lunedì 27 febbraio 2023

È oggi realistica la transizione energetica o “ecologica”? - Alessandra Ciattini

Da: la citta futura - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci (https://www.unigramsci.it) ed è editorialista de la citta futura.

Prima di prospettare soluzioni semplicistiche e meramente tecnologiche a problemi complessi riconducibili alla natura del sistema capitalistico, sarebbe il caso – come a proposito della transizione energetica – di verificarne accuratamente la praticabilità.

Il libro Crisi o transizione energetica (Come il conflitto in Ucraina cambia la strategia europea per la sostenibilità) di Stefano Fantacone e Demostenes Floros, recentemente pubblicato da DIARKOS, si propone di esaminare i limiti della strategia adottata dall’Europa per garantire ai Paesi del continente la sicurezza energetica, avendo come obiettivo quello di rompere i legami di dipendenza con la Federazione russa. Si tratta di un bel saggio estremamente interessante che sfata molti luoghi comuni, come per esempio che la crisi energetica sia scoppiata insieme all’attuale conflitto, quando invece essa ha cominciato ad affacciarsi all’orizzonte già nel marzo del 2021, ossia quando l’economia mondiale sembrava riprendersi dopo le fasi più acute della pandemia. Inoltre, mette in evidenza un tema poco trattato, ma noto agli specialisti, i quali sanno bene che nel periodo che va da oggi al 2050 la disponibilità dei combustibili fossili necessari a coprire il fabbisogno energetico mondiale è destinata a calare dall’80% al 33%. Se questa considerazione fosse corretta, Fantacone e Floros ipotizzano che la richiesta di queste risorse dovrebbe diminuire del 2% l’anno, comportando una graduale riduzione del loro prezzo. Ora i due autori mettono proprio in discussione questa semplicistica relazione economica, facendo presente che la guerra in Ucraina ha palesato che sulla disponibilità e sul prezzo dell’energia giocano un ruolo importantissimo anche fattori geopolitici, certamente sottovalutati dall’Ue (pp. 22-23), ma non credo dagli Usa.

Prendendo spunto da queste complesse questioni, formulate in un libro che consiglio fortemente di leggere, vorrei riassumere brevemente il punto di vista di un fisico spagnolo, Antonio Turiel Martínez, autore de El otoño de la civilización (2022), a proposito della reale possibilità di realizzare un’effettiva transizione energetica. Questione su cui, del resto, mostrano scetticismo anche Fantacone e Floros, quando scrivono che, considerando il gas naturale come ponte verso quest’ultima, la stessa Commissione europea ha riconosciuto indirettamente “l’impossibilità di sostituire le fonti fossili con le rinnovabili nel breve-medio periodo” (p. 141).

sabato 25 febbraio 2023

La realtà da Marx alla Scuola di Francoforte - Roberto Mordacci

Da: Romanae Disputationes - Roberto Mordacci è Professore ordinario di Filosofia Morale, è Prorettore alle Scienze umani e sociali dell'Università Vita-Salute San Raffaele dove è stato Preside della Facoltà di Filosofia per tre mandati, dal 2013 al 2022.
Leggi anche: DIALETTICA DELL'ILLUMINISMO di Adorno e Horkheimer - Carla Maria Fabiani 

                                                                          

mercoledì 22 febbraio 2023

ULTIMI 90 SECONDI. La guerra tra Russia e Ucraina verso un'escalation? Esiste un rischio atomico? - Alberto Negri, Paolo Cotta Ramusino

Da:  Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Coordina:Ferruccio Capelli -
Paolo_Cotta-Ramusino è Segretario Generale delle Pugwash Conferences on Science and World Affairs dall'agosto 2002. È anche Professore di Fisica Matematica presso l' Università degli Studi di Milano (Italia) e Senior Researcher presso il Istituto Nazionale Italiano di Fisica Nucleare. Cotta-Ramusino è Professore a contratto, Centro di politica internazionale, organizzazione e disarmo, Scuola di studi internazionali, Università Jawaharlal Nehru , Nuova Delhi e Associato al Progetto sulla gestione dell'atomo , Belfer Center for Science and International Affairs ,John F. Kennedy School of Government , Università di Harvard . È membro dell'International Institute for Strategic Studies e della World Academy of Art and Sciences. 
Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) - “Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) - “Bazar Mediterraneo” (GOG edizioni, Dicembre 2021)
                                                                          

domenica 19 febbraio 2023

Marxismo e darwinismo - Lilian Truchon

Da: Traduzioni marxiste. Link all’articolo originale in francese Centre Atlantique de Philosophie - Lilian Truchon, Università di Nantes, Dottorando. Epistemologia, materialismo, darwinismo, marxismo.“Darwinismo in Cina. Accoglienza e influenza alla fine dell'Ottocento e nel Novecento”. 

Quando nel 1980, Patrick Tort, storico delle idee e specialista francese dell’opera di Charles Darwin, presenta pubblicamente le sue prime analisi del libro di quest’ultimo, L’origine dell’uomo e la selezione naturale (The Descent of Man, 1871) [1], analisi che porteranno – nel 1983 – alla pubblicazione di La pensée hiérarchique et l’évolution, il «grande pubblico», così come gli accademici, scoprono l’esistenza di un pensiero inedito del naturalista inglese circa l’uomo e la civilizzazione. Questa rivalutazione, che da allora ha obbligato a leggere quest’opera di Darwin (vittima di un’incomprensione pressoché generale), si è accompagnata alla critica di un dogma «marxista» basato proprio su un disconoscimento di tale antropologia darwiniana [2] (benché in realtà non derivante dal corpus marxista e proveniente principalmente dalle lettere di Marx ed Engels sulle scienze naturali [3]).

Prima di affrontare la problematica di questa antropologia nel suo rapporto col marxismo, è importante vedere in cosa consiste l’«effetto reversivo dell’evoluzione», nozione mai nominata nell’opera di Darwin e, tuttavia, operante in diversi rilevanti capitoli del suo volume del 1871. Darwin osserva che, grazie alla selezione degli istinti sociali e al correlato accrescimento delle capacità mentali, nonché delle tecnologie razionali (igiene, medicina, esercizio fisico), ciò che per comodità viene definito «cultura» (o civilizzazione) prevale sulla «natura»: l’altro, in quanto essere umano, è riconosciuto come simile, dunque il sentimento di simpatia si estende, così come la solidarietà e il soccorso agli «inadatti». Questa tendenza evolutiva oggettiva e di recente egemonica (in relazione al precedente corso evolutivo eliminatorio) si è imposto progressivamente alla tribù, alla nazione e poi all’umanità intera. In altre parole, «la selezione naturale seleziona la civilizzazione, la quale si oppone alla selezione naturale» [4]. Nessuno specialista e commentatore ha dimostrato, in modo serio, la falsità o il carattere forzato della rigorosa analisi  fornita da Patrick Tort, in particolare nel suo studio delle sequenze testuali del discorso darwiniano circa l’uomo, così come proposto in particolare in un articolo fondamentale: «Darwinismo ed evoluzionismo filosofico» [5].

venerdì 17 febbraio 2023

Grandi speranze, ovvero l’Ucraina che verrà - Stefania Fusero

Da: https://www.lacittafutura.it - https://newcoldwar.org/ - , è editorialista de La Città Futura. 


L’Occidente collettivo, sempre più direttamente coinvolto nel conflitto in Ucraina, si è dimostrato ondivago riguardo gli obiettivi della sua partecipazione alla guerra e si è più volte contraddetto sulla natura e il numero delle armi da inviare in Ucraina. Su un altro fronte ha mantenuto invece chiarezza e costanza nel tempo: la totale dedizione ad un progetto neoliberista per un’Ucraina aperta alle corporazioni occidentali in cui i lavoratori non abbiano alcuna tutela o protezione.

Come sonnambuli verso un precipizio

Non si può dire che le potenze occidentali – USA, NATO, UE – abbiano espresso posizioni univoche, coerenti e lineari sulla gestione del conflitto in Ucraina, se non un partigiano sostegno per una delle parti in causa (il governo ucraino post-Maidan), la demonizzazione della Federazione Russa ed uno sdegnoso rigetto dell’antica arte della diplomazia.

Se il presidente francese Macron, ad una settimana dall’ingresso delle truppe russe in Ucraina affermava: “Non siamo in guerra contro la Russia”, dopo circa un anno la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock dichiarava di fronte al parlamento UE: “Stiamo combattendo una guerra contro la Russia”.

mercoledì 15 febbraio 2023

L'Europa è in guerra e va verso l'autodistruzione - Donatella Di Cesare

Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - https://www.facebook.com/donatella.dicesare - Donatella Di Cesare è una filosofa e editorialista italiana, professore ordinario di filosofia teoretica alla Università "La Sapienza" di Roma. 

Leggi anche: I brutali sacrifici imposti ai cittadini per la guerra - Donatella Di Cesare  

NOI COMPLESSISTI - Donatella Di Cesare 

Adesso c'è da chiedersi quale limite si deve superare per l'entrata formale.

Metsola consegna la bandiera europea a Zelensky. Il presidente ucraino ha appena terminato di tenere al parlamento europeo il suo discorso, come sempre abile ed efficace. Questa volta, però, compie un passo ulteriore: non si limita a dire che gli ucraini stanno combattendo per difendere i valori europei, ma sostiene addirittura che è in gioco “il destino dell’Europa”. Nessuna espressione poteva meglio segnalare quel che ormai è un dato di fatto: il coinvolgimento totale dell’Ue nel conflitto. Non è tanto l’Ucraina a entrare nell’Europa, quanto l’Europa a entrare in guerra. Un unico destino, un’unica lotta, un unico nemico. D’altronde la presidente Metsola, che ha promesso un “processo di rapida annessione”, si è spinta a evocare una “minaccia esistenziale” che incomberebbe sul vecchio continente. Ha terminato con il solito slogan “guerra significa pace” e l’immancabile urlo bellico Slava Ukraine
Che dire di fronte a questo spettacolo? Nella guerra siamo già pienamente coinvolti, l’ha ammesso perfino la premier Meloni. C’è da chiedersi quale limite si deve superare per l’entrata formale in guerra. Il continuum dell’escalation sembra inarrestabile e le armi diventano ormai jet e missili a lungo raggio. A partire da quando si deve usare il termine “guerra”? 

Se c’è chi parla di una vittoria che deve diventare realtà, qui si deve effetti già constatare una sconfitta annunciata di tutti. Le responsabilità dell’attuale dirigenza europea e di chi detiene in questo momento le leve del potere passerà alla storia. E in tutto questo si deve ammettere non solo che l’Europa si è suicidata, ma che il progetto europeo, così come in tanti lo avevamo auspicato, è fallito. E in modo irreversibile. L’Europa ha tradito se stessa e la propria missione, ha deluso e, per certi versi ingannato, i propri cittadini. L’Ue avrebbe dovuto stare accanto al popolo ucraino non assecondando la guerra, non inviando armi, ma mantenendo dall’inizio quel ruolo terzo, quella funzione diplomatica, che sarebbe stata indispensabile. A distanza ormai di un anno ne avvertiamo tutta l’assenza e percepiamo sempre più distintamente la subalternità completa agli Stati Uniti. Errori erano stati già commessi prima, quando era stata accettata l’invasione della Crimea, quando erano stati trascurati gli accordi di Minsk. Adesso non si tratta, però, di semplici errori, bensì di una virata completa, un’inversione di rotta. La nuova unione delle armi è la marcia verso la disgregazione delle piccole patrie interne e l’isolamento del vecchio continente, coinvolto in un conflitto imponderabile con la Russia. 

Da cittadina e da filosofa ho sempre difeso l’idea di Europa, anche nelle circostanze più abiette e imbarazzanti. Chi può dimenticare lo scempio che è stato perpetrato in Grecia? Quando la Troika ha imposto misure draconiane sarebbe bastata una somma accettabile per salvare vite umane che sono state invece sacrificate sull’altare dell’austerità. Sono morti di stenti e di fame anziani, donne, bambini. Allora non c’erano i soldi per gli aiuti – oggi ci sono per le armi. Sotto i peggiori auspici è cominciato il nuovo secolo per l’Europa. Ma in molti abbiamo creduto che la catastrofe greca fosse un capitolo osceno che avrebbe potuto essere presto chiuso per riprendere il cammino. 

Poi, però, le cose non sono andate meglio. Il 2015 è stato l’anno della crisi migratoria. La Germania di Merkel ha aperto le porte ai siriani – ma ha insieme firmato un accordo con Erdogan: miliardi per i grandi campi profughi. Non parliamo poi dell’Italia e dei suoi scellerati accordi con la Libia a firma Minniti. Violazione dei diritti umani, morti in mare, criminalizzazione delle Ong. Anche qui le cose sono peggiorate costantemente. E oggi si annuncia la costruzione di muri di stile americano per impedire l’ingresso dei migranti. 

C’erano molte cose che legavano gli europei: il ribrezzo per una violenza sfrenata, una certa idea di cura e sostegno dell’altro, quel senso di umanità che viene dalla cultura, ma anche da una storia tragica. Tutto questo era la nostra preziosa, impareggiabile Europa, che sembra perduta. Non è stata seguita la politica della solidarietà e della cura reciproca, ma solo quella delle sanzioni e delle armi sulla pelle dei più deboli. Forse la retriva Polonia sarà guida e traino di un continente subalterno e allo sbando. Certo gli equilibri sono cambiati in modo definitivo e preoccupante. 

L’Italia, sempre più isolata, anche a causa del governo postfascista, guarda a possibili alleanze mediterranee, mentre la Germania oscilla riluttante e divisa. E malgrado tutto i panzer tedeschi saranno simbolicamente inviati al fronte orientale. Difficile immaginare uno scenario peggiore: il “fato dell’Europa” che si compie nel tradimento e nell’autodistruzione.

lunedì 13 febbraio 2023

Chi comincia la guerra? Manuale per principianti e non - Franco Cardini, Giovanni Gozzini

Da: Festival della Comunicazione, Camogli - Giovanni Gozzini insegna Storia contemporanea all’Università di Siena. - Franco Cardini, è professore emerito di Storia medievale presso l'Istituto di Scienze Umane e Sociali (Firenze, oggi aggregato alla Scuola Normale Superiore di Pisa), saggista e blogger italiano. 

Ucraina 2022 : la storia in pericolo - Prof. Franco Cardini (https://www.youtube.com/watch?v=AxKwVw1qzLs)

                                                                             

sabato 11 febbraio 2023

Riflessioni sul libro di David Harvey, "Breve storia del neoliberismo" - Alessandra Ciattini

Da: Università Popolare Antonio Gramsci - https://www.unigramsci.it/
Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, è Docente UniGramsci ed è editorialista de la citta futura.


Il corso si basa essenzialmente sul libro di Harvey, Breve storia del neoliberismo, ma farà riferimento ad altre due opere importanti: E. Mandel, Neocapitalismo e crisi del dollaro, 1973 e K. Van der Pijl, States of Emergency. Keeping the Global Population in Check, 2022. 
Il neoliberalismo non sarà analizzato solo da punto di vista economico, ma come una nuova fase complessiva del sistema capitalistico. 
Il corso sarà suddiviso in due parti. Qui la prima parte (due lezioni). La seconda parte (tre lezioni) si svolgerà a partire dal 7 Giugno 2023 presso la sede dell'UniGramsci.

Primo incontro: Dopo i Trent'anni gloriosi (1945-1975) si afferma il neoliberalismo: come e perché?

                                                                             

Secondo incontro: Restaurazione del potere di classe e formazione di nuove classi dominanti 

mercoledì 8 febbraio 2023

Le false promesse dell’Occidente e l’assassinio premeditato dell’informazione - Alberto Negri

Da: https://www.geopolisonline.it - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. 


Ho avuto la possibilità di fare qualche domanda ad Alberto Negri, studioso di Medio Oriente, Asia centrale, Africa e Balcani. Negri è ad oggi uno tra i più esperti inviati di guerra italiani, nel corso della sua carriera ha collaborato con i principali canali d’informazione del nostro paese iniziando con il Corriere della Sera e Il Giornale già nei suoi vent’anni. Per citare i suoi contributi più rilevanti, è stato ricercatore ed è tutt’ora un consigliere dell’Ispi, scrive nel Manifesto, è intervenuto su Limes, è stato un inviato di guerra del Sole 24 Ore per trent’anni e ha poi insegnato nel master dello stesso quotidiano. È stato professore alla Luiss, alla Sapienza, a Roma Tre, alla Statale di Milano, a Parma. Io ho tentato di estrapolare qualche insegnamento e consiglio dalla sua esperienza. (CHIARA PRETTO, GEOPOLIS

Lei ha passato un’intera vita a studiare e, spesso, a osservare in prima persona praticamente tutti i conflitti che hanno spostato gli equilibri mondiali negli ultimi quarant’anni. Come inquadrerebbe la situazione mediorientale attuale, alla luce anche di disordini in Iran?

Il mio primo viaggio è stato proprio in Iran nel 1980, avevo ventiquattro anni e si era conclusa da poco la Rivoluzione che trasformò la monarchia nell’attuale repubblica islamica sciita. Nel corso di tutti gli anni in cui ho fatto il giornalista ho visto il Medio Oriente venire colonizzato e poi decolonizzato, degli spostamenti enormi di popolazioni, sostanzialmente una mappa che è cambiata mille volte.

La Siria ne è un esempio lampante: dal 2011 a oggi ha visto lo spostamento di sei milioni di profughi interni e di sette esterni. Lo stesso discorso vale per l’Iraq, a Baghdad oggi ci sono circa 180 chiese vuote. Mosul, dopo il 2014, è stata lasciata sotto il controllo dell’Isis per anni; solo pochi giorni fa mi sono arrivate delle foto che la mostrano ancora in condizioni tremende. Dal terrorismo di Al Qaida alla lotta tra sunniti e sciiti, oggi l’Iraq è un paese devastato, cambiato nel profondo. Pur potendo contare su una produzione di circa quattro milioni di barili di petrolio al giorno, rimane economicamente assai fragile. Si ritrova oggi ad essere stretto fra la Turchia di Erdogan, l’Iran degli ayatollah e la parte curda indipendente. La sua storia è stata raccontata in mille modi diversi e l’unica cosa certa è che l’Occidente non è mai stato in grado di portare ordine e credibilità ai governi a cui li doveva fornire.

lunedì 6 febbraio 2023

Perché l'Infinitamente grande si comporta come le particelle - Carlo Rovelli

Da: Fisica e Dintorni - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia.

                                                                           

giovedì 2 febbraio 2023

Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - Ascanio Bernardeschi

Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa) e La Città futura [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)].


1 - Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - I prodromi e i concetti fondamentali: 

  

2 - Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - Le ricadute macroeconomiche. 

3 - Storia del pensiero economico dopo Marx LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - L'eresia di Schumpeter.