lunedì 30 agosto 2021

Sul privilegio. Note critiche su Agamben-Cacciari - Roberto Finelli, Tania Toffanin

Da: https://www.sinistrainrete.info - Tania Toffanin, Università degli Studi di Padova - Roberto Finelli insegna Storia della filosofia all’Università di Roma Tre e dirige la rivista on-line “Consecutio (Rerum) temporum. Hegeliana. Marxiana. Freudiana” (http://www.consecutio.org) - 

Leggi anche: Agamben e Cacciari sul green pass. Tu chiamale se vuoi "argomentazioni" - Giovanni Boniolo 

Che cos'è la libertà? Il Covid-19 e la difesa del diritto alla vita - Emiliano Alessandroni



Abbiamo inteso di scrivere qualche riflessione insieme su quanto Giorgo Agamben e Massimo Cacciari hanno pubblicato il 26 luglio sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici (A proposito del decreto sul “green pass”), perché ci sembra utile fare un poco di chiarezza sullo spirito del tempo, sul Zeitgeist, di cui i due autori citati ci appaiono essere solo l’epifenomeno più vistoso e accreditato. 

Vogliamo provare brevemente a comprendere cosa ci sia dietro una tale rivendicazione di libertà individuale, sottratta ad ogni condizionamento e mediazione con la libertà collettiva, in un richiedere verosimilmente assai dimentico della definizione data, ormai tempo addietro, da Franco Fortini, secondo cui “la mia libertà inizia, non dove finisce, ma dove inizia la libertà dell’altro”. E dunque comprendere perché il nostro tempo, storico e culturale, si sia connotato, sempre più, per una moltiplicazione e ipertrofia dei diritti individuali del singolo, di contro ai diritti comuni e sociali.

Il dibattito che l’obbligatorietà della certificazione verde ha aperto si situa, peraltro, all’interno di uno scenario internazionale che impone alcune riflessioni. Pensiamo infatti che tale dibattito sia fondamentalmente centrato sui diritti individuali, all’interno di un contesto nel quale le libertà individuali sono pienamente garantite. Per contro, quanto sta succedendo in Afghanistan ci impone di riflettere, a partire proprio dalle libertà individuali, in termini meno eurocentrici. Sforzo questo che pensiamo sia necessario per uscire dal provincialismo del dibattito italiano ed europeo in tema di diritti fondamentali e libertà personali.

L’impianto accusatorio che sostiene la vasta schiera di coloro che si oppongono all’introduzione della certificazione verde poggia in buona misura sui concetti di limitazione della libertà personale e di discriminazione.

sabato 28 agosto 2021

L’utopia della de-mercificazione della forza-lavoro - Domenico Laise

Da: https://www.lacittafutura.it - Domenico Laise è stato Professore Associato di Economia e Controllo delle Organizzazioni e di Sistemi di Controllo di Gestione presso la Facoltà di Ingegneria dell'informazione, informatica e statistica dell'Università di Roma 'La Sapienza'. Collabora con https://www.unigramsci.it



La mercificazione della forza-lavoro è una condizione necessaria per l’esistenza del modo di produzione capitalistico. Di conseguenza, la “de-mercificazione” della forza-lavoro è incompatibile con il modo di produzione capitalistico. È, cioè, la sua negazione. 

Dal tempo in cui Marx scriveva il Capitale ad oggi sono mutati molti aspetti nel modo in cui il lavoro viene organizzato ed erogato. L’introduzione di tecnologie come le piattaforme digitali, per esempio, ha generato quello che, da molti autori, viene chiamato il “capitalismo digitale”. Ma, nonostante queste “mutazioni”, alcuni aspetti essenziali del modo di produzione capitalistico non hanno subito modifiche sostanziali. Uno di questi aspetti è la “mercificazione della forza-lavoro”, ovvero la riduzione della forza-lavoro a merce. Da questo dato di fatto occorre ripartire per dare solide basi teoriche anche alle analisi delle forme moderne di erogazione e organizzazione tayloristiche del lavoro. Da questo incontestabile dato di fatto occorre ripartire per illustrare scientificamente l’esistenza dello sfruttamento del lavoro umano, anche nel capitalismo digitale.

giovedì 26 agosto 2021

Che cos'è la libertà? Il Covid-19 e la difesa del diritto alla vita - Emiliano Alessandroni

Da: https://www.marxismo-oggi.it - EmilianoAlessandroni, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”.

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Agamben e Cacciari sul green pass. Tu chiamale se vuoi "argomentazioni" - Giovanni Boniolo 


La retorica della libertà ai tempi del Covid 19 

 «Libertà! Libertà! Libertà!». È con questo grido, ripetuto e cadenzato da un veemente battito di mani e da un ritmico rumore di colpi sul tavolo, che in Italia, nell'ottobre 2020, novanta clienti di un ristorante di Pesaro, hanno difeso la decisione del suo proprietario Umberto Carriera, di violare le misure anti-Covid imposte dallo Stato e di mantenere aperto il proprio locale.

«Ci stanno prendendo in giro», ha affermato il titolare del ristorante e già proprietario di sei esercizi commerciali, non molto prima di incontrare il leader della Lega Matteo Salvini: «il virus è un cazzo di virus come gli altri...qualunque decisione verrà presa dal governo d'ora in poi, i miei ristoranti non chiuderanno più»[1].

Allo stato attuale, questo «virus come gli altri», ha ucciso, soltanto in Italia, circa 130.000 persone.

Ma non sembra essere una questione quantitativa: basso o alto che sia il numero delle vittime, 10 mila o 1 milione, la convivenza con la morte sembra essere un prezzo che si dovrebbe essere disposti a pagare per difendere qualcosa di così elevato e prezioso come la libertà. Questo almeno il senso delle parole pronunciate dal Premier britannico Boris Johnson: «Da noi vi sono più contagi che in Italia perché amiamo la libertà»[2]. Come dire, l'attaccamento alla libertà è presso gli inglesi così forte che essi non la deturperebbero mai, a nessun costo, con misure restrittive e lockdown di qualunque genere. Eppure quando questo costo ha cominciato a salire vertiginosamente e le masse di cadaveri a costipare gli obitori, sono stati proprio gli inglesi a chiedere al Premier Johnson qualche deturpazione di quella libertà che egli aveva tanto sbandierato[3].

Sulla stessa linea si era collocato negli Usa il Presidente Donald Trump. Inveendo contro i governatori che nei singoli Stati imponevano misure restrittive, egli ha affermato immediatamente che, qualunque cosa fosse successo, avrebbe difeso fino all'ultimo la democrazia: così ben presto lo vediamo schierarsi apertamente a fianco di tutti i manifestanti che hanno cominciato a sfilare per le strade americane per protestare contro il lockdown (siamo nel maggio 2020): «il grande popolo» americano «vuole la libertà», ha affermato celebrando e incitando le dimostrazioni[4]. In quel momento, tuttavia, a New York montagne di cadaveri venivano gettate nelle fosse comuni poiché i cimiteri erano ormai così saturi di feretri da scoppiare[5].

domenica 22 agosto 2021

Afghanistan: «Fallimento politico-militare ma anche ideologico» - Alberto Negri

Da: https://www.ventuno.news -  Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. Tra le sue principali opere: “Il Turbante e la Corona – Iran, trent’anni dopo” (Marco Tropea, 2009) e “l musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente” (Rosenberg & Sellier, marzo 2017) 

Vedi anche: In viaggio in Medio Oriente: Iraq/Afghanistan - Alberto Negri 

In Viaggio in Medio Oriente: Siria - Alberto Negri

Medio Oriente* - Alberto Negri, Marco Santopadre



Il fallimento in Afghanistan? Politico-militare ma anche ideologico. Dopo i sovietici, i talebani hanno sconfitto anche gli occidentali, pur con importanti differenze. E ora costruiranno l’Emirato II, con nuovi partner e una nuova struttura statale. Per capirne qualcosa di più, Ventuno ne ha parlato con Alberto Negri, giornalista tra i massimi esperti di esteri, che conosce l’Afghanistan – dove è stato una dozzina di volte a partire dagli anni ’80 – come le sue tasche. Editorialista de Il Manifesto, quotidiano che ha compiuto 50 anni, Negri è stato a lungo inviato di guerra per Il Sole 24 Ore, seguendo in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, in Somalia, in Afghanistan e in Iraq. 


Cosa sta succedendo in Afghanistan?

«Per dirlo in maniera dettagliata bisognerebbe essere sul posto. Abbiamo sempre un taglio della realtà afghana che proviene soprattutto da Kabul, la capitale. Sappiamo poco, però, di quello che accade nelle province. Questo è un limite dell’informazione attuale che ci dovrebbe far riflettere, perché la storia dell’Afghanistan non è solo quella di una guerra sbagliata, ma anche di una narrativa sbagliata. Per esempio si ignora che i talebani controllavano già il 40-50% del territorio quattro-cinque anni fa. Soprattutto nelle province. Questo spiega perché c’è stata una loro rapida avanzata, dovuta ovviamente alla dissoluzione dell’esercito nazionale afghano, ma anche al fatto che in questi anni i talebani hanno consolidato la loro presenza, stando molto più attenti che in passato ai rapporti con la popolazione civile».

venerdì 20 agosto 2021

mercoledì 18 agosto 2021

Verso un mondo senza guerra (2018) - Gino Strada

Da: Festa Scienza Filosofia - Gino Strada all'anagrafe Luigi (Sesto San Giovanni, 21 aprile 1948 – Rouen, 13 agosto 2021), è stato un medico, attivista e filantropo italiano, fondatore, assieme alla moglie Teresa Sarti (1946-2009), dell'ONG italiana Emergency. Tra i libri ricordiamo: Pappagalli verdi: cronache di un chirurgo di guerra, 1999; Buskashì. Viaggio dentro la guerra, 2002; La guerra giusta, 2005, con Howard Zinn. 

PROMEMORIA 
Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare
preparare la tavola,
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte
né per mare né per terra:
per esempio, LA GUERRA 

(GIANNI RODARI) 

                                                                             

lunedì 16 agosto 2021

Riconoscimento, conflitto, intersoggettività. Attualità di un paradigma filosofico

Da: AccademiaIISF -  https://www.facebook.com/dialettica.filosofia - http://www.dialetticaefilosofia.it

Primo incontro: Paolo Vinci (Sapienza Università di Roma, IISF) Riconoscimento come dialettica fra pensare e agire; 
Mimmo Pesare (Unisalento) Riconoscimento e costituzione dell’io in Jacques Lacan: lo Stadio dello Specchio

                                                                           

Secondo incontro: Carla Maria Fabiani (Dialettica & Filosofia, Lecce) Prima dell’Autocoscienza. Anima e riconoscimento nell’antropologia hegeliana 
Elena Maria Fabrizio (Dialettica & Filosofia, Lecce) Capitalismo e riconoscimento. Una retrospettiva da Adorno a Habermas 
Giorgio J. Mastrobisi (Dialettica & Filosofia, Lecce) La dottrina delle possibilità in Husserl, tra riconoscimento e intersoggettività  
Anita Pierini (Dialettica & Filosofia, Lecce) Lo sguardo degli altri. Riconoscimento e reificazione in Sartre 
Lucrezia Rosano (Dialettica & Filosofia, Lecce) Bildung e Gewissheit nello “Spirito estraniato da sé” della Fenomenologia e nella Montagna magica 

Terzo incontro: Tavola rotonda sul testo di Axel Honneth "Riconoscimento. Storia di un'idea europea

domenica 15 agosto 2021

La fabbrica illuminata - Luigi Nono

Da Marco - ( La genesi de La fabbrica illuminata, in: Luigi Nono, La fabbrica illuminata, edizione critica a cura di Luca Cossettini, Ricordi ©, Milano, 2010, pp. VI-VII). 
Luigi Nono è stato un compositore e scrittore italiano. Oltre che nella musica, Nono fu altresì impegnato come uomo politico. - http://www.luiginono.it


Rimanendo sempre nel tema della cultura critica marxista e di classe: il brano, dedicato agli operai della Itslsider di Genova, vuole rappresentare la disumanita' del lavoro di fabbrica in catena di montaggio. E riesce bene a trasmettere l'impressione di disarmonia (i suoni sono fuori dal canone tonale). Comunque all'ascolto produce angoscia, fastidio, disarmonia, riproducendo l'ambiente di lavoro della fabbrica e in questo senso sensibilizzando sulla condizione operaia e sulla necessità di superare la società di classe. 
Quello che ci fa riflettere è ci amareggia è il fatto che una cinquantina d'anni fa il dibattito critico sul capitalismo era all'ordine del giorno anche tra gli artisti più rinomati e importanti. Oggi c'è un "silenzio assordante", nel vero senso dell'espressione. 
Luigi Nono, un artista dalla parte degli operai. (il collettivo)

                                                                           

La fabbrica illuminata è una composizione per voce e nastro magnetico a quattro piste su testi di Giuliano Scabia e un frammento di Due poesie a T. di Cesare Pavese. Composta nel 1964 per il concerto inaugurale del premio Italia, e dedicata agli operai della Italsider di Genova-Cornigliano, non fu in quell'occasione eseguita, perché censurata dalla direzione della RAI a causa dei testi fortemente politicizzati e ritenuti offensivi nei confronti del Governo. La prima esecuzione pubblica ebbe luogo a Venezia il 15 settembre 1964 al XXVII Festival internazionale di musica contemporanea -- La Biennale, interprete la mezzosoprano Carla Henius e Nono alla regia del suono. 

L'opera fu commissionata dalla RAI a Nono mentre questi stava lavorando con Scabia a Un diario italiano di cui La fabbrica illuminata avrebbe dovuto costituire un episodio. Il progetto originale, poi abbandonato, muoveva dall'idea di un teatro musicale impegnato politicamente e socialmente e ispirato alle avanguardie sovietiche (ad autori come Vsevolod Emil'evic Mejerchol'd, ad esempio), nonché al teatro politico di Erwin Piscator. Un diario italiano avrebbe dovuto quindi costituire la seconda "azione scenica" di Nono, dopo Intolleranza '60 (1961). 

Nel maggio del 1964 Nono si recò con Scabia e Marino Zuccheri, tecnico dello Studio di Fonologia della RAI di Milano, nello stabilimento genovese dell'Italsider per raccogliere materiali sulle condizioni di vita e di lavoro degli operai. Furono registrati su nastro magnetico rumori delle macchine e voci degli operai durante il percorso di produzione dell'acciaio; Scabia annotò parole, ordini, locuzioni gergali della fabbrica e raccolse pubblicazioni sindacali utili alla redazione del testo letterario. 

Molti materiali musicali e letterari già creati per Un diario italiano vennero rielaborati e utilizzati per la nuova composizione: a parte dei corali Nono sostituì i testi con i nuovi redatti con Scabia sulla base dei materiali raccolti all'Italsider; un frammento della seconda scena, intitolato Sogno incubo. 5 donne, fornì il materiale di partenza per la terza sezione (Giro del letto). In tal modo La fabbrica illuminata assumeva i caratteri di una composizione autonoma. 

Per la musica su nastro Nono ha utilizzato una selezione delle registrazioni del coro della RAI di Milano diretto da Giulio Bertola, la registrazione delle improvvisazioni su un canovaccio del mezzosoprano Carla Henius, voci e rumori registrati all'Italsider e suoni di sintesi. Questi materiali sono stati elaborati presso lo Studio di Fonologia della RAI di Milano, fusi tra loro e trasformati elettronicamente, fino a renderli spesso irriconoscibili. Scrive a riguardo Nono: «nessuna mimesis, nessun rispecchiamento. Nessuna arcadia industriale. Nessun naturalismo populista o popular». La voce solista, dialogando in concerto con la parte elettronica, integra il testo registrato. 

La fabbrica illuminata si articola in quattro episodi: 
1. Coro iniziale 
2. Nastro solo 
3. Giro del letto 
4. Tutta la città + Finale 

La prima parte è corale con interpolazioni della voce solista dal vivo; la seconda parte è per nastro magnetico solo: rumori della fabbrica e voci di operai; nella terza parte la voce dal vivo dialoga con il materiale elettronico e la voce registrata di Carla Henius, destrutturata e portata ad un altro grado di elaborazione; nell'ultima parte ancora la voce da vivo contro voce e coro registrati. Conclude l'opera un episodio monodico organizzato secondo la ben nota tecnica del "quadrato magico" che, nel caso specifico, genera la serie intervallare 2- 2+ 3- 3+ 4. 

sabato 14 agosto 2021

Agamben e Cacciari sul green pass. Tu chiamale se vuoi "argomentazioni" - Giovanni Boniolo

Da: https://www.scienzainrete.it - Giovanni Boniolo (laurea in Fisica e in Filosofia) ha la cattedra di Filosofia della scienza e Medical Humanities (Dipartimento di Neuroscienze e Riabilitazione, Università di Ferrara).

Leggi anche: Il filosofo democratico - José Luis Villacañas


Il filosofo Giovanni Boniolo si diverte a scrivere una "nota" all'ormai famosa "nota" che Massimo Cacciari e Giorgio Agamben (a sinistra e a destra nella foto) hanno scritto a proposito del Green Pass, in cui si adombra l'avanzare di una pericolosissima dittatura sanitaria. Ma lo stesso allora si potrebbe dire per la patente, e per l'infinità di altri documenti. che ci portiamo appresso per accedere a un serie di servizi. 


Ho letto, con atteggiamento poco atarassico – devo ammetterlo –, nel sito dell’Istituto italiano per gli Studi Filosofici la nota del 26 luglio sul decreto “green pass” scritta da due noti intellettuali italiani: uno, Giorgio Agamben, con un seguito anche internazionale; l’altro, Massimo Cacciari, molto più italico. Li apprezzo entrambi. Agamben – lo ammetto – mi crea qualche difficoltà di lettura (più di quando ho studiato e lavorato sulla kantiana deduzione trascendentale o sugli spazi di Hilbert della meccanica quantistica), abituato come sono a cercare passaggi inferenziali fra due enunciati. Tuttavia, alla fine (e tralasciando per carità interpretativa la tradizione “secunda Petri”) un’idea me la faccio di che vuol dire. Cacciari l’ho sempre letto con piacere, soprattutto per questo suo vezzo di impreziosire il testo con termini tedeschi. L’ho letto con piacere a partire da quel suo libro divulgativo di storia della filosofia che era Krisis. Un testo interessante, seppur avulso dal dibattito internazionale dell’epoca e con qualche amenità di troppo su Wittgenstein e la matematica. Ma questa era l’Italia.

Veniamo alla mia nota sulla loro nota (non esattamente nel senso di “nota notae est nota rei ipsius”). Che è, quest’ultima? Un’invettiva, una presa di posizione polemica, un voler esemplificare come non si fa filosofia, altro? Loro si dicono, e sono detti, filosofi e/o storici della filosofia e questo genera in me la precomprensione ermeneutica che scrivano come tali, ossia che portino argomenti corretti e non fallacie, ma – soprattutto – che parlino di ciò che sanno (come non solo i filosofi dovrebbero fare, ovviamente).

giovedì 12 agosto 2021

Il filosofo democratico - José Luis Villacañas

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico) - Questo testo è stato pubblicato in spagnolo sul quotidiano “Levante” il 23 marzo 2020. La traduzione italiana è di Alessandro Volpi. - José Luis Villacañas (Universidad Complutense de Madrid) è un professore, filosofo politico, storico della filosofia e storico delle idee politiche, concetti e mentalità spagnola.
Epidemie, storia, capitalismo. Passi indietro e passi avanti. - Roberto Fineschi
I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19 - Paolo Ercolani 
Lo Stato, il Pubblico, il Comune: tre concetti alla prova della crisi sanitaria - Etienne Balibar


Nella rete si rincorrono le critiche: dove sono i filosofi? I giornali titolano: “una crisi priva di bussola”, come se fossimo senza una rotta perché i filosofi non riescono a tracciarla. Questi ammonimenti devono aver infastidito qualcuno,  che  quindi  si è  lanciato in  diagnosi  e  pronostici.  Complessivamente, tanto gli uni come gli altri sono autoaffermativi. I filosofi sono troppo raffinati per assumere un atteggiamento paternalistico e proclamare “ve lo avevo detto”. Ma, anche se in una maniera più raffinata, ognuno ci vuole far pensare che la realtà gli dà ragione. È una forma speciale di godimento. Per molti anni, in solitudine, hanno assemblatole proprie costruzioni mentali. Ora si tratta di una cosa diversa. La realtà, finalmente, si piega davanti all’onnipotenza del loro pensiero. 

E qui prende avvio un moto circolare. Così come ciò che uno ha pensato lungo  quaranta  anni  deve  inevitabilmente  essere  eterodosso,  e  presumibilmente strampalato, ancor di più lo sarà questo momento glorioso, in cui qualcuno  crede che la realtà gli stia dando ragione. Così che i loro  interventi di fronte alla  crisi,  dettati  da  questa  attitudine,  non  possono  coincidere  con l’esperienza generale, né con il senso comune. Le loro dichiarazioni sono quindi necessariamente accolte dalla maggioranza dei lettori con un intenso scetticismo. E dato che, inoltre, saranno propensi ad approfittare della situazione per rinnovare antiche polemiche con altri colleghi, subito si invischieranno in dibattiti che saranno comprensibili solo ai più prossimi. 

Di solito, quando la situazione è normale, le loro trovate ci fanno evadere dalla noia e i loro complessi ragionamenti soddisfano la necessità del nostro permanente attivismo neuronale. Ma quando la realtà si impone, e reclama la nostra attenzione, cioè quando non ci stiamo annoiando, l’invito ad introdurci nell’intricato mondo dei loro giochi ingegnosi viene di solito ricevuto con un giustificato disprezzo che può arrivare fino alla noia e all’avversione. 

martedì 10 agosto 2021

Per una storia della nozione di “sostanza” - Filippo Mignini

Da: AccademiaIISF - Filippo Mignini è professore emerito di Storia della filosofia nell'Università di Macerata. Studioso della filosofia moderna, con particolare riferimento al periodo che va da Cusano a Leibniz, è noto per i suoi studi su Spinoza.
 
 Prima parte - Cusano, Bruno, Cartesio, Spinoza:
                                                                               

Seconda parte - Telesio, Campanella, Bacone, Hobbes. https://www.youtube.com/watch?v=l6fq9ULf9qw 

Terza parte - Leibniz, Locke, Hume, Kant. https://www.youtube.com/watch?v=6JfoY0QjNwE 

sabato 7 agosto 2021

"La psicoanalisi e la guerra" (Sigmund Freud - Franco Fornari) - Antonio Gargano

Da: AccademiaIISF - Antonio Gargano è un filosofo italiano. Docente presso l'Università degli studi "Suor Orsola Benincasa", Scienze della Formazione. 



                                                                              

giovedì 5 agosto 2021

Una recensione del libro di Bellofiore "Smith, Ricardo, Marx, Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica" - Giorgio Rodano

Da: https://www.facebook.com/riccardo.bellofiore.3 - https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/17521 

Giorgio Rodano, Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Roma "La Sapienza", dove è stato titolare dell'insegnamento di Economia Politica e ha l'affidamento dell'insegnamento di Politica Monetaria. Dal 2009 è titolare degli insegnamenti di Istituzioni di Economia e di Macroeconomia presso il Corso di Laurea di Ingegneria gestionale della Facoltà di Ingegneria dell'informazione dell'università "Sapienza" di Roma. È socio della Società Italiana degli economisti e della American Economic Association. È consulente scientifico per i libri di economia per le case editrici Laterza e Carocci.

Vedi anche: Keynes e le ambiguità della liberazione dal lavoro - Riccardo Bellofiore 

Quale attualità di Claudio Napoleoni: il contributo di Politica Economica

Leggi anche: Non c'è liberazione dal lavoro senza liberazione del lavoro - Gianluca Pozzoni 

A proposito di Smith, Ricardo, Marx e anche Sraffa. Commento pirotecnico al libro di Riccardo Bellofiore - Giorgio Gattei

Pensare il proprio tempo. Ateismo positivo e uscita dal capitalismo in Claudio Napoleoni e Franco Rodano. - Riccardo Bellofiore - 



Bellofiore R. (2020), Smith, Ricardo, Marx, Sraffa. Il lavoro nella riflessione economico-politica, Torino: Rosenberg & Sellier


Complimenti a Moneta & credito, e a Carlo D'Ippoliti, che hanno scelto Giorgio Rodano come recensore del mio ultimo libro. Non avevo proprio idea di come lo avrebbe "letto", e ne ero proprio curioso.

Giorgio recensì nel 1992 il mio primo libro (*La passione della ragione. Scienza economica e teoria critica in Claudio Napoleoni*, Unicopli, Milano 1991, libro che costruì nei due anni precedenti perché me lo chiese Marzio Zanantoni) [1]. La sua recensione di quel libro - che uscì su Economia e politica, nell'agosto 1992 - sta per me nella Top 3 con quelle di Marcelo Messori e Roberto Finelli, entrambe davvero molto attente. Erano due autori che conoscevano bene il mio percorso: con Marcello avevo condiviso quasi tutto sino al 1985, e da Roberto passavo regolarmente a discutere, ospitato in via del Paradiso per tutto quel decennio.

Ma, per dirla tutta, quella di Giorgio stava al primo posto, forse proprio perché era scritta da più "distante" - e continuo a pensare che "sopprimere la distanza uccide". Il perché mi piacesse molto lo si capisce appunto dalle righe finali, queste:

«La ricostruzione di Bellofiore [delle varie fasi del pensiero di Napoleoni] è accurata, documentata e spesso illuminante, anche se è chiaro che non sempre la sua interpretazione mi convince. Bellofiore ha le sue idee, ed è inevitabile che esse ne influenzino la ricostruzione del pensiero di Napoleoni. Oltretutto, in più di un punto esse non collimano con quelle del suo maestro. Perciò non si limita a ricostruirne il pensiero; lo sottopone anche a una attenta riflessione critica. Tuttavia Bellofiore ha cura di distinguere chiaramente, in ogni capitolo, le parti in cui ricostruisce il pensiero di Napoleoni da quelle in cui presenta il suo pensiero al riguardo. E anche questa è una qualità che rende decisamente apprezzabile il suo lavoro.»

È uno stile a cui ho cercato di restare fedele, chiunque fosse l'autore o la corrente di cui scrivevo, anche quando in fondo parlavo di me. Credo che questo (il fare teoria quando si faceva storia) si applichi anche a Napoleoni, con meno attenzione forse alla distanza nel suo caso (il che rischia di creare cortocircuiti). E dovrebbe stare, a me pare, nell'abc del metodo di fare "storia a ritroso".

Questa volta, quasi trent'anni dopo (quando siamo ormai *quasi* coetanei), Giorgio chiude la sua lunga recensione così:

domenica 1 agosto 2021

Cuba resiste - Frei Betto

Da: http://www.cubadebate.cu - Carlos Alberto Libânio Christo. Conosciuto come Frei Betto. frate domenicano. conosciuto a livello internazionale come teologo della liberazione.

Leggi anche: "ORA BASTA" - Gianni Minà

INTERROGATIVI SULLA TRANSIZIONE CUBANA - Alessandra Ciattini



Pochi ignorano la mia solidarietà alla Rivoluzione cubana. Da 40 anni visito spesso l'isola per impegni di lavoro e inviti ad eventi. Per lungo tempo ho mediato nella ripresa del dialogo tra i vescovi cattolici e il governo cubano, come descritto nei miei libri 'Fidel e la religione' (Fontanar / Companhia das Letras) e 'Lost Paradise - Viajes al mundo socialista' ( Rocco).

Conosco in dettaglio la vita quotidiana cubana, comprese le difficoltà incontrate dalla popolazione, le sfide alla Rivoluzione, le critiche degli intellettuali e degli artisti del paese. Ho visitato le carceri, ho parlato con gli oppositori della Rivoluzione, ho vissuto con preti cubani e laici contrari al socialismo.

Quando mi dicono, (da) brasiliano, che a Cuba non c'è democrazia, scendo dall'astrazione delle parole alla realtà.

Quante foto o notizie si sono viste o si vedono di cubani in miseria, mendicanti sparsi sui marciapiedi, bambini abbandonati per strada, famiglie sotto i viadotti? Qualcosa di simile alla cracolândia, alle milizie, alle lunghe file di pazienti che aspettano anni per essere curati in un ospedale?

Avverto amici: se siete ricchi in Brasile e andate a vivere a Cuba, conoscerete l'inferno. Non potrai cambiare auto ogni anno, acquistare abiti firmati, viaggiare spesso in vacanza all'estero.

E, soprattutto, non potrai sfruttare il lavoro degli altri, tenere nell'ignoranza i dipendenti, essere 'orgoglioso' di María, la tua cuoca da 20 anni, e negarle l'accesso alla propria casa, alla scuola e alla salute.

Se appartieni alla classe media, preparati a vivere il purgatorio. Nonostante Cuba non sia più un'azienda statale, la burocrazia persiste, bisogna avere pazienza nelle code dei mercati, molti prodotti disponibili questo mese potrebbero non essere trovati il ​​mese prossimo a causa dell'incongruenza delle importazioni.