lunedì 5 dicembre 2016

Rosa Luxemburg e la teoria del capitalismo*- Una recensione di Paul M. Sweezy

Questa recensione dell’opera di Rosa Luxemburg, The Accumulation of capital [trad. di Agnes Schwarzschild, intr. di Joan Robinson, London and New Haven 1951], apparve in “The New statesman and Nation” il 2 giugno 1951 ed è riportata nel volume  Paul M. Sweezy, Il presente come storia, trad. di Ruggero Amaduzzi, Torino 1962
L’edizione italiana dell’opera è L'accumulazione del capitale. Contributo alla spiegazione economica dell'imperialismo e ciò che gli epigoni hanno fatto della teoria marxista. Una anticritica [trad. di Bruno Maffi, introduzione di Paul M. Sweezy, Torino, 1968] 



   Rosa Luxemburg è una delle poche figure veramente grandi nella storia del movimento socialista internazionale, e L’accumulazione del capitale è incontestabilmente la sua opera maggiore. Che l’opera sia ora accessibile in inglese, e in una traduzione eccellente, è un’ottima cosa.


   Per comprendere L’accumulazione del capitale ci si deve collocare nella letteratura socialista della fine del secolo XIX e dell’inizio del secolo XX. Era quello il periodo del grande dibattito fra i marxisti “ortodossi” e i “revisionisti”, un dibattito che, sul piano puramente analitico, si accentrava attorno alla questione: può il capitalismo continuare ad espandersi indefinitamente, o presto o tardi crollerà in forza delle contraddizioni economiche che gli sono congenite? I revisionisti sostenevano la tesi dell’espandibilità indefinita e ne traevano la conclusione che non c’era fratta per il socialismo e non c’era bisogno di prepararsi alla situazione d’emergenza: tutto si poteva aggiustare tranquillamente e gradualmente. Gli “ortodossi” erano unanimi nel respingere questa teoria, ma tutt’altro che unanimi sulla teoria che ritenevano giusta. Fu proprio questo problema che Rosa Luxemburg si propose di risolvere con L’accumulazione del capitale. Il titolo stesso rivela dove essa riteneva di aver individuato il nucleo del problema e riassume, come può farlo un breve titolo, l’argomento dell’intera opera.

   La teoria di Rosa Luxemburg è originale e acuta. Essa comincia esaminando i famosi schemi della riproduzione di Marx nel secondo volume de il Capitale e conclude che egli non è riuscito a dimostrare la possibilità dell’accumulazione in un sistema capitalistico chiuso. L’accumulazione, essa afferma, può avere luogo soltanto se i capitalisti possono trasformare il loro plusvalore in denaro, e ciò presuppone l’esistenza di una domanda effettiva del giusto tipo e della giusta dimensione. Ma da dove può venire questa domanda? Secondo Rosa Luxemburg, Marx non aveva alcuna risposta a questo problema. Successivamente essa va in cerca di una risposta nelle opere di altri economisti – Sismondi, i ricardiani, Malthus, Rodbertus, Bulgakov, e Tugan-Baranowsky sono i principali fra quelli esaminati – ma constata che nessuno è riuscito a fornirla. Essa espone quindi la propria spiegazione di questo apparente paradosso: nessun economista è stato mai in grado di dimostrare la possibilità dell’accumulazione in un sistema capitalistico chiuso, perché in realtà questa possibilità non esiste. Il capitalismo può vivere ed espandersi solo in un ambiente non capitalistico che provvede la domanda effettiva per il plusvalore dei capitalisti e quindi li mette i grado di accumulare. Ma espandendosi  il capitalismo consuma e distrugge il suo spazio vitale non capitalistico e deve necessariamente finire per rendere impossibile la propria esistenza ulteriore. Nel frattempo esso si sviluppa penetrando senza pietà in tutti gli strati e paesi non capitalistici. Tutti i più recenti fenomeni dell’imperialismo vengono ricondotti nel quadro di questa teoria; nessuna denuncia degli orrori dell’imperialismo è più appassionata e veemente di quella contenuta nei capitoli finali deL’accumulazione del capitale. Ma questa teoria non si limitava a spiegare ciò che stava accadendo nel mondo capitalistico: essa indicava anche il crollo finale che attendeva il capitalismo, quando l’ambiente non capitalistico fosse a lungo andare esaurito, e ammoniva i socialisti di essere pronti a subentrare, al più tardi quando arrivasse il crollo finale, ma preferibilmente molto prima, in modo da por fine alle spaventose convulsioni che il capitalismo impone al genere umano.

   Vi è qualcosa di impressionante nell’unità e nella potenza del ragionamento di Rosa Luxemburg. Anzi,  visto nel suo insieme e nel contesto del dibattito sul revisionismo, esso appare come un notevole risultato, malgrado i numerosi errori analitici che infirmano completamente la tesi economica centrale. Una serie di critici – tutti, per quanto io sappia, marxisti dell’una o dell’altra corrente – hanno dimostrato la confusione che sta alla base della teoria di Rosa Luxemburg. Non vi è alcuna impossibilità a priori nell’accumulazione capitalistica in un sistema capitalistico chiuso; e se vi fosse, l’ambiente circostante non capitalistico non gioverebbe in alcun modo. In realtà, Rosa Luxemburg esamina il problema dell’accumulazione partendo dalle premesse della “riproduzione semplice” (da cui è esclusa l’accumulazione) e quindi chiama in causa l’ambiente non capitalistico come una specie di deus ex machina perché la tolga dall’imbarazzo. Ma nonostante le confusioni della sua teoria economica, Rosa Luxemburg aveva quella sorta d’intuizione della realtà storica che le consentì di superare tutte le sue incoerenze e di creare un’opera che rimane uno dei classici della letteratura socialista.

   Di tutto questo, bisogna dirlo, non vi è quasi traccia nell’introduzione di Joan Robinson alla traduzione inglese de L’accumulazione del capitale. Gli interessi della Robinson sono rivolti in altra direzione, nel trovare somiglianze e analogie fra le idee di Rosa Luxemburg e quelle degli economisti accademici recenti, in particolare di Keynes e dei suoi seguaci. Avendo in mente ciò, la Robinson ignora allegramente o respinge ai margini argomentazioni che Rosa Luxemburg avrebbe sottolineato come il vero nucleo della sua teoria; ad esse la Robinson sostituisce le proprie interpretazioni, che sono certamente più vicine alla dottrina keynesiana, ma che, c’è d sospettarlo, difficilmente avrebbero suscitato l’entusiasmo di Rosa Luxemburg. Agli occhi dei keynesiani non esiste maggior onore di quello di essere stati in qualche modo precursori del maestro. Un vecchio combattente socialista come Rosa Luxemburg avrebbe indubbiamente declinato questo onore senza ringraziare.

   Una critica seria deve essere fatta a questa edizione de L’accumulazione del capitale.L’opera fu pubblicata originariamente nel 1912 e fu immediatamente sottoposta a una tempesta di critiche nei movimenti socialisti tedesco e austriaco (dirette essenzialmente, si deve aggiungere,  alle sue conclusioni rivoluzionarie piuttosto che alla sua teoria economica). Mentre era in prigione durante la prima guerra mondiale, Rosa Luxemburg scrisse una replica che fu pubblicata dopo la guerra sotto il titolo L’accumulazione del capitale, ovvero che cosa ne hanno fatto gli epigoni della teoria marxiana. Questa semplice replica ai suoi critici è importante non solo dal punto di vista della storia delle dottrine, ma anche perché contiene la più semplice e coincisa esposizione della teoria di Rosa Luxemburg. E’ un peccato che non sia stata inclusa nell’edizione inglese. 

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