lunedì 30 novembre 2020

La bancarotta dello stato: le cause della rivoluzione francese - Alessandro Barbero

Da: Intesa Sanpaolo - Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.


                                                                         

sabato 28 novembre 2020

“CRITICA” TRA HEGEL E MARX - Roberto Fineschi

Da: https://marxdialecticalstudies.blogspot.com - Articolo originariamente apparso su "Revista dialectus", n. 18, 2020, pp. 189-201. - Roberto Fineschi ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo le monografie Ripartire da Marx (Napoli 2001), Marx e Hegel (Roma 2006) e Un nuovo Marx (2008). Vincitore del premio Rjazanov 2002, è curatore di una nuova versione del 1 libro del Capitale dopo la nuova edizione storico-critica MEGA2 (Napoli 2011), nonché membro del comitato scientifico dell'edizione italiana delle opere complete di Marx ed Engels e dell’International Symposium on Marxian Theory. I suoi saggi sono tradotti in varie lingue. r.fineschi@sienaschool.com

Leggi anche: Pensare con Hegel - Vladimiro Giacché

Critica alla religione e realizzazione della filosofia, nella tradizione dialettica - Stefano Garroni

FRANCESCO VALENTINI, SOLUZIONI HEGELIANE* - Carla Maria Fabiani

Studio su Hegel: LA RELIGIONE - Stefano Garroni

Debolezze e potenzialità negli argomenti anti-hegeliani del giovane Marx*- Carlo Scognamiglio

ESSENZA E FORMA NELL'INTRODUZIONE ALLA FENOMENOLOGIA HEGELIANA - Stefano Garroni

Il Capitale come Feticcio Automatico e come Soggetto, e la sua costituzione. - Sulla (dis)continuità Marx-Hegel. - Riccardo Bellofiore -

Hegel e Feuerbach. - Stefano Garoni-

A partire dal sottotitolo del 'Capitale': Critica e metodo della critica dell’economia politica - Tommaso Redolfi Riva

Vedi anche: La logica di Hegel "una grottesca melodia rupestre"- Paolo Vinci

" Hegel "- Vittorio Hosle

La dialettica di Hegel. Origine, struttura, significato... - Roberto Finelli

Hegel: Fenomenologia dello spirito. Dialettica "servo/padrone" - Remo Bodei

"La civetta e la talpa, il concetto di filosofia in Hegel" - Remo Bodei 


Marx fa largo uso del termine “critica”, che è presente nel titolo di varie sue opere. In questo articolo cercherò di ricostruire lo sviluppo e i cambiamenti di significato di questo termine nelle diverse fasi dell’indagine di Marx. Mi concentrerò sulle fonti dirette, come il dibattito “critico” tedesco durante il Vormärz, e su autori come Strauß, Bruno Bauer, Feuerbach. Certamente Hegel è un punto di riferimento privilegiato dell’approccio filosofico di Marx. Mostrerò come Marx si sia spostato lentamente da un significato specifico del termine “critica” che era predominante durante il Vormärz per approssimarsi alla posizione hegeliana.



"CRITIQUE" FROM HEGEL TO MARX

È noto che Marx fa largo uso del termine “critica”. Esso è presente nel titolo di varie sue opere e non è quindi un caso che l’attenzione si sia concentrata su di esso. In questo articolo si cercherà di contribuire alla ricostruzione della sua storia interna e della sua origine nella tradizione filosofica anteriore. Essendo Hegel uno dei filosofi di riferimento privilegiati di Marx, si indagherà anche in questo autore il significato del termine per vedere a quale uso specifico di critica Marx si avvicini di più. Si vedrà del resto come il ruolo e la funzione della critica cambino nel corso della sua maturazione teorica. 

1. Critica è un termine dall’uso diffusissimo nel dibattito intellettuale dall’illuminismo in poi. Qui fa da generale ed emblematico punto di riferimento la ricca, articolata e programmatica voce “Critique” nella Encyclopédie di Diderot e D'Alembert scritta da Marmontel (1754, vol. IV, pp. 490a–497b). Riviste critiche, biografie critiche, approcci critici, per non parlare ovviamente del criticismo kantiano, inondano la produzione letteraria e pubblicistica al punto che non è affatto semplice individuare un significato univoco del termine. Il tema è così complesso che non può certo essere oggetto di questo saggio; ci si limiterà in questa sede a indicarne alcune interpretazioni specifiche che reputo rilevanti per Marx ed il suo rapporto con Hegel. 

venerdì 27 novembre 2020

Il FMI visita l’Argentina - Alessandra Ciattini

 Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni") insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: Sul debito pubblico - Karl Marx

L'annullamento del debito nell'antichità*- Eric Toussaint

L’esplosione del debito pubblico senza un prestatore di ultima istanza - Domenico Moro

Vedi anche: PERCHÉ NON TI FANNO RIPAGARE IL DEBITO - Marco Bersani

Ascolta anche: Radio Quarantena, Oltre Confine: tassazione internazionale dello smartworking e Argentina https://www.spreaker.com/user/11689128/201118-oltre-confine 


L’Argentina pagherà un debito illegittimo e odioso scaricando i suoi costi sulla parte più debole della popolazione.


Nel febbraio 2020 il FMI aveva riconosciuto che il debito di 100 miliardi di dollari consistente in obbligazioni detenute da investitori privati, contratto dall’Argentina, non era sostenibile e pertanto aveva invitato questi ultimi ad accettare un taglio significativo del dovuto. Naturalmente Alberto Fernández, attuale presidente, si era dichiarato soddisfatto e aveva auspicato che l’Argentina potesse ricominciare a crescere e a “onorare” così i suoi debiti, i quali all’epoca del governo Macri hanno permesso una rilevante fuga di capitali.

Successivamente il FMI, la cui direttrice è ora la bulgara Kristalina Giorgeva (la compañera Kristalina, come qualcuno l’ha chiamata), ha visitato in due occasioni il paese, l’ultima a partire dallo scorso 10 novembre con lo scopo dichiarato di cominciare a trattare per formulare un nuovo programma che sostenga il piano economico del governo e di stabilizzare l’economia argentina, di modo che si apra un futuro roseo per il popolo del paese sudamericano.

Secondo “Il Sole 24 Ore” ora il debito argentino in totale ammonta a 200 miliardi di dollari, la metà è costituita da debito estero, l’altra metà è composta da 57 miliardi di dollari da restituire al FMI e da 43 miliardi di debiti locali in pesos.

giovedì 26 novembre 2020

A DIEGO - Gianni Minà

 Da: https://www.facebook.com/giannimina38 - Gianni Minà è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. 

Vedi anche: Un Maradona inedito - Gianni Minà  https://www.youtube.com/watch?v=4N3gv5O3_8U


Con Maradona il mio rapporto è stato sempre molto franco.

Io rispettavo il campione, il genio del pallone, ma anche l’uomo, sul quale sapevo di non avere alcun diritto, solo perché lui era un personaggio pubblico e io un giornalista. 

Per questo credo lui abbia sempre rispettato anche i miei diritti e la mia esigenza, a volte, di proporgli domande scabrose.

So che la comunicazione moderna spesso crede di poter disporre di un campione, di un artista soltanto perché la sua fama lo obbligherebbe a dire sempre di sì alle presunte esigenze giornalistiche e commerciali dell’industria dei media. 

Maradona, che ha spesso rifiutato questa logica ambigua, è stato tante volte criminalizzato.

Una sorte che non è toccata invece, per esempio, a Platini, che come Diego ha detto sempre no a questa arroganza del giornalismo moderno, ma ha avuto l’accortezza di non farlo brutalmente, muro contro muro, bensì annunciando, magari con un sorriso sarcastico, al cronista prepotente o pettegolo “dopo quello che hai scritto oggi, sei squalificato per sei mesi. Torna da me al compimento di questo tempo.” Era sicuro, l’ironico francese, che non solo il suo interlocutore assalito dall’imbarazzo non avrebbe replicato, ma che la Juventus lo avrebbe protetto da qualunque successiva polemica.

A Maradona questa tutela a Napoli non è stata concessa, anzi, per tentare di non pagargli gli ultimi due anni di contratto, malgrado le tante vittorie che aveva regalato in pochi anni agli azzurri, nel 1991 gli fu preparata una bella trappola nelle operazioni antidoping successive a una partita con il Bari, in modo che fosse costretto ad andarsene dall’ Italia rapidamente. 

Eppure nessuno, né il presidente Ferlaino, né i suoi compagni (che per questo ancora adesso lo adorano) né i giornalisti, né il pubblico di Napoli, hanno mai avuto motivo di dubitare della lealtà di Diego.

Io, in questo breve ricordo, a conferma di questa affermazione, voglio segnalare un semplice episodio riguardante il nostro rapporto di reciproco rispetto. 

domenica 22 novembre 2020

Pandemie: cattiva gestione, uso politico della scienza e disinformazione a cura di Alessandra Ciattini e Marco A. Pirrone

Da: https://www.spreaker.com/show/radioquarantena

Leggi anche: I veri responsabili della pandemia e delle sue drammatiche conseguenze - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

Essere curati - Aristide Bellacicco

Il Covid-19 negli Stati Uniti - Alessandra Ciattini

Come si muove una pandemia. Il tallone d’Achille della globalizzazione 


Proponiamo un’interessante intervista al Dr. Ernesto Burgio, presidente del Comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale, ricercatore dell’European Cancer and Environment Research Institute (ECERI), sull’origine della pandemia provocata dal SARS-COV 2, che provoca una sindrome respiratoria acuta definita COVID 19. 

Nell’intervista il Dr. Burgio analizza dettagliatamente i processi che stanno alla base della trasmissione di questo virus dai pipistrelli frugiferi alla specie umana, sottolineando il loro collegamento con la situazione ambientale complessiva del pianeta. 

Esamina poi la diversa capacità di controllo della pandemia mostrata dai vari paesi, osservando come quelli orientali erano più preparati ad affrontare tale disastroso evento e sono stati in grado di mettere sotto controllo la diffusione del virus. 

Si pronuncia anche sulla possibilità che, se non si realizzano cambiamenti strutturali nell’attuale forma di organizzazione sociale, i fenomeni pandemici possano ripetersi. 

Quanto alla questione dei vaccini, ovviamente ne riconosce l’importanza, pur sottolineando che essi non costituiscono la panacea del problema, giacché nell’ipotesi sciagurata che le pandemie si ripetano in maniera ricorrente, saremo sempre alla ricerca di un nuovo vaccino. 

Infine, mette in evidenza anche il ruolo non sempre adeguato dei cosiddetti esperti che in molti casi hanno sottovalutato il fenomeno ed hanno dato ai politici suggerimenti sbagliati, enfatizzati dai mass media, generando reazioni contraddittorie nella popolazione. (il collettivo)

                                           Qui l'intervista:  https://www.spreaker.com/user/11689128/121120-intervista-burgio 


sabato 21 novembre 2020

La Modern Monetary Theory - Intervista a Marco Veronese Passarella

Da; https://www.machina-deriveapprodi.com - https://www.marcopassarella.it - Marco Veronese Passarella è docente di macroeconomia presso la Leeds University. - 

Leggi anche: MMT, Minsky, Marx e il feticcio del denaro - Michael Roberts

- Note sulla crisi. Intervista all'economista Marco Passarella -

Crisi capitalistica, socializzazione degli investimenti e lotta all’impoverimento - Riccardo Bellofiore, Laura Pennacchi

CATASTROFE O RIVOLUZIONE - Emiliano Brancaccio

Vedi anche: - Cause strutturali e congiunturali della stagnazione italiana - Marco Veronese Passarella
        
Con l’articolo Economia della dismisura di Christian Marazzi, abbiamo avviato il percorso che abbiamo definito «Governo della crisi» (https://www.machina-deriveapprodi.com/post/pensare-il-transito). La seguente intervista, proseguendo nel solco tracciato dal testo di presentazione della rubrica, analizza gli strumenti messi in campo dalle istituzioni finanziarie e tratteggia le caratteristiche del nuovo corso che si sta imponendo, spiegando, in particolare, i capisaldi della Modern Monetary Theory, dottrina economica salita alla ribalta negli ultimi mesi. Marco Veronese Passarella è docente di macroeconomia presso la Leeds University e autore di articoli su riviste scientifiche internazionali, tra le quali il «Cambridge Journal of Economics», il «Journal of Economic Behavior & Organization» e il «Journal of Policy Modelling». (machina)

La crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo ha determinato la revisione del paradigma neoliberista che ha guidato le politiche fiscali e monetarie negli ultimi decenni. L’iniezione di liquidità senza precedenti promossa dalle banche centrali coniugata con i provvedimenti presi dai governi nei mesi di pandemia, segnalano un cambiamento nella strategia complessiva di governo della crisi. Inoltre, sono gli stessi organi che in questi anni hanno dettato e imposto l’austerity e il contenimento del debito pubblico, oggi richiedono uno scarto: pensiamo, ad esempio, alle dichiarazioni di Kristina Georgieva, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, che ha invocato «una nuova Bretton Woods». Pensi che si possa definitivamente affermare che siamo davanti alla fine dell’egemonia neoliberale?

L’irruzione di nuove idee nei periodi di crisi, anche di quelle ritenute eretiche fino a quel momento, è un fatto ricorrente. Con una semplice ricerca su Google Trend ci si può rendere conto del fatto che alcuni autori – penso a Keynes, a Minsky, persino a Marx – tornano sempre di moda quando tutto va storto. Non è soltanto il pensiero economico a evolversi sulla scia dei fatti economici, ma la società stessa, le classi dominanti e i loro rappresentanti politici, chiedono idee nuove nelle fasi di crisi. C’è dunque un doppio canale attraverso cui la realtà impatta sul mondo delle idee. Durerà questa cosa? In passato non è durata molto. Oggi però sembra che si sia incrinato qualcosa nella narrazione dominante, sia nel modo in cui il mondo viene descritto nei media e nei dibattiti pubblici sia negli strumenti teorici che vengono messi in campo per analizzare i fenomeni economici. 

Naturalmente il fatto che il paradigma neoliberista sia in crisi e che non possa tornare ai suoi vecchi splendori non significa che possa essere messo definitivamente in soffitta. Apro una parentesi: io penso, appunto, che sia più corretto definirlo paradigma «neoliberista» piuttosto che «neoliberale». Gli anglosassoni non hanno un termine per distinguere un approccio di libero scambio in economia dal pensiero liberale nel suo insieme, cosa che crea confusione. Inoltre credo che il prefisso «neo» sia importante perché lo distingue dal liberismo classico inteso come apologia delle forze spontanee del libero mercato, mentre il neoliberismo si configura piuttosto come un attacco politico al mondo del lavoro e allo stato sociale, ma non allo Stato inteso come difensore degli interessi delle grandi imprese e dei gruppi bancari. Inoltre, l’incrinatura del paradigma neoliberista non implica naturalmente la fuoriuscita dal capitalismo né l’avvento di nuove forme di regolazione, come ad esempio la socialdemocrazia. Queste, per essere applicate, hanno bisogno di una serie di condizioni in termini di rapporti di forza tra classi sociali a livello globale e di vincoli alla circolazione di capitali e merci. Non vedo dunque alternative imminenti. 

venerdì 20 novembre 2020

Xi Jinping: sui nuovi orizzonti della politica economica marxista contemporanea. -

Da: https://ottobre.info - Articolo originale: 12个问答,一起学习习近平总书记关于马克思主义政治经济学重要讲话 - Traduzione e note a cura di Davide Clementi

Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista Cinese dal 15 novembre 2012 e Presidente della Repubblica popolare cinese dal 14 marzo 2013. 

Leggi anche: Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping

Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping

- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue -

La Cina corre...

Una stabile crescita interna è l'obiettivo della Cina per il 2017*- Walter Ceccotti

"Cina 2013" - Samir Amin 



Nel n. 12/2020 della rivista Qiushi è stato pubblicato un importante discorso del segretario generale Xi Jinping, strutturato in dodici domande e risposte, dal titolo ‘Esplorare incessantemente i nuovi orizzonti della politica economica marxista contemporanea’. Questo discorso è stato tenuto da Xi Jinping il 23 novembre 2015 al 28° studio collettivo [1] del 18° Politburo sui principi di base e sulla metodologia dell’economia marxista. […] 


DOMANDA 1: PERCHÉ STUDIARE L’ECONOMIA POLITICA MARXISTA?

Lo scopo dell’organizzazione di questo studio è rafforzare lo studio e la comprensione dei principi fondamentali del marxismo. Attraverso la revisione dell’economia politica marxista, dobbiamo approfondire la nostra comprensione delle leggi dello sviluppo economico e migliorare la nostra capacità di guidare lo sviluppo economico della Cina.

Ora, durante la mutazione dell’economia mondiale, essere in grado di governare bene la grande nave dell’economia del nostro Paese è un test importante per il nostro partito. Affrontare la complessa situazione economica nazionale e internazionale e i diversi fenomeni economici, apprendere i principi di base e la metodologia dell’economia politica marxista ci aiuterà a padroneggiare i metodi di analisi economica scientifica, comprendere il processo del movimento economico, padroneggiare le leggi dello sviluppo sociale ed economico, migliorare la capacità di controllare l’economia di mercato socialista e rispondere meglio alle domande teoriche e pratiche dello sviluppo economico della Cina.

DOMANDA 2: QUAL È IL SIGNIFICATO DELL’ECONOMIA POLITICA MARXISTA?

giovedì 19 novembre 2020

"Helgoland" - Carlo Rovelli

Da: Università di Bologna - Carlo Rovelli è un fisico, saggista e accademico italiano, studioso di fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente lavora in Francia. 




                                           
                       

mercoledì 18 novembre 2020

Due o tre cose che so di Gramsci. Antonio Gramsci ai Giovani. - Angelo d'Orsi

Da: Angelo d'Orsi Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7


Leggi anche: Su Gramsci e la fondazione del Pci - PIERO GOBETTI


"Se si volesse sintetizzare in termini estremi il messaggio di Antonio Gramsci ai giovani del suo tempo, e del nostro - in particolare i giovani proletari ai quali egli si rivolge - esso potrebbe essere un pressante invito all'istruzione (i proletari non possono concedersi il lusso dell'ignoranza, a differenza dei padroni) e all'impegno (ossia alla lotta per l'emancipazione dal dominio borghese) . Il giovane Antonio scelse questa duplice strada quando era ancora studente liceale in Sardegna e vi rimase fedele fino alla morte dopo una lunga penosa detenzione."

                                                                       


martedì 17 novembre 2020

Crisi capitalistica, socializzazione degli investimenti e lotta all’impoverimento - Riccardo Bellofiore, Laura Pennacchi

 Da: Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova - https://sinistrainrete.info - Introduzione all’edizione italiana di Ending Poverty. Jobs not Welfare. In: Hyman P. Minsky, Combattere la povertà. Lavoro non assistenza, traduz. di Anna Maria Variato, Ediesse, Roma, 2014.

Laura Pennacchi è un'economista e politica italiana. - Riccardo Bellofiore, Università di Bergamo, Professore ordinario di Economia politica. -

Leggi anche: IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore - 

Fine di un’epoca - Vladimiro Giacché

CATASTROFE O RIVOLUZIONE - Emiliano Brancaccio 


Il pensiero di Hyman P. Minsky è tornato d’attualità con l’approssimarsi e poi lo scoppio della crisi finanziaria dell’estate del 2007, la cosiddetta crisi dei subprime, sin dai primi mesi di quell’anno [1]. Era già capitato almeno un paio di volte nel decennio precedente: Paul McCulley di PIMCO aveva evocato un Minsky moment a proposito della crisi russa del 1998 e George Magnus di UBS aveva ripreso il termine nella prima metà del 2007. I più attenti erano stati i bloggisti e gli analisti finanziari. La crisi era giunta come una sorpresa per i più. In realtà, essa covava da tempo, e le sue ragioni tutto avrebbero dovuto apparire meno che misteriose.


La Grande Recessione

La sequenza degli avvenimenti è stata classica. Lo sgonfiamento della bolla immobiliare nel 2005 ha generato, prima, la crisi del mercato dei subprime, con annessi e connessi: fallimento di hedge fund, blocco di leveraged buy out, crisi di banche di investimento. Poi sono venuti i segnali di illiquidità e di stretta creditizia, che hanno fatto temere che l’illiquidità si mutasse in insolvenza. Il castello delle relazioni di debito-credito è andato in fibrillazione, le banche hanno cessato di farsi credito l’un l’altra e la preferenza per la liquidità e per i titoli di Stato si è innalzata drasticamente, così come il premio per il rischio. Il bisogno di un intervento delle banche centrali quali prestatori di ultima istanza è divenuto parossistico, e la spinta ad una riduzione dei tassi di interesse irresistibile. Una successione nota, ma che ha visto stavolta qualche novità nei protagonisti, gli strumenti finanziari che hanno costruito il castello della speculazione.

Questa volta, la crisi dei debitori ultimi, famiglie povere con lavori precari, ha avuto come anello di trasmissione il fatto che le proprietà pignorate perdevano di valore ormai da un po’ e sono iniziate le esplosioni nel campo minato della nuova finanza. Ormai anche l’uomo della strada sa cosa siano i «derivati», le «condotte», i titoli «cartolarizzati» appoggiati sulle ipoteche, le obbligazioni del debito «collateralizzate». Ciò che doveva rendere trasparente il mercato e minore il rischio ha fatto invece collassare le relazioni tra operatori per l’opacità dell’informazione, per la corruzione delle agenzie di rating, per l’impossibilità di sfuggire all’azzardo morale.

Come è noto, quella crisi si è poi sviluppata, almeno a partire dalla metà del 2008, in una Grande Recessione globale che si è estesa, con caratteristiche proprie, al vecchio continente europeo. Una «grande crisi» capitalistica paragonabile soltanto a quel Grande Crollo degli anni Trenta del Novecento (di cui aveva scritto magistralmente John Kenneth Galbraith) e che ha fatto impallidire il ricordo della Grande Stagflazione degli anni Settanta. Da quella crisi non siamo in realtà ancora usciti. Non a torto Paul Krugman e Brad DeLong sostengono che saremmo entrati in una Depressione Minore. Qualcosa che a nostro avviso male si farebbe a ridurre ai problemi, pur gravi e reali, di una distribuzione del reddito squilibrata a danno del lavoro o di semplice insufficienza di domanda aggregata.

domenica 15 novembre 2020

"I Sette Re di Roma" Omaggio a Gigi Proietti



"Leggenda musicale in due tempi" di Luigi Magni, con Gigi Proietti e Gianni Bonagura, per la regia di Pietro Garinei e con le musiche di Nicola Piovani.
Lo spettacolo, rappresentato per diverse stagioni al teatro Sistina (Roma) a partire dal 1989, narra la fondazione di Roma attraverso le gesta dei suoi re, tutti interpretati da Gigi Proietti: ironici, smargiassi, dissoluti, problematici.

                                                                           

sabato 14 novembre 2020

Social e capitalismo crepuscolare (living in a box) - Roberto Fineschi

 Da: https://www.lacittafutura.it Roberto Fineschi è un filosofo italiano (Marx. Dialectical Studies).

Leggi anche: Fenomenologia della Ferragni - Roberto Fineschi

Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi

Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi

Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi

Epoca, fasi storiche, Capitalismi - Roberto Fineschi 

Vedi anche: Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi 

"Le nuove forme di controllo sociale nella società artificiale" - Renato Curcio 

L'impatto delle tecnologie sul lavoro - Renato Curcio

Funzionamento e funzione dei social nelle dinamiche del capitalismo crepuscolare.


Che cosa ci sia dietro ai social è ormai noto a chiunque lo voglia sapere. [1] Mi permetto di fare una breve sintesi di letture e visioni in una prospettiva personale legata ad altre riflessioni recentemente sviluppate sul capitalismo crepuscolare.

1) Costruire la “scatola”

I proprietari di Facebook, Twitter e compagnia cantante sono degli scienziati sociali. Non è una mia nomina ad honorem, lo sono veramente, in particolare sono esperti di psicologia sociale e “comportamentismo”. La nuova alleanza che hanno instaurato è con web designers ed esperti di calcolo, progettisti questi ultimi dei fantomatici algoritmi. Vediamo come funziona questa triplice alleanza. 

1.1) Lo scienziato sociale

I comportamentisti mettono sul tavolo la loro psicologia sociale, ovvero lo studio del comportamento umano spontaneo, automatico, precosciente. Forti di evidenze sia teoriche sia sperimentali sulle modalità di reazione a stimoli di diverso tipo, individuano reazioni standard, soprattutto quelle legate alle pulsioni più profonde e condizionanti dell’animale uomo (piacere, dolore, paura, rabbia, autoconservazione, socialità, appartenenza ecc.). Studiano come innescare delle reazioni automatiche, utilizzando scientemente stimoli che attivino queste pulsioni profonde. In particolare sono interessati a produrre comportamenti in tutto e per tutto identici a quelle che chiamiamo “abitudini”, ovvero che si ripetono senza il ripetersi di uno stimolo esterno, ma che vengono compiuti “spontaneamente” da chi agisce: lo stimolo viene in sostanza introiettato.

Radio Quarantena

 




La radio che ti accompagna durante l'emergenza del Covid-19 con l'obiettivo di favorire la circolazione di idee, esperienze e testimonianze in una dimensione collettiva e d'inchiesta. Sul nostro canale troverete approfondimenti, analisi, interviste e altro materiale informativo sui temi più disparati dell’attualità, con particolare riferimento a problematiche sociali, crisi economica, emergenza sanitaria, situazione del mondo del lavoro, esperienze di lotta e di solidarietà. Chiunque può partecipare, curare una puntata o testimoniarci la propria esperienza!

Seguici ogni mattina per l'Editoriale con Francesco Schettino e a pranzo e a cena con le nostre rubriche di approfondimento a cura di Carla Filosa, Luca De Crescenzo, Marco Morra e Francesco Schettino e tanti altri collaboratori e collaboratrici! 

https://www.spreaker.com/show/radioquarantena


venerdì 13 novembre 2020

I veri responsabili della pandemia e delle sue drammatiche conseguenze - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

 Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Antropologa) e Aristide Bellacicco (Medico) fanno parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni".

Ascolta anche: Fabio Marcelli: Covid, Trump e Bolsonaro, i flagelli del momento - https://www.spreaker.com/user/11689128/covid-trump-e-bolsonaro-i-flagelli-del-m 

Pandemie: cattiva gestione, uso politico della scienza e disinformazione. A. Ciattini intervista Ernesto Burgiohttps://www.spreaker.com/user/11689128/121120-intervista-burgio


Stiamo vivendo in una situazione assurda e drammatica, chiediamoci chi ci ha portato a questo punto.


Siamo tutti i giorni informati e allertati sull’andamento della pandemia, che è certamente un fatto innegabile e che mette a rischio soprattutto coloro che per vivere debbono uscire di casa ogni giorno, lasciando alla cura di qualcuno (la scuola?) i loro figli. Nonostante questa gran mole di informazioni, spesso contraddittorie e confuse, che suscitano stati d’ansia e di forti preoccupazioni, nulla ci viene detto, a parte la famosa favola della zuppa di pipistrello, sulle origini del virus. Eppure sappiamo che questi virus, il cui arrivo del resto era stato annunciato almeno dal 2003, si producono a causa dell’allevamento intensivo degli animali, da cui si ricava la cattiva carne di cui ci nutriamo. A ciò bisogna aggiungere la deforestazione e la conseguente estinzione di specie animali e vegetali, l’urbanizzazione disordinata che ha provocato l’addensamento abitativo in dimore insalubri e inadeguate; fenomeni questi che hanno fatto saltare le barriere protettive tra mondo umano e mondo animale, dal quale derivano questi virus che trasformandosi colpiscono l’uomo.

Nessuno può affermare che le misure prese dai vari governi abbiano tentato di incidere su questo aspetto, limitandosi questi a blaterare di vaccini che risolveranno tutti i problemi, quando invece, se la complessiva spoliazione della natura continua in questo modo, nuove pandemie si ripresenteranno e saranno necessari sempre nuovi vaccini, nell’attesa dei quali la gente si ammalerà e in alcuni casi morirà. Né per ora ci si è preoccupati di risanare il servizio sanitario nazionale che, come mostrano queste situazioni di emergenza, deve essere completamente ristrutturato per adeguarlo alle necessità attuali, né si sono presi provvedimenti adeguati a rendere pienamente sicure le scuole e le università, i luoghi di lavoro, affidando agli stessi lavoratori – i maggiori interessati – il controllo dell’efficacia delle misure e la loro piena applicazione.

Uno solo è il responsabile delle cause della pandemia e dell’inefficacia del suo controllo: il capitalismo nelle sue forme rapaci quale si è sviluppato dalla fine del miracolo economico per riprendersi i suoi profitti e che, in particolare, nei paesi europei, tra i quali l’Italia, non ha utilizzato i mesi tra la prima ondata e la seconda per affinare le metodologie antipandemia.

martedì 10 novembre 2020

"Nome in codice Ramsay" - Alessandro Barbero

Da: Alessandro Barbero Fan Channel - Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.

L' adrenalinica vita di Richard Sorge, nome in codice "Ramsay" , che fu assoldato come agente segreto dall'Unione Sovietica con la copertura di giornalista, ed inviato in diversi paesi europei con il compito di sondare la possibilità per l'insorgere di rivolte comuniste.
                                                                       

lunedì 9 novembre 2020

Usa 2020, la ribellione populista resta ancora lì - Lorenzo Castellani e Giovanni Orsina

 Da: https://open.luiss.it - https://www.huffingtonpost.it - 

Lorenzo Castellani, Ricercatore di Storia delle Istituzioni Politiche alla Luiss di Roma. - Giovanni Orsina è un politologo e storico italiano. 

Leggi anche: Arriva dagli Usa un’altra epidemia: migliaia di morti per mancanza di senso - Vittorio Pelligra 

Il fallimento dell’America - Cornell West 

la fine del sogno americano - Alessandro Carrera 

MAX WEBER. Una riflessione sul destino dell'Occidente e sui limiti del capitalismo contemporaneo - Francesco Fistetti 

La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense - Alessandra Ciattini 

Intervista a Noam Chomsky - a cura di CJ Polychroniou 

Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi 

Stiamo vivendo la prima crisi economica dell’Antropocene - Adam Tooze


Se i dati riportati in questo articolo sono veri, devono farci pensare. La vittoria democratica, che forse in se stessa può anche non dispiacerci, nasconde di fatto una realtà sociale che, anche in virtù del particolare sistema elettorale statunitense, non si sente e non è rappresentata da Biden? E, a quanto sembra, si tratta di settori non irrilevanti della stessa classe operaia e di altri gruppi socialmente svantaggiati, che forse avevano visto nel populismo di Trump una sorta di difesa dagli effetti della globalizzazione.  Ė pur vero che Biden ha raccolto i voti degli afro-americani, i quali certo non potevano stare con Trump. Ma a nostro avviso c'è di che riflettere sullo scollamento fra i progressisti "liberal" e il ventre arrabbiato, impoverito ed emarginato di una parte consistente dei cittadini statunitensi bianchi. Si può anche fare un paragone con il referendum sulla Brexit, dove risultò decisivo il voto delle classi povere che dell'Europa non volevano più saperne. Forse, anche se ci costa dirlo, ha ragione D' Alema quando, proprio ieri, ha detto che queste elezioni non hanno risolto nessun problema. Basterà mettersi le mascherine come sicuramente raccomanderà il neo-eletto? È possibile che l'intellettualità nordamericana, compresa quella di colore, non sia più, se mai lo è stata, in sintonia con gli umori dei più poveri e dei meno politicizzati. Che però sono operai e contadini.  Come la mettiamo? (il collettivo)

Biden e le radici persistenti del populismo 

L’onda blu mancata

L’impatto della vittoria di Joe Biden non può essere sottovalutato: com’è ovvio, è tutt’altro che irrilevante – per gli Stati Uniti, ma anche per l’Europa e l’Italia – se alla Casa Bianca nei prossimi quattro anni vivrà Trump o alloggerà un Presidente democratico. Ma è pure tutt’altro che irrilevante che l’“onda blu” pronosticata da sondaggi e osservatori, la “landslide victory” di Biden, abbia mancato di materializzarsi. In un’elezione quanto mai combattuta e partecipata, segnata dall’emergenza pandemica, un presidente uscente estremamente controverso, detestato dall’establishment governativo e imprenditoriale, più che disprezzato dal ceto intellettuale e dalla maggior parte dei media, accusato nientemeno che di essere un pericolo per la democrazia, è riuscito a conservare quasi intatto il blocco elettorale che lo aveva portato alla Presidenza quattro anni fa. Con ogni evidenza quel blocco – minoritario, ma a malapena – ha radici profonde. E altrettanto evidentemente, la sinistra non riesce a scalfirlo altro che in misura marginale, anche se ha messo in campo tutta la sua considerevole potenza di fuoco politica, mediatica e culturale.

Un’America profondamente divisa

domenica 8 novembre 2020

50 anni di relazioni (Italia-Cina) ed un futuro tutto da scrivere - Francesco Maringiò

Da: http://italian.cri.cn - https://www.marx21.it - Francesco Maringiò, Presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta e curatore del libro "La Cina nella Nuova Era, Viaggio nel 19°Congresso del PCC", LA CITTA' SEL SOLE 

Ascolta anche: Alessandra Ciattini intervista Francesco Maringiò - USA vs Cina - La visita di Mike Pompeo in Asia (https://www.spreaker.com/user/11689128/051120-pompeo-in-asia-maringio-online-au?fbclid=IwAR3S2qsE_g9AHuLFXkkvWwlYyfngy76WX8tJKUjnwsHlCl2UEyYQ1lVjk2I)

Leggi anche: La Cina corre... 

- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue - 

I rischi della guerra economica Usa-Cina - Vincenzo Comito

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

La Cina nel processo di globalizzazione*- Spartaco A. Puttini

Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping

Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin**

La trappola di Tucidide - Andrea Muratore

"Cina 2013" - Samir Amin

L'Occidente arretrato e l'Oriente avanzato*- Emiliano Alessandroni

Giovanni Arrighi, “Adam Smith a Pechino” - Alessandro Visalli

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo

L’economia reale è sulla Via della seta - Pino Arlacchi

Vedi anche: - OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? -

LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci

L’Italia e la Cina hanno avviato scambi culturali già dal II sec. a.C.: la prima legazione romana in Cina fu registrata nel 166 a.C., sessant'anni dopo le spedizioni del generale Ban Chao e l’invio di un emissario a Da Qin, esonimo con cui i cinesi indicavano l’impero romano. Questa affascinante storia si è poi arricchita di altre straordinarie gesta che sono diventate leggendarie non solo per la storia dei due paesi, ma per il confronto stesso tra Oriente ed Occidente.

È con questo importante bagaglio storico che quest’anno celebriamo il cinquantesimo delle relazioni bilaterali tra i due paesi. È una tappa importante, che merita non solo di essere approfondita tra gli esperti ma sperimentare una riflessione più vasta, come quella che sta promuovendo questa prestigiosa rivista a cui sono grato per l’invito rivoltomi a svolgere alcune riflessioni.

Possiamo individuare cinque diverse fasi nel rapporto diplomatico tra Italia e Cina: 1) dalla fondazione della RPC allo stabilimento delle relazioni nel 1970, 2) dall’apertura dell’Ambasciata italiana a Pechino ai primi anni ’90, 3) dalla fine della Prima Repubblica in Italia (1992) alla firma della partnership strategica (2004), 4) da questa al 18° Congresso del PCC ed infine 5) la fase attuale, ancora tutta da scrivere.

La prima fase (non ufficiale) delle relazioni ha posto le basi per la normalizzazione dei rapporti ed il riconoscimento della RPC e del suo governo. Sono stati anni importanti di contatti e relazioni che ci danno la percezione del lungo embargo diplomatico a cui è stato sottoposto il gruppo dirigente cinese. Alla Repubblica Popolare in quegli anni veniva negato anche il seggio alle Nazioni Unite (vi entrerà nel 1971). Il riconoscimento italiano ha favorito il percorso di riconoscimento di Pechino nella comunità internazionale.

Con l’apertura dell’Ambasciata d’Italia in Cina (1970) è iniziata per il Belpaese una fase pioneristica di conoscenza e comprensione della realtà cinese, così profondamente cambiata dall’epoca delle concessioni e della terribile esperienza coloniale. Sono stati anni intensi che hanno permesso di cogliere anche la portata delle trasformazioni che la Politica di Riforme ed Apertura aveva cominciato a produrre.

I primi anni ’90 sono stati invece un passaggio di fase molto delicato per l’Italia: lo sgretolamento dei partiti tradizionali ed i cambiamenti internazionali con la fine del mondo bipolare hanno innescato una lunga fase di transizione ed incertezza, con ripercussioni anche nelle relazioni tra i due paesi e relative occasioni mancate ed opportunità perse. La svolta si è avuta con la firma del Partenariato Strategico che ha costruito un meccanismo permanente di dialogo tra Italia e Cina. Questo avvenimento ha incentivato gli investimenti diretti esteri italiani nel paese asiatico (appena entrato nel WTO), migliorando la percezione in patria delle trasformazioni in corso e delle opportunità che si presentavano per la comunità internazionale: sono l’economia ed il commercio a suscitare principale interesse all’estero.

Questa percezione muta con il 18° Congresso del PCC e le riforme adottate: la Cina entra in una fase di “nuova normalità” modificando completamente le direttrici strategiche del suo sviluppo economico, diventa sempre più un attore globale grazie al contributo fornito alla cooperazione internazionale ed alla politica di sicurezza e, non da ultimo, si fa portatrice di una iniziativa globale che, sotto il nome di Belt and Road Initiative, è destinata ad avere un impatto sullo sviluppo di tutta l’area eurasiatica e del mondo intero. Da questo momento la classe dirigente italiana ha capito che non si poteva più restringere il campo della cooperazione bilaterale con la Cina ai soli dossier commerciali e che bisognasse dare vita ad una relazione omnicomprensiva, riguardante tutti gli aspetti centrali della diplomazia, dell’economia e della cultura. È per queste ragioni che i settori più accorti del paese hanno lavorato per giungere alla firma del Memorandum of Understanding del marzo del 2019, attestando l’Italia a primo paese del G7 ad entrare nel club delle nazioni aderenti alla BRI.

Tuttavia questa consapevolezza non è ancora pienamente matura in tutta la società italiana, complice l’assenza di interessi radicati e capaci di strutturare una strategia nazionale condivisa, assieme ad una percezione esatta di cosa sia oggi la Cina contemporanea. Per queste regioni si sente l’esigenza, oggi più di ieri, della nascita di un pensatoio strategico comune tra i due paesi, capace di costruire e sedimentare un insieme di visioni ed esigenze in grado di essere raccolte dalla classe imprenditoriale e politica ed essere trasformate in una proposta strategica di grande visione prospettica.

Mentre si staglia all’orizzonte il pericolo di una recrudescenza delle relazioni internazionali, si apre un nuovo spazio di manovra per paesi che vogliono ambire ad operare attivamente per scrivere un futuro di pace e cooperazione. E l’Italia può ambire ad operare un ruolo importante in questa direzione. Anche per questo abbiamo bisogno che nasca questa fucina di idee, capace di corroborare il lavoro diplomatico ed istituzionale tra due paesi che, per storia e cultura, sono destinati a scrivere pagine importanti di mutua cooperazione e sincera amicizia.