Traduzione a cura di Alessandro Bartoloni - Le enfasi (grassetti e corsivi) quando non diversamente specificato sono del traduttore.
Le
vecchie teorie alla base della MMT vengono riprese anche da
importanti uomini della finanza in quanto funzionali alla creazione
di bolle speculative che avvantaggiano i più ricchi.
Recentemente
l'ex vice governatore della Banca del Giappone (BoJ), Kikuo Iwata, ha
sostenuto che il Giappone deve aumentare la spesa fiscale tramite
l’aumento del debito del settore pubblico finanziato dalla banca
centrale. Questo ex governatore sembra aver adottato la Teoria della
moneta moderna (Modern Monetary Theory, MMT), o almeno una versione
keynesiana del deficit spending come una risposta ‘radicale’ (o
disperata?) al continuo fallimento dell'economia giapponese, incapace
di crescere ad un tasso anche solo vicino a quello pre-crisi.
Gli
ultimi dati sull'economia giapponese fanno davvero tristezza. La
migliore misura dell'attività nel settore manifatturiero, l’indice
degli acquisti nel settore manifatturiero (PMI Nikkei), è sceso a
48,5 nel febbraio 2019, il dato più basso da giugno 2016, poiché
sia l'output che i nuovi ordini sono diminuiti a ritmi più
rapidi. Nel frattempo, la fiducia delle imprese si è indebolita per
il nono mese consecutivo. Nel quarto trimestre del 2018, la
produzione nazionale del Giappone ha ristagnato. La crescita è stata
nulla rispetto a quella di fine 2017. Questo comparato ad un tasso
medio di crescita annua che dagli anni ‘80 è del 2%.
Iwata
era in origine l'architetto del massiccio programma di acquisto di
titoli della BoJ soprannominato “allentamento
quantitativo e qualitativo”
(quantitative and qualitative easing - QQE) che avrebbe dovuto
stimolare l'economia attraverso una massiccia iniezione di moneta. Ma
sebbene il governo giapponese abbia continuato a produrre deficit di
bilancio pubblico, ciò
non è servito a rilanciare la crescita nominale del PIL o i redditi
reali delle famiglie.
Il
PIL pro capite del Giappone è in aumento, ma solo perché la
popolazione è in declino e anche la forza-lavoro. Il reddito
personale disponibile non è cresciuto così velocemente come
l'economia nel suo insieme in molti anni, un punto percentuale in
meno rispetto alla crescita media del Prodotto nazionale lordo dalla
fine degli anni '80. Il Giappone può avere una “piena
occupazione”, ma la percentuale della forza-lavoro impiegata su
base temporanea o part-time è salita dal 19% nel 1996 al 34,5% nel
2009, insieme ad un aumento del numero di giapponesi che vivono in
povertà. Secondo l'OCSE, la percentuale di persone in Giappone che
vivono in povertà relativa (definita come quelli che percepiscono un
reddito inferiore al 50% della mediana) dal 12% della popolazione
totale nella metà degli anni '80 è passata al 15,3% negli anni
2000.
La
risposta di Iwata alla “stagnazione secolare” del Giappone è di
continuare con i deficit e le spese statali, ma questa volta
finanziandola semplicemente stampando denaro, non emettendo
obbligazioni [da
collocare sui mercati finanziari,
ndt]. “Le
politiche fiscali e monetarie devono funzionare come una cosa sola,
in modo che vengano spesi più soldi per le misure fiscali e il
denaro totale destinato all'economia aumenti di conseguenza”.
Questa è l'unica opzione politica rimanente poiché “l'attuale
politica della BoJ non ha un meccanismo per aumentare le aspettative
di inflazione. Abbiamo bisogno di un meccanismo in cui i flussi di
denaro verso l'economia siano diretti e permanenti”.
Gli acquisti di obbligazioni della BoJ non funzionano, perché le
banche accumulano denaro in depositi e riserve e non in prestito.
Perciò devono essere ignorate, dice Iwata.
Questa
proposta assomiglia all'idea di gettare “denaro
dall'elicottero”,
una politica in cui la banca centrale finanzia direttamente la spesa
pubblica sottoscrivendo obbligazioni. La soluzione di Iwata alla
bassa crescita e ai deboli redditi reali è solo un'altra variante
dell'idea che la domanda deve essere stimolata per far funzionare
un'economia capitalista, in questo caso semplicemente stampando più
denaro.
Un'altra
variante ora in via di sviluppo è creare un'economia senza contanti.
Vedete, le persone continuano ad accumulare i loro soldi (sotto il
materasso) e non a spendere mentre le piccole aziende vengono pagate
in contanti e poi li nascondono dai loro profitti dichiarati
accumulandoli. Quindi le banche centrali e i governi, nel mondo delle
valute digitali e delle criptovalute, se ne sono usciti con l’idea
di abolire o svalutare il denaro contante in favore delle transazioni
digitali.
L'ultima
versione di questo viene dal FMI. Avendo provato l'allentamento
quantitativo, come in Giappone e altrove, e poi i “tassi di
interesse negativi” (cioè le persone vengono pagate per prendere
in prestito denaro) per rilanciare le economie, l'idea ora è una
cassa vuota. Ecco come funzionerebbe: “In un mondo senza contanti,
non ci sarebbe limite inferiore ai tassi di interesse. Una banca
centrale potrebbe ridurre il tasso di riferimento da, ad esempio, il
+2% al -4% per contrastare una recessione grave. Il taglio del tasso
di interesse verrebbe trasmesso a depositi bancari, prestiti e
obbligazioni. Senza contanti, i depositanti dovrebbero pagare il
tasso di interesse negativo per mantenere i loro soldi in banca,
rendendo più appetibili i consumi e gli investimenti. Ciò potrebbe
far sobbalzare il credito, aumentare la domanda e stimolare
l'economia. Un'opzione per sfondare il limite inferiore dello zero
sarebbe eliminare gradualmente i contanti”. Ma come? Rendendo i
contanti costosi quanto i depositi bancari con tassi di interesse
negativi, rendendo così fattibili tassi di interesse profondamente
negativi pur preservando il ruolo del denaro.
[Figura
1 - Fmi: I contanti ancora regnano. Mentre la Svezia e altri paesi si
sono mossi verso una società senza contanti, molti paesi fanno
ancora affidamento ai contanti. I dati si riferiscono alla quantità
di contanti in circolazione in percentuale del Pil]
La
proposta è che una banca centrale divida la base monetaria in due
valute locali separate: contanti e moneta elettronica. La moneta
elettronica sarebbe emessa solo elettronicamente e pagherebbe il
tasso di interesse stabilito dalla politica monetaria, mentre il
contante avrebbe un tasso di cambio, il tasso di conversione, contro
la moneta elettronica. I negozi inizierebbero a pubblicizzare i
prezzi della moneta elettronica e di contanti separatamente, proprio
come i negozi in alcune piccoli paesi con economie aperte
pubblicizzano già i prezzi sia nella valuta nazionale che in quelle
confinanti. La liquidità perderebbe quindi valore sia in termini di
beni che in termini di moneta elettronica, e non ci sarebbe alcun
vantaggio nel detenere liquidità rispetto ai depositi bancari.
“Questo
doppio sistema di valuta locale consentirebbe alla banca centrale di
applicare un tasso di interesse negativo come necessario per
contrastare una recessione, senza innescare sostituzioni su larga
scala in contanti”.
Due
anni fa, il governo
indiano sotto
Modi ha abolito le banconote di alto taglio. Il governo sosteneva che
l'obiettivo era di eliminare i guadagni illeciti da parte di ricchi
indiani che nascondevano i loro guadagni in contanti per evitare le
tasse. Ma sono stati i poveri indù, in particolare nelle zone
rurali, a essere maggiormente colpiti da questa “demonetizzazione”.
Due terzi dei lavoratori indiani sono impiegati in piccole imprese
con meno di dieci lavoratori - la maggior parte sono pagati in modo
casuale e in rupie contanti. La demonetizzazione avrebbe dovuto
attaccare la corruzione e l'evasione fiscale, ma sembra aver avuto
scarso effetto su questo. In effetti, molti ricchi indiani hanno
fatto “accordi privati” per ottenere nuove banconote ed evitare
di dover dichiarare denaro in conti bancari.
Uscire
da una recessione o da una depressione stampando denaro o riducendo
il valore del denaro contante è stata a lungo un'idea di stile
keynesiano. Lo stesso Keynes era molto interessato alle idee di
Silvio Gesell, un mercante tedesco, ministro delle finanze nel
governo rivoluzionario della Baviera nel 1919. Gesell era convinto
che i problemi delle depressioni capitaliste come quello della fine
del XIX secolo fossero dovuti all'alto tasso di interesse sui
prestiti. Ciò ha incoraggiato l’accaparramento. Se ciò potesse
essere fermato, il denaro verrebbe speso e le depressioni superate.
Keynes pensava che il lavoro di Gesell contenesse “sprazzi di
intuizione profonda senza riuscire a raggiungere l'essenza della
questione”. Keynes era particolarmente innamorato del tentativo di
Gesell di stabilire “un socialismo anti-marxiano, una reazione
contro il laissez-faire costruito
su basi teoriche totalmente dissimili da quelle di Marx basate su un
ripudio anziché su un'accettazione delle ipotesi classiche, e su una
liberazione della competizione invece della sua abolizione. Credo che
il futuro imparerà di più dallo spirito di Gesell che da quello di
Marx” (Teoria generale).
La
principale proposta politica di Gesell per porre fine alla crisi è
stata stampare denaro.
Secondo questa proposta, le banconote (anche se ovviamente dovrebbero
applicarsi anche ad alcune forme di moneta bancaria) conserverebbero
il loro valore solo timbrandole ogni mese, come una carta di
assicurazione, con francobolli acquistati presso un ufficio postale.
Keynes ha commentato: “L'idea dietro il denaro timbrato è solida.
È, infatti, possibile che si possa trovare il modo di applicarlo
nella pratica su scala modesta”. L'idea era di svalutare denaro e
costringere le persone a spendere e quindi aumentare la "domanda
effettiva” rompendo la “trappola della liquidità”
dell'accumulo di denaro.
L'idea
di Gesell è stata ampiamente acclamata da molti post-keynesiani. Ma
a differenza loro, sebbene Keynes fosse incline a questo “trucco
della circolazione”
(per usare la frase di Marx), ne vedeva le mancanze. Una era che
Gesell non si rendeva conto che l'investimento capitalistico non era
governato solo dal tasso di interesse sui prestiti, ma anche dal
tasso di profitto sugli investimenti (ciò che Keynes chiamava
“efficienza marginale del capitale”). Così “costruì solo una
mezza teoria del tasso di interesse”. L'altra preoccupazione era
che se fossero state timbrate le banconote, allora quelli che
desideravano accumulare avrebbero semplicemente tenuto i soldi in
depositi bancari, oro o valuta straniera. Quindi siamo tornati al
punto di partenza. Per ulteriori informazioni sulle differenze
fondamentali tra Gesell e Marx in denaro, consultare
qui: http://www.unotheory.org/files/2-15-4.pdf
Tutte
queste teorie monetarie della crisi - il cui esponente più ampio è
la cosiddetta finanziarizzazione - hanno una cosa in comune. Ignorano
o negano la legge del valore, cioè che tutte le cose di cui abbiamo
bisogno o che utilizziamo nella società sono il prodotto della
forza-lavoro umana e che in un'economia capitalista in cui la
produzione è a scopo di lucro e non per il bisogno, il denaro
rappresenta il tempo di lavoro socialmente necessario. Vediamo solo
il denaro, non il valore, ma il denaro è solo la rappresentazione
del valore nella sua forma universale, vale a dire il lavoro astratto
misurato nel tempo di lavoro socialmente necessario. È un feticcio
pensare che il denaro sia qualcosa che è al di fuori e separato dal
valore.
Come
dice Marx: “una merce particolare diventa solo denaro perché tutte
le altre merci esprimono il loro valore in essa” MA “sembra al
contrario, che tutte le altre merci esprimano universalmente i loro
valori in una merce particolare perché è denaro. Il movimento che
ha mediato questo processo svanisce nel suo stesso risultato, senza
lasciare traccia. Senza dover fare nulla per raggiungerlo, le merci
trovano la forma del proprio valore, nella sua forma finita, nel
corpo di una merce esistente al di fuori e al loro fianco .... Da qui
la magia del denaro. ... L'enigma del feticcio del denaro è quindi
semplicemente l'enigma del feticcio delle merci, che è diventato
visibile e accecante agli occhi”.
Questo
è importante e non una supercazzola metafisica. Se Marx ha ragione
nella sua caratterizzazione del denaro, allora possiamo sostenere che
la produzione capitalista è la produzione di più denaro (valore e
plusvalore) attraverso lo sfruttamento della forza-lavoro. Ciò
significa che a meno che non venga creato più valore dalla
forza-lavoro, il denaro non può fare più soldi. Marx si è sempre
affrettato a opporsi “alle fantasiose nozioni secondo cui le
contraddizioni che derivano dalla natura delle merci, e quindi
vengono in superficie nella loro circolazione, possono essere rimosse
aumentando la quantità del mezzo di circolazione”. (Riferendosi
all'opera del fisiocratico Jean-Daniel Herrenschwand).
È
proprio nella categoria di interesse che Marx calcola che il feticcio
del denaro è più forte. Nel capitale fruttifero il “carattere di
feticcio del capitale e la [concezione] di questo feticcio
[diventano] ora completi” (Capitale, libro III, Penguin, p.516).
Quindi sembra che il denaro possa fare soldi attraverso gli interessi
maturati senza lo sfruttamento o la produzione. È “forma senza
contenuto” (p.255). “In D-D’ abbiamo la forma priva di
significato del capitale, la [inversione] e [reificazione] dei
rapporti di produzione nel loro grado più alto, la forma portatrice
di interesse, la forma semplice del capitale, in cui antecede il
proprio processo di riproduzione; [...] capacità del denaro, o di
una merce, di espandere il proprio valore indipendentemente dalla
riproduzione - che è una mistificazione del capitale nella sua forma
più flagrante” (p.256).
È
questo feticismo del denaro che domina le teorie dei guru
post-keynesiani come l'economista americano degli anni '80, Hyman
Minsky.
L'ossessione di Minsky per il denaro e la finanza come causa delle
crisi è stata brillantemente esposta in un recente articolo di Mike
Beggs, docente di economia politica all'Università di Sydney. Beggs
mostra che Minsky è nato come socialista, seguendo le idee del
“socialismo di mercato” di Oscar Lange. Ma alla fine, nel
tentativo di risolvere le contraddizioni del capitale
finanziario all'interno del
capitalismo, ha smesso di sostenere la necessità di sostituire il
capitalismo con una nuova organizzazione sociale.
Negli
anni '70, Minsky contrapponeva la sua posizione a Keynes. Keynes
aveva chiesto la “socializzazione in qualche modo completa degli
investimenti”, ma ha continuato a modificarlo affermando che “non
è la proprietà degli strumenti di produzione che è importante per
lo Stato assumere", essendo sufficiente “determinare
l'ammontare aggregato di risorse destinate ad aumentare gli strumenti
e il tasso di ricompensa per coloro che li possiedono”. Negli anni
'70, Minsky andò oltre e invocò l'acquisizione delle “altezze
elevate” dell'industria e in questo modo il keynesianismo potrebbe
essere integrato con il "socialismo di mercato" di Lange e
Abba Lerner.
Ma
negli anni '80, l'obiettivo di Minsky non era quello di esporre le
debolezze del capitalismo, ma di spiegare come un capitalismo
instabile potesse essere 'stabilizzato'. Biggs: "Le sue proposte
sono mirate, quindi, al problema della stabilità. .... L'espansione
del consumo collettivo è completamente abbandonata. Minsky sostiene
quello che chiama "Grande Governo" principalmente come
forza macroeconomica stabilizzatrice. Il bilancio federale dovrebbe
essere almeno dello stesso ordine di grandezza degli investimenti
privati, in modo che possa recuperarne le mancanze quando questi
ultimi diminuiscono, ma non deve essere più grande”.
Questo
approccio politico non è dissimile da quello dei sostenitori della
MMT. Minsky ha persino proposto una
sorta di politica di lavoro garantito tipo quello della MMT.
Il governo manterrebbe una rete di sicurezza del lavoro, promettendo
posti di lavoro a chiunque altrimenti sarebbe disoccupato. Ma questi
devono essere sufficientemente mal pagati per contenere i salari di
mercato nella parte inferiore. La paga bassa è purtroppo necessaria,
ha detto Minsky, perché “i vincoli sui salari monetari e sul costo
del lavoro sono corollari dell'impegno a mantenere la piena
occupazione”. La disciplina del mercato del lavoro rimane: i
lavoratori magari non avrebbero più paura della disoccupazione, ma
continuerebbero ad avere sicuramente paura di una riduzione al
salario minimo (Beggs).
Così,
negli anni '80, Minsky vide la politica del governo come un obiettivo
per stabilire la stabilità finanziaria, al fine di sostenere la
redditività e sostenere la spesa privata. “Una volta raggiunta una
struttura istituzionale in cui le esplosioni verso l'alto derivanti
dalla piena occupazione sono limitate anche quando i profitti si
stabilizzano, i dettagli dell'economia possono essere lasciati ai
processi di mercato”. (Minsky).
Il
viaggio di Minsky dal socialismo alla stabilità per la redditività
capitalista avviene perché lui e i post-keynesiani negano e/o
ignorano la legge del valore di Marx, proprio come fecero i
'socialisti del mercato', Lange e Lerner. I post-keynesiani e gli
esponenti della MMT negano che il profitto provenga dal plusvalore
ricavato dallo sfruttamento del processo di produzione capitalista ed
è questo il motore trainante per gli investimenti e l'occupazione.
Invece fanno tutti del denaro un feticcio. Così il denaro
sostituisce il valore, piuttosto che rappresentarlo. Tutti vedono il
denaro come causa della crisi e anche come soluzione creando valore!
Ciò li porta a ignorare l'origine e il ruolo del profitto, tranne
che come residuo di investimenti e spesa per consumi.
Questo
per quanto riguarda la teoria. E la realtà? La realtà è che la
depressione del 19° secolo non è finita perché il denaro è stato
pompato nell'economia. Ma è finita, quindi perché? Nel mio
libro, The
Long Depression [La
lunga depressione, ndt] spiego come funzionava la legge della
redditività di Marx e dopo vari crolli, la redditività nelle
principali economie fu ripristinata per consentire una ripresa degli
investimenti nel 1890 (Capitolo 2) seguita da una crescente rivalità
internazionale in un periodo di globalizzazione (imperialismo) che
alla fine esplose in una guerra mondiale quando la redditività
cominciò a scivolare di nuovo negli anni ‘10.
I
keynesiani (compresi gli esponenti della MMT) amano dire che la
Grande Depressione è stata risolta con l'allentamento monetario e la
spesa fiscale in stile keynesiano. Ma le prove sono contro questo.
Negli anni '30, l'allentamento monetario (QE ecc.) fallì, qualcosa
che Keynes riconobbe all'epoca.
I disavanzi di bilancio del New Deal non sono mai stati applicati
molto, ma, anche così, i programmi di lavoro del New Deal non hanno
realmente ridotto la disoccupazione o ottenuto entrate reali fino al
“boom” della guerra. Di nuovo, vedi il mio libro, (capitolo 3),
in cui mostro che l'economia americana si è ripresa solo dopo
l'imposizione di un'economia di guerra con il governo che ora domina
gli investimenti.
Ciò
che differenzia la lunga depressione del 2009 è che, a differenza
della Grande Depressione degli anni '30, ci sono ora tassi di
disoccupazione (ufficiali) molto bassi nelle principali economie.
Invece, i redditi reali sono stagnanti, mentre la produttività e la
crescita degli investimenti sono abissali. I mercati finanziari
stanno esplodendo, ma i settori produttivi dell'economia stanno
strisciando. Eppure il periodo dal 2009 è stato accompagnato da ogni
sorta di trucchi monetari: zero o addirittura tassi d'interesse
negativi, politica monetaria non convenzionale (QE) e ora proposte di
gettare “denaro dall'elicottero”, deficit governativi in stile
MMT senza fine e un'economia senza contante (in stile Gesell).
Come
ha dimostrato Maria
Ivanova,
rimane una convinzione cieca che la natura incline alla crisi del
capitalismo possa essere gestita mediante “l’arte monetaria”,
cioè dalla manipolazione del denaro, del credito e del debito
(governativo). Ivanova sostiene che i meriti dell'interpretazione
marxiana della crisi superano quelli di Minsky per almeno due
ragioni. Innanzitutto, le cause strutturali della Grande Recessione
non si trovano nel settore finanziario, ma nel sistema della
produzione globalizzata. In secondo luogo, la convinzione che i
problemi sociali abbiano origini monetarie o finanziarie e possano
essere risolti armeggiando con denaro e istituzioni finanziarie, è
fondamentalmente viziata, poiché la stessa ricorrenza delle crisi
attesta i limiti delle politiche fiscali e monetarie come mezzi per
assicurare l’accumulazione “equilibrata”.
Nessuno
degli schemi feticistici ha funzionato o funzionerà per far marciare
l'economia capitalista. Invece tali misure hanno appena creato bolle
finanziarie a beneficio dei più ricchi. Questo perché questi
"trucchi della circolazione" non sono basati sulla realtà
della legge del valore.
Per approfondimenti si veda, dello stesso autore:
La teoria della moneta moderna - parte prima: cartalismo e marxismo
La teoria della moneta moderna - parte seconda: i trucchi della circolazione monetaria
La teoria della moneta moderna - parte terza: una rete di protezione a favore del capitalismo
"...I post-keynesiani e gli esponenti della MMT negano che il profitto provenga dal plusvalore ricavato dallo sfruttamento del processo di produzione capitalista..."
RispondiElimina...interessante... e la fonte di tale affermazione DOV'È?
...comunque noto che, FINALMENTE, si sta arrivando al "nocciolo" della questione... mi spiego meglio, prediamo questa parte qui:
"La disciplina del mercato del lavoro rimane: i lavoratori magari non avrebbero più paura della disoccupazione, ma continuerebbero ad avere sicuramente paura di una riduzione al salario minimo"
ecco, il punto è: A QUALE LIVELLO VIENE STABILITO IL SALARIO DEL "LAVORO GARANTITO" ( = "Job Guarantee"):
http://bottegapartigiana.org/wp-content/uploads/2019/02/0029.jpg
... ovviamente, più tale livello è elevato, e più il settore privato viene "spiazzato" (ossia, più tale livello è elevato e maggiore è l' "effetto spiazzamento" esercitato dal settore pubblico nei confronti del settore privato)... questo processo è perfettamente coerente con la MMT, la quale afferma che:
http://www00.unibg.it/dati/corsi/910003/64338-Warren%20Mosler%20Bergamo%20paper%20March%2010.pdf
"...In un’economia di mercato, come passaggio logico, il Governo ha necessità di fissare solamente un prezzo, comunemente conosciuto come “prezzo àncora” o “stock di riserva”, con tutti gli altri prezzi che diventano espressione di valori relativi. Nei tempi passati, per esempio, la maggior parte dei governi fissavano il prezzo dell’oro come loro “prezzo àncora”, e lasciavano che tutti gli altri prezzi si adeguassero (si noti che questa politica fu universalmente abbandonata nel momento in cui fallì nel rendere possibile il perseguimento dell’interesse pubblico). Attualmente per la maggior parte dei Paesi il prezzo àncora è il disoccupato. La conclusione ME/MMT è che una politica che preveda uno stock di riserva di occupati istituisca un prezzo àncora molto migliore di uno stock di riserva di disoccupati, con esternalità positive ben superiori, relativamente al perseguimento delle finalità di pubblico interesse..."
In altre parole, fare un'affermazione così "apodittica" come quella dell'autore secondo cui "La disciplina del mercato del lavoro rimane: i lavoratori magari non avrebbero più paura della disoccupazione, ma continuerebbero ad avere sicuramente paura di una riduzione al salario minimo" non ha senso nello schema, proposto dalla MMT, del LAVORO GARANTITO ("Job Guarantee") in quanto È IL SETTORE PUBBLICO A DETERMINARE IL LIVELLO DI TALE SALARIO. In altre parole, più tale livello è alto e più "converti" il sistema economico verso il "socialismo". Ossia, la "dinamica" è poi tra chi vuole alzare tale livello e chi non lo vuole alzare, quella diviene la dinamica di "lotta di classe" in un sistema dove la proposta di LAVORO GARANTITO della MMT sia applicata. Insomma, non si può dire che la riduzione al "salario minimo" in tale sistema agisca come "elemento disciplinante" del lavoratore in quanto dipende tutto DAL LIVELLO EFFETTIVO di tale salario. In conclusione, in tale sistema l'azione di una forza socialista deve essere di SPINGERE il più possibile per l'incremento del livello di salari nel LAVORO GARANTITO, in quanto si tratta di uno dei sistemi principali (non il solo ovviamente, ma è uno dei sistemi principali) di ridistribuzione della ricchezza previsto dalla MMT. (Cioè la "politica socialista" con la MMT la fai principalmente attraverso l'istituzione, su base permanente, del LAVORO GARANTITO in modo che poi a ogni aumento di salario per il LAVORO GARANTITO il settore pubblico "spiazza" sempre di più il settore privato "forzando" così quest'ultimo a "redistribuire" il suo "saggio di profitto" potenziale attraverso incrementi di salario che a sua volta è "costretto" a fare)