Leggi anche: I Quaderni del carcere – Renato Caputo
Come rendere in cinese uno dei concetti fondamentali del pensiero di Gramsci? Per gli ottant’anni (82) dalla morte del leader comunista italiano, China Files traduce uno scritto del suo traduttore cinese, Tian Shigang.
Per ricordarne il settantesimo anniversario dalla morte, la Casa editrice del popolo (Renmin chuban she) ha pubblicato le Lettere dal carcere di Antonio Gramsci, fondatore e segretario del Partito comunista d’Italia (PCd’I), uno tra i teorici marxisti più eclettici ed originali del XX secolo.
Le Lettere
dal carcere (edizione integrale tradotta)
raccolgono le 456 missive che, tra il novembre 1926 e il gennaio
1937, Gramsci inviò dai luoghi d’esilio e dalle carceri fasciste,
ad amici e familiari. Le Lettere dal carcere sono
un archivio del pensiero gramsciano, l’introduzione e la guida
dei Quaderni del carcere. Le Lettere sono
un “autoritratto” autentico e vivo, una “solenne sinfonia”
che tocca le menti delle persone, uno “sfortunato” classico della
moderna letteratura italiana, che Croce esalta perché appartenenti
all’intera nazione italiana. Dopo la prima pubblicazione nel 1947,
le Lettere dal carcere ebbero immediatamente una grande
eco, dovuta al loro linguaggio vivo e semplice, alla capacità di
toccare i reali sentimenti delle persone, alla ricchezza del
contenuto ed alla profondità di pensiero, tanto da conquistare nel
1948 il più importante premio letterario italiano, il premio di
Viareggio.
Per
il sottoscritto, il percorso di traduzione delle Lettere dal
carcere è stato allo stesso tempo un percorso di studio,
che mi ha spinto ad approfondire maggiormente alcuni dei concetti
peculiari di Gramsci, soprattutto quello di “egemonia”.
Il
vocabolo egemonia è prima di tutto una parola del lessico italiano,
oltre ad essere il concetto centrale della teoria politica di
Gramsci. Perciò, per la sua traduzione, bisogna indagare sul preciso
significato del termine nella lingua italiana, la posizione e
l’utilizzo nella dottrina politica di Gramsci, inoltre bisogna
collegare la traduzione al preciso significato e all’abituale
utilizzo che ne viene fatto nel cinese moderno.
I.
Indagine sul significato del termine “egemonia”.
Per
prima cosa occorre consultare un autorevole dizionario italiano. La
voce egemonia del Dizionario della lingua italiana
Zingarelli (edizione 1998) dice:
Egemonia:1)
supremazia che uno stato esercita su altri. 2) preminenza, direzione,
guida. Es. la teoria dell’egemonia della classe operaia.
Consultando
un altro autorevole dizionario, la voce egemonia del Dizionario
della lingua italiana Sandron (1976) dice:
Egemonia:
1)suprema, preminenza politica o militare. Es. L’egemonia di Atene
nella Grecia antica. 2) superiorità, primato rispetto ad altri. Es.
egemonia culturale.
Grazie
alla ricerca in questi due noti dizionari possiamo rilevare che
sebbene il primo significato di egemonia sia “supremazia”,
tuttavia un secondo significato sia quello di “direzione”. Questo
secondo significato è la fonte del particolare contenuto del
concetto di egemonia utilizzato da Gramsci. È possibile capire
questo punto partendo dall’esempio dato per secondo significato di
questa parola.
II.
Ricerca sul termine “egemonia” nel cinese moderno.
Egemonia:
nelle relazioni internazionali l’azione di controllare o comandare
con la forza un altro paese. Es. costruire l’egemonia, egemonismo.
Egemonismo: indica l’azione e le politiche di ricerca dell’egemonia regionale o mondiale di stato grande e potente che si poggia sull’azione militare e la forza economica, intervenendo con forza e controllando la polita interna ed estera di uno stato piccolo e debole.
Indica la politica dell’egemone e del sovrano in ambito mondiale o territoriale, egemonia. Il termine apparso per la prima volta nella storia della Grecia, indica il dominio di alcune città-stato (ad esempio Sparta) su altre città-stato. In seguito esteso ad indicare una potenza, o una superpotenza che non rispetta la sovranità e l’indipendenza di un altro stato, intromettendosi con la forza, dominandolo e governandolo.
Da
quanto detto precedentemente, l’egemonia e l’egemonismo sono
principalmente dei concetti di politica internazionale, hanno invece
un significato peggiorativo, simile al senso originale del termine in
italiano, ma con un più marcato sapore di denuncia. Soprattutto a
partire dagli anni Sessanta del XX secolo, seguendo il frequente
utilizzo nel cinese moderno di espressioni quali “opporsi
all’egemonismo” e “non cercare l’egemonia” questo termine è
diventato chiaramente peggiorativo, sembrava poter essere connessa
solo a termini quali “imperialismo”, “socialimperialismo” e
“superpotenza”, non potendo assolutamente legarsi a “socialismo”,
“proletariato”o “partito comunista”.
III.
Ricerca sull’egemonia di Gramsci
Negli
scritti di Gramsci egemonia è un concetto di scienza politica, non
di politica internazionale, è un termine neutrale e non un termine
peggiorativo. Il suo uso si estende a tutte le classi sociali.
(compresi il proletariato, la classe lavoratrice e il partito
comunista).
Si
può concretamente (dire), che il Croce, nell’attività storico-politica,
fa battere l’accento unicamente su quel momento che in politica si
chiama “egemonia”, del consenso, della direzione culturale…….
….come indicava invano Machiavelli, che attraverso l’organizzazione dell’esercito voleva organizzare l’egemonia della città sulla campagna, e perciò si può chiamare il primo giacobino italiano.
Volendo
afferrare precisamente il significato del concetto, bisogna
analizzare la teoria dell’egemonia di Gramsci. La teoria
dell’egemonia è lo sviluppo originale che Gramsci ha dato alla
dottrina politica di Nicolò Machiavelli. La vittoria della
Rivoluzione d’Ottobre in Russia e il leninismo esercitarono una
decisiva influenza sull’elaborazione della teoria dell’egemonia
di Gramsci. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, vedeva la gloriosa
prospettiva di ottenere anche in Italia una vittoria della
rivoluzione, ma la nascita del fascismo in Italia e la sconfitta
della rivoluzione socialista in paesi quali la Germania e l’Austria,
inevitabilmente portarono Gramsci a domandarsi perché le classi
dirigenti dei paesi industrialmente avanzati dell’Europa
occidentale non avessero portato avanti i risultati ottenuti dopo la
Rivoluzione d’Ottobre. Presto nel 1929 Gramsci iniziò l’analisi
delle cause sociali della sconfitta della rivoluzione nell’Europa
occidentale: le classi dirigenti dei paesi a capitalismo avanzato
possedevano una forza di riserva politica ed organizzativa che paesi
come la Russia non possedevano, questo significava che anche la più
seria crisi economica non avrebbe avuto necessariamente immediate
conseguenze sul piano politico. Negli anni Trenta del XX secolo,
nelle carceri fasciste, Gramsci, collegandosi alla storia italiana
dell’Europa occidentale, e alla situazione contemporanea, compì
un’analisi profonda e completa del problema, dando forma alla
teoria dell’egemonia. Questa teoria comprende una ricca gamma di
argomenti: l’egemonia del proletariato, la società civile, il
consenso, la guerra di posizione, gli intellettuali. Per poterne
comprendere il preciso significato pratico, occorre analizzare il
concetto centrale e le categorie più importanti all’interno
dell’intero corpo della teoria dell’egemonia.
Gramsci
considerava la classe proletaria la guida di un avanzato partito
politico. Partendo inizialmente dall’analisi dell’egemonia della
borghesia nei paesi dell’Europa, passò in seguito ad esplorare
l’egemonia del proletariato. All’inizio del 1926 Gramsci
affermava:
I
membri del partito comunista di Torino, hanno sollevato
oggettivamente la questione dell’egemonia del proletariato, ovvero
la questione della base sociale della dittatura del proletariato e
dello Stato operaio.
Da
ciò possiamo constatare che egemonia del proletariato e dittatura
del proletariato sono inscindibili. Gramsci riteneva inoltre che:
Solo
quando il proletariato costruirà una grande massa di lavoratori che
si oppone al capitalismo e al sistema delle classi dei paesi
capitalisti, solo allora potrà diventare classe dirigente e
dominante.
Questo
spiega come Gramsci, al più alto livello nel principale obiettivo
del proletariato, separi la direzione dal dominio, l’egemonia del
proletariato dalla dittatura del proletariato. In realtà egemonia e
dittatura non sono in contraddizione. Gramsci si oppone ad una
“dittatura senza egemonia” e assolutamente non sostiene
“l’egemonia senza dittatura”. Gramsci sostiene che il sistema
rappresentativo dei paesi democratici debba essere sostituito dalla
dittatura del proletariato. Bisogna tuttavia fare attenzione, quando
Gramsci utilizza il concetto di dittatura del proletariato, il
concetto varia di significato a seconda delle diverse circostanze. In
numerose occasioni indica l’egemonia ideologica e culturale del
proletariato, ma lo estende all’egemonia del proletariato nei campi
dell’economia, della politica, della cultura. Messo in relazione
con Lenin il termine indica la dittatura del proletariato. Da ciò
possiamo constatare come la teoria dell’egemonia del proletariato
di Gramsci sia la continuazione e lo sviluppo della teoria della
dittatura del proletariato di Lenin. È chiaro che se si traduce il
termine egemonia del proletariato con il termine egemonia
(baquan), secondo il significato cinese, sorgeranno delle
contraddizioni e si creerà una grande confusione. Perciò,
traducendo egemonia con baquan (egemonia), bisogna
riflettere al risultato che avrà legandolo al termine “proletaria”.
Quando
Gramsci utilizza il termine egemonia, lo lega spesso al termine
società civile. Non soddisfatto della visione dello stato del
marxismo tradizionale, Gramsci ammette:
Siamo
sempre nel terreno dell’identificazione di Stato e Governo,
identificazione che appunto è un rappresentarsi della forma
corporativo–economica, cioè della confusione tra società civile e
società politica, poiché e da notare che nella nozione generale di
Stato entrano elementi che sono da riportare alla nozione di società
civile (nel senso che si potrebbe dire, che
Stato=società politica+società civile, cioè egemonia corazzata di
coercizione).
Ci
si può chiedere se, come visto sopra, egemonia come direzione
(lingdaoquan) possa diventare egemonia come dominio
(baquan). I confini tra società civile e politica non
sarebbero allora ben marcati? Non solo, nel cinese moderno il termine
egemonia avrebbe una caratterizzazione di “violenza” e “dominio”
senza la necessità di essere “corazzata di coercizione”?
Diversamente
da Marx, Gramsci non pone la società civile nel campo dell’economia,
ma nella sovrastruttura. Gramsci parte dalle particolarità del
sistema sociale dell’Europa occidentale, dando particolare
attenzione all’ampia azione che le organizzazioni “non
governative” come la chiesa, i sindacati, le scuole e le
associazioni esercitano sulle masse nel campo spirituale ed
educativo, considerando queste come società civile, e ponendole
insieme alla società politica nella sovrastruttura. Nel Trattato
di sociologia generale Pareto[1] scrisse:
In
tutta la storia, i metodi dell’azione dirigente, consenso e
violenza sono in contatto tra loro, partendo dalle monarchie
dell’antichità sino ai moderni sistemi democratici. Dovunque
esista una classe dominante d’élite, una parte poggiava sulla
violenza, una parte sul consenso delle classi dominate.
Gramsci
prima eleva il consenso dell’azione di governo a grado più alto
dell’essenza dello Stato, in seguito procedendo in un’analisi
obliqua, eleva il discorso circa il rapporto tra la violenza-consenso
di Pareto a discorso circa forza-debolezze, società politica-società
civile.
Gramsci
sottolinea come la società occidentale e quella orientale siano
differenti: in Oriente la società politica è tutto, la società
civile è primordiale; in Occidente esiste una robusta società
civile. Perciò per il proletariato occidentale conquistare
esclusivamente il potere politico non è sufficiente, bisogna prima
occupare tutte le posizioni della società civile. Solo alla fine
Gramsci conduce un’indagine orizzontale, seguendo lo sviluppo dello
Stato, l’indebolimento della società politica, e il rafforzamento
della società civile. Nel sistema socialista, le cause della
violenza e del controllo dello stato si indeboliranno man mano, si
rafforzeranno le cause dell’egemonia e il consenso positivo,
portando la costruzione della democrazia socialista a crescere
d’importanza.
Viene
da chiedersi, da quanto scritto, se l’egemonia-direzione diventasse
egemonia-dominio, il confine tra consenso e violenza sarebbe ancora
chiaro?
…la filosofia della prassi, e i suoi più (alti) gradi teorici moderni (Lenin N.d.a.), veniva elaborata nello stesso senso e il momento dell’“egemonia” o della direzione culturale era appunto sistematicamente rivalutato in opposizione alle concezioni meccanicistiche e fatalistiche dell’economicismo.
Da
ciò possiamo vedere che riassumere l’egemonia di Gramsci
nell’egemonia culturale è una decisione arbitraria e unilaterale.
L’egemonia culturale è il contenuto principale dell’egemonia,
soprattutto per quanto riguarda i paesi capitalisti occidentali e le
società moderne. L’egemonia comprende ulteriori e vari contenuti,
tuttavia da quanto detto precedentemente per quanto riguarda
l’egemonia del proletariato, non occorre parlarne in questa sede.
Partendo
proprio dalla teoria dell’egemonia, Gramsci tratta in maniera
particolare la questione degli intellettuali. Ritiene che non formino
una classe autonoma e indipendente, ma facciano parte di classi
diverse. Tuttavia una volta costituitisi possiedono una relativa
indipendenza, dovuta alla particolare funzione sociale. Gli
intellettuali conducono l’intera classe all’omogeneità, non solo
nel campo economico, ma anche nell’ambito sociale e politico; sono
le cellule della vita della società civile e della società
politica, edificano l’ideologia della propria classe e spingono
quest’ultimi a riconoscere la loro funzione, facendo sì che questa
ideologia penetri la visione del mondo dell’intera società.
Questo
studio (la ricerca sugli intellettuali, N.d.a) porta anche a certe
determinazioni del concetto di Stato che di solito è inteso come
Società politica (o dittatura, o apparato coercitivo
per conformare la massa popolare secondo il tipo di produzione e
l’economia di un momento dato) e non come equilibrio della Società
politica con la Società civile (o egemonia di un gruppo sociale
sull’intiera società nazionale esercitata attraverso le
organizzazioni così dette private, come la chiesa, i sindacati, le
scuole, ecc.) e appunto nella società civile specialmente operano
gli intellettuali (Ben. Croce, per es., è una specie di papa laico
ed uno strumento efficacissimo di egemonia anche se volta per volta
possa trovarsi in contrasto con questo o quel governo ecc.) Da questa
concezione della funzione degli intellettuali, secondo me, viene
illuminata la ragione o una delle ragioni della caduta dei Comuni
medioevali, cioè del governo di una classe economica, che non seppe
crearsi la propria categoria di intellettuali e quindi esercitare
un’egemonia oltre che una dittatura; gli intellettuali italiani non
avevano carattere nazionale-popolare ma cosmopolita sul modello della
Chiesa e a Leonardo era indifferente vendere al duca Valentino i
disegni delle fortificazioni di Firenze.
Dopo
aver compreso la principale attività degli intellettuali nella
società civile e la loro più importante funzione al di fuori
dell’esercizio della dittatura, scambiare nuovamente egemonia con
direzione, collegandolo al termine intellettuali, appare comico.
Riassumendo
quanto detto sopra, nella lingua italiana, l’utilizzo del termine
egemonia fatto da Gramsci è quello nel suo significato esteso e
figurativo, vicino alla parola cinese direzione. Nel cinese moderno
il termine egemonia è un concetto della politica internazionale, ed
ha un significato peggiorativo. È evidente la distanza dal concetto
di egemonia, quale categoria della scienza politica inteso da
Gramsci. Partendo dall’intero sistema della dottrina politica di
Gramsci, dal rapporto tra l’egemonia e la società civile, il
consenso, il proletariato, gli intellettuali, non è appropriato
usare il termine baquan (egemonia), ma
tradurre lingdaoquan (direzione) è più corretto.
Non
ho mai indagato su chi sia stato il primo a tradurre egemonia
con lingdaoquan, tuttavia da quando mi sono
dedicato alle ricerche su Gramsci, ho sempre utilizzato questo
termine, e continuerò ad usarlo. Per questo voglio ringraziare
questo anonimo studioso. È stato lui ad influenzarmi nel seguire
questa strada, e abbandonare quella sbagliata.
---------------------------
[1] Vilfredo
Pareto, Trattato di sociologia generale, Firenze,
Barbera, 1923. Per un’edizione più recente: Vilfredo
Pareto, Trattato di sociologia generale, Milano,
Edizioni Comuità, 1981.
Nessun commento:
Posta un commento