"Io sono l'automa", così si è presentato a una visita medica obbligatoria, un lavoratore deella ACEA di Roma. "In che senso scusi?" gli ha chiesto la dottoressa. E lui, con un tono angosciato: "Nel senso che ormai non sono più una persona, il tablet personale mi comanda come un robot, nel senso che mi sento un automa, gli presto le mani è vero, ma per il resto quasi non decido più nulla; nel senso che questi ci pilotano: 'vai qua e vai là', 'inserisci il tuo numero matricola e poi segui i comandi'; nel senso che il tablet attivato mi geo-localizza e mi programma la giornata; nel senso che ogni spostamento è controllato e se mi fermo a prendere un caffè o a urinare in un luogo non previsto il tablet lo registra; nel senso che è il tablet che mi porta in giro e ho paura! Ho paura che il tablet registri anche quello che le sto dicendo adesso che siamo in visita. Ecco in che senso".
Questo libro restituisce il percorso di un cantiere
socianalitico che, partendo dalle narrazioni d’esperienza dei suoi
partecipanti, si è interessato ai modi in cui l’impero virtuale cerca di
costruire la sua capacità egemonica sul mondo del lavoro. Ripercorrendo la
micro-fisica dei processi innescati dai dispositivi digitali che mediano
l’attività lavorativa – smartphone, piattaforme, sistemi gestionali, registri
elettronici – in queste pagine si esplorano alcune metamorfosi radicali che,
mentre rovesciano il rapporto millenario tra gli umani e i loro strumenti,
sconvolgono ciò che fino a ieri abbiamo familiarmente chiamato “lavoro”. Alcuni
territori chiave – la digitalizzazione della scuola, della professione medica,
dei servizi, dei trasporti condivisi, dei grandi studi legali e delle banche –
assunti come analizzatori, ci raccontano l’impatto trasformativo delle nuove
tecnologie e il disorientamento dei lavoratori. Ma, nello stesso tempo, fanno
emergere le linee liberticide su cui questo processo procede: la cattura degli
atti, la dittatura dei dati, il trionfo della quantità e le narrazioni
sostitutive con cui esso si racconta. Proprio riflettendo su queste tendenze
che velocemente ci attraversano fino al punto di chiamarci in causa
singolarmente il libro, infine, indica quattro pericolose tendenze generali –
l’autismo digitale, l’obesità tecnologica, l’ethos della quantità, lo
smarrimento dei limiti – e si chiede se non sia forse giunto il momento, dopo
le ambigue interpretazioni del Novecento, di cominciare a distinguere il
progresso sociale dal progresso tecnologico.