giovedì 29 settembre 2022

La guerra del gas è l’antefatto del conflitto ucraìno - Alberto Negri

Da: https://ilmanifesto.it - https://www.facebook.com/alberto.negri.9469 - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq.

 Leggi anche: La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri 

Le pipeline in Siria e Iraq: il vero motivo strategico della guerra* - Alberto Negri

Vedi anche: GLI USA ERANO OSSESSIONATI DAL NORTH STREAM 2: ADESSO ...È STATO DISTRUTTO! https://www.facebook.com/gianluca.marlettaII/videos/3190784584515607


ALTA TENSIONE. 
Usa e Russia si accusano di avere fatto saltare le pipeline NordStream 1 e 2. 
C’è un’unica certezza: il cordone ombelicale che legava Mosca all’Europa sul gas ora è un relitto


Sotto l’acqua ribollente di metano nel Baltico c’è uno dei motivi dell’escalation della guerra mossa da Putin all’Ucraina e ora al punto di non ritorno. Gli Usa e la Russia si accusano, più o meno a vicenda. 

L’accusa reciproca è di avere fatto saltare le due pipeline del Nord Stream 1 e 2 che collegano la Russia alla Germania. In realtà i due gasdotti (dei quali il secondo non è mai entrato in funzione) erano già da tempo al centro del conflitto. 

C’è un’unica certezza. Sia a Est che a Ovest sanno che niente sarà più come prima: ovvero il cordone ombelicale che legava la Russia all’Europa sul gas è spezzato e ora galleggia in alto mare, forse destinato ad affondare per sempre nella ruggine del tempo, tra i flutti, come un relitto. 

UN ADDIO ANNUNCIATO. 
Il 7 febbraio scorso, poco più di due settimane prima dell’invasione dell’Ucraina, il presidente Biden aveva affermato, in presenza del cancelliere Olaf Scholz in visita nella capitale Usa, che la politica energetica tedesca non veniva più decisa a Berlino ma a Washington: «Se la Russia – disse – dovesse invadere, cioè se carri armati e truppe attraverseranno di nuovo il confine dell’Ucraina, il Nord Stream 2 non esisterebbe più. Vi metteremo fine». Immaginate come avrebbe reagito la Casa Bianca se la Germania avesse minacciato di “mettere fine a una grande pipeline americana in caso di invasione dell’Iraq». 

Il caso Nord Stream 2 è emblematico di come confliggevano gli interessi americani ed europei. Non si trattava soltanto di una questione economica ma strategica. Voluto fortemente dalla ex cancelliera Angela Merkel, il Nord Stream era la vera leva politica ed economica che tratteneva Putin da azioni dissennate come la guerra in Ucraina (c’era ancota l’accordo di Minsk 2). Molti non lo avevano capito perché attribuivano al gas russo una valenza soltanto economica: aveva invece un enorme valore politico per tenere agganciata Mosca all’Europa. 

IL NORD STREAM 2 era stato completato il 6 settembre 2021 per trasportare il gas naturale dai giacimenti russi alla costa tedesca, si estende per 1230 km sotto il Mar Baltico ed è il più lungo gasdotto del mondo. Era stato ideato per potenziare il gas già fornito dalla Russia all’Europa raddoppiando il tracciato del Nord Stream 1 che corre parallelo al nuovo progetto. L’infrastruttura costata 11 miliardi di dollari è di proprietà della russa Gazprom. La società possiede anche il 51% del gasdotto originale Nord Stream. 

PERCHÉ PER MOSCA aveva un valore strategico? Prima della costruzione dei due gasdotti Nord Stream, il gas russo passava via terra, attraverso i territori di Ucraina e Bielorussia. Una volta in funzione il Nord Stream 2 avrebbe consentito a Mosca di trasportare verso la Germania ulteriori 55 miliardi in metri cubi di gas naturale all’anno. 

Il progetto Nord Stream nasce nel 1997, quando la situazione geopolitica di quel periodo già prevedeva che il gasdotto non attraversasse né i paesi baltici né Polonia, Bielorussia e Ucraina. Nazioni escluse da eventuali diritti di transito e che non avrebbero potuto intervenire sul percorso per sospendere la fornitura di gas all’Europa e mettere sotto pressione negoziale la Russia. La posa della prima conduttura Nord Stream venne completata il 4 maggio 2011 e il 6 settembre dello stesso anno entrava in funzione, inaugurato l’8 novembre dello stesso anno dall’allora presidente russo Medvedev, dal primo ministro francese Fillon e dalla cancelliera Angela Merkel. Viene poi costruita una seconda linea del gasdotto Nord Stream che entra in funzione nell’ottobre 2012. E poco dopo si comincia a passare a un ulteriore potenziamento: nasce così il progetto di Nord Stream 2. 

USCITA DI SCENA Angela Merkel, gli Usa hanno avuto campo libero. La guardiana di Putin e del gas non c’era più e gli americani hanno capito che il presidente russo era diventato più pericoloso ma anche più vulnerabile. Per due mesi gli Usa hanno avvertito dell’invasione dell’Ucraina perché sapevano che contestando, come hanno fatto, il Nord Stream 2 si apriva una falla. I gasdotti avevano legato Mosca all’Unione all’europea, la dipendenza dava a Putin un senso di sicurezza, lo strumento per condizionare gli europei e renderli più docili e interessati alle sorti della Russia. 

QUANDO MOSCA ha capito che con Scholz il Nord Stream 2 non sarebbe stato al sicuro ha cominciato le minacce all’Ucraina, che in precedenza russi e tedeschi avevano pagato perché non protestasse troppo per la realizzazione del gasdotto, assai temuto dalla Polonia in quanto visto come uno strumento di espansione dell’influenza Putin. Gli americani per altro avevano già messo alle corde anche Merkel, obbligandola ad acquistare quantitativi di gas liquido americano di cui Berlino, allora, non aveva alcun bisogno. E che ora il segretario di stato Usa Blinken ci offre «per passare l’inverno» e che saremo costretti a pagare caro, posto che i produttori americani ne abbiano abbastanza da venderci. 

L’Unione europea ha commesso due errori. Il primo ridurre frettolosamente la dipendenza dal gas russo (45%) senza avere soluzioni alternative. L’Algeria di gas, da venderci, oltre a quello che già scorre nel Transmed, ne ha poco, meno ancora la Libia destabilizzata, cui ci lega il Greenstream di Gela. 

Il secondo errore è stato mettere in crisi economie e governi, per cui sarà più difficile assegnare eventuali risorse all’Ucraina. Come si capisce bene in questa guerra, partita anche dal gas, a perderci saremo in molti. 

domenica 25 settembre 2022

Porcile - Pier Paolo Pasolini (1969)

Da: Gregorio: cabaret dell'800 - Pier Paolo Pasolini è stato un poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo italiano.

Vedi anche: Accattone - Pier Paolo Pasolini
Uccellacci e uccellini (1966) - Pier Paolo Pasolini 

Colpisce vedere oggi “Porcile” di Pasolini. Il film è una critica tanto estrema e feroce quanto poeticamente disperata al sistema capitalistico contemporaneo, rappresentato non come una formazione sociale storicamente determinata con i suoi conflitti e le sue contraddizioni ma come una società totalmente dominata dalla logica economica disumana e disumanizzante del mercato e della grande industria monopolistica. 

Perciò attraverso la storia di un conflitto tra padre e figlio, ambientata in una famiglia della grande borghesia industriale tedesca nella Germania occidentale già segnata dai moti giovanili “anti-sistema” del ’68, Pasolini ci suggerisce che il nazismo ha rappresentato in quel paese e quindi nella civiltà europea una forma storicamente determinata ma anche particolarmente tipica ed esemplare della logica del dominio capitalistico in quanto tale: la metafora terribile e violentemente sarcastica del “porcile” allude sia alla disumanità degli esponenti di questo dominio, i grandi capitalisti monopolisti, “maiali” sempre affamati di profitto sia ai processi di “de-umanizzazione” cui sono di fatto sottoposti le loro vittime, sia come produttori che come consumatori dell’industria di massa capitalistica. I “maiali” sono quindi i capitalisti ma anche gli ebrei trattati come tali dalla borghesia tedesca nazista, dal suo sistema sfruttati e insieme cannibalizzati. 

La continuità del nazismo, ben oltre la sua fine storica, sta per Pasolini dentro la logica totalitaria dell’universo capitalistico, in grado perciò di rendere vana ed ineffettuale e disperata qualunque ribellione ad essa che non sia quella irrazionale della disperazione poetica e della pura testimonianza. 

La ribellione dell’intellettuale borghese figlio del grande industriale tedesco si consuma nella pura distruzione di sé in una forma necessariamente infima ed immonda, dandosi in pasto ai maiali di un allevamento. Ma proprio a questo esito tanto estremo quanto, nell’ottica di Pasolini, coerente e lineare della civiltà borghese europea, alla sua precipitazione storica in una nuova “barbarie” segnata dalla de-umanizzazione e animalizzazione dell’umano, Pasolini  accosta e insieme contrappone nell’altra storia raccontata nel film, forse ambientata nel ‘500, su un territorio vulcanico, totalmente arido e desolato, una barbarie ancora al di qua della storia, o appena al suo inizio. La ribellione di un giovane parricida che un po’ come Adamo vaga solitario per le falde dell’Etna, diventato cannibale dopo aver mangiato un serpente potrà culminare con la sua sua condanna a morte nella forma barbara e sacrale di un libero “sacrificio”, prima di essere anche lui divorato dai cani. Di qua o oltre la civiltà e la storia, la natura come ha saputo grandiosamente dirci Leopardi sulle falde del Vesuvio, è pur sempre creazione e distruzione, cambiamento che si curva sempre eternamente in circolo, ripetizione ciclica di se e della sua immane potenza. Ma qui Pasolini allude ad un altro circolo, quello tra mito e storia, tra barbarie e civiltà, tra natura e seconda natura. L’inizio della civiltà moderna, evocato dall’uso delle armi da fuoco da parte del giovane ribelle, e suo culmine e fine nella barbarie del nazismo come sua verità permanente si richiamano a vicenda e insieme si contrappongono. Ma ciò non toglie che Il sacrificio vero del giovane cannibale sia solo il riflesso apparente, il sogno mitico e disperato di quello solo apparente dell’intellettuale borghese. 


                                                                              

venerdì 23 settembre 2022

Karl Marx: umanismo e materialismo - Caterina Genna

 Da: materialismo storico - Caterina Genna  insegna Storia della Filosofia presso l'Università degli Studi di Palermo; afferisce al Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione, dove ricopre gli insegnamenti di Storia della filosofia contemporanea e di Storia della filosofia italiana contemporanea.

Leggi anche: Problemi dell’umanesimo oggi - Stefano Garroni


Ad inizio del XXI secolo, consolidatasi la crisi delle ideologie, la memoria storica induce a ripensare alle opere di alcuni autori, che hanno caratterizzato il pensiero occidentale contemporaneo. Tra gli autori che di tanto in tanto tornano di moda, oppure sono ricordati con nostalgica memoria, trova posto Karl Marx, troppo spesso legato alle vicende storiche del XX secolo, dalla rivoluzione d’ottobre del 1917 al processo di destalinizzazione avviato in URSS con lo svolgimento del XX congresso del PCUS nel 1956; nonché dall’esplosione del movimento giovanile del 1968 alla caduta del muro di Berlino nel 1989. L’autore de Il capitale, nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di studio e di continue reinterpretazioni alla luce della riscoperta o della pubblicazione postuma di non poche opere giovanili1. Sempre nel corso della seconda metà del XX secolo, è stato oggetto di facili entusiasmi, sia in Europa orientale che in Europa occidentale; con la riscoperta di alcuni scritti giovanili, per un verso (in Europa occidentale), è stato osannato per avere posto al centro della sua produzione il cosiddetto problema della persona umana nell’ampio contesto della Sinistra hegeliana2; per un altro verso (in Europa orientale), è stato assunto a simbolo di un sistema politico che riteneva di potere cambiare il mondo3. Venuto meno il sistema politico del socialismo reale, l’opera di Karl Marx costituisce a pieno titolo una delle componenti più interessanti della storia della cultura contemporanea, se si presta la dovuta attenzione, oltre che agli scritti del Marx giovane, a quelli del Marx giovanissimo solitamente trascurati. Se ci si sofferma sui contenuti delle opere dedicate all’economia politica, si può riscontrare che il problema della persona umana continua a costituire il tema centrale del materialismo storico e dialettico, già posto ed elaborato nelle opere giovanili sul piano antropologico e sociologico.

Tuttavia, oltre che sulle opere del giovane Marx, è opportuno soffermarsi sulle opere del giovanissimo Marx, che dal conseguimento della licenza liceale a Treviri e dagli studi in giurisprudenza (compiuti nelle Università di Bonn e di Berlino) giunge al conseguimento della laurea in filosofia nell’Università di Jena, con una tesi incentrata sulla filosofia della natura di Democrito e di Epicuro (ossia sulla filosofia greca che transita dal periodo ellenico a quello ellenistico).

mercoledì 21 settembre 2022

Sequenza e classi: una risposta ai critici della teoria del circuito monetario - Marco Veronese Passarella

 Da: https://augustograziani.com - https://www.marcopassarella.it/it - Marco Veronese Passarella è docente di economia presso la Leeds University (https://www.facebook.com/Marco.Passarella.Adria).

Leggi anche: La Teoria del Circuito Monetario: Tutto Quello che So (o Quasi) - 



[M]entre la teoria del processo economico come insieme di scambi simultanei sembra fatta apposta per descrivere una società priva di classi, l’idea del processo economico come circuito conduce immediatamente ad individuare all’interno del processo economico la distinzione di classe.

Graziani 1977, p. 116

[L]a distinzione di classe si impone come dato primigenio del ragionamento: sono i capitalisti imprenditori, e soltanto loro, che possono dare avvio al ciclo impiegando capitale monetario per l’acquisto di forza lavoro, e questa possibilità li differenzia strutturalmente dai lavoratori, i quali altro non possono fare che vendere la propria forza lavoro.

Graziani 1977, p. 117



Descrizione

Quella descritta dallo schema del circuito monetario non è una mera scansione temporale di fatti stilizzati, ma la sequenza necessaria dei rapporti di produzione e di scambio tra classi sociali differenti e contrapposte nello spazio capitalistico.

 

1. Introduzione

Un recente, pregevole, contributo di Sergio Cesaratto, Sei lezioni sulla moneta (Diarkos Editore, 2021), mi ha offerto l’opportunità di riflettere sul lascito teorico dell’approccio del circuito monetario di Augusto Graziani, sugli stimoli intellettuali che continua ad offrire e soprattutto sui numerosi fraintendimenti di cui è stato oggetto nel tempo. Benché, infatti, l’autore del libro riconosca i meriti della teoria del circuito, in quanto ha contribuito a disvelare la natura endogena della moneta in un’economia capitalistica di mercato, non mancano gli spunti critici nei confronti dell’impostazione di Graziani. In particolare, Cesaratto si spinge a definirla “un po’ complottista” (Cesaratto 2021, p. 297), dato che pretenderebbe di spiegare le relazioni tra banche ed imprese private come se ciascun settore costituisse un tutto omogeneo, dotato di una propria volontà trascendente quella dei singoli agenti individuali. In essa, inoltre, la riflessione keynesiana sul ruolo della domanda aggregata nella determinazione dei livelli di produzione e occupazione non troverebbe alcuno spazio.

martedì 20 settembre 2022

Armenia sotto shock, scontri anche tra Kirghizistan e Tagikistan - Marco Santopadre

 Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale.


Pagine Esteri, 17 settembre 2022 – La settimana che si chiude ha visto una nuova escalation nello scontro bellico infinito tra Armenia e Azerbaigian; in contemporanea, alla frontiera tra Kirghizistan e Tagikistan, si è riacceso l’annoso conflitto tra le due ex repubbliche sovietiche. Il Caucaso e l’Asia Centrale rischiano seriamente di esplodere e di trascinare con sé le varie potenze regionali e internazionali che manovrano nella regione. 

Dopo la cocente sconfitta dell’autunno 2020, l’Armenia si lecca nuovamente le ferite, scioccata dall’isolamento  internazionale riscontrato dopo l’aggressione militare da parte azera. 

Mentre Baku denuncia 77 perdite, ieri il primo ministro di Erevan, Nikol Pashinyan, ha elevato a 135 il bilancio delle vittime – in gran parte militari – provocate dalle incursioni e dai bombardamenti delle truppe azere contro numerose località nel sud-est del paese. «Sappiamo che questa cifra è destinata a crescere perché ci sono molti feriti, anche gravi» ha detto il premier. Numerosi militari armeni, inoltre, sarebbero stati catturati dalle truppe nemiche nel corso delle incursioni compiute dagli azeri.

Grazie ai droni da bombardamento “Bayraktar TB2” forniti da Ankara, gli azeri hanno di nuovo avuto velocemente la meglio sulle deboli difese armene. L’esercito di Erevan, rifornito principalmente da Mosca, può contare infatti su armi obsolete, mentre le truppe azere da tempo dispongono di armi pesanti e dispositivi di ultima generazione acquistati dalla Turchia e da Israele (oltre che dalla stessa Russia) grazie ai rilevanti introiti dell’industria petrolifera. 

L’assalto di Baku non si è fermato neanche dopo il raggiungimento, mercoledì mattina, di un primo cessate il fuoco mediato da Mosca. Bombardamenti e incursioni sono continuate fino a giovedì mattina finché Russia, Stati Uniti, Francia e Turchia non hanno aumentato la pressione sui contendenti ottenendo la sospensione dei violenti combattimenti.

lunedì 19 settembre 2022

Marxismo e movimenti sociali - Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la Città Futura.

Leggi anche: LE CONTRADDIZIONI DEL CAPITALISMO* Ernest Mandel

In questa fase di grave confusione ideologica e politica è forse il caso di tornare a chiederci chi è nelle condizioni sociali di agire come agente trasformatore.

In un libro pubblicato in Italia nel 1973 (Neocapitalismo e crisi del dollaro), in cui sono raccolti vari articoli scritti in precedenza che sono ammirevoli per la profondità di analisi e la lucidità dell’autore, Ernest Mandel riflette sulla “negazione della funzione centrale del proletariato dei paesi metropolitani nella lotta su scala mondiale contro l’imperialismo e il capitalismo” (p. 118). Come è noto, Mandel era un autorevole economista trotskista, che certo non può esser trascurato per questa ragione in una fase in cui siamo invitati a riflettere a fondo su tutta la nostra complicata e dolorosa tradizione.

Esamina con cura questa tesi perché polemizza con chi sostiene che la stabilità del sistema capitalista non può esser alterata se non sollecitata dalle rivoluzioni avvenute nei paesi ex coloniali (Lin Piao) e con chi invece ritiene che i seppellitori di esso saranno i “gruppi ai margini della società: le minoranza nazionali e razziali, i settori supersfruttati della popolazione, le nuove avanguardie giovanili”.

Queste tesi poggiano su una generalizzazione sbrigativa di fatti inconfutabili: “il proletariato occidentale è passato in secondo piano nella lotta rivoluzionaria mondiale durante gli ultimi 20 anni tra il 1948 e il 1968”, anche per le manipolazioni ideologiche cui è sottoposto. Le tesi su indicate si fondano su argomentazioni tutt’oggi valide che prendono le mosse dalle profonde trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche che hanno investito il neocapitalismo o tardo capitalismo (p. 118).

L’espressione neocapitalismo, ripresa successivamente da molti autori, è usata da Mandel per distinguere tre fasi dello sviluppo capitalistico: laissez faire, capitalismo monopolistico, e ultimo stadio di quest’ultimo, nel quale “le accelerate innovazioni tecnologiche, la guerra economica permanente, l’espansione della rivoluzione coloniale – hanno spostato la fonte principale dei sopraprofitti monopolistici dai paesi coloniali agli stessi paesi imperialisti e reso le gigantesche società più dipendenti e più vulnerabili”.

sabato 17 settembre 2022

"Nell'inferno dei quartieri di Donetsk" - Sara Reginella

 Da: https://www.lantidiplomatico.it - Sara Reginella è regista, filmmaker, scrittrice.(https://www.facebook.com/SaraReginella - https://t.me/sarareginella)


Al ritorno da un’esperienza di tre settimane nel Donbass, credo sia doveroso ritrarre lo scenario articolato con cui mi sono interfacciata.

Il primo aspetto sui cui vorrei porre l’attenzione riguarda la complessità. Non è possibile fare generalizzazioni su un quadro variegato come quello del conflitto ucraino, comprensibile solo nella misura in cui si evitano facili generalizzazioni.

Nel Donbass è in atto un conflitto dal 2014, i cui primi anni sono stati quasi totalmente censurati dai mass media occidentali. Non entrerò in merito alle cause che hanno portato al conflitto, a partire dal golpe di Kiev, durante l’Euromaidan, già oggetto di miei precedenti lavori e reportage, né disputerò sulle questioni geopolitiche legate al pericoloso espansionismo della NATO ai confini della Russia. Mi limiterò a riferire sulla situazione osservata nell’estate 2022 nei territori del Donbass, che ho personalmente visitato.

A Lugansk, capitale della LNR (Luganskaya Narodnaya Respublika – Repubblica Popolare di Lugansk), la popolazione vive in una condizione di pace relativa. Sono in molti a combattere al fronte, ma l’ultimo bombardamento risale a circa un mese e mezzo fa. Con l’arrivo dell’esercito russo, da febbraio 2022, il fronte si è spostato di oltre settanta chilometri in avanti, rispetto alla capitale. Nel territorio di Lugansk, ho potuto appurare come la popolazione sia grata all’esercito russo, in quanto le persone riferiscono come dal suo arrivo, nei territori dell’omonima Repubblica, dopo otto anni, l’esercito ucraino non può più colpire.

A Donetsk invece, capitale della DNR (Donetskaya Narodnaya Respublika – Repubblica Popolare di Donetsk), il fronte si sviluppa a partire dalle aree periferiche della città. Ho trascorso a Donetsk diversi giorni, durante i quali ho osservato come quotidianamente vengano colpite aree del centro cittadino e della periferia, dove non sono presenti installazioni militari. A Donetsk, i bombardamenti sono continui. Posso affermare, dopo tre precedenti viaggi in Donbass, che la situazione è gravemente peggiorata. A Donetsk, oltre alla morte causata dai colpi dell’artiglieria, la città vive una catastrofe umanitaria, anche a causa della perdurante assenza d’acqua. La popolazione riferisce della distruzione della rete idrica da parte dell’esercito ucraino, avvenuta con l’inizio dell’operazione militare speciale russa.

venerdì 16 settembre 2022

I brutali sacrifici imposti ai cittadini per la guerra - Donatella Di Cesare

 Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - https://contropiano.org - https://www.sinistrainrete.info - Donatella Di Cesare è una filosofa e editorialista italiana professore ordinario di filosofia teoretica alla Università "La Sapienza" di Roma.

Leggi anche: NOI COMPLESSISTI - Donatella Di Cesare


Gira ormai perfino uno spot ministeriale in cui una voce dal tono mellifluo invita a modificare le abitudini per risparmiare energia. Spegnere, staccare, ridurre. Finché poi, di misura in misura, si era arrivati persino all’ipotesi di limitare l’orario scolastico depennando il sabato.

Tanto che male c’è? Meno scuola e più armi!

È impressionante la rapidità con cui, nell’arco di pochi mesi, non solo si è imposta come nulla fosse una guerra nel cuore dell’Europa, ma si è inculcata l’idea che per questo sia necessario accettare ogni sorta di sacrifici, anche quelli che minano dal fondo la vita di ciascuno, soprattutto dei più fragili ed esposti.

Questa nuova edizione dell’ideologia del sacrificio viene spacciata come mezzo indispensabile per affrontare il disastro imminente: inflazione, crisi energetica, deindustrializzazione, recessione… Il disastro si annunciava già durante la pandemia, da cui – secondo le promesse – saremmo tuttavia dovuti uscire.

Mentre la pandemia purtroppo prosegue, la guerra ha segnato l’incipit della catastrofe europea. Sennonché tra le due c’è una bella differenza: se nel flagello della pandemia non mancano le responsabilità umane, la guerra è a tutti gli effetti un evento politico che in nessun modo può essere considerato una calamità naturale, una sciagura fatale e inesorabile.

mercoledì 14 settembre 2022

Come l’America si “vende” i nemici - Jeffrey Sachs

 Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - Jeffrey D Sachs, professore universitario presso la Columbia University, è Direttore del Center for Sustainable Development presso la Columbia University e Presidente del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite. Ha servito come consigliere di tre Segretari generali delle Nazioni Unite e attualmente ricopre il ruolo di avvocato SDG sotto il Segretario generale António Guterres.

Leggi anche: Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini




Decine di conflitti, basi militari in giro per il mondo, e una narrazione bellica che di volta in volta inquadra un avversario (lotta al terrorismo, ecc.) e ne fa il “male” del momento

Il mondo è sull’orlo della catastrofe nucleare in gran parte a causa dell’incapacità dei leader politici occidentali di essere schietti sulle cause dell’escalation dei conflitti globali. 

L’implacabile narrativa occidentale secondo cui l’Occidente è nobile mentre Russia e Cina sono malvagie è ingenua e straordinariamente pericolosa. È un tentativo di manipolare l’opinione pubblica, non di occuparsi di una diplomazia molto reale e pressante. 

La narrativa essenziale dell’Occidente è incorporata nella strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’idea centrale degli Stati Uniti è che Cina e Russia siano nemici implacabili che “tentano di erodere la sicurezza e la prosperità americane”. Questi Paesi sono, secondo gli Stati Uniti, “determinati a rendere le economie meno libere e meno eque, a far crescere i loro eserciti e a controllare le informazioni e i dati per reprimere le loro società ed espandere la loro influenza”. 

L’ironia è che dal 1980 gli Stati Uniti sono stati coinvolti in almeno 15 guerre d’elezione all’estero (Afghanistan, Iraq, Libia, Panama, Serbia, Siria e Yemen solo per citarne alcune), mentre la Cina non è stata in nessuna e solo la Russia in uno (Siria) oltre l’ex Unione Sovietica. Gli Stati Uniti hanno basi militari in 85 Paesi, la Cina in 3 e la Russia in 1 (Siria) oltre l’ex Unione Sovietica. 

lunedì 12 settembre 2022

La guerra non è ancora iniziata - Vincenzo Costa

 Da: https://www.facebook.com/vincenzo.costa.79025 - Vincenzo Costa è professore ordinario alla Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele, dove insegna Fenomenologia (triennale) e Fenomenologia dell'esperienza (biennio magistrale). 


Leggi anche: Quale idea di Occidente? Un’analisi filosofica del conflitto - Vincenzo Costa

Filosofia e scienza - Vincenzo Costa

COME DISTRUGGERE UN PAESE: IL NOSTRO - Vincenzo Costa 




Papa Francesco ha parlato di “guerra mondiale”. Un’espressione sulle prime impropria. Si tratta, potremmo dire, di una guerra limitata, per una controversia di confine, al massimo di una guerra tra due paesi, se si vuole di una guerra dettata dalle mire imperiali di Putin. Eppure, forse Papa Francesco vuole invitarci ad allargare lo sguardo, perché è come se questo fosse catturato da due soli pezzi dello scacchiere, e in questo modo non presta attenzione alla posizione degli altri pezzi degli scacchi.

1. Verso una nuova fase della guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina è stata segnata sinora da due fasi. Nella prima la Russia mirava, sbagliando, a rovesciare il governo ucraino. Immaginava di trovare un largo consenso tra la popolazione ucraina, che sarebbe stata una sorta di guerra di liberazione. I russi hanno scoperto che non era così, che era una trappola. L’esercito ucraino era pronto, li aspettava, erano stati per anni costruite le necessarie trincee. La macchina della propaganda era già pronta. La Russia ha dovuto modificare i suoi obbiettivi e la sua strategia. 

È iniziata una guerra di posizione, in cui la Russia ha svolto una funzione di supporto in una guerra civile interna all’Ucraina. Gli obbiettivi sono stati limitati al Donbass, al riconoscimento della Crimea e alla neutralità dell’Ucraina. I russi pensavano che su questa base un negoziato sarebbe stato possibile e una soluzione diplomatica del conflitto percorribile. Si sbagliavano. 

Il governo ucraino ha messo chiaramente in luce che la soluzione era una sola: ritiro dei russi da tutta l’Ucraina, Crimea compresa. Evidentemente, sapevano di poterlo fare. 

domenica 11 settembre 2022

L'uomo del sottosuolo. L'orribile scrittura di Fëdor Michajlovič Dostoevskij - Paolo Nori

Da: UnistrasiTV - Paolo Nori è uno scrittore, traduttore e blogger italiano. 


La lezione inizia al m. 1,48

                                                                           

Il conflitto in Ucraina accelera la fine del dominio dell’Occidente - Thierry Meyssan

Da: https://www.voltairenet.org - https://www.sinistrainrete.info - Thierry Meyssan, consulente politico, presidente-fondatore della Rete Voltaire. Ultima opera in italiano

Leggi anche: Il sabotaggio della pace in Europa - Thierry Meyssan 

"La messa in scena come metodo della politica occidentale" - S.V. Lavrov

La logica della crisi corrente - Andrea Zhok

Le ragioni della Russia - Aristide Bellacicco

Cosa sta succedendo dentro l’ONU?

Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros


Il conflitto ucraino, presentato come un’aggressione della Russia, è invece l’applicazione della risoluzione 2202 del 17 febbraio 2015 del Consiglio di Sicurezza. Francia e Germania non hanno tenuto fede agli impegni assunti con l’Accordo di Minsk II, quindi per sette anni la Russia si è preparata allo scontro attuale. Mosca ha previsto le sanzioni occidentali con molto anticipo, sicché le sono bastati due mesi per aggirarle. Le sanzioni scompaginano la globalizzazione statunitense, perturbano le economie occidentali spezzando le catene di approvvigionamento, facendo rifluire i dollari verso Washington e provocando un’inflazione generale, causando infine una crisi energetica. Chi la fa l’aspetti: gli Stati Uniti e i loro alleati si stanno scavando la fossa con le proprie mani. Nel frattempo le entrate del Tesoro russo in sei mesi sono aumentate del 32%. 


Nei sette anni appena trascorsi spettava alle potenze garanti dell’Accordo di Minsk II (Germania, Francia, Ucraina e Russia) farlo rispettare. Non l’hanno fatto, sebbene l’intesa sia stata avallata e legalizzata il 17 febbraio 2015 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a dispetto delle affermazioni sulla necessità di proteggere i cittadini ucraini, minacciati dal loro stesso governo.

Il 31 gennaio 2022, allorquando cominciavano a circolare notizie su un possibile intervento militare russo, il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Difesa ucraino, Oleksy Danilov, sfidava Germania, Francia, Russia e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dichiarando: «Il rispetto degli Accordi di Minsk significa la distruzione del Paese. Quando furono firmati sotto la minaccia armata dei russi - e sotto lo sguardo di tedeschi e francesi - era già chiaro a tutte le persone razionali che sarebbe stato impossibile applicarli» [1].

Sette anni dopo, quando il numero di ucraini uccisi dal governo di Kiev ha superato i 12 mila secondo la versione ucraina e i 20 mila secondo la Commissione d’inchiesta russa, solo allora Mosca ha lanciato un’«operazione militare speciale» contro i «nazionalisti integralisti» ucraini (come vogliono essere chiamati), che i russi definiscono «neonazisti».

Sin dall’inizio dell’operazione la Russia ha dichiarato che si sarebbe limitata a soccorrere le popolazioni e a «denazificare» l’Ucraina, non già a occuparla. Ciononostante gli Occidentali hanno accusata la Russia di voler prendere Kiev, di voler rovesciare il presidente Zelensky e annettere l’Ucraina; azioni che evidentemente i russi non hanno fatto. Soltanto dopo l’esecuzione di uno dei negoziatori ucraini, Denis Kireev, ucciso dai servizi di sicurezza del proprio Paese (SBU), e la sospensione dei colloqui da parte del presidente Zelensky, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato di voler inasprire le pretese russe. Ora la Federazione reclama la Novorussia, ossia tutto il sud dell’Ucraina, territorio storicamente russo dai tempi della zarina Caterina II, salvo un’interruzione di 33 anni.

sabato 10 settembre 2022

Una nuova “educazione sentimentale”: i libri proibiti - Alessandra Ciattini

Da: la Città Futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de https://www.lacittafutura.it 


Nella cosiddetta anglosfera si sta diffondendo la pratica di impedire agli studenti delle scuole e delle università di leggere libri ritenuti “provocatori”. È una nuova manifestazione dell’autoritarismo neoliberale? 

David Harvey sostiene che gli Stati neoliberali, quali si sono formati negli ultimi decenni, sono caratterizzati dall’autoritarismo (altro che Cina e Federazione russa!), al quale è necessario ricorrere per mettere sotto controllo l’instabilità del regime neoliberale, che ha bisogno di controllare più ferocemente le masse impoverite e l’esacerbata competizione per la concentrazione del capitale e per i conflitti interimperialistici.

Ma ciò non basta. Il neoliberalismo si è imposto anche come una concezione del mondo, grazie a vari pensatori e alle università, presentandosi come strenuo difensore delle libertà individuali, volendo invece garantire ai più ricchi (definiti meritevoli) di diventare ancora più ricchi e impoverendo tutti coloro che si sono fatti abbagliare dallo slogan “il pubblico non funziona”, senza comprendere che erano proprio i loro complici a non farlo funzionare. O che hanno creduto nella tanto agitata libertà per tutti, che nei fatti era solo cancellazione dei diritti dei più deboli secondo le parole di Marx “tra diritti uguali vince il più forte”.

Per questa ragione occorre tenere sotto controllo anche il modo di pensare e quello di sentire delle masse e a ciò non sono nemmeno più considerati sufficienti i media, il cinema, i social, ma persino i libri, i classici, alcuni dei quali potrebbero suscitare sentimenti ed emozioni che finirebbero per sfociare in atteggiamenti anti-sociali, ossia non in sintonia con l’attuale regime. Del resto, il FMI, altrimenti detto Fondo miseria, ha previsto che per le nuove forme di austerità che ci imporranno i prossimi anni saranno punteggiati da sommosse e rivolte. 

venerdì 9 settembre 2022

La dittatura della finanza e il mercato del gas – Andrea Fumagalli

 Da: http://effimera.org - Andrea Fumagalli è un economista e accademico italiano. 

Leggi anche: Le speculazioni sul gas che stanno creando il caro-bollette. E le Authority stanno a guardare… - Mario Menichella

Bolletta energetica alle stelle… e se la guerra non c’entrasse (quasi) niente? - Antonio Minaldi 

Speculatori e guerrafondai. Così restiamo prigionieri sul gas - Emiliano Brancaccio



Prefazione

Il 12 e 13 settembre 2008, nel pieno del crollo finanziario dei subprime negli Usa, due giorni prima del fallimento della Lehmann Brother (15 settembre 2008), a Bologna si svolgeva un convegno organizzato da UniNomade sui mercati finanziari e la crisi dei mercati globali. Gli atti di quel convegno (e molto di più) verranno pubblicati l’anno successivo da Ombre Corte a cura di Andrea Fumagalli e Sandro Mezzadra con il titolo Crisi dell’economia globale. Mercati finanziari, lotte sociali e nuovi scenari politici[1]. All’interno di quella raccolta di saggi, compariva un testo di Stefano Lucarelli: “Il biopotere della finanza”. All’epoca, tale titolo ci pareva più che mai azzeccato per descrivere il dominio delle oligarchie finanziare nel definire le traiettorie di accumulazione del nuovo capitalismo delle piattaforme, che da lì a poco sarebbe emerso dalle ceneri di quella crisi.

Oggi a quasi 15 anni da quegli eventi, possiamo dire di aver sottovalutato il problema. Certo, la nostra analisi si era rivelata più che corretta nel sottolineare il ruolo centrale e dominante della finanza speculativa nel nuovo (dis)ordine monetario internazionale e il tendenziale declino del dollaro come moneta di riserva internazionale. Ma nel frattempo, il biopotere (che poteva dare origine anche a qualche forma di contropotere, come illusoriamente ha fatto credere la parabola del bitcoin) si è trasformato in una vera e propria dittatura.

La finanziarizzazione delle materie prime

Ciò che sta succedendo nella determinazione del prezzo del gas nel mercato di Amsterdam lo conferma ampiamente. Già nel passato c’erano state avvisaglie della capacità della speculazione finanziaria, oggi sempre più essenza e anima dei mercati finanziari, di stravolgere in modo quasi irreversibile le stesse regole di funzionamento di un mercato neo-liberista. Nel 2008, ad esempio, il prezzo del petrolio aveva registrato un’impennata dai 70$/barile del dicembre 2007 ai 142$/barile dell’estate 2008, per poi calare entro la fine dell’anno a quota 33$: una bolla speculativa che si era sgonfiata, però, molto rapidamente.

Ma ciò che sta succedendo al mercato del gas presenta novità che devono essere sottolineate. Fino a pochi anni fa, le dinamiche di mercato e il prezzo che si determinava nello scambio reale tra domanda e offerta delle commodities erano la base sulle quali si formavano le aspettative sui prodotti derivati (di solito i futures) che alimentano l’attività speculativa. Il prezzo sui mercati reali era la base delle dinamiche speculative e delle convenzioni finanziarie che di volta in volta alimentavano le decisioni speculative.

martedì 6 settembre 2022

Hegel: Rivoluzione, restaurazione. Popolo e potere nella filosofia dell’Occidente. - Fulvio Papi

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Fulvio Papi. Filosofo, politico, scrittore e giornalista italiano. Professore Emerito Università degli Studi di Pavia. 


                                                                             

Speculatori e guerrafondai. Così restiamo prigionieri sul gas - Emiliano Brancaccio

Da: https://www.lanotiziagiornale.it - Emiliano Brancaccio è docente di Politica economica all’Università degli Studi del Sannio di Benevento.

Leggi anche: Oltre l’Ucraina, le segrete cause materiali della guerra - Emiliano Brancaccio 

La battaglia del gas. Con la mossa russa in gioco la nostra sopravvivenza - Alberto Negri 




L’aumento del prezzo del gas? Brancaccio: “La causa principale può essere sintetizzata così: gli speculatori scommettono sui guerrafondai” 


L’aumento del prezzo del gas? “La causa principale può essere sintetizzata così: gli speculatori stanno scommettendo sui guerrafondai”. È chiaro sul punto Emiliano Brancaccio, docente di politica economica presso l’Università del Sannio e protagonista di dibattiti con alcuni tra i massimi esponenti della teoria e della politica economica internazionale, tra cui Mario Monti, Olivier Blanchard, Daron Acemoglu.

“I professionisti della finanza – continua il professore ed intellettuale ora in libreria con “Democrazia sotto assedio (Piemme) – giocano sulla previsione che i venti di guerra non si placheranno, e che il conflitto con la Russia sia destinato a durare. L’idea prevalente è che i paesi europei della NATO sono pronti a sostenere i costi della transizione necessaria per fare a meno dell’energia russa in tempi relativamente brevi”.

Cosa comporta tutto questo? 

Questa politica europea, così avventurista e forzata, suscita forti aspettative di aumento dei prezzi dell’energia e quindi crea enormi occasioni di guadagno speculativo: i professionisti sui mercati si fanno prestare denaro, comprano gas, attendono che il prezzo salga, lo rivendono, restituiscono i prestiti e si tengono i guadagni netti. Il risultato è che il prezzo esplode, a livelli anche superiori rispetto a quelli causati dalla sola guerra.

Il governo Draghi spinge per un tetto europeo al prezzo del gas. Per quale motivo non si riesce ad attuare? 

domenica 4 settembre 2022

Guerra in Ucraina: la posizione di un ex ufficiale dei marines ribalta la versione occidentale.

 Da: https://www.lantidiplomatico.it 

Leggi anche: Le prime (amare) indicazioni dalla guerra in Ucraina - Gianandrea Gaiani

Kiev, un esercito senza ricambio. E le nostre armi “aiutano” Mosca - Fabio Mini

Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini

La situazione militare in Ucraina - Jacques Baud

Vedi anche: Guerra in Ucraina, la cortina di acciaio. Cosa vogliono gli Stati Uniti - Mappa Mundi



Presentazione

Questo è un saggio dedicato all’invasione russa dell’Ucraina, articolato in due parti, comparse sulla “Marine Corps Gazette”[1] nei numeri di giugno e di agosto 2022. È un’accurata, approfondita, eccellente analisi professionale dell’operazione militare speciale russa; in assoluto e di gran lunga la migliore che abbia trovato (e non ho cercato poco).

L’Autore è “Marinus”, un ufficiale superiore del Corpo dei Marines, abituale collaboratore del mensile; corre voce, non confermata, che si tratti del ten. gen. (a riposo) Paul Van Riper[2], forse in collaborazione con il figlio. La prima parte dell’analisi di “Marinus, consegnata dall’Autore alla redazione il 14 aprile 2022 e pubblicata nel numero di giugno, è dedicata allo studio del livello materiale della campagna militare russa.

La seconda parte dell’analisi, pubblicata in agosto, è invece dedicata ai livelli mentale e morale della campagna russa, e dunque anche al suo significato e ai suoi obiettivi politici.

Come illustra sinteticamente “Marinus” nell’incipit della prima parte, la distinzione in tre livelli della guerra - materiale, mentale e morale - si rifà all’elaborazione teorica del col. John Boyd, USAF[3],  il maggiore teorico contemporaneo occidentale dell’arte militare, e in particolare della guerra di manovra. Nella classificazione teorica di Boyd i fattori della guerra sono, in ordine d’importanza: uomini, idee e materiale.

L’elaborazione teorica di Boyd ha avuto grande rilievo nella riforma della dottrina del Corpo dei Marines, con la quale essi, negli anni Ottanta/Novanta, hanno adottato teoria e pratica della guerra di manovra. Nella sua elaborazione, Boyd riprende sia la lezione di Sun Tzu, da lui appresa nel corso della guerra del Vietnam, sia la lezione dei teorici e degli interpreti tedeschi della guerra, da Clausewitz a von Manstein.

Invito a leggere con calma e attenzione l’analisi di “Marinus”. Come il lettore potrà constatare, essa è affatto dissonante dalle analisi che hanno trovato consenso ufficiale nelle dirigenze militari e politiche statunitensi ed europee, e conduce a conclusioni completamente diverse in merito alle capacità strategiche e operative dell’esercito russo, agli obiettivi strategici russi, e alle prospettive future del conflitto in Ucraina.

L’eccezionale valore dell’analisi di “Marinus” dipende da tre fattori: a) elevata competenza tecnica dell’Autore b) fonte insospettabile di parzialità a favore dei russi c) destinatario principale dell’analisi, ossia il Corpo dei Marines degli Stati Uniti d’America, un reparto militare che sin d’ora deve prepararsi ad affrontare sul campo il nemico russo. È autoevidente che per affrontare con successo un nemico sul campo di battaglia, è indispensabile conoscerlo e valutarlo nel modo più accurato, realistico e veritiero possibile.

La prima parte del saggio di “Marinus”, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte I: il livello materiale della campagna, è tradotta da me. La seconda parte, intitolata L’INVASIONE RUSSA DELL’UCRAINA/Parte II: i livelli mentale e morale, è tradotta da Carmen di “Voci dall’Estero”, che ringrazio sentitamente, e riveduta da me. Dove non altrimenti specificato, tutte le note in calce sono dell’Autore. Buona lettura.

Roberto Buffagni