domenica 31 luglio 2022

Le speculazioni sul gas che stanno creando il caro-bollette. E le Authority stanno a guardare… - Mario Menichella

Da: https://www.fondazionehume.it - Mario Menichella, Fisico e science writer, 

Leggi anche: Bolletta energetica alle stelle… e se la guerra non c’entrasse (quasi) niente? - Antonio Minaldi 

La guerra continua a fare bene ai conti dell’Eni: utili cresciuti di oltre il 600 per cento https://www.editorialedomani.it/economia/la-guerra-continua-a-fare-bene-ai-conti-delleni-utili-cresciuti-del-670-per-cento-ui3ckw8u



“È molto più facile ingannare la gente,
che convincerla che è stata ingannata”.
Mark Twain 

 

In un mio articolo sulle cause del caro-bollette in Italia pubblicato a gennaio [1], avevo individuato quelle che ritenevo le 10 principali, fra cui: mix squilibrato delle fonti di generazione elettrica, quasi totale dipendenza dall’estero per il gas, peso assai elevato degli oneri di sistema e delle imposte, obbligo di passaggio al mercato libero, riforma delle tariffe elettriche per gli utenti domestici, morosità crescenti, meccanismo di formazione del prezzo sulla Borsa elettrica, etc. Di fatto, però, queste sono tutte concause preesistenti, su cui fin troppo si concentra l’attenzione della politica, mentre i problemi vanno affrontati alla radice, individuando e rimuovendo le vere cause. L’approfondita analisi effettuata – partendo da dati di pubblico dominio e quindi facilmente verificabili – da un mio caro amico e grande esperto di indici economici-finanziari e di bilanci aziendali, e generosamente messa a mia disposizione, getta finalmente luce sulle reali ragioni del caro-bollette, e verrà perciò illustrata in forma sintetica nel presente articolo, integrata da alcune considerazioni personali e da quelle di altri amici operanti nel settore da me consultati. 

Innanzitutto, occorre comprendere che il “motore” di tutti gli aumenti delle bollette sta nel prezzo del gas. Un rapporto di fine anno dell’OCSE [2], l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che raggruppa 38 paesi membri per la gran parte europei, ha evidenziato come l’incremento dei costi energetici – sia del gas che dell’energia elettrica – sia dovuto all’aumento (oserei dire “vertiginoso”) dei prezzi della componente gas, che in Italia contribuisce alla produzione nazionale di energia elettrica per circa il 50%.

Nel Rapporto in questione, pubblicato da qualche settimana, troviamo il seguente grafico con l’evoluzione dei prezzi dei tre prodotti energetici base (petrolio, gas naturale e carbone), a partire dal giugno 2020. Si noti che, per il gas naturale, il valore rappresentato è il prezzo dei futures giornalieri al TTF, un punto di negoziazione per il gas naturale che si trova nei Paesi Bassi, mentre per il petrolio è rappresentato il prezzo “spot” (detto anche cash o “a pronti”) del greggio Brent (cioè del Mare del Nord).

Andamento giornaliero dei prezzi del petrolio, del gas naturale e del carbone. Si vede come il gas naturale abbia fatto registrare, a dicembre (precisamente martedì 21), un prezzo “assurdo”, superiore a 180 €/MWh. Pertanto occorre investigare proprio quanto accaduto sul mercato del gas per capire perché il costo dell’elettricità sulla Borsa elettrica italiana abbia superato, nello stesso mese, i 300 euro/MWh (con una punta di 438 martedì 21 dicembre) sul “Mercato del Giorno Prima”. (fonte: OCSE [1])

Per chi fosse a digiuno di nozioni in materia di investimenti finanziari, ricordo che i prezzi spot del gas rappresentano il costo per l’acquisto o la vendita di gas in un preciso istante, ovvero “on the spot”, anziché in una data futura. Pertanto, i prezzi spot si riferiscono al valore in quel preciso momento. I prezzi future, invece, rappresentano il valore del gas previsto alla scadenza del contratto future. Dunque, il prezzo dei futures al TTF rappresenta le “aspettative” degli investitori. Ciò è importante da capire.

Ebbene, nell’arco temporale di circa un anno e mezzo coperto dal grafico dell’OCSE, se si guardano i picchi massimi raggiunti, si vede che il prezzo del petrolio è raddoppiato, il prezzo del carbone è quadruplicato, mentre il prezzo del gas naturale è aumentato di ben 18 (sì, diciotto) volte! Un aumento “senza senso”, come si vede già solo dal confronto con le altre due fonti energetiche (giova ricordare che, all’interno dei giacimenti, il petrolio – da cui si ricavano i carburanti – e il gas naturale sono associati).

venerdì 29 luglio 2022

Dialoghi con la Scienza - Cronache dall’Antropocene - Telmo Pievani

Da: NOVAMONTCHANNEL - Telmo Pievani (Dipartimento di Biologia Univ. Padova) è un filosofo, accademico ed evoluzionista italiano (https://www.telmopievani.com).


Cos’è l’Antropocene? Perché non sappiamo quando farlo cominciare? 
Il filosofo della scienza ed evoluzionista ripercorre la storia di questa parola iconica, mostrandone lati nascosti e opportunità. 
In fondo, ci vuole faccia tosta a chiamare con il proprio nome un’intera epoca geologica.

                                                                          

mercoledì 27 luglio 2022

Taiwan: linee rosse e ambiguità strategica - Stefania Fusero

 Da: https://www.lacittafutura.it -  


Il Dipartimento di Stato Usa ha cominciato i preparativi di una nuova fase dell’offensiva diplomatica contro la Cina sulla questione di Taiwan, e il 23 maggio scorso Biden si è persino spinto ad affermare che gli Usa sono pronti ad usare la forza per difendere militarmente Taiwan nel caso di un intervento di Pechino. 


Mentre continua la guerra per procura a guida Usa-Nato contro la Russia in Ucraina, ci apprestiamo ad aprire un nuovo fronte contro un’altra potenza nucleare, stavolta nel Sudest asiatico? Già la nostra stampa ha cominciato a comparare la situazione in Ucraina con la questione di Taiwan, quindi possiamo aspettarci che fra non molto il grande circo mediatico si sposti sui mari della Cina – la forma narrativa sarà con ogni probabilità analoga a quella a cui ci hanno ormai assuefatti.

Impareremo dunque a riconoscere una nuova gloriosa bandiera da inserire nel fronte dei Paesi democratici, quella di Taiwan? Questa è la parte facile, più difficile sarà capire che cosa sia Taiwan e perché sarà diventata per le democrazie occidentali una questione vitale. Saremo ancora una volta sommersi da una propaganda martellante incentrata sull’epica lotta di democrazia contro autocrazia, libertà contro tirannia, luce contro tenebra, bene contro male?

Brevi cenni storici

lunedì 25 luglio 2022

Ideologia. La lotta per l’oggettività - Carlo Galli -

Da: AccademiaIISF - Carlo_Galli (Università di Bologna) è un politico, accademico e filosofo politico italiano.

Marx e la dialettica - Roberto Fineschi, Carlo Galli



Primo incontro: L’ ideologia prima dell’ ideologia. Dalla caverna al velo di Maja.


Secondo incontro: L’età delle ideologie. Le visioni razionali del mondo e i loro conflitti irrazionali.


Terzo incontro: L’ ideologia dopo le ideologie. Le nuove oggettività soggettive. Il neoliberismo e il politicamente corretto.

 

sabato 23 luglio 2022

Ulteriori riflessioni sulla guerra in Ucraina e sulle sue conseguenze - Alessandra Ciattini intervista Orazio Di Mauro

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de https://www.lacittafutura.it -  Orazio Di Mauro insegna Storia e Filosofia. Esperto di questioni militari.


                                                                             

giovedì 21 luglio 2022

Mazzini e “noi”, oblio e memoria nel capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi

Da: La città futura - Roberto Fineschi (Marx. Dialectical Studies) è un filosofo italiano. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels.

Leggi anche: Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi

Orientamenti politici e materialismo storico - Roberto Fineschi

Strutturare i soggetti storici. Un paio di riflessioni a partire da Carducci - Roberto Fineschi

Dire dove la storia andrà Tra Dante e Marx. Noterelle sull’azione storica - Roberto Fineschi 



Nel centocinquantenario della morte di Mazzini si impongono alcune riflessioni sull’identità culturale e politica della crepuscolare Italia contemporanea e del ruolo che nella costituzione della sua identità collettiva ha il patriota genovese.

1. Quest’anno ricorre il centocinquantenario della morte di Giuseppe Mazzini e l'evento non pare scaldare i cuori. Non per fare gli astratti patrioti destrorsi (notoriamente c’è chi ha voluto leggere Mazzini come antesignano del fascismo, o meglio il fascismo come “completamento” del Risorgimento); nemmeno per idealizzare il patriota democratico fino al punto di non vedere i limiti della sua proposta sociale basata su interclassismo, modesto intervento sui diritti di proprietà, ecc.; e senza neppure dimenticare la sua polemica anticomunista, le critiche lui rivolte da Marx e via dicendo. Insomma, senza santini o demonizzazioni [1]. Detto questo, ha senso ricordare Mazzini?

martedì 19 luglio 2022

"Crisi, catastrofe, rivoluzione". Una conversazione con Emiliano Brancaccio.

Da: https://www.iltascabile.com - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento. Autore di saggi pubblicati da riviste accademiche internazionali, ha promosso il “monito degli economisti” contro le politiche europee di austerity e l’appello per un ”piano anti-virus”, pubblicati sul ”Financial Times”. Sua è la rubrica Eresie su RAI Radio 1. Tra le sue pubblicazioni, L'austerità è di destra (2012); Il discorso del potere (2019); Il manuale Anti-Blanchard Macroeconomics (2020); Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione, Meltemi edizioni; Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico, PIEMME edizioni; www.emilianobrancaccio.it - https://www.facebook.com/emiliano.brancaccio.3

Vedi anche: Catastrofe o Rivoluzione - Incontro con Emiliano Brancaccio autore di "Non sarà un pranzo di gala"

There is (no) alternative: pensare un’alternativa. Dibattito con Olivier Blanchard e Emiliano Brancaccio

Regolamentare il mercato - Daron Acemoglu, Emiliano Brancaccio 


Continuano le conversazioni della redazione con intellettuali capaci di aiutarci a leggere la guerra in corso, alla ricerca di uno scambio con punti di vista che possano restituire la complessità e la portata di quanto sta accadendo. L’intervista di oggi è con l’economista Emiliano Brancaccio, Professore di politica economica presso l’Università degli Studi del Sannio, a Benevento, tra i principali esponenti delle scuole di pensiero economico critico. Seguiamo Brancaccio da quando siamo venuti a conoscenza dei suoi lavori più recenti: Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico (Piemme, 2022) e Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione (Meltemi, 2020), due saggi capaci di individuare le tendenze generali della fase storica che stiamo attraversando: su scala globale, una centralizzazione del potere in sempre meno mani che conduce inevitabilmente a una contrazione dello spazio democratico.

Ci interessava in particolare la sua capacità di portare un punto di vista radicale in sedi istituzionali che, da profani, immaginiamo restie alla critica che invece Brancaccio sa esercitare. Siamo partiti allora dalla guerra in Ucraina, come abbiamo già fatto con Marco D’EramoAlfonso Desiderio e Maria Chiara Franceschelli, ma siamo arrivati a toccare un’ampia rete di aspetti macroeconomici e politici della contemporaneità, e ne abbiamo approfittato per farci chiarire alcuni punti delle sue analisi. Il risultato è una conversazione ambiziosa, dallo sguardo ampio, ma che speriamo possa servire a orientarci, in modo molto pragmatico, a capire se e come possiamo sperare di avere voce in capitolo sul nostro futuro. (https://www.iltascabile.com)

domenica 17 luglio 2022

Guerra in Ucraina: aspetti regionali e prospettive di pace. Intervista a Stefano Orsi e Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de https://www.lacittafutura.it - Stefano Orsi analista geopolitico e Redattore presso IlSudEst, collabora con la piattaforma The Saker 

                                                                           


venerdì 15 luglio 2022

Sulla guerra in Ucraina, dal punto di vista dell’internazionalismo. - Pietro Basso

Da: https://pungolorosso.wordpress.com - https://sicobas.org - 

Pietro Basso della redazione di "Il Pungolo Rosso e della rivista Il Cuneo rosso. Ha insegnato sociologia nelle università di Napoli (Istituto Orientale) e Venezia (Ca’ Foscari).


Quando si parla della guerra in Ucraina i soggetti del discorso sono Ucraina, Russia, Stati Uniti, Unione europea, Italia, Polonia, Turchia, Cina, etc. Insomma: stati, capitalismi nazionali relativi interessi. Oppure: Zelensky, Putin, Biden, etc., in quanto gestori di tali interessi. Senonché in tali discorsi manca qualcosa di essenziale: mancano i lavoratori, le lavoratrici di Ucraina, Russia, Stati Uniti, Unione europea, Italia, etc., i proletari, i salariati, chi vive del proprio lavoro e non dello sfruttamento del lavoro altrui.

Questo è il testo di un intervento che il compagno Pietro Basso (della redazione di questo blog e della rivista Il Cuneo rosso) ha tenuto a Lucca venerdì 24 giugno ad un’iniziativa sulla guerra in Ucraina, volta a denunciare il bellicismo pro-NATO che ogni giorno di più impazza in Italia, con i suoi risvolti maccartisti tra l’orrido e il grottesco. Essendo un intervento di 15-20 minuti, non poteva essere, né pretende di essere in alcun modo, esauriente – tanto per dirne solo una, non tratta delle questioni dell’autodeterminazione degli ucraini e degli abitanti del Donbass. Ma intende, questo sì, guardare alla guerra in corso dal punto di vista dell’internazionalismo militante. Ed è, perciò, del tutto fuori dai cori. Contro, anzitutto, l’assordante coro militarista e bellicista del capitale nazionale e dell’imperialismo occidentale; ma senza concessioni ai piccoli, molteplici cori campisti e simil-campisti, anch’essi soggiogati dalle logiche e dagli interessi statuali (capitalistici, cioè), e lontani, se non lontanissimi, dalla logica e dagli interessi di classe. (Red. "Il Pungolo Rosso")

Lucca, 24 giugno

Ho da fare tre premesse. La prima, ovvia; la seconda, un po’ meno; la terza, insolita.

mercoledì 13 luglio 2022

La Nato globale e l'Europa. Con Pechino nel mirino. - Piero Bevilacqua

 Da: https://left.it - Piero Bevilacqua è uno storico e saggista italiano. 


Com’è ormai emerso in questi ultimi 3 mesi grazie a una vasta documentazione, soprattutto di parte americana, l’allargamento della NATO agli ex Paesi del Patto di Varsavia rispondeva ad un preciso fine, che oggi appare perfettamente raggiunto: provocare un casus belli ai confini della Russia, far leva sull’orgoglio nazionalistico dei suoi gruppi dirigenti e impegnarla in una guerra aperta.

L’aggressione di Putin all’Ucraina è, con ogni evidenza, il risultato di tale strategia, un successo lungamente perseguito dall’amministrazione americana attraverso la NATO, che oggi mostra tutti i suoi frutti. Allargamento dell’Alleanza ad altri stati europei, incremento delle spese militari di tutti i Paesi membri, mobilitazione su vasta scala di mezzi e uomini, maggiore coesione politica e ideologica.

Senonché, come alcuni analisti avevano già fatto osservare - e tale aspetto è reso oggi più evidente dall’ingente impegno militare degli USA a sostegno dell’Ucraina – la “guerra per procura” contro la Russia, è solo una tappa, un passaggio di un ben più ampio disegno strategico. Essa serve a destabilizzare uno dei contendenti dello spazio geopolitico mondiale, appunto il cuore dell’ex Unione Sovietica, ma l’obiettivo più ambizioso e più vasto è, fuori da ogni dubbio, la Cina. E’ il grande Paese asiatico che con la spettacolare crescita delle sue economie manifatturiere, l’espansione mondiale dei suoi commerci, il successo crescente nell’ambito delle alte tecnologie, è osservato sempre più dagli USA come il contendente geopolitico più temibile e quindi – secondo la razionalità imperialista di gran parte dei suoi gruppi dirigenti – come il nemico da sconfiggere anche militarmente nel prossimo futuro.

Occorre avere ben chiara questa prospettiva, del resto esplicitamente dichiarata a latere del vertice NATO, iniziato il 28 giugno scorso a Madrid, dal suo segretario, Stoltenberg, (e confermata nel documento finale Strategic Concept 2022), che ha annunciato una nuova era di concorrenza strategica con Russia e Cina. Non a caso si sta sempre più configurando sulla stampa la nuova narrazione ideologica che deve fare da collante all’impresa, convincere le opinioni pubbliche europee. Russia e Cina sono portatrici di valori incompatibili con le democrazie occidentali, rappresentano una minaccia alla nostra sicurezza e alla nostra civiltà. Dobbiamo dunque combatterle con tutti i mezzi.

Ebbene, occorre averlo ben chiaro questo nuovo scenario, perché nel giro di qualche mese il grande progetto dell’Unione Europea, di una confederazione di stati liberi, impegnati a non ripetere le guerre mondiali del 900, è stato sopraffatto dal nuovo disegno bellico della NATO: tutti i paesi che ne fanno parte devono impegnarsi, con un massiccio incremento di spesa in armamenti, mobilitazione di uomini, sanzioni economiche, iniziative diplomatiche, nella Grande Guerra del nuovo millennio.

Dunque, mentre la maggioranza delle popolazioni europee è contraria alla guerra, perfino nel caso dell’aggressione all’Ucraina, verso cui è pur solidale, ad essa viene imposto un nuovo corso politico, viene chiesto di immaginare per sé stessa un nuovo avvenire di conflitti mondiali, un destino storico che getta il Vecchio Continente nell’incubo di un futuro conflitto nucleare. E’ un passaggio drammatico della nostra storia di cui la grande stampa fa finta di non accorgersi. E osserviamo che mai, forse neppure alla vigilia della prima guerra mondiale, si era verificata una cosi aperta divaricazione tra le élites dirigenti (imprenditori, partiti, intellettuali, stampa) e le popolazioni, una così conclamata subordinazione del ceto politico ai vertici militari. In questo caso ai vertici militari di un Paese esterno all’Europa, che sta al di là dell’Atlantico. Che cosa è accaduto alle classi dirigenti europee?

Naturalmente, quello appena tratteggiato è un progetto Nato, che trova al momento un apparente e generale consenso fra i vari governi del Continente. Il tempo mostrerà quante falle si apriranno all’interno di un fronte che oggi appare così compatto.

Quel che qui interessa considerare è la situazione dell’Italia, che può servire tuttavia come specimen per gli altri stati europei. Il nostro Paese sarà impegnato a portare al 2% del proprio PIL, pari a poco meno di 40 miliardi, la spesa annua in armamenti, che sempre Stoltenberg “promette” di considerare una “base di partenza”, per futuri incrementi. La pretese della NATO costituiscono dunque ora una voce rilevante del nostro bilancio statale, una componente della nostra politica economica.

Questo avviene in un Paese che è lacerato da una disuguaglianza sociale fra le più gravi dei paesi industrializzati, con oltre 5 milioni di poveri assoluti, la cui popolazione decresce di anno in anno – l’indice più significativo del declino di un Paese da quando esiste la scienza economica - a cui mancano decina di migliaia di medici, i cui giovani laureati e ricercatori emigrano all’estero, derubato da una evasione fiscale da “doppio Stato”, afflitto da una criminalità che controlla vasti territori e settori economici, un debito pubblico fra i più alti dei Paesi OCSE. Davvero l’Italia si può caricare questo nuovo fardello imposto dal Grande Fratello americano in difesa dei suoi interessi imperiali? E ricordiamo en passant che le prospettive economiche prossime venture dell’economia nostra, europea e mondiale, non sono rosee. Intanto perché i problemi di approvvigionamento energetico, l’inflazione, la speculazione di borsa sui cereali, le sanzioni in atto, gli scontri diplomatici, e le incertezze create dal clima di conflitto generale, non gioveranno certo all’economia.

Ma soprattutto perché lo sviluppo economico dovrà fare i conti con una realtà che gli strateghi militari e anche il nostro modestissimo ceto politico non vogliono vedere: noi abbiamo mosso guerra al pianeta e sempre più le nostre economie dovranno muoversi tra le rovine di cui abbiamo disseminato la Terra: intere regioni desertificate, con connessa fuga delle popolazioni, fiumi disseccati, collasso di ghiacciai, innalzamento del livello dei mari, perdita di terre fertili, danni spesso ingenti da eventi estremi, esplosione dei consumi elettrici durante le estati sempre più torride, incendi devastanti dalla California alla Siberia. Fra poco riprenderanno a bruciare i nostri boschi, con il corredo di danni a uomini, animali, paesi, perché nel frattempo nulla è stato fatto per contrastarli. E, tanto per uscire dal quadro generale e fissare lo sguardo a un problema oggi sul tappeto: in questo momento si grida “al lupo” davanti al Po che in certi punti è diventato un rigagnolo. Ma se nel giro di pochi anni si scioglieranno i ghiacciai delle Alpi, le siccità congiunturali diventeranno perpetue, l’intera Pianura padana resterà senz’acqua. Il che non significa soltanto che non sarà più possibile coltivare il mais, ma che mancheranno le risorse idriche per produrre energia elettrica, verrà meno l’acqua per le attività industriali, per gli allevamenti, per lo smaltimento dei reflui, per gli usi civili. I settori più importanti dell’area ricca del Paese rischiano di collassare rovinosamente.

Dovrebbe bastare questa prospettiva, per nulla remota, per comprendere entro che genere di follia criminale vada collocato il disegno della NATO di nuova competizione-guerra del cosiddetto Occidente contro Russia e Cina. Ma è guardando al quadro politico italiano che la riflessione diventa interessante. Com’è noto, l’intero ceto politico – salvo le contorsioni impotenti di Giuseppe Conte e di parte dei 5S - concorda con la posizione del governo Draghi, alfiere dell’atlantismo senza dubbi e paure. Perfino Fratelli d’Italia, partito formalmente all’opposizione aderisce – e non poteva essere diversamente – al progetto guerriero.

Bene, noi siamo davvero ansiosi di osservare con quale protervia e capacità di tenuta i dirigenti politici italiani riusciranno a convincere i nostri connazionali, che ogni anno quasi 40 miliardi del bilancio statale vanno sottratti alla scuola, alla sanità ( dove i malati di cancro muoiono prima di poter fare una risonanza), alla ricerca, al nostro territorio, al Sud, ai giovani disoccupati, ai comuni, alla manutenzione delle nostre città.

E’ evidente che in Italia, come nel resto d’Europa, il conflitto tra i disagi crescenti della popolazione e le politiche dell’ élite è destinato a esplodere in forme imprevedibili. Di fronte al cambiamento di prospettiva storica dell’Europa anche la politica verrà sconvolta. I partiti politici tradizionali forse subiranno una sanzione definitiva non soltanto con l’astensionismo.

Ma in questo quadro drammatico l’Italia può diventare un laboratorio di nuova politica, affidato a forze radicali capaci di unirsi in un progetto di mutamento degli attuali assetti disuguali della società, di redistribuzione della ricchezza, di investimenti pubblici nei settori fondamentali, entro una visione di assetto multilaterale del mondo , fondato sulla pace, come voleva il Manifesto di Ventotene , dalla cui ispirazione è sorta l’Europa. Sarà la sinistra radicale – radicale sta per  "afferrare le cose alla radice" - (Marx) - se saprà lavorare con intelligenza e senso di responsabilità, senza settarismi ed estremismi, a difendere il progetto dell’Unione Europea di fronte all’opinione pubblica continentale, (unico che può salvarci da una guerra di sterminio), forza di opposizione contro vecchi e nuovi partiti che intendono asservirla agli interessi di una potenza straniera. 

lunedì 11 luglio 2022

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi

 Da: https://agoraxxisecolo.blogspot.com - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano.

Leggi anche: Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi

L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO NEL PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE DEL CAPITALISMO ITALIANO - Franceco Spedicato

Le «competenze cognitive» che snaturano la scuola - Ernesto Galli della Loggia

Scuola, non mercato - Teachers For Future Italia

Vedi anche: Però c’è un problema... - Emiliano Brancaccio 

Alessandro Barbero s'infiamma contro la "Buona Scuola"

Critica economica della riforma della scuola - Emiliano Brancaccio 

"Avete reso l'Università un'azienda...". Il discorso di tre neodiplomate alla Scuola Normale di Pisa 


Studi, ministro, studi…. il grido (inascoltato) di Romano Luperini, uno dei maggiori studiosi della Letteratura Italiana , dopo un’altra manifestazione d’approssimazione del ministero dell’istruzione (in questo caso la “traccia” su Verga alla maturità), stigmatizza significativamente un’atmosfera cialtronesca e confusa che avvolge il dicastero guidato da Patrizio Bianchi. Impossibile citare tutto: dal disastro culturale e organizzativo dei concorsi alle mille inadempienze anche gravissime, basti pensare alle questioni della sicurezza (e non solo rispetto al Covid …). E poi un’insopportabile e quotidiana pratica della menzogna propagandistica su ogni capitolo della vita della scuola; tanto per dirne una ancora aspettiamo le scuse per l’annuncio settembrino “tutte le cattedre sono coperte” dopo un anno scolastico tormentato dalla ricerca spasmodica di supplenti…


Questi aspetti vergognosi sono significativi di caratteristiche consolidate delle classi dirigenti italiane (anche quelle che in ogni frase pronunciano almeno tre volte la parola innovazione ...) eppure non ci devono distrarre rispetto al cuore del disegno politico che il governo Draghi sta realizzando, senza annunci, contro la scuola pubblica nel nostro paese. Un disegno coerentemente ed efficacemente reazionario.

Questo disegno era chiarissimo sin dall’insediamento di Draghi ma dopo l’inizio della guerra ha avuto una fortissima accelerazione, anche a costo di forzature istituzionali pesantissime (decreto e doppia fiducia su materie tra l’altro tipicamente contrattuali).

In che cosa consiste questo disegno? 

Sostanzialmente si tratta di portare a compimento un’organica controriforma della scuola in pista da più di due decenni ma rallentata dalla resistenza (e dalla complessità) del mondo dell’istruzione. Una controriforma delineata nei pensatoi padronali (Fondazione Agnelli, Fondazione scuola della compagnia San Paolo, Associazione TreLLLE, servizio studi di Confindustria...) che si pone tre obiettivi fondamentali : il ridimensionamento della scuola statale come parte essenziale dell’attacco al welfare residuo ma soprattutto al lavoro pubblico, una funzionalizzazione totalizzante del ruolo dell’istruzione alle esigenze del sistema delle imprese, la neutralizzazione di ogni istanza critica di quello che, con tutti i suoi limiti e le sue ferite, è lo spazio pubblico più importante del paese (che cosa è rimasto di pubblico o anche solamente di sociale in tante periferie o in tanti piccoli centri, in tutto il territorio nazionale, se non la scuola?). 

Questo disegno controriformatore ha trovato nel PNRR il suo ariete principale. Tutti i provvedimenti di intervento del mondo della scuola vengono imposti come strumentali all’utilizzo dei fondi del PNRR e neanche lo scandalo dei bandi per gli asili nido ha bloccato questo meccanismo infernale, che dovrebbe suggerire un’analisi critica assai più radicale dello stesso strumento del PNRR che sta svolgendo il medesimo ruolo dei vecchi fondi di aggiustamento strutturale del FMI nell’imporre politiche neoliberali estreme. E' così nel disegno di legge sugli ITS (Istituti Tecnici Superiori, la formazione post-diploma) che appalta direttamente a imprese e fondazioni un pezzo di istruzione pubblica (persino nel reclutamento del personale!). 

E' così -soprattutto- nel decreto-legge 36/2022 (denominato appunto “Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”), a cui si faceva riferimento prima: passano contro gli insegnanti interventi pesantissimi massacrando il contratto (senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali e con il plauso del centrosinistra) in materie come orario di lavoro, formazione, reclutamento. Sono interventi che destrutturano e umiliano la funzione docente (basti pensare alla formazione a premi), limitano la libertà d’insegnamento, colpiscono le condizioni concrete di lavoro, prefigurano una scuola del (prossimo) futuro pronta a sfornare la manodopera flessibile e acritica che desiderano gli industriali. 

A chiarire ulteriormente il quadro Bianchi parla di “ri-addestrare” gli insegnanti. Infine, con il decreto si tagliano migliaia di cattedre, in aggiunta a quelle che il ministro (nelle pause dei congressi in cui parla di centralità dell’istruzione…) ordina ai suoi uffici di tagliare in via amministrativa, in silenzio. E così le risorse della scuola possono essere destinate alle spese militari. 

Quest’attacco alla scuola si incrocia-significativamente- nei tempi, nei contenuti e negli obiettivi con altre iniziative del governo dello stesso segno, in particolare con la proposta dell’”autonomia differenziata “ che anch’essa tende a destrutturare lo stato e in particolare ogni intervento pubblico sul piano economico-sociale e a colpire il contratto nazionale di lavoro. 

Che cosa fare di fronte a quest’attacco? Alcune risposte di mobilitazione vi sono state, nonostante il periodo conclusivo dell’anno scolastico, a febbraio avevamo assistito a un’importante ripresa di mobilitazione studentesca, in particolare sulla questione dell’alternanza scuola /lavoro (di straordinaria rilevanza anche simbolica). Tra chi lavora e studia nella scuola italiana vi sono ancora energie significative che possono dare vita, alla ripresa delle lezioni, a lotte importanti. 

Decisivo è però lo sforzo di mettere in campo un collegamento tra la difesa della scuola pubblica e una battaglia più generale contro la guerra e contro le politiche di massacro sociale. Dobbiamo lavorare a questa connessione, capace di dare profondità e respiro alla mobilitazione, di allargarne i confini e di rafforzarne l’impatto, di rompere la cappa bellicista che grava anche sul dibattito politico e sul conflitto sociale. È un compito senz’altro difficile e faticoso, ma possibile e necessario. 

giovedì 7 luglio 2022

La logica della crisi corrente - Andrea Zhok

Da: https://sfero.me - https://www.sinistrainrete.info - Andrea Zhok è un filosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano. Si laurea in Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Milano con una tesi su Max Scheler, discussa sotto la supervisione di Carlo Sini, di cui è allievo. 


Per cercar di comprendere la situazione attuale e le sue tendenze di sviluppo è necessario alzare lo sguardo almeno all’altezza degli ultimi tre lustri, ricollegandoci alla crisi finanziaria del 2007-2008.


La crisi subprime ha mostrato, innanzitutto, nella maniera più chiara, chi detiene la sovranità effettiva nel mondo odierno. Alle origini della crisi sta la deregolamentazione del sistema finanziario americano avvenuto almeno a partire dall’abolizione dello Glass-Steagall Act (1999, presidenza Clinton), con cui si sono aperte le ultime dighe al predominio della finanza speculativa (processo iniziato sin dagli anni ’70). Quell’atto di delegificazione era stato auspicato da tempo dai principali attori finanziari statunitensi, ma solo alla soglia del 2000 le pressioni ottennero pienamente l’esito desiderato.

Da allora si è avviata una stagione di speculazione ruggente che ha prodotto un incremento costante del peso dell’economia finanziaria rispetto all’economia reale, promuovendo la creazione della pazzesca bolla immobiliare esplosa a fine 2007. 

In quell’occasione per il sistema finanziario si trattava di capire una sola cosa, ovvero se, o in quale misura, gli stati avrebbero compensato per i rischi speculativi privatamente presi. Quando il governo americano decise (con molti tentennamenti) di lasciar fallire la Lehman Brothers, come "esempio" contro il "moral hazard" del sistema bancario, i vertici del sistema finanziario presero un discreto spavento. Per qualche lunghissimo giorno si percepì la possibilità di un effetto domino, di un collasso totale con il successivo fallimento del gigante AIG, che sarebbe stato incontenibile nelle conseguenze. Questa propagazione venne sventata dal governo USA all’ultimo momento, con la prima di una prodigiosa serie di “iniezioni di liquidità”.

L'UE rispose alla crisi con straordinaria flemma, mantenendo inizialmente alti i tassi di interesse e attendendo 4 anni prima di acconsentire ad un'operazione simile di immissione di liquidità (il "whatever it takes"). Questi 4 anni servirono al monetarismo tedesco per imporre il proprio dominio disciplinare incontrastato, spezzando le reni alla Grecia e avviando il processo di svendita in saldo degli ultimi pezzi pregiati dell'Italia.

martedì 5 luglio 2022

Le scelte paradossali e ipocrite dei paesi imperialisti - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it -

Leggi anche: Il nuovo scenario Russia/Ucraina - Alessandra Ciattini

Sanzionati e sanzionatori - Alessandra Ciattini

L’importanza dell’Eurasia - Alessandra Ciattini

Liquidare la Russia e isolare la Cina - Lucio Caracciolo (12.04.2021)

Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Preparativi di un nuovo mondo: circa la “trasformazione strutturale” dell’economia Russa - Alessandro Visalli

COME DISTRUGGERE UN PAESE: IL NOSTRO - Vincenzo Costa 

Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros 

Stagflazione e crisi del dollaro - Domenico Moro


Nonostante tutti i tentativi l’Unione Europea non riesce a rendersi indipendente dalle risorse energetiche russe e tutte le conseguenze negative delle sue scelte nefaste ricadono su noi lavoratori.


Se disinformare oggi vuol dire affermare qualcosa che i media dominanti non rendono noto, stiamo facendo disinformazione, ne siamo perfettamente consapevoli e ce ne assumiamo tutte le responsabilità. Arriviamo addirittura a citare, tra le altre, fonti russe, anche se questo non significa automaticamente che apprezziamo la Russia attuale, così come si è strutturata con la dissoluzione dell’Urss, le cui straordinarie risorse hanno sollecitato gli appetiti degli imperialisti, che pensavano di potersene approfittare senza colpo ferire. E Infatti hanno guidato la mano dei cosiddetti oligarchi a far man bassa delle proprietà collettive, appropriandosene di una parte consistente, frazionata in pacchetti azionari, e controllando direttamente il rilevante apparato militare ex sovietico. Purtroppo per loro questo processo distruttivo ha avuto termine, la Russia ha ripreso nelle proprie mani il suo destino e si è riaffacciata sullo scenario internazionale facendo presenti i suoi interessi, come fanno tutte le grandi potenze, anche se li nascondono dietro la retorica dei valori e degli ideali, la cui consistenza è più fragile della neve al sole.

Naturalmente non ci richiameremo solo a fonti russe, ma faremo dei parallelismi per verificarne l’attendibilità. Invitiamo “i guardiani della verità” a rispondere con degli argomenti ai nostri argomenti, anche per evitare di fare la figura pietosa della Sarzanini, che non è stata capace di rispondere alle semplici domande postele da Giorgio Bianchi e Manlio Dinucci sulla loro “attività disinformativa”. Sappiamo bene che l’invito è inutile, ma la buona creanza e la logica ci ispirano; sappiamo anche che i suddetti guardiani hanno ragione solo perché hanno dalla loro parte la forza, ossia lo straordinario apparato mediatico, che però comincia a convincere sempre meno persone. Siamo convinti anche di avere i loro stessi diritti di esprimerci e di convincere con argomenti, ma come ci ha insegnato Marx “tra due diritti uguali vince la forza”. Non ci resta quindi che acquisire maggiore forza, portando dalla nostra parte la maggior parte di quelli che sono colpiti dalle scelte paradossali e ipocrite dei cosiddetti “padroni del vapore” e dei loro portavoce, ossia i lavoratori.

domenica 3 luglio 2022

"Ipocrisia" - Carlo Rovelli

Da: Carlo Rovelli - https://www.kulturjam.it - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia. 

Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Fare la pace o fare la guerra? - Roberto Fineschi

Occidentali’s Karma - Giovanni Iozzoli

NOI COMPLESSISTI - Donatella Di Cesare

 Vedi anche: Dalle OLIGARCHIE alla VOLONTÀ di POTENZA - dialogo con Luciano CANFORA


Poche volte mi sono sentito come in questo periodo, così lontano da tutto quanto leggo sui giornali e vedo alla televisione riguardo alla guerra ora in corso in Europa orientale. 

Poche volte mi sono sentito così in dissidio con i discorsi dominanti. Forse era dai tempi della mia adolescenza inquieta che non mi sentivo così ferito e offeso dal discorso pubblico intorno a me. 

Mi sono chiesto perché. In fondo, sono spesso in disaccordo con le scelte politiche e ideologiche dei paesi in cui vivo, ma questo è normale — siamo in tanti e abbiamo opinioni diverse, letture del mondo diverse. Anche del mio pacifismo, poi, sono poi così sicuro? Ho dubbi, come tutti. 

Allora perché mi sento così turbato, ferito, spaventato, da quanto leggo su tutti i giornali, e sento ripetere all’infinito alla televisione, nei continui discorsi sulla guerra? 

Oggi l’ho capito. L’ho capito proprio ritornando col pensiero al periodo della mia prima adolescenza, quando tanti anni fa la gioventù di tanti paesi del mondo cominciava a ribellarsi a uno stato di cose che le sembrava sbagliato. Cos’era stata quella prima spinta al cambiamento? Non era l’ingiustizia sociale, non erano i popoli massacrati dal Napalm come i Vietnamiti, non era il perbenismo, la bigotteria, l’autoritarismo sciocco delle università e delle scuole, c’era qualcosa di più semplice, immediato, viscerale che ha ferito l’adolescenza di mezzo secolo fa e ha innescato le rivolte di tanti ragazzi di allora: l’ipocrisia del mondo adulto. 

L’istintiva realizzazione da parte della limpidezza della gioventù che gli ideali ostentati erano sepolcri imbiancati. Che i nobili valori dichiarati erano coperture per un egoismo gretto. Che l’ostentato moralismo, la pomposa prosopopea della scuola, la pretesa autorità delle istituzioni erano coperture per privilegi, sfruttamento e bassezze. Questo d’un tratto era insopportabile, per gli occhi limpidi di un ragazzo o una ragazza. 

Sono passati tanti anni da allora. Il mondo mi appare infinitamente più complesso, difficile da decifrare, difficile da giudicare, di quanto non mi apparisse allora. L’illusione che tutto possa essere pulito e onesto nel mondo l’ho persa da tempo. Ma l’esplosione dell’ipocrisia dell’Occidente in questo ultimo anno è senza pari. 

sabato 2 luglio 2022

Il sabotaggio della pace in Europa - Thierry Meyssan

Da: https://www.voltairenet.org - Traduzione Rachele Marmetti - Thierry Meyssan, consulente politico, presidente-fondatore della Rete Voltaire. Ultima opera in italiano : Sotto i nostri occhi. La grande menzogna della “Primavera araba”. Dall’11 settembre a Donald Trump, Editioni La Vela, 2018.

Il vertice dell’Iniziativa dei Tre Mari (Intermarium) a Riga, il 20 giugno 2022. 

Gli anglosassoni, che già sono riusciti a escludere la Russia dal Consiglio d’Europa e si adoperano per impedirle di partecipare alle riunioni dell’OSCE, stanno manovrando per far naufragare l’Unione Europea attraverso una struttura concorrente in Europa centrale: l’Iniziativa dei Tre Mari. Hanno rispolverato un vecchio progetto polacco, finalizzato a sviluppare la regione preservandola dall’influsso tedesco e russo.

Il 23 giugno 2022 il Consiglio dei capi di Stato e di governo dell’Unione Europea ha deciso di concedere all’Ucraina lo status di Paese candidato. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha precisato che la strada per mettere in atto le riforme economiche e politiche, condizione dell’adesione, sarà lunga (la Turchia è candidata da 23 anni). 

Lo staff del presidente ucraino ha già precisato che Kiev non conta di entrare nell’Unione né oggi né domani, perché ha in vista un altro progetto; ma che lo status di candidato significa ottenere un forte sostegno finanziario da Bruxelles per il raggiungimento degli standard dell’Unione.

L’Ucraina ha infatti aderito al progetto polacco Intermarium: un’alleanza di tutti gli Stati che si trovano tra il Mar Baltico e il Mar Nero.