Questa recensione dell’opera di Rosa Luxemburg, The
Accumulation of capital [trad. di Agnes Schwarzschild, intr. di Joan
Robinson, London and New Haven 1951], apparve in “The New statesman and Nation”
il 2 giugno 1951 ed è riportata nel volume Paul M. Sweezy, Il
presente come storia, trad. di Ruggero Amaduzzi, Torino 1962
L’edizione italiana dell’opera è L'accumulazione del
capitale. Contributo alla spiegazione economica dell'imperialismo e ciò che gli
epigoni hanno fatto della teoria marxista. Una anticritica [trad. di
Bruno Maffi, introduzione di Paul M. Sweezy, Torino, 1968]
Per comprendere L’accumulazione del capitale ci
si deve collocare nella letteratura socialista della fine del secolo XIX e
dell’inizio del secolo XX. Era quello il periodo del grande dibattito fra i
marxisti “ortodossi” e i “revisionisti”, un dibattito che, sul piano puramente
analitico, si accentrava attorno alla questione: può il capitalismo continuare
ad espandersi indefinitamente, o presto o tardi crollerà in forza delle
contraddizioni economiche che gli sono congenite? I revisionisti sostenevano la
tesi dell’espandibilità indefinita e ne traevano la conclusione che non c’era
fratta per il socialismo e non c’era bisogno di prepararsi alla situazione
d’emergenza: tutto si poteva aggiustare tranquillamente e gradualmente. Gli
“ortodossi” erano unanimi nel respingere questa teoria, ma tutt’altro che unanimi
sulla teoria che ritenevano giusta. Fu proprio questo problema che Rosa
Luxemburg si propose di risolvere con L’accumulazione del capitale.
Il titolo stesso rivela dove essa riteneva di aver individuato il nucleo del
problema e riassume, come può farlo un breve titolo, l’argomento dell’intera
opera.
La teoria di Rosa Luxemburg è originale e
acuta. Essa comincia esaminando i famosi schemi della riproduzione di Marx nel
secondo volume de il Capitale e conclude che egli non è
riuscito a dimostrare la possibilità dell’accumulazione in un sistema
capitalistico chiuso. L’accumulazione, essa afferma, può avere luogo soltanto
se i capitalisti possono trasformare il loro plusvalore in denaro, e ciò
presuppone l’esistenza di una domanda effettiva del giusto tipo e della giusta
dimensione. Ma da dove può venire questa domanda? Secondo Rosa Luxemburg, Marx
non aveva alcuna risposta a questo problema. Successivamente essa va in cerca
di una risposta nelle opere di altri economisti – Sismondi, i ricardiani, Malthus,
Rodbertus, Bulgakov, e Tugan-Baranowsky sono i principali fra quelli esaminati
– ma constata che nessuno è riuscito a fornirla. Essa espone quindi la propria
spiegazione di questo apparente paradosso: nessun economista è stato mai in
grado di dimostrare la possibilità dell’accumulazione in un sistema
capitalistico chiuso, perché in realtà questa possibilità non esiste. Il
capitalismo può vivere ed espandersi solo in un ambiente non capitalistico che
provvede la domanda effettiva per il plusvalore dei capitalisti e quindi li
mette i grado di accumulare. Ma espandendosi il capitalismo consuma e
distrugge il suo spazio vitale non capitalistico e deve necessariamente finire
per rendere impossibile la propria esistenza ulteriore. Nel frattempo esso si
sviluppa penetrando senza pietà in tutti gli strati e paesi non capitalistici.
Tutti i più recenti fenomeni dell’imperialismo vengono ricondotti nel quadro di
questa teoria; nessuna denuncia degli orrori dell’imperialismo è più
appassionata e veemente di quella contenuta nei capitoli finali deL’accumulazione
del capitale. Ma questa teoria non si limitava a spiegare ciò che stava
accadendo nel mondo capitalistico: essa indicava anche il crollo finale che
attendeva il capitalismo, quando l’ambiente non capitalistico fosse a lungo
andare esaurito, e ammoniva i socialisti di essere pronti a subentrare, al più
tardi quando arrivasse il crollo finale, ma preferibilmente molto prima, in
modo da por fine alle spaventose convulsioni che il capitalismo impone al
genere umano.
Vi è qualcosa di impressionante nell’unità e
nella potenza del ragionamento di Rosa Luxemburg. Anzi, visto nel suo
insieme e nel contesto del dibattito sul revisionismo, esso appare come un
notevole risultato, malgrado i numerosi errori analitici che infirmano
completamente la tesi economica centrale. Una serie di critici – tutti, per
quanto io sappia, marxisti dell’una o dell’altra corrente – hanno dimostrato la
confusione che sta alla base della teoria di Rosa Luxemburg. Non vi è alcuna
impossibilità a priori nell’accumulazione capitalistica in un sistema
capitalistico chiuso; e se vi fosse, l’ambiente circostante non capitalistico
non gioverebbe in alcun modo. In realtà, Rosa Luxemburg esamina il problema
dell’accumulazione partendo dalle premesse della “riproduzione semplice” (da
cui è esclusa l’accumulazione) e quindi chiama in causa l’ambiente non
capitalistico come una specie di deus ex machina perché la
tolga dall’imbarazzo. Ma nonostante le confusioni della sua teoria economica,
Rosa Luxemburg aveva quella sorta d’intuizione della realtà storica che le
consentì di superare tutte le sue incoerenze e di creare un’opera che rimane
uno dei classici della letteratura socialista.
Di tutto questo, bisogna dirlo, non vi è quasi
traccia nell’introduzione di Joan Robinson alla traduzione inglese de L’accumulazione
del capitale. Gli interessi della Robinson sono rivolti in altra direzione,
nel trovare somiglianze e analogie fra le idee di Rosa Luxemburg e quelle degli
economisti accademici recenti, in particolare di Keynes e dei suoi seguaci.
Avendo in mente ciò, la Robinson ignora allegramente o respinge ai margini
argomentazioni che Rosa Luxemburg avrebbe sottolineato come il vero nucleo
della sua teoria; ad esse la Robinson sostituisce le proprie interpretazioni,
che sono certamente più vicine alla dottrina keynesiana, ma che, c’è d
sospettarlo, difficilmente avrebbero suscitato l’entusiasmo di Rosa Luxemburg.
Agli occhi dei keynesiani non esiste maggior onore di quello di essere stati in
qualche modo precursori del maestro. Un vecchio combattente socialista come
Rosa Luxemburg avrebbe indubbiamente declinato questo onore senza ringraziare.
Una critica seria deve essere fatta a questa
edizione de L’accumulazione del capitale.L’opera fu pubblicata originariamente
nel 1912 e fu immediatamente sottoposta a una tempesta di critiche nei
movimenti socialisti tedesco e austriaco (dirette essenzialmente, si deve
aggiungere, alle sue conclusioni rivoluzionarie piuttosto che alla sua
teoria economica). Mentre era in prigione durante la prima guerra mondiale,
Rosa Luxemburg scrisse una replica che fu pubblicata dopo la guerra sotto il
titolo L’accumulazione del capitale, ovvero che cosa ne hanno fatto gli
epigoni della teoria marxiana. Questa semplice replica ai suoi critici è
importante non solo dal punto di vista della storia delle dottrine, ma anche
perché contiene la più semplice e coincisa esposizione della teoria di Rosa
Luxemburg. E’ un peccato che non sia stata inclusa nell’edizione inglese.
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