lunedì 31 dicembre 2018

Patologie del lavoro - Rahel Jaeggi

Da: http://www.consecutio.org -  Traduzione a cura di Roberto Finelli, da Rahel Jaeggi (2017), Pathologies of Work, in «Women’s Studies Quarterly», 45, 3-4: 59-76. - Rahel_Jaeggi is a professor of practical philosophy and social philosophy at the Humboldt University of Berlin. 
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/09/occupati-disoccupati-inattivi-giovanna.html 
                    https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/12/il-mercato-del-lavoro-e-la-piena.html


Il saggio si propone di considerare ciò che io definisco «patologie del lavoro» nel contesto di una ricostruzione storico-normativa del significato di lavoro quale cooperazione sociale. Coll’adottare questo approccio analitico, io mi propongo due scopi. Considerare da un lato gli sviluppi sociali aberranti del lavoro, al fine di chiarire, attraverso l’analisi di fenomeni negativi, il contenuto positivo del termine e del senso del lavoro nelle società moderne. Dall’altro riunire, sotto un unico tema, una serie di problemi diversi. Tali problemi comprendono l’esistenza permanente di sfruttamento e alienazione, la precarietà del lavoro, la disoccupazione strutturale a lungo termine, la minaccia posta alle condizioni di lavoro contemporanee da quella che si potrebbe chiamare la sottrazione di dignità (the «de-dignifying») al lavoro (per invertire una espressione usata da Robert Castel). 


Il titolo di questo mio saggio, Patologie del lavoro1, intende appunto indicare e stabilire una connessione tra questi diversi problemi, concependoli come diverse tipologie di deficit all’interno di una forma (mediata-dal-lavoro) di cooperazione sociale. Prendendo a prestito una frase di Hegel, possiamo dire che il lavoro equivale a condividere, partecipare o prender parte alle risorse generali della società. Il termine risorse è qui usato per indicare ciò che una determinata società ha raggiunto, e che sarà capace ulteriormente di sviluppare, in termini sia di ricchezza che di competenze. Il lavoro consente cioè ad ognuno di condividere le risorse della società, non semplicemente nel senso di essere un mezzo per acquisire ricchezza o entrare nella sfera delle relazioni intersoggettive, ma anche perché consente di condividere il sapere nel suo evolversi e il know-how di una società. 

Se questo è ciò che significa il lavoro, allora le patologie del lavoro possono essere intese come diversi modi di rifiutare o impedire la partecipazione a queste risorse universali. 

1. Il significato di «lavoro» 

Ovviamente è superfluo notare che il «lavoro» è un argomento carico di molte implicazioni socio-politiche. Per constatarlo, basta dare una rapida occhiata alle news. Ma anche con uno sguardo a più lungo termine sarebbe difficile per chiunque rimanere ignaro dell’urgenza dei problemi che si possono raggruppare sotto il termine generale di crisi della società orientata al lavoro (work-oriented society).

sabato 29 dicembre 2018

Sul compromesso storico - Aldo Natoli

Da: A. Natoli, Sul compromesso storico, Rivista di Storia Contemporanea, 1 aprile 1977. - Aldo_Natoli è stato un politico e antifascista italiano.

... Mi interessa l'ipotesi che "fra la strategia del 'compromesso storico' [...] e quella del partito comunista delle origini non vi sia un rapporto evolutivo, bensì un cambiamento qualitativo, che implica il passaggio da una concezione generale del mutamento sociale ad un'altra". E' ciò su cui anch'io vado riflettendo da qualche tempo, non tanto sul piano della teoria quanto su quello della storia, e in relazione a problemi e scelte politiche di attualità. Per intendersi, è stato proprio questo tipo di riflessione a farmi scartare come inattendibile la prospettiva del "governo delle sinistre", avanzata in occasione delle elezioni del 20 giugno 1976 dalla cosidetta "nuova" sinistra. Se il PCI ha veramente mutato la propria "concezione del mutamento sociale", come credo, l'ipotesi di una sinistra unita allora formulata non poggiava su alcuna base. [...]

1-- Farò due osservazioni che costituiscono, in sostanza, l'ipotesi di lavoro che cercherò di verificare nello scritto che segue:

1) ci fu indiscutibilmente continuità ma non parentesi. Si trattò piuttosto della compresenza di due varianti, ora dominanti, ora recessive di un'unica linea generale di lungo periodo, per cui, più che di "ambiguità" come da qualcuno è stato fatto, si dovrebbe più esattamente parlare di una organica doppiezza.

2) la formazione di questa linea generale, più esattamente, la sua matrice deve essere fatta risalire alla fine degli anni Venti. Essa essenzialmente coincide con la vittoria di Stalin nella lotta per il controllo di tutto il potere nell'URSS e nella III internazionale; coincide anche con modificazioni profonde intervenute nell'assetto della struttura e del regime del capitalismo, per cui è possibile affermare che in quell'epoca si verificò il passaggio ad una fase storica successiva e diversa rispetto a quella, densa di fermenti rivoluzionari, che aveva fatto seguito alla rivoluzione d'Ottobre e alla fine della prima guerra mondiale. Ciò che mi preme sottolineare, nell'ambito dell'ipotesi che vorrei sostenere, è che quello fu il punto critico in cui anche nel movimento comunista dell'Europa occidentale si verificò una rottura soggettiva globale con gli orientamenti che in precedenza nell'URSS e nell'Internazionale comunista erano stati ispirati da Lenin, e nel Partito comunista d'Italia, tra il 1923 e il 1926, da Antonio Gramsci. 

venerdì 28 dicembre 2018

I "regali" occidentali ai cristiani d’Oriente - Alberto Negri


Da: https://ilmanifesto.italberto-negri è un giornalista italiano. Has been special and war correspondent for “Il Sole 24 Ore” for the Middle East, Africa, Central Asia and the Balkans from 1987 to 2017. - https://www.facebook.com/alberto.negri.
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/06/medio-oriente-alberto-negri-marco.html                                                                                                                                               https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/12/in-viaggio-in-medio-oriente.html


Oriente e Occidente. Pur di far fuori il regime di Assad, Usa e occidentali hanno sostenuto la Turchia e le monarchie del Golfo che appoggiavano i ribelli facendoli passare per “moderati” 

Pur di far fuori il regime di Assad, Usa e occidentali hanno sostenuto la Turchia e le monarchie del Golfo che appoggiavano i ribelli facendoli passare per “moderati”. E Trump se ne lava le mani in Iraq lasciando a Israele il ruolo di poliziotto della regione.

A Natale i cristiani d’Occidente festeggiano, quelli d’Oriente anche, ma non se ne ricorda quasi nessuno tranne qualche diretta tv da Betlemme. I cristiani del Libano, della Siria, dell’Iraq e dell’Egitto, vengono generalmente ignorati, come se il cristianesimo non fosse nato qui ma nei grandi magazzini con gli alberi di Natale americani ed europei che grondano consumismo. Per loro il regalo di quest’anno del presidente americano Donald Trump è stato trasferire l’ambasciata Usa a Gerusalemme, riconoscendola come capitale dello stato di Israele, invece di lasciarla, come raccomandano le risoluzioni dell’Onu e il buon senso, capitale delle tre religioni monoteiste.

MA ORMAI È NOTO: non c’è niente di più incomprensibile del cristianesimo americano, se non che gli evangelici sono una delle principale basi elettorali del presidente Usa. E che Israele è uno dei maggiori sostenitori del presidente, il quale per fare un favore allo stato ebraico e ai sauditi ha deciso di uscire dal trattato sul nucleare del 2015 con l’Iran di imporre nuove sanzioni a Teheran cui si debbono piegare tutti, anche gli stati europei che vorrebbero rispettare l’accordo.

Un messaggio confortante per il principe Mohammed bin Salman mandante, secondo la Cia, dell’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, ed esponente del quella monarchia wahabita che rappresenta una delle versioni più retrograde dell’islam che ha ispirato per decenni i jihadisti. Gli Usa, con la complicità degli europei, foraggiano di armi il peggiore nemico dei cristiani, quello che ha sostenuto insieme alle altre monarchie del Golfo gli estremisti islamici che hanno sgozzato per anni oltre ai musulmani anche i cristiani dell’Iraq e della Siria.

C’è proprio da essere fieri di essere cristiani in Occidente: con l’appoggio agli emiri e per i soldi del loro petrolio hanno contribuito ad assottigliare la già esigua minoranza dei cristiani d’Oriente. 

mercoledì 26 dicembre 2018

La terra della rivoluzione d'Ottobre: un paese di donne in cammino verso l'emancipazione - Armağan Tulunay

Da: https://prospettivaoperaia.wordpress.com - Terza parte dell’articolo pubblicato su World Revolution no.1 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2014/08/la-questione-di-classe-e-una-questione.html                                                                                                                                    https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/09/la-donna-la-nuova-morale-sessuale-e-la.html 


Link della prima parte: 


Link della seconda parte: 


Terza parte: Le conquiste della rivoluzione 


I passi e gli effetti del potere sovietico fino al sorgere del dominio della burocrazia

 Il governo sovietico, fin dai suoi primi giorni, subito promulgò delle misure che annichilirono l’ingiusta legislazione che teneva sotto controllo le donne. Tuttavia, non solo il governo garantì alle donne i diritti precedentemente concessi agli uomini, ma ha preso decisioni e promulgato leggi che rimossero le regole sessiste maschili che hanno scosso le donne e gli uomini, tagliato i legami reazionari e aperto la strada alla costruzione di una nuova società.

Matrimonio e divorzio.

Solo due mesi dopo la rivoluzione d’Ottobre, nel dicembre del 1917, vennero pubblicate due promulgazioni sul divorzio, sul matrimonio e il decreto riguardo i figli di uomini e donne.

Sia il matrimonio che il divorzio divennero totalmente volontari. Il matrimonio in chiesa non venne proibito, ma era invalidato nei termini del sistema legale: infatti solo il matrimonio civile era legalmente riconosciuto. Le registrazioni dei matrimoni celebrati in chiesa prima della Rivoluzione divennero fondamentali per essere riconosciuti legalmente. In questo modo il governo sovietico provò a rompere l’influenza della chiesa nel condizionare la vita sociale delle persone e portò avanti questa battaglia attentamente, senza ferire le credenze della gente. Vennero rimossi alcuni obblighi delle donne sposate, come l’assunzione del cognome del marito, la necessità del permesso del marito per cercare lavoro.

Il  cambiamento più grande apportato da questi emendamenti fu il riconoscimento di uguaglianza davanti alla legge sia ai figli nati durante il matrimonio che a quelli nati al di fuori. Prima della rivoluzione d’ Ottobre, le donne non avevano il diritto di chiedere il mantenimento per i bambini nati fuori dal matrimonio, ma questa nuova legge riconobbe questo diritto sia alle donne che ai loro figli. 

martedì 25 dicembre 2018

Le illusioni del postmodernismo (5) - Alessandra Ciattini


Le illusioni del postmodernismo a cura di Alessandra Ciattini

Gli incontri saranno dedicati a un noto pamphlet del filosofo britannico Terry Eagleton intitolato appunto “Le illusioni del postmodernismo”, in cui si mette in evidenza come i principi cui si richiama questa corrente sono diventati una sorta di senso comune, con cui amano civettare intellettuali, giornalisti di varia estrazione.
Inoltre, Eagleton sottolinea anche come sia difficile parlare di postmodernismo come di una visione sistematica e coerente, limitandosi a puntare il dito su alcuni temi agitati per mettere all’indice alcune nozioni classiche cui è giunto il pensiero classico (quali verità, obiettività, ragione etc,). E tutto ciò per rimarcare che siamo al trapasso da un’epoca all’altra, quest’ultima apportatrice di nuove libertà.

I° incontro: Caratteri della società cosiddetta postmoderna. Siamo fuori o dentro il capitalismo? Le profezie di Brezinski (1968) e di E. Cefis (1972). (
https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/11/le-illusioni-del-postmodernismo-1.html)

II° Incontro: Postmodernismo costituisce una temperie trasversale rispetto alle varie discipline, tocca l’architettura, la letteratura, la storia, le scienze sociali, la filosofia. È anche uno stile di vita. Passaggio ad una nuova forma sociale necessita di un cambiamento di paradigma. Nel 1979 J. F. Lyotard pubblica “La condizione postmoderna”, con cui si batte contro le “metanarrazioni”, il progressismo, la razionalità moderna che rispecchia l’organizzazione culturale occidentale. Contraddizione: una filosofia della storia contro altre filosofie della storia. (
https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-2.html)  

III° Incontro: Con il poststrutturalismo (post sta sempre ad indicare un cambiamento epocale) si afferma il decostruzionismo (Derrida, Guattari), presente nella filosofia europea almeno dall’empirismo, ma appare ai più una scoperta. Smantellamento della metafisica occidentale. L’Essere non è comprensibile con il Logos, è una entità irraggiungibile e non rappresentabile. Misticismo. Ansia dell’assoluto. (https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-3.html

IV° Incontro: Crisi del concetto di verità e di quello di corrispondenza enunciato / fatto. Falsificazione. Criterio pragmatico della verità. Impossibilità di distinguere tra oggetto e soggetto. Ogni esistenza ha la sua verità. Varie sfumature di relativismo. Ruolo costitutivo del linguaggio e della cultura - https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/12/le-illusioni-del-postmodernismo-4.html 

V° Incontro: I problemi posti dal postmodernismo hanno un senso? Come dobbiamo rispondergli? Riproponendo lo scientismo e il dogmatismo positivista? Sicuramente esprimono una grave crisi della nostra civiltà, cui dobbiamo trovare il modo di uscire, evitando passi indietro ed avventurosi passi avanti:

                                                             
Bibliografia 

Ciattini A., Il radicamento del pensiero antropologico postmoderno nella società contemporanea (http://www.marxismo-oggi.it/%E2%80%A6/197-il-radicamento-del-pensie%E2%80%A6).

Eagleton T., 
Le illusioni del postmodernismo, Editori Riuniti, Roma 1998.


domenica 23 dicembre 2018

Per una nuova tematizzazione della dialettica - Stefano Garroni

Da: Stefano Garroni, Dialettica riproposta, a cura di Alessandra Ciattini, la città del sole. Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano.



    Indice:


Nota dell’editore 










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Convegno sulla dialettica, organizzato dall’Istituto di studi filosofici di La Habana 24-26 ottobre 2000. 

Suddivido questo intervento in due parti. Nella prima, mi soffermo a riflettere su alcuni temi, presenti – anche se con qualche contraddizione – in scritti di filosofi cubani, che mi paiono interessanti come aperture verso una tematizzazione nuova della dialettica. Nella seconda tento, nel limite ovviamente del mio punto di vista, di chiarire un lato di quella nuova tematizzazione, oggi possibile e necessaria.



Così scrive la studiosa cubana Lourdes Rensoli Laliga: «El método de critica a Mach y su escuela se apoya en la constante actualización de la historia. No se trata de conferir valor permanente a las soluciones concretas de los problemas filosóficos surgidos en épocas pasadas, a la luz de circustancias sociales y cognoscitivas por entero diferentes. El valor de las ideas filósoficas de estas épocas se extiende hacia la nuestra, no en virtud de una quimérica absolutización de sus resultados y estructuras, sino de su sentido, el qual debe buscarse tanto en la formulación original como en su proyección histórica»1.

Qui interessa sottolineare la distinzione tra «formulación original» e «proyección histórica», perché da essa deriva un utile strumento contro lo scolasticismo e la dogmatizzazione. Quella distinzione, infatti, sta a dire che il significato di una teoria non coincide con la sua formulación original, ma si estende invece a comprenderne le proyecciónes históricas. In altri termini, il significato di una teoria è quel permanente che, però, esiste solo dandosi, in circostanze storiche diverse, forme ed espressioni
altrettanto diverse; ciò, naturalmente, all’interno di un certo, circoscritto sostanzialmente, margine di variazioni, che definisce la portata o possibilità storica di quella teoria appunto.

E, allora, l‘interpretazione di una teoria non si ridurrà a mero filologismo, ma comporterà sempre un lavoro di ambientazione storica, di contestualizzazione (dunque, filologismo sì, ma rigoroso, non astrattamente erudito), allo scopo di accertare la capacità o meno di quella certa teoria di riformularsi in termini tali, da poter avere senso, importanza ed efficacia propulsiva, in ambiti storicamente mutati. 

sabato 22 dicembre 2018

Possiamo fare a meno di Twitter e Facebook? - Benjamin Y. Fong


Da: www.jacobinmag.com - https://jacobinitalia.it -          La traduzione è di Gaia Benzi - Benjamin Y. Fong insegna all’Arizona State University.
Forse dovremmo uscire dai social network. Rappresentano una minaccia politica: attraggono gioia e cooperazione sociale e le trasformano in depressione e individualismo narcisista


La visione fantasiosa dei social media come strumento magico di connessione sociale è in netto contrasto con la sua realtà di pozzo senza fondo per viscidi attacchi personali e sbotti di indignazione paranoica.
Attribuire questo ampio divario al capitalismo sfrenato è una tentazione allettante: Facebook e Twitter non hanno concorrenti virtuali e sono perfettamente a loro agio nel fare qualsiasi cosa, dal manipolare i dati degli utenti al fornire un palcoscenico agli hater fintanto che gonfiano i loro bilanci. Forse strappare i social media dalle mani delle società private potrebbe finalmente permetterci di realizzare la visione che li ha generati. 

giovedì 20 dicembre 2018

mercoledì 19 dicembre 2018

- Le origini filosofiche del marxismo: la filosofia di G.W.F. Hegel (7-8-9) - Renato Caputo

renatocaputo insegna storia e filosofia.-







(VII Incontro): https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=AZfPiydj2Ac -
L’enciclopedia delle scienze filosofiche: filosofia della Natura e filosofia dello spirito soggettivo.


(VIII incontro) - I lineamenti di filosofia del diritto: diritto, moralità, eticità, famiglia, società civile,                                    Stato:
                                             

(IX incontro): https://www.youtube.com/watch?v=tgP2uqgcgGE - 
La filosofia della storia e lo Spirito assoluto: arte, religione e (storia della) filosofia.-

martedì 18 dicembre 2018

Compendio del Capitale - Carlo Cafiero

   

Prefazione
I - MERCE, MONETA, RICCHEZZA E CAPITALE
II - COME NASCE IL CAPITALE
III - LA GIORNATA DI LAVORO
IV - IL PLUSVALORE RELATIVO
V - COOPERAZIONE
VI - DIVISIONE DEL LAVORO E MANIFATTURA
VII - MACCHINE E GRANDE INDUSTRIA
VIII - IL SALARIO
IX - ACCUMULAZIONE DEL CAPITALE
X - L'ACCUMULAZIONE PRIMITIVA 
CONCLUSIONE
APPENDICE:CORRISPONDENZA CAFIERO-MARX



Prefazione di Carlo Cafiero


Italia, marzo 1878

Un profondo sentimento di tristezza mi ha colto, studiando Il Capitale, quando ho pensato che questo libro era, e chi sa quanto rimarrebbe ancora, affatto sconosciuto in Italia.
Ma se ciò è, ho poi detto fra me, vuol dire che il mio dovere è appunto di adoperarmi a tutt’uomo, onde ciò più non sia. E che fare? Una traduzione? Ohibò. Ciò non servirebbe a nulla. Coloro che sono in grado di comprendere l’opera di Marx, tale quale egli l’ha scritta, conoscono certamente il francese, e possono avvalersi della bella traduzione di J. Roy, interamente riveduta dall’autore, il quale la dice meritevole di essere consultata anche da coloro che conoscono l’idioma tedesco. È ben altra la gente per la quale io devo lavorare. Essa si divide in tre categorie: la prima si compone di lavoratori dotati d’intelligenza e di una certa istruzione; la seconda, di giovani che sono usciti dalla borghesia, e hanno sposata la causa del lavoro, ma che non hanno peranco né un corredo di studi né uno sviluppo intellettuale sufficiente per comprendere Il Capitale nel suo testo originale; la terza, finalmente, di quella prima gioventù delle scuole, dal cuore ancora vergine, che può paragonarsi a un bel vivaio di piante ancora tenere, ma che daranno i più buoni frutti, se trapiantate in terreno propizio. Il mio lavoro deve essere dunque un facile e breve compendio del libro di Marx.
Questo libro rappresenta il nuovo vero, che demolisce, stritola e disperde ai venti tutto un secolare edificio di errori e di menzogne. Esso è tutta una guerra. Una guerra gloriosa, e per la potenza del nemico, e per la potenza, ancora più grande, del capitano, che l’intraprendeva con sì grande quantità di nuovissime armi, di istrumenti e macchine di ogni sorta, che il suo genio aveva saputo ritrarre da tutte le scienze moderne.
Di gran lunga più ristretto e modesto è il compito mio. Io devo solamente guidare una turba di volenterosi seguaci per la strada più facile e breve al tempio del capitale; e là demolire quel dio, onde tutti possano vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani gli elementi dei quali esso si compone; e strappare le vesti ai sacerdoti, affinché tutti possano vedere le nascoste macchie di sangue umano, e le crudelissime armi, con le quali essi vanno, ogni giorno, immolando un sempre crescente numero di vittime.
E in questi propositi che mi accingo all’opera. Possa frattanto Marx adempire la sua promessa, dandoci il secondo volume del Capitale, che tratterà della Circolazione del Capitale (libro II), e delle forme diverse che riveste nel corso del suo sviluppo (libro III), e il quarto e ultimo volume che esporrà la Storia della teoria.
Questo primo libro del Capitale, scritto originalmente in tedesco e poscia tradotto in russo e in francese, è ora brevemente compendiato in italiano nell’interesse della causa del lavoro. Lo leggano i lavoratori e lo meditino attentamente perché in esso si contiene non solamente la storia dello Sviluppo della produzione capitalista, ma eziandio il Martirologio del lavoratore.
E finalmente, farò anche appello a una classe altamente interessata nel fatto della accumulazione capitalista, alla classe cioè dei piccoli proprietari. Come va che questa classe, un giorno tanto numerosa in Italia, oggi si va sempre più restringendo? La ragione è molto semplice. Perché dal 1860 l’Italia si è messa a percorrere con più alacrità il cammino, che devono necessariamente percorrere tutte le nazioni moderne; il cammino che mena all’accumulazione capitalistica, la quale ha in Inghilterra raggiunta quella forma classica, che cerca di raggiungere in Italia come in ogni altro paese moderno. Meditino i piccoli proprietari sulle pagine della storia d’Inghilterra riportate in questo libro, meditino sull’accumulazione capitalista, accresciuta in Italia dalle usurpazioni dei grandi proprietari e dalla liquidazione dei beni ecclesiastici e dei beni demaniali, scuotano il torpore che opprime loro la mente e il cuore, e si persuadano una buona volta che la loro causa è la causa dei lavoratori, perché essi saranno inevitabilmente ridotti tutti, dalla moderna accumulazione capitalista, alla trista condizione: o vendersi al governo per la pagnotta, o scomparire per sempre fra le dense file del proletariato.
C. C.