Da: https://volerelaluna.it - Alessandra Algostino, docente di Diritto costituzionale nell’Università di Torino, studia da sempre i temi dei diritti fondamentali e delle forme di partecipazione politica e di democrazia diretta con particolare attenzione alla loro concreta attuazione. Tra i suoi molti scritti: "Diritto proteiforme e conflitto sul diritto" (Giappichelli, Torino, 2018) e “Democrazia, rappresentanza, partecipazione. Il caso del movimento No Tav” (Jovene, Napoli, 2011).
Qui l'intervista di Radio Quarantena a Alessandra Algostino: https://www.spreaker.com/user/11689128/210123-audio-algostino
Il quadro è fosco. La rappresentanza scivola in rappresentazione ed è surrogata dalla governabilità; il Parlamento è ridotto al ruolo di organo di ratifica; le scelte politiche sono sempre più eterodirette e incanalate in rigidi parametri economici assunti come dogmi; la discussione e la formazione di norme attraverso processi di integrazione e mediazione politica cedono alle imposizioni della governabilità; i partiti politici, da veicolo fra società e istituzioni e organizzazione in forma collettiva di rivendicazioni e visioni del mondo, divengono partiti liquidi, leggeri, catch all, appiattiti sulle istituzioni, tesi alla propria riproduzione, governati dal leaderismo, comunicanti attraverso slogan o tweets.
È un processo che parte ormai da lontano; per citare solo qualche passaggio: nel 1975 la Trilaterale lamenta l’eccesso di democrazia; degli anni Ottanta è la svolta (non solo italiana) in senso neoliberale; nel 1993 è adottato un sistema elettorale maggioritario; del 2013 è l’emblematica critica della J.P. Morgan alle Costituzioni dei paesi del Sud Europa, per la debolezza degli esecutivi e l’eccessiva tutela dei lavoratori e del diritto di protesta. Elementi eterogenei, quelli appena citati, ma che restituiscono l’intensità del processo che sta svuotando la democrazia, come democrazia politica, economica e sociale, i tre profili che, non a caso, la Costituzione associa.
Che fare? Occorre ripartire dal cuore della Costituzione, l’art. 3, secondo comma, assumendo come obiettivo «l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese», ovvero occorre mettere al centro la partecipazione come essenza della democrazia nella pluridimensionalità con la quale è scritta nella norma costituzionale. Questo significa reagire su più fronti.
La crisi del Parlamento è parte di una degenerazione più ampia della democrazia, che la revoca in dubbio anche nella sua declinazione economico-sociale. Pensiamo alla deregolamentazione nel mondo del lavoro, che contraddice la tutela dei lavoratori e l’idea stessa di una Repubblica fondata sul lavoro inteso come strumento di dignità ed emancipazione; alla contrattazione aziendale – per restare alle relazioni industriali – che sostituisce quella a livello nazionale prevista dalla Costituzione per contrapporre la forza del numero, per dirlo con Mortati, alla forza di chi possiede i mezzi di produzione; pensiamo, in senso ampio, alla regressione nella garanzia dei diritti sociali (quanto mai evidente oggi, in epoca di epidemia, in relazione, ad esempio, all’abbandono della medicina territoriale).