venerdì 30 luglio 2021

"La fine dell'uomo eurocentrico e delle sue immagini ideali" - Carlo Sini

Da: Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Carlo Sini è un filosofo italiano. Laureatosi in Filosofia, dopo aver conseguito l’abilitazione inizia ad insegnare all'Università degli Studi dell'Aquila per poi ricoprire la cattedra di Filosofia teoretica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, dove ha anche svolto per un triennio la funzione di Preside di facoltà.

Leggi anche: Il significato dell’uomo in Marx e in Husserl - Enzo Paci 

Danaro, lavoro, macchine in Hegel - Remo Bodei


                                                                             

mercoledì 28 luglio 2021

"Avete reso l'Università un'azienda...". Il discorso di tre neodiplomate alla Scuola Normale di Pisa



                                                                         

9 Luglio 2021, durante la cerimonia di consegna dei diplomi alla Scuola Normale di Pisa, tre studentesse (Virginia Magnaghi, Virginia Grossi, Valeria Spacciante) contestano "la retorica dell’eccellenza e della meritocrazia". 

"Di università e precarietà Abbiamo scritto il nostro testo in dieci, su per giù, e abbiamo provato a metterci tutti i nostri pensieri, buttandoli giù, ordinandoli, sistemandoli, riscrivendoli per l'ennesima volta. Non ci aspettavamo l'eco di questi giorni, ma soprattutto non ci aspettavamo il numero incredibile di storie che ci sono arrivate: a volte incoraggianti, a volte commoventi, a volte dolorose. Noi siamo solo pochi fortunati, che hanno avuto un palco privilegiato, ma le voci sono molte di più. Continuiamo a parlarne!"  

"Entrare alla Scuola Normale è stata senza dubbio la più grande fortuna dei miei anni fin qui, e se oggi sono una persona che si piace solo un pochino di più è per merito di quello che mi hanno insegnato le compagne e i compagni che ho incontrato. Un tratto del percorso è finito in questo modo, con questi quindici minuti: in questo testo ci siamo messi dentro tutti noi — al primo posto, ben evidente e dichiarato, ciò che ci fa paura e ciò che ci fa orrore. Scriverlo tutte e tutti insieme è stata solo la più recente lezione che ho imparato da loro; leggerlo con Valeria e Virginia il più recente regalo". 

"Pensieri su dove e come abbiamo studiato, vissuto, interagito, su quello che vogliamo e quello che non vogliamo per l'Università, per i nostri mestieri, per le nostre vite personali. Dopo 7 anni, ci stava. Lavorare a tante mani, a tante menti per mettere ordine in tutto questo è stata una bellissima appendice a questi anni pisani". 

martedì 27 luglio 2021

ANTONIO LABRIOLA, primo strappo in direzione del marxismo. - Aldo Garzia

Da: www.ilmanifesto.it - https://www.facebook.com/aldo.garzia. - Aldo Garzia, giornalista, ha lavorato tra l’altro nelle redazioni di "Pace e guerra" e "il manifesto". Ha diretto le riviste "Aprile" e "Palomar". Ha fatto parte dell'Associazione stampa parlamentare e ha collaborato con l'agenzia Askanews. Ha pubblicato numerosi volumi su Cuba, dove è stato corrispondente per alcune agenzie alla fine degli anni 80. I suoi ultimi libri sono: "Zapatero. Il socialismo dei cittadini" (Feltrinelli, 2006), "Olof Palme. Vita e assassinio di un socialista europeo" (Editori Riuniti, 2007); "Ingmar Bergman, The Genius" (Editori Riuniti, 2011) 

Leggi anche: Da Labriola a Gramsci, quel marxismo che ha saputo essere originale. - Marcello Mustè

Del materialismo storico - Antonio Labriola -

CENNI STORICI DEL MOVIMENTO COMUNISTA - Stefano Garroni -

Vedi anche: MARX dopo MARX, da Engels a Labriola.* - Renato Caputo 



ANTONIO LABRIOLA, IL CAPOSTIPITE DEL MARXISMO ITALIANO. 

Delle idee e degli scritti di Antonio Labriola (1843-1903) si discute attualmente poco. Non è stato sempre così. Basti citare saggi e libri di Eugenio Garin, Nicola Badaloni e Cesare Luporini, tre studiosi storici della sinistra italiana del dopoguerra (fanno scuola l’introduzione del primo all’edizione di La concezione materialistica della storia e il volume di Badaloni Antonio Labriola nella cultura europea dell’ottocento, editi entrambi da Laterza). Nel 2018, la ricerca l’ha riproposta Marcello Musté in Marxismo e filosofia della prassi: da Labriola a Gramsci (Viella). 

Del resto non poteva che essere così in quanto Labriola rappresenta il primo strappo in direzione marxista nella cultura italiana. A lui si deve infatti l’introduzione in Italia non dell’ispirazione politica socialista (il Partito socialista era stato fondato nel 1892), bensì del marxismo come metodo e riferimento teorici. È lui che opera la prima rottura nella tradizione idealista e storicista italiana. È sempre a lui si deve la prima traduzione in italiano de Il Manifesto dei comunisti di Marx ed Engels. Il ruolo di capostipite del marxismo italiano glielo riconoscono anche Croce, che fu allievo di Labriola frequentando i suoi corsi di Filosofia morale all’università di Roma, e Antonio Gramsci. 



È una bella sorpresa la versione critica e accuratissima di Del materialismo storico dilucidazione preliminare di Antonio Labriola (a cura di Davide Bondi e Luigi Punzo, pp. 267, euro 40), per Bibliopolis, editore napoletano di filosofia e scienza che dal 2004 si sta occupando della riedizione delle opere dell’autore per permetterne la rilettura. 

Pubblicazione accuratissima perché alla prima stesura seguono filologicamente le altre con introduzioni, note e correzioni diverse fino all’ultima. Il che dà la possibilità al lettore e allo studioso di analizzare lo sviluppo conseguente del pensiero di Labriola.

domenica 25 luglio 2021

Il “nuovo” Marx di Roberto Fineschi - Giovanni Sgrò

 Da: https://www.marxismo-oggi.it -  Giovanni Sgro'  è professore associato di “Storia della filosofia” presso l’Università eCampus di Novedrate.

Vedi anche: Per un nuovo Marx - Giovanni Sgrò, Roberto Fineschi

Leggi anche: Sul cosiddetto «Capitolo sesto inedito» di Karl Marx. Appunti di lettura e considerazioni critiche*- Giovanni Sgrò 

Finalmente Marx torna nella scuola e nell’università - Ascanio Bernardeschi


Il profilo di biografia intellettuale di Marx a firma di Roberto Fineschi (Marx, Brescia, Scholé, 2021, 183 pp., ISBN 978-88-284-0296-1) si presenta esteriormente come un volumetto agile e “leggero” ma, già a una prima lettura, si rivela essere una miniera di spunti critici e di proposte ermeneutiche, in cui si condensa un confronto più che ventennale con l’opera di Marx e con la relativa letteratura critica.

    Alla base di questo così come di tutti gli altri lavori di Fineschi vi è quel «fondamentale passaggio storico-esegetico» (p. 13) rappresentato dalla nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels in lingua tedesca, la Marx-Engels-Gesamtausgabe, di cui Fineschi stesso è stato ed è in Italia uno dei maggiori conoscitori e “divulgatori”.

       In quel «corpus vasto e multiforme» che è l’opera di Marx, caratterizzata da «fasi, stili e intenti molto diversi», Fineschi ha individuato ‒ correttamente ‒ uno «snodo fondamentale» (p. 13) nell’anno 1857, vero e proprio “punto di non ritorno” nella produzione teorica marxiana, anno in cui Marx incomincia per la prima volta a esporre in modo autonomo e organico quel progetto di critica dell’economia politica che lo ha impegnato ‒ tra letture, estratti, manoscritti, tentativi di pubblicazione ed edizioni a stampa ‒ per tutta la vita.

    A partire dall’assunto del 1857 come “punto di svolta” nella parabola intellettuale di Marx, Fineschi articola la sua esposizione in due parti: un primo capitolo dedicato alla formazione teorica di Marx fino alla metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento (pp. 15-46) e un secondo ampio capitolo dedicato alla «costruzione della teoria del capitale» (pp. 47-112), in cui, dopo aver brevemente presentato lo “stato delle fonti”, ovvero tutti i manoscritti “economici” e le edizioni a stampa di cui disponiamo (pp. 47-54), analizza dettagliatamente ‒ anche se non in misura uniforme ‒ i tre libri de Il capitale (pp. 55-112). Completano il volume una sezione (pp. 113-146) dedicata all’approfondimento teorico di alcuni concetti chiave (materialismo storico/materialismo dialettico, lotta di classe/rivoluzione, comunismo, metodo dialettico, alienazione e feticismo della merce, valore-lavoro e trasformazione) e una breve storia della ricezione dell’opera di Marx nel Novecento (pp. 147-170).

giovedì 22 luglio 2021

Spazi virtuali - Juan Carlos De Martin

Da: AccademiaIISF - Juan Carlos De Martin è professore ordinario di ingegneria informatica al Politecnico di Torino e Vice Rettore per la cultura e la comunicazione. È titolare del corso "Tecnologie digitali e società" e co-dirige, con Marco Ricolfi (Università di Torino), il Centro Nexa su Internet e Società. Dal 2011 è associato al Berkman Klein Center della Harvard University. E' membro del consiglio scientifico dell’Enciclopedia Treccani e del comitato d'indirizzo di Biennale Democrazia. Dal 2014 al 2018 è stato membro della Commissione per i diritti e i doveri in internet istituita dalla Presidente della Camera dei Deputati. E' membro dell'IEEE - Institute of Electrical and Electronic Engineers ed è autore di oltre 120 articoli scientifici, capitoli di libri e brevetti internazionali. De Martin è stato - insieme a Luca De Biase - il curatore scientifico del Festival della Tecnologia del 2019 e della prima edizione di Biennale Tecnologia (2020). E' autore del libro Università futura – tra democrazia e bit e ha curato, insieme a Dulong de Rosnay, il libro The Digital Public Domain: Foundations for an Open Culture. 


Primo incontro: 

                                                                            



lunedì 19 luglio 2021

SULLA RIVOLTA PALESTINESE - Cinzia Nachira

Da: http://rproject.it - CINZIA NACHIRA, è un membro dell'organizzazione italiana Sinistra Critica e un'attivista di lunga data del movimento di solidarietà con la Palestina. 

Leggi anche: Tutte le ragioni per cui stiamo con la Palestina - Alessandra Ciattini
Silenzio su Gaza e su noi stessi - Alberto Negri
PALESTINA. Economia e occupazione: dal Protocollo di Parigi ad oggi. - Francesca Merz
La definizione di antisemitismo dell’IHRA - Ugo Giannangeli
Cade la maschera di Israele e anche la nostra - Alberto Negri
RELIGIONE, FONDAMENTALISMI, VIOLENZA* - Alessandra Ciattini
Vedi anche: La Nakba - Joseph Halevi 


Lo scoppio della nuova ondata di rivolta in Palestina/Israele negli ultimi dieci giorni dello scorso aprile è qualcosa di diverso da ciò cui abbiamo assistito in questi ultimi anni.

Questa volta la rivolta rimette al centro dell’attenzione il cuore stesso del problema palestinese: l’espulsione dei palestinesi. Dal quartiere di Sheikh Jarrah alla Spianata delle Moschee e non viceversa è la strada percorsa. Questo è il vero elemento di novità e di speranza. Da molte settimane prima che noi ce ne accorgessimo nelle città miste di Israele bande scatenate di ebrei israeliani ultraortodossi e ultraconservatori si rendevano protagoniste di vere e proprie spedizioni punitive nelle zone delle città abitate dai palestinesi israeliani al grido di “Morte agli arabi!” a cui questi ultimi rispondevano con altrettanti attacchi; producendo un livello di scontro inedito per l’intensità.

In pochi giorni il groviglio di discriminazione e spoliazione in cui vivono i palestinesi israeliani è venuto al pettine svelando una elementare verità: il “conflitto” israeliano palestinese non è religioso, ma territoriale. Gerusalemme è al centro di questo non solo come cuore religioso dell’Islam ma come città la cui origine araba e palestinese non può che essere negata dal sionismo che come progetto coloniale si è potuto realizzare esclusivamente grazie all’espulsione di massa degli abitanti autoctoni. Questi ultimi, come diceva Maxime Rodinson, quando il sionismo si affermava come movimento colonialista di stampo occidentale alla fine del XIX, facevano in qualche modo parte del panorama delle terre di conquista, ma restavano per i colonizzatori sullo sfondo: ostacoli facilmente eliminabili sulla via della conquista.

giovedì 15 luglio 2021

"ORA BASTA" - Gianni Minà

Da: http://www.giannimina.it - Gianni Minà è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. E' stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull'America Latina.

Leggi anche: A DIEGO - Gianni Minà 

INTERROGATIVI SULLA TRANSIZIONE CUBANA - Alessandra Ciattini

Sessant’anni e 12 presidenti fa, scattava l’embargo nordamericano a Cuba. Obama, nel dicembre 2014, dichiarò: “Abbiamo fallito, non abbiamo piegato Cuba. E’ ora di cambiare”.

I cubani avevano dimostrato, in tutti questi anni, dopo aggressioni subite, contrarietà e sacrifici, di voler rimanere fedeli ai loro ideali di indipendenza e giustizia sociale, secondo un modello economico socialista. Cuba non solo non è collassata, ma ha dimostrato come l’embargo economico a un popolo è una delle forme di pressione “diplomatica” tra le più crudeli mai conosciute.

Cuba è sopravvissuta sia al fallimento del socialismo reale, sia a quello del neoliberismo reale, le cui storture, la miseria, la violenza sono state risparmiate a questo popolo, nonostante le difficoltà oggettive di chi vive sempre più asserragliato e praticamente alla fame.

I cubani in tutto questo tempo hanno dimostrato che non hanno vissuto in un “gulag tropicale” come i media hanno sempre voluto descrivere questa piccola isola in maniera capziosa: non si sopravvive alla crudezza del periodo speciale, con turisti che vanno e vengono, senza un consenso di massa che non è basato sulla repressione.

Né gli Usa hanno mai voluto riconoscere la Rivoluzione e il suo corso storico.

La diplomazia nordamericana è costruita anche di termini usati come bastoni: per loro dittatura è tutto ciò che è diverso dalla loro ideologia neoliberale, il concetto guevariano dell’hombre nuevo, dell’uomo al centro, una forma diversa dello Stato e soprattutto il concetto di democrazia e di autodeterminazione sono quasi spazzate via dall’odio verso tutto ciò che “puzza” di comunismo.

Gli Stati Uniti hanno sempre tentato di gettare fango sulla reputazione di questa piccola Isola che non ha nessuna ricchezza, né materie prime su cui fare affidamento, ma solo la potenza della propria cultura e delle proprie idee: un prestigio “morale” che tutte le nazioni povere, tutti i popoli del Terzo Mondo riconoscono a Cuba.

lunedì 12 luglio 2021

Lo smart working sopravviverà alla pandemia? - Domenico Laise

https://www.lacittafutura.it - Domenico Laise è stato Professore Associato di Economia e Controllo delle Organizzazioni e di Sistemi di Controllo di Gestione presso la Facoltà di Ingegneria dell'informazione, informatica e statistica dell'Università di Roma 'La Sapienza'. Collabora con https://www.unigramsci.it 

Cos’è lo smart working? È una formula organizzativa che i capitalisti utilizzano per accrescere lo sfruttamento dei lavoratori (plusvalore). È la finalizzazione dello smart working allo sfruttamento del lavoro che va combattuta e non la formula dello smart working in quanto tale.



In questa nota si sosterrà che ci sono validi motivi per ritenere che lo smart working sopravvivrà oltre il tempo della pandemia. Esso, è, infatti, uno strumento a disposizione dei capitalisti per “destrutturare, frammentare e atomizzare” la residua  resistenza della classe dei lavoratori proletari, nella lotta per la difesa delle conquiste che essi hanno realizzato nel passato [1].

La pandemia, dovuta al virus Covid-19, ha incentivato il ricorso allo smart working. Ciò, come è noto, è dipeso, principalmente, dal fatto che lo smart working può essere svolto senza vincoli stringenti di spazio e di tempo, permettendo il distanziamento richiesto per ridurre il rischio di contagio. 

Ora, all’interno della disputa sui vantaggi e gli svantaggi dello smart working ci si domanda: “dopo la fine della pandemia lo smart working continuerà a svilupparsi oppure ritornerà ad essere un fenomeno relativamente marginale come nel passato?”

Per dare una risposta a questo quesito, bisogna analizzare nel dettaglio la natura dello smart working [2].

giovedì 8 luglio 2021

Hegel e il capitalismo - Costanzo Preve

Da: Diego Fusaro - Costanzo Preve è stato un filosofo, saggista, insegnante e politologo italiano.


                                                   Prima parte:
                                                                           

A seguire la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=PC97Vql5yI4 

mercoledì 7 luglio 2021

Salute mentale, turbolenze a nord-est - Federica Sgorbissa

 Da: https://www.lescienze.it 

Le modalità e l'esito di un concorso per la direzione del Centro di salute mentale di Trieste che fu già di Franco Basaglia, il “padre" della legge 180 che portò alla chiusura dei manicomi, hanno scatenato un'aspra polemica. C’è chi teme un attacco al modello che dirige la gestione della salute mentale in Italia e che rappresenta un punto di riferimento globale. 


Se in questi giorni vi è capitato di vedere citato con toni allarmanti il capoluogo del Friuli-Venezia Giulia, Trieste, addirittura sulle pagine di qualche quotidiano britannico (An unfolding nightmare, un incubo che si svela, titola “The Independent”) vi sarete chiesti che cosa stia capitando in questo lembo periferico del nostro paese. No, la bora non c’entra, questa volta la protagonista è un’altra specialità triestina: la salute mentale.

La vicenda in breve. Siamo alla fine di maggio: al concorso per la nomina del direttore del Centro di salute mentale (CSM) 1 di Trieste (noto ai locali come quello di “Barcola”, forse questo nome vi risuona) la prova orale ribalta l’iniziale graduatoria per curriculum dei tre candidati finali, mandando all’ultimo posto quello che era il primo e viceversa. Il 9 giugno viene confermata la nomina del primo in graduatoria, il medico Pierfranco Trincas, proveniente dai servizi di salute mentale di Cagliari, psichiatra con una specializzazione in ambito criminologico (così nel suo curriculum), che supera gli altri due candidati, ovvero Fabio Lucchi, che ha lavorato agli Spedali civili di Brescia, e Mario Colucci, da trent’anni al servizio del Dipartimento di salute mentale (DSM) di Trieste, un basagliano doc, per così dire.

Per la prima volta negli ultimi quarant’anni questa posizione sarà occupata da un medico che non fa capo alla tradizione triestina, quella inaugurata dallo psichiatra veneziano Franco Basaglia, autore della legge 180, che dal 1979 regola e dirige la gestione della salute mentale italiana. Subito divampa un'aspra polemica che si condensa in una lettera pubblicata (a più riprese) sulle pagine del quotidiano locale, “Il Piccolo”, firmata da alcuni ex direttori del DSM del Friuli-Venezia Giulia e da un gran numero di medici e personalità, nazionali e internazionali, in cui si denuncia un attacco al sistema della gestione della salute mentale. Da questa azione scaturisce anche una petizione internazionale on line da titolo “Save Trieste’s mental health system”. La vicenda approda anche fra le news del "British Medical Journal" (BMJ), oltre che, come già detto, su “The Independent”, complice il grande numero di medici e psichiatri britannici fra i firmatari della petizione.

Perché tanto sconcerto, preoccupazione e opposizione per questa nomina? Perché a quella che sembrerebbe una vicenda squisitamente locale si interessano addirittura personalità internazionali?

martedì 6 luglio 2021

Finalmente Marx torna nella scuola e nell’università - Ascanio Bernardeschi

Da: https://www.lacittafutura.it/ - Ascanio Bernardeschi collabora con La Città futura. 

Roberto Fineschi, Marx, Morcelliana/Scholé, Brescia, pp. 192, € 16,00.


Una pregevole iniziativa editoriale: è uscito nel maggio scorso un libro per l’università di Roberto Fineschi interamente dedicato a Marx. Si copre così un vuoto clamoroso. 

L’opera di Karl Marx, e soprattutto la sua critica dell’economia politica, per quanto dimostratasi di grande attualità nel contesto della terribile crisi che sta attraversando l’economia mondiale e per quanto studiata in ogni parte del mondo, ha una collocazione marginale nella nostra università. Questa marginalizzazione costituisce una conferma del nesso fra scienza e ideologia e della giustezza dell’asserzione marxiana secondo cui chi detiene i mezzi di produzione detiene anche quelli di produzione delle idee.

Bisogna risalire a un’altra era per trovare testi per le università italiane dedicati esclusivamente a Marx, a parte un recente testo di Petrucciani per Carocci, che però non dà conto sufficientemente delle nuove evidenze testuali e delle ricerche filologiche connesse alla nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels, la seconda Marx-Engels-Gesamtaugabe (MEGA2). È noto infatti che molte opere di Marx rimasero inedite lui vivente e vennero pubblicate successivamente con modifiche editoriali più o meno congrue, condizionandone la ricezione. La nuova MEGA2 presenta invece tutti i manoscritti nella loro forma originale rendendo Marx, per molti aspetti, “un autore nuovo”.

Roberto Fineschi, un filosofo profondo conoscitore di quella monumentale operazione editoriale e del dibattito a essa connesso, con la pubblicazione del suo Marx per i tipi di Morcelliana/Scholé – acquistabile anche con la carta del docente – copre così un vuoto che era inammissibile.

Il libro, per la semplicità del linguaggio utilizzato, non è destinato solo agli studenti universitari, ma si presta anche alla formazione di quadri militanti e a un primo approccio con il fecondo pensiero marxiano.

Questo suo carattere, che lo rende un buono strumento divulgativo, non è a discapito della serietà della ricostruzione del lascito del Moro e della trattazione puntuale dei più importanti problemi connessi alla recezione di Marx e al dibattito intorno ad alcune questioni chiave.

lunedì 5 luglio 2021

Lo spauracchio dell’inflazione sulla “prossima crisi globale” - Michael Roberts

Da: https://contropiano.org - https://sinistrainrete.info - Traduzione da: Inflation, interest rates and debt

Michael Roberts ha lavorato nella City di Londra come economista per oltre 40 anni. Ha osservato da vicino le macchinazioni del capitalismo globale dall’interno della tana del drago. Allo stesso tempo, è stato un attivista politico nel movimento operaio per decenni. Da quando è andato in pensione, ha scritto diversi libri.  

Leggi anche: MMT, Minsky, Marx e il feticcio del denaro - Michael Roberts


L’inflazione dei prezzi di beni e servizi è una buona o cattiva notizia a seconda del vostro rapporto con i mezzi di produzione. Per il lavoro, che non possiede i mezzi di produzione e si guadagna da vivere solo vendendo la sua forza lavoro, l’inflazione non è una buona notizia, perché divora i redditi reali aumentando i prezzi dei beni di prima necessità.

Attualmente, mentre le maggiori economie si affacciano fuori dal crollo pandemico, i datori di lavoro sempre più si lamentano di non riuscire a far tornare i lavoratori ai loro posti mal pagati, soprattutto nei servizi. Sono costretti ad alzare i salari per attirare persone in posti di lavoro poco soddisfacenti, senza sindacati, senza indennità di malattia, o ferie, etc.

La prospettiva di salari più alti suona come una buona notizia per le fasce di lavoratori che in precedenza godevano un salario minimo, o addirittura inferiore. Ma i salari più alti sono un’illusione monetaria se allo stesso tempo i prezzi del cibo e di altri beni di prima necessità cominciano a salire bruscamente.

E questo sta succedendo. Il tasso ufficiale d’inflazione degli Stati Uniti ha raggiunto il 5% anno su anno a maggio. Questa è il dato più alto dall’agosto del 2008. Stessa storia nel Regno Unito e in Europa. Anche se il livello di inflazione è solo del 2% circa all’anno, lì questo tasso è comunque il più alto da oltre sette anni.

Il tasso è in parte il risultato di “effetti base”, cioè il tasso è sceso bruscamente durante il crollo della pandemia e i prezzi sono rimbalzati solo negli ultimi mesi. Ma è anche il risultato di forti aumenti dei prezzi delle materie prime (prodotti agricoli, metalli ed energia) guidati da un lento ritorno alla produzione di questi beni a livello globale e anche da una parziale rottura della catena di approvvigionamento internazionale, causata da lockdown e restrizioni alla circolazione. In effetti, ci sono “colli di bottiglia” nell’offerta che rendono difficile soddisfare la crescente domanda dei consumatori e dei produttori. Questo fa salire il tasso d’inflazione dei prezzi.

sabato 3 luglio 2021

Crisi, diseguaglianze e povertà: intervista a Francesco Schettino

Da: Militant Tube - 
Francesco Schettino è un economista, docente All’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli e all’Università Popolare Antonio Gramsci di Roma. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni ed è stato uno dei maggiori collaboratori della pregevole rivista marxista La Contraddizione (https://rivistacontraddizione.wordpress.com).


                                                                              
La crisi economica che stiamo vivendo è davvero “figlia” dell’epidemia, oppure era già in gestazione? Le misure messe in campo dai governi serviranno davvero a far “ripartire l’economia, o invece si tradurranno in un aumento dei profitti solo per i soliti noti? Ma soprattutto cosa dovrà aspettarsi dal futuro chi vive del proprio lavoro? Tutto, o quasi tutto, quello che avreste voluto sapere sulla crisi, ma non avete mai osato chiedere, in un’intervista con Francesco Schettino, economista marxista e autore, insieme a Fabio Clementi, di “Crisi, disuguaglianze e povertà” per i tipi de “La città del sole”. 

Primo episodio della rubrica "La battaglia delle idee. Libri, musica e cultura contro il pensiero unico". (Militant) 
LINK Sito web: http://www.militant-blog.org/ 

venerdì 2 luglio 2021

Sulla Cooperazione - Vladimir Lenin (1923)

Da: https://www.marxists.org - [Archivio Lenin] - 
Pubblicato nella Pravda, nn. 115 e 116, 26 e 27 maggio 1923. Trascritto dall'Organizzazione Comunista Internazionalista (Che fare) e da Pagine rosse, Gennaio 2003

Leggi anche: Sulla NEP e sul capitalismo di Stato* - Lenin 

Il concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Socialismo di mercato” - Gianfranco Pala 

L’ACQUA PESANTE E IL BAMBINO LEGGERO*- Gianfranco Pala 

Come usare il capitalismo nell'ottica del socialismo - Deng Xiaoping 

Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinpin

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo 

Sulla dibattuta natura della società cinese - Alessandra Ciattini

Vedi anche: Socialismo con caratteristiche cinesi 


I

Mi pare che da noi non si stimi abbastanza la cooperazione. Non tutti comprenderanno che ora, dopo la rivoluzione d'Ottobre e indipendentemente dalla Nuova politica economica (al contrario, a questo riguardo dobbiamo dire: proprio grazie alla Nuova politica economica), la cooperazione acquista da noi un'importanza del tutto esclusiva. I sogni dei vecchi cooperatori abbondano di chimere. Essi sono sovente ridicoli, con le loro fantasticherie. Ma in che consiste la loro irrealtà? Nel non comprendere l'importanza principale, radicale della lotta politica della classe operaia per l'abbattimento del dominio degli sfruttatori. Ora quest'abbattimento da noi ha avuto luogo, ed ora molto di quanto sembrava fantastico, perfino romantico, perfino banale nei sogni dei vecchi cooperatori, diventa una realtà delle più autentiche.

Infatti, da noi, una volta che il potere dello Stato è nelle mani della classe operaia, una volta che a questo potere dello Stato appartengono tutti i mezzi di produzione, da noi, effettivamente, non ci resta che da organizzare la popolazione in cooperative. Nelle condizioni di un massimo raggruppamento della popolazione nelle cooperative, si arriva automaticamente a quel socialismo, che prima aveva suscitato un'ironia legittima, dei sorrisi, del disprezzo fra le persone convinte a giusta ragione della necessità della lotta di classe, della lotta per il potere politico, ecc. Ed ecco che non tutti i compagni si rendono conto dell'importanza gigantesca, incommensurabile che acquista ora per noi l'organizzare la popolazione della Russia in un sistema di cooperative. Con la Nep abbiamo fatto una concessione al contadino in quanto mercante, al principio del commercio privato; appunto da ciò deriva (contrariamente a quanto si crede) l'importanza gigantesca della cooperazione. In sostanza, l'organizzare in misura sufficientemente ampia e profonda la popolazione russa in cooperative nel periodo della Nep, è tutto quanto ciò occorre, dato che ora abbiamo trovato quel grado di coordinazione dell'interesse privato, dell'interesse commerciale privato, con la verifica, e con il controllo da parte dello Stato, quel grado di subordinazione dell'interesse privato all'interesse generale che prima rappresentava un ostacolo insormontabile per molti, per moltissimi socialisti. In realtà, il potere dello Stato su tutti i grandi mezzi di produzione, il potere dello Stato nelle mani del proletariato, l'alleanza di questo proletariato con milioni e milioni di contadini poveri e poverissimi, la garanzia della direzione dei contadini da parte del proletariato, ecc., non è forse questo tutto ciò che occorre per potere, con la cooperazione, con la sola cooperazione, che noi una volta consideravamo dall'alto in basso come affare da bottegai e che ora, durante la Nep, abbiamo ancora il diritto, in un certo senso, di considerare allo stesso modo, non è forse questo tutto ciò che è necessario per condurre a termine la costruzione di una società socialista integrale? Questo non è ancora la costruzione della società socialista, ma è tutto ciò che è necessario e sufficiente per condurre a termine la costruzione.

Ed è appunto questa condizione che viene sottovalutata da molti dei nostri attivisti nel loro lavoro pratico. Da noi si guarda la cooperazione con disprezzo, non comprendendo l'importanza esclusiva che ha la cooperazione, anzitutto, dal punto di vista di principio (i mezzi di produzione appartengono allo Stato), in secondo luogo, dal punto di vista del passaggio a un ordine nuovo per la via più semplice, facile e accessibile ai contadini.