giovedì 23 maggio 2013

Parva oekonomica. Karl Marx, Zur Kritik der politische Ökonomie. - Stefano Garroni -



L’analisi della merce, come lavoro in doppia forma, di valore d’uso -quale risultato di un lavoro reale o di una attività <produttiva> finalizzata- e di valore di scambio, o tempo lavoro o lavoro sociale indifferenziato, è il risultato critico finale della ricerca quasi secolare dell’economia politica classica, che in Inghilterra inizia con W. Petty, in Francia, con Boisguillebert e si chiude, in Inghilterra, con Ricardo, in Francia con Sismondi. 
Solo apparentemente la pagina di Marx è chiara: che significa, infatti, lavoro produttivo o finalizzato? Non è questa la caratteristica di ogni lavoro, che non sia un mero passatempo?
In  un senso generalissimo, certamente le cose stanno così, ma appunto alla condizione di attenersi ad un senso generalissimo dei termini, dunque, ad un senso impreciso, vago ed in questo senso estraneo ad un linguaggio, che si voglia almeno comprensibile, se non addirittura scientifico.
Ed allora cominciamo a notare che il lavoro, produttore di valore d’uso, è finalizzato a realizzare una situazione di jouissance o di Nutznißung, ovvero di piacere, godimento o utilità.
Mentre il lavoro produttore di valore di scambio, sia pure en principe, ha lo scopo, mediante lo scambio, di realizzare profitto – ed alla nozione di profitto, si badi, non appartengono di necessità logica né quella di godimento/jouissance né quella di utilizzabilità immediata/Nutznißung.
Dunque, la distinzione a cui l’economia politica è giunta, appunto, è quella tra lavoro come produttore di jouisance o Nutznißung (lavoro concreto, reale, finalizzato) e lavoro come lavoro sociale indifferenziato[1], il quale, almeno en principe, è produttore di profitto (e, ripeto, nel concetto di profitto né è compreso quello di jouissance, né quello di utilità). Passiamo ora ad un’altra interessante notazione.

venerdì 17 maggio 2013

Augusto Graziani: la scienza moderna delle classi sociali. - Emiliano Brancaccio -

L’eventualità di un tracollo dell’euro, evocata da Graziani nei mesi in cui l’entusiasmo verso la moneta comune era alle stelle, suscitava il bonario scetticismo di numerosi colleghi. In un convegno tenutosi a Napoli nel 2003, Alberto Quadrio Curzio ed altri non nascosero una certa sorpresa di fronte all’insistenza con cui Graziani accennava al rischio di una disgregazione dell’Unione monetaria. Di fronte a tanto stupore Graziani replicò con un aneddoto malizioso. Egli invitò i colleghi a prelevare dai portafogli una banconota in euro, e li esortò a notare un dettaglio intrigante: il numero di serie di ogni biglietto reca chiaramente l’indicazione della singola nazione emittente (la lettera S vale per l’Italia, la X per la Germania, la U per la Spagna, la Y per la Grecia, e così via). Quindi fece notare che le ragioni di questa notazione non sono mai state chiarite dalla Banca centrale europea: «Può trattarsi di una semplice procedura tecnica; oppure, come alcuni sospettano, potrebbe trattarsi di una misura precauzionale, nel senso che, se un giorno l’Unione monetaria europea dovesse sciogliersi, si potrebbe stabilire con precisione l’origine di ogni biglietto e quindi l’obbligo di riconversione gravante su ciascuno dei paesi». Capitò così di vedere studenti e professori trarre un po’ goffamente le banconote dalle tasche. In un misto di incredulità e preoccupazione, tutti esaminarono i numeri di serie. Graziani aveva ragione: i biglietti sono formalmente attribuiti alla Bce, ma chiunque può agevolmente distinguere tra euro emessi dalla Banca d’Italia ed euro emessi dalla Bundesbank o dalla Banque de France. Fu una piccola rivelazione, la scoperta di un microscopicobug nell’algoritmo apparentemente irreversibile dell’Unione. Graziani osservò la platea con occhi più sottili del solito. Fu l’unico segnale lanciato dal suo corpo minuto, da sempre votato al più rigoroso understatement. Ricordando oggi quello sguardo, è inevitabile chiedersi se sia stato ancora una volta capace di intravedere il futuro.                                                                                                                                                                  http://www.emilianobrancaccio.it/2013/05/04/augusto-graziani-la-scienza-moderna-delle-classi-sociali/

giovedì 2 maggio 2013

Voto di classe e sopravvalutazione del voto utile alle ultime elezioni - Domenico Moro - .

"Anche Grillo deve buona parte della sua notevole performance al suo <<euroscetticismo>>, tanto che Goldman Sachs, dopo una prima dichiarazione, scambiata da alcuni per una sorta di legittimazione, ha affermato che il vero pericolo per l’Europa e l’euro non è Cipro ma l’ascesa di Grillo in Italia"                                                   http://www.marx21.it/documenti/moro_analisidelvoto2013.pdf