombe dello stato ebraico ospitassero gruppi armati o fossero usati per scopi militari. In poche parole, secondo l’Onu, il governo israeliano del premier Netanyahu ha giustificato con delle menzogne la morte di centinaia di civili che nulla avevano a che fare con il conflitto. Per questo al consiglio Onu dei diritti umani è partita una richiesta, appoggiata dagli stati musulmani, di insediare una commissione d’inchiesta per investigare su possibili crimini di guerra e stabilire le responsabilità.
Una cosa è certa: le bombe “intelligenti” israeliane non esistono, e tanto meno a Gaza. Ci sono certamente negli arsenali e si possono usare con estrema precisione ma non è questo il caso: missili e ordigni sono stati puntati e scaricati consapevolmente sui civili perché questa è la guerra che combatte oggi lo stato ebraico, un conflitto dai contorni terroristici, speculare a quello di Hamas. L’obiettivo è soltanto in parte colpire i bersagli pregiati, come i capi di Hamas o del Jihad, oppure i famosi tunnel. In realtà, come hanno ammesso le stesse fonti delle forze israeliane (Idf) riportate da Haaretz nei giorni scorsi, a un certo punto “i bersagli militari erano finiti”.
Questo significa che non restavano che i civili da colpire, indiscriminatamente. Ed è esattamente quello che ci racconta Michele Giorgio nei suoi reportage: altro che tunnel, sono stati rasi al suolo palazzi dove si stanno ancora tirando fuori le vittime dalle macerie e sono state colpite persino le librerie.
Lo scopo della guerra oggi non è neutralizzare degli eserciti, questo accade solo in parte: il vero obiettivo è terrorizzare la popolazione, spingerla a fuggire, a vivere in condizioni disumane. Una sorta di pulizia etnica dall’alto che a volte, come è accaduto anche a Gaza, non prevede un’operazione di terra, che viene evocata soltanto per intorbidare le acque della propaganda. La strategia di questi governi israeliani di destra non è soltanto quella di essere contrari alla formula “due popoli, due stati”. Va ben oltre. Non si nega soltanto uno stato agli arabi ma anche la loro stessa esistenza come popolo.
Israele di oggi è interessato soltanto ad avere tra gli arabi dei sudditi o cittadini di seconda classe: la prova lampante è che nel 2018 la Knesset ha approvato una legge che proclama Israele “stato nazionale del popolo ebraico”. Non una sola parola fa riferimento agli arabi israeliani. Semplicemente non esistono e questa situazione ora, nelle città miste, è diventata esplosiva.
La maschera di Israele, citato come unico stato democratico della regione, non regge più: si tratta di un’entità segregazionista che pretende di prendersi dai palestinesi tutte ciò che vuole, in violazione di ogni legge internazionale, da Gerusalemme Est a pezzi della Cisgiordania dove insediare i coloni, confiscando case e terreni. E se non ti va Israele entra a casa tua e ti spara una bomba, intelligente naturalmente.
Israele è uno stato fuori legge ma nessuno ha il coraggio di dirlo apertamente. Tanto meno l’amministrazione Biden. Nella sua visita a Gerusalemme il segretario di stato Antony Blinken non ha messo in discussione nulla con Netanyahu, dagli aiuti militari, al “diritto di Israele a difendersi” e tanto meno l’annessione di Gerusalemme e del Golan regalata da Trump. L’unica differenza tra Tel Aviv e Washington sta nel negoziato con l’Iran. Nel 2003 Bush junior, attaccando l’Iraq, disse che l’avrebbe riportato al Medioevo. Israele fa il suo Medioevo radendo al suolo Gaza e attuando leggi feudali. Il resto sono chiacchiere oppure uno studiato silenzio per addormentare le coscienze.

martedì 25 maggio 2021

Pandemia e Capitalismo del XXI secolo - Marco Antonio Pirrone e Alessandra Ciattini

Da: Università Popolare Antonio Gramsci
Marco A.Pirrone è ricercatore di sociologia generale presso il Dipartimento “culture e società” dell'Università degli studi di Palermo. 
Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) insegna Antropologia culturale alla Sapienza,


     Quarta lezione - Pandemia, liberismo e ristrutturazione delle forze produttive. 
     Dall’utopia capitalistica ad uno scenario apocalittico - M.A.Pirrone, A. Ciattini: 
 
     

lunedì 24 maggio 2021

Dante nei “Quaderni del carcere”: il canto decimo dell’Inferno di Antonio Gramsci. - Giorgio Gattei

Da: Da: http://www.maggiofilosofico.it - Giorgio Gattei è uno storico del pensiero economico ed economista marxista italiano. Professore di Storia del Pensiero Economico presso la Facoltà di Economia dell'Università di Bologna. 


1. In epoca di celebrazioni dantesche commuove trovare nell’indice del primo Quaderno del carcere dell’8 febbraio1929 che Antonio Gramsci, fra gli argomenti privilegiati da trattare in prigionia per mantenere il cervello in attività, avesse messo al quinto posto «Cavalcante Cavalcanti: la sua posizione nella economia [corretto: struttura] e nell’arte della Divina Commedia» (vedine l’immagine sopra riportata). Al tempo degli studi universitari a Torino Gramsci era stato attratto dalle lezioni di Umberto Cosmo, incaricato di Letteratura italiana, con cui aveva instaurato un rapporto di amicizia, e forse per quel tramite gli era nata la passione per lo studio della Divina Commedia e sulla quale, entrando in carcere, riteneva di poter dire qualcosa di nuovo essendo convinto (come aveva scritto in una lettera alla cognata Tatiana il 26 agosto 1929) che sul canto decimo dell’Inferno «ho fatto una piccola scoperta che credo interessante e che verrebbe a correggere in parte una tesi troppo assoluta di Benedetto Croce. Non ti espongo l’argomento perché occuperebbe troppo spazio… ma nel decimo canto tutti sono tutti affascinati dalla figura di Farinata e si fermano solo a esaminare e a sublimare questa… Poi scriverò la mia “nota dantesca” e magari te la invierò in omaggio, scritta in bellissima calligrafia». 

La promessa venne ribadita il 7 settembre 1931 («in una delle prossime lettere ti riassumerò la materia di un saggio sul canto decimo dell’inferno dantesco perché trasmetta il prospetto al prof. Cosmo, il quale come specialista in danteria, mi saprà dire se ho fatto una falsa scoperta o se in realtà meriti la pena di compilare un contributo, una briccica da aggiungere ai milioni e milioni di tali note che sono state già scritte») ed infine verrà adempiuta nella lettera del 20 settembre 1931 (vedi allegato 1) dove veniva riassunto con esattezza l’argomento di quel “saggio dantesco” di Gramsci che i posteri hanno potuto leggere solo dopo la prima pubblicazione dei Quaderni del carcere (vedilo in A. Gramsci, Letteratura e vita nazionale, Einaudi 1952, che adesso è in rete e da cui l’abbiamo tratto) (vedi allegato 2) e a cui farà seguito il commento autentico gramsciano nella lettera a Tatiana del 21 marzo 1932 (vedi allegato 3).

Ma di che si trattava? In breve, a Gramsci non pareva esatto considerare, come da tradizione interpretativa si faceva, il decimo canto dell’Inferno come il “canto di Farinata degli Uberti”, pur essendo costui certamente il personaggio centrale, perché «io sostengo che nel decimo canto sono rappresentati due drammi, quello di Farinata e quello di Cavalcante e non solo il dramma di Farinata. E’ strano che l’ermeneutica dantesca, pur così minuziosa e bizantina, non abbia mai notato che Cavalcanti è il vero punito tra gli epicurei delle arche infuocate, e dico il punito per punizione immediata e personale», sebbene per l’interposta persona del figlio Guido che Dante aveva considerato nella Vita Nova come il «primo de li miei amici» e a cui aveva dedicato il celeberrimo sonetto «Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento e messi in un vasel ch’ad ogni vento per mare andasse al voler vostro e mio…». La differenza tra la reazione di Farinata, peraltro suocero di Guido che gli aveva sposato la figlia, e Cavalcante stava in questo: che «Farinata sentendo parlare fiorentino ridiventa l’uomo di parte, l’eroe ghibellino; Cavalcante invece non pensa che a Guido e al sentir parlare fiorentino si solleva per sapere se Guido è vivo o morto a quel momento».

domenica 23 maggio 2021

Lenin, Quaderni filosofici - Introduzione di R. Fineschi

Da: https://marxdialecticalstudies.blogspot.com - Roberto Fineschi è un filosofo italiano. Ha studiato filosofia a Siena, Berlino e Palermo. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels (Marx. Dialectical Studies).


 Introduzione §1

1. I testi apparsi con il titolo Quaderni filosofici non sono una “opera” di Lenin concepita a tavolino, si tratta bensì di una raccolta di annotazioni di lettura e di estratti da opere filosofiche di vari autori non per la pubblicazione ma a fini di studio; essi furono compilati in periodi diversi della sua vita e riuniti editorialmente dopo la sua morte sotto questo titolo. L’arco di tempo coperto va dalle prime note sulla Sacra famiglia di Marx ed Engels del 1895 fino alle annotazioni su uno scritto di Plenge del 1916. La parte più ampia, l’unica che Lenin stesso abbia effettivamente intitolato Quaderni filosofici, risale agli anni 1914-15, periodo in cui, a Berna, egli lesse ed annotò importanti opere riempiendo ben otto quaderni ordinatamente numerati e titolati. Di particolare rilievo è la lettura, celebre, della Scienza della logica di Hegel che da sola occupa tre degli otto quaderni.

In italiano sono apparse due edizioni intitolate Quaderni filosofici: la prima, a cura di Lucio Colletti, per Feltrinelli nel 1958; essa è basata sull’edizione russa del 1947. La seconda, a cura di Ignazio Ambrogio, è apparsa per Editori Riuniti/Progress in tre diverse pubblicazioni: come vol. 38 delle Opere (1969), come seconda parte del III volume delle Opere scelte in sei volumi (1973) e, infine, come volume a sé (1976). È basata sull’ultima edizione russa che aggiunge importanti testi rispetto a quella del 1947 ed è quindi più completa rispetto a quella di Colletti; per questa ragione si è deciso di utilizzarla per una ristampa anastatica. Se l’edizione di Ambrogio è da preferire, sono tuttavia necessarie delle precisazioni. Per quanto il curatore nell’avvertenza e nelle note dia tutte le necessarie informazioni relative a date di redazione e testi di riferimento, la struttura può forse causare, nella mani di un lettore poco avvertito, dei fraintendimenti per tre ragioni. La prima è che sotto il titolo generale Quaderni filosofici sono raccolti scritti diversi solo una parte dei quali è stata effettivamente così intitolata fa Lenin. Sarebbe forse stato meglio usare un titolo generale diverso per la raccolta e quello in questione solo per la rispettiva parte. Va detto che è questo un difetto di quasi tutte le edizioni in commercio, non solo in Italia. La seconda è che l’ordine di presentazione non è sempre cronologico e questo non è immediatamente visibile nel testo, ma ricostruibile solo attraverso le note; un lettore non troppo avvertito potrebbe fraintendere e credere che successione fattuale nel testo e ordine di stesura coincidano. La terza è che non è immediatamente visibile la discontinuità fra testo e testo; si potrebbe pensare che si tratti di un corpus unico. Essendo questa una ristampa anastatica e non potendo pertanto intervenire direttamente, reputo utile fornire uno schematico elenco cronologico. 

sabato 22 maggio 2021

Marx: il capitale come feticcio automatico, e il capitale come rapporto sociale - Riccardo Bellofiore

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Riccardo Bellofiore, Docente di Economia politica all’Università degli Studi di Bergamo, i suoi interessi sono la teoria marxiana, l’approccio macromonetario in termini circuitisti e minskyani, la filosofia economica, e lo sviluppo e la crisi del capitalismo. (Economisti di classe: Riccardo Bellofiore & Giovanna Vertova - https://www.riccardobellofiore.info)


IL LAVORO NELLA RIFLESSIONE ECONOMICO-POLITICA 
Ciclo di lezioni aperte al pubblico del Corso di perfezionamento in Teoria critica della società. promosso da Casa della cultura e Università degli Studi Milano-Bicocca 


                                               Seconda lezione:
                                                                           

Per una lettura di Marx - Stefano Garroni 


venerdì 21 maggio 2021

La Comune di Parigi (1871) - Angelo d'Orsi

Da: Angelo d'Orsi - Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7)

MARX E LA RIVOLUZIONE DEL 1848 - Irene Viparelli* 

La Comune di Parigi e gli intellettuali contemporanei - Alessandra Ciattini


"All’alba del 18 marzo, Parigi fu svegliata da un colpo di tuono: 'Vive la Commune!'. Che cos’è la Comune, questa sfinge che tanto tormenta lo spirito dei borghesi? “I proletari di Parigi,” diceva il Comitato centrale nel suo manifesto del 18 marzo, in mezzo alle disfatte e ai tradimenti delle classi dominanti hanno compreso che è suonata l’ora in cui essi debbono salvare la situazione prendendo nelle loro mani la direzione dei pubblici affari… Essi hanno compreso che è loro imperioso dovere e loro diritto assoluto di rendersi padroni dei loro destini, impossessandosi del potere governativo"               (Karl Marx)

                                                                            

La Comune di Parigi durò settantuno giorni, dal 18 marzo al 28 maggio 1871. Fu il più bell’esperimento politico della storia contemporanea: finì malissimo, dopo aver illuminato cuori e menti di coloro che lo conducevano e avere acceso scintille di speranza in coloro che lo seguivano a distanza. Si trattò sicuramente del più grande avvenimento rivoluzionario della seconda metà del XIX secolo, o forse dell'intero secolo. I proletari parigini presero il potere e diedero vita ad uno Stato nello Stato, secondo i caratteri essenziali della società comunista. Il suo fallimento fu lievito teorico e pratico per la storia del movimento operaio mondiale.