sabato 16 agosto 2014

La relazione nascosta - Maurizio Donato - Sulla natura materiale del salario e dello sfruttamento


“La maggiore divisione del lavoro rende capace un operaio di fare il lavoro di cinque, di dieci, di venti; essa aumenta quindi di cinque, di dieci, di venti volte la concorrenza fra gli operai. Gli operai si fanno concorrenza non soltanto vedendosi più a buon mercato l’uno dell’altro; essi si fanno concorrenza nella misura in cui uno fa il lavoro di cinque, di dieci, di venti, e la divisione del lavoro, introdotta dal capitale e sempre accresciuta, costringe gli operai a farsi questo genere di concorrenza. [..] Noi vediamo dunque che, se il capitale cresce rapidamente, cresce in modo incomparabilmente più rapido la concorrenza fra gli operai, cioè sempre più diminuiscono proporzionalmente i mezzi di occupazione, i mezzi di sussistenza per la classe operaia e ad onta di ciò il rapido aumento del capitale è la condizione più favorevole per il lavoro salariato.” (K. Marx - Lavoro salariato e capitale)

 La concorrenza tra i lavoratori, funzione crescente del tasso di disoccupazione e di precarietà, influenza negativamente il livello del salario favorendo comportamenti e dispositivi istituzionali che, nell’illusione di creare situazioni più favorevoli a un ampliamento dell’occupazione, finiscono inevitabilmente per ampliare la contraddizione per cui lo stesso elemento che da un lato costituisce un costo da ridurre è contemporaneamente domanda da ampliare. Questa contraddizione, tipica del modo capitalistico di produzione, rivela i suoi effetti in maniera più eclatante nei periodi di crisi.


giovedì 14 agosto 2014

Sartre et le Mai



"Un uomo fatto di tutti gli uomini, li vale tutti, tutti lo valgono." J. P. Sartre

sabato 9 agosto 2014

La questione di classe è una questione di genere - Giovanna Vertova

...il punto fondamentale è che quando si parla di attacco al mondo del lavoro e lo si vuol fare in un’ottica di genere non si può pensare solo al lavoro produttivo, ma bisogna guardare anche alla dimensione della riproduzione sociale della forza-lavoro. Questi due ambiti devono sempre essere considerati all’unisono. Solo così si potranno tenere in considerazione le condizioni delle lavoratrici. Purtroppo, anche nella sinistra radicale i due ambiti sono spesso considerati separatamente: da un lato c’è il mercato del lavoro, che subisce gli attacchi di cui sopra, dall’altro c’è il welfare, che è spesso considerato solo in termini di diritti (diritto alla salute, all’istruzione, alla pensione, etc.). Non è mai sufficientemente esplicitato il fatto che il welfare, le politiche fiscali e tutto quello che avviene nella sfera della riproduzione sociale della forza-lavoro hanno un impatto pesantissimo sulla possibilità per le lavoratrici di partecipare al mondo del lavoro. Fino a quando saranno sempre e solo le donne a dover conciliare tra il lavoro salariato e il lavoro domestico e di cura (e sarebbe anche il caso di mettere in discussione questo “modello” patriarcale), un welfare funzionante ed efficiente è una condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché le donne possano entrare nel mercato del lavoro e diventare economicamente indipendenti. Il welfare non può, quindi, essere considerato solo in termini di diritti ma anche come le necessarie infrastrutture sociali che permettono alle lavoratrici la via dell’indipendenza economica.
 
http://www.dialetticaefilosofia.it/public/pdf/58vertova.pdf

martedì 5 agosto 2014

1914-2014: L'imperialismo è guerra - Contributo del Partito dei Lavoratori d'Irlanda - Gerry Grainger



"La guerra europea, preparata durante decenni dai governi e dai partiti borghesi di tutti i paesi, è scoppiata. L'aumento degli armamenti, l'estremo inasprimento della lotta per i mercati nella nuova fase imperialistica di sviluppo del capitalismo nei paesi più avanzati, gli interessi dinastici delle monarchie più arretrate dell'Europa orientale dovevano inevitabilmente condurre, e hanno condotto, a questa guerra. Conquistare territori e asservire nazioni straniere, mandare in rovina le nazioni concorrenti e depredarne le ricchezze, deviare l'attenzione delle masse lavoratrici dalla crisi politica interna in Russia, in Germania, in Inghilterra e in altri paesi, scindere le masse lavoratrici, abbindolarle mediante l'inganno nazionalistico e distruggerne l'avanguardia allo scopo di indebolire il movimento rivoluzionario del proletariato, ecco l'unico effettivo contenuto, il significato e la portata della guerra attuale".
(Lenin, 1914, Opere Complete, Vol. 21, pag. 19, Editori Riuniti, Roma, 1966)

Il dominio dell'imperialismo è più incisivo sulla vita dei lavoratori di tutto il mondo di quanto non fosse il secolo passato: un fatto reso possibile dall'intensificazione della globalizzazione del capitalismo, fenomeno individuato nel Manifesto comunista: la borghesia dei centri imperialisti tradizionali ha infatti ridisegnato il mondo a propria immagine, ma data la natura dialettica della realtà il suo declino politico ed economico è segnato nella misura in cui le ex colonie sviluppano le proprie economie capitaliste. L'imperialismo è più dominante, ma le vecchie potenze imperiali non lo sono. Dove condurrà questa rivalità imperialista? L'aperta belligeranza regionale con il coinvolgimento delle grandi potenze capitaliste non si può escludere. Sicuramente le maggiori potenze continueranno a confrontarsi tra loro per procura, attraverso altri Stati, attraverso organizzazioni politiche e paramilitari, siano essi partiti politici, multinazionali, mercenari o gruppi terroristici.

Oggi, un secolo dopo la prima guerra mondiale, l'imperialismo continua a significare guerra. Mentre declinano i vecchi centri imperialisti e crescono quelli nuovi, le rivalità interimperialiste si acuiscono. La competizione per il controllo delle risorse, dal petrolio all'oro fino all'acqua, continuerà a causare attriti tra le potenze imperialiste, che useranno ogni mezzo a loro disposizione per assicurare che queste risorse siano impiegate per il loro profitto privato. E' probabile che la rivalità interimperialista continui a produrre guerre, in particolare con attacchi dei blocchi imperialisti contro paesi piccoli ma ricchi di risorse. Guerre regionali limitate, tra i maggiori centri imperialisti non si possono escludere nei prossimi anni e decenni. Come un secolo fa, gli imperialisti invocheranno il nazionalismo e lo sciovinismo, il razzismo e il settarismo religioso ed etnico, per dividere e indebolire il movimento dei lavoratori. Come un secolo fa, saranno aiutati dal tradimento della socialdemocrazia.

Leggi tutto:    http://www.resistenze.org/sito/te/pe/mc/pemceg24-014831.htm