sabato 30 marzo 2013

Quando si paga il debito sovrano? - Giorgio Gattei -

Ma perchè è così precipitata la questione del rimborso del debito sovrano? Perchè si sono definitivamente rovesciati i rapporti di forza tra le classi sociali. Quella "guerra di classe" (si abbia il coraggio di chiamarla così) che il movimento operaio italiano aveva ufficialmente aperto con l'"autunno caldo" del 1969 è arrivata al suo termine: sgominati e dispersi quei soggetti sociali che l'avevano promossa, non occorrono più quelle armi materiali (sappiamo tutti ben quali...) che lo Stato "dei padroni" ha dovuto mettere in campo per resistere e vincere lo scontro e per le quali aveva sostenuto così tante spese. Adesso può farsi restituire quanto aveva anticipato, perchè pagare il debito è, nella teoria economica, il gesto conclusivo di una guerra. Finché c'è il conflitto lo Stato non può che indebitarsi per sostenerne il costo, ma quando sopraggiunge la pace spetta a tutti i cittadini, vincitori e vinti, saldare quell'impegno verso i suoi creditori che lo Stato ha contratto in nome loro. Ma seguiamo meglio in dettaglio lo svolgimento della teoria economica della "guerra".                                                                                              http://www.sinistrainrete.info/analisi-di-classe/2677-giorgio-gattei-quando-si-paga-il-debito-sovrano.html

domenica 24 marzo 2013

Fatica sprecata. Produttività e salari in Europa. - Maurizio Donato -


"[...] prescindendo da un giudizio sulla possibilità e sulla desiderabilità di un ulteriore aumento della produttività, è possibile sostenere che:

1. La produttività del lavoro, e dunque il livello di sviluppo raggiunto dalle forze produttive, è storicamente alta, anzi altissima, in occidente e dunque nei paesi europei capitalisticamente sviluppati;

2.. La circostanza per cui in un determinato periodo la produttività sia cresciuta in un gruppo di paesi più che in un altro può dipendere dagli investimenti in innovazioni tecnologiche, da scelte (o non scelte) politiche e strategiche, dalla dimensione media o dalla specializzazione settoriale delle imprese che operano in un determinato paese;

3... Che una maggiore produttività si traduca in più alti salari è una evidenza che non esiste a livello empirico, mentre tipicamente accade il contrario: un maggiore valore aggiunto prodotto per lavoratore occupato, anche a voler prescindere dei suoi “sbocchi”, in particolare nelle fasi in cui la domanda internazionale è debole, corrisponde da molti anni a questa parte a una minore e più precaria occupazione che a sua volta si traduce in una maggiore competizione sul mercato del lavoro che indebolisce la lotta per aumenti salariali.

4. La crisi non colpisce tutte le classi sociali allo stesso modo: la quota di salari diminuisce e quella destinata ai profitti cresce"

Leggi tutto: http://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/2656-maurizio-donato-fatica-sprecata-produttivita-e-salari-in-europa.html.

mercoledì 20 marzo 2013

Il tema hegeliano del "riconoscimento". - Stefano Garroni -


Hegel è tutto fuorché un intellettualista: senza la creazione mediante l’azione negatrice non c’è contemplazione del dato. La sua antropologia è fondamentalmente differente dall’antropologia greca, per la quale l’uomo dapprima sa e si riconosce, quindi, agisce.” (Alexandr Kojève).

Negli anni Venti del nostro secolo, il neopositivista Moritz Schlick sottolineava come conoscere (erkennen) sia propriamente un ri-conoscere (wieder-erkennen).

Com’è noto, questo tema del conoscere come riconoscere già lo abbiamo incontrato in Hegel; dunque, può destare qualche meraviglia ritrovarlo in un ambiente (quello neo-positivista), che di solito considera Hegel il campione del pensiero speculativo e metafisico, contro cui si indirizza l’analisi linguistica, proposta, a partire dal Wienerkreis (Circolo di Vienna, 1929), quale strumento terapeutico contro gli abusi linguistici[1] e di pensiero.

La stessa puntualizzazione, che chiarisce come per Hegel non si tratti esattamente di erkennen/wiedererkennen (riconoscere), ma sì di erkennen /anerkennen (riconoscere, ma nel senso di legittimare), non ci toglie dall’imbarazzo, dato che M. Schlick usa wiedererkennen, intendendo dire che <conoscere X>  equivale a ritrovare in X la possibilità di ricondurlo a una certa forma o regola, nella quale la ragione ritrova o riconosce se stessa; dunque, per Schlick, affermare che la ragione conoscendo, riconosce X, significa dire che la ragione legittima X, testimonia della sua razionalità, lo accetta nel dominio del razionale. A questo punto wiedererkennen vale esattamente anerkennen.

Da quanto detto, si possono ricavare due conseguenze:

(i) comune a due grandi momenti del razionalismo moderno (pensiero di Hegel e Wienerkreis[2]) è la concezione del conoscere (che ha nella scienza la sua espressione più compiuta[3]) come riconoscere/legittimare;

(ii) ciò posto, possiamo esaminare il tema nel solo Hegel, pur avendo lo scopo di mettere in evidenza come conoscere/riconoscere implichi certe condizioni, che valgono probabilmente per qualunque razionalismo moderno.

domenica 17 marzo 2013

IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore - 5 dicembre 2011

http://www.fondazionezaninoni.org/pdf/quaderno19.pdf


Vorrei cercare di dare una lettura minskiana della crisi. Mi vorrei interrogare su quale capitalismo è andato in crisi, su quale crisi globale, ed europea, abbiamo vissuto e stiamo vivendo. Minsky a volte raccontava la storia, che noi conosciamo bene, del comico – lui l’avrebbe chiamato “banana” – che fa finta di aver perso le chiavi e le cerca sotto un lampione. Arriva un poliziotto e gli chiede cosa stia cercando. Lui risponde che cerca le sue chiavi, e al poliziotto che a questo punto gli domanda dove le ha perse, replica: “le ho perse laggiù”. “Ma come mai allora le cerchi qui?”. “Le cerco qui perché qui è illuminato”. Minsky polemizzava con le teorie che analizzano il capitalismo, e dunque le sue crisi, dimenticando la sua natura monetaria. In realtà, se vogliamo sapere qual'era il lampione sotto il quale cercava Minsky, lui su questo è molto trasparente. Cito da un commento che fece a un convegno, dove disse: “Un altro grande filosofo americano, Vincent Lombardi, che come già George Allen era un allenatore di football americano di successo,una volta disse che vincere non è qualcosa, vincere è l’unica cosa. Vorrei parafrasare questo vecchio saggio e proporre l’affermazione radicale che per un’analisi delle economie capitalistiche la moneta non è qualcosa, è l’unica cosa”.Credo che nella teoria economica sono abbastanza pochi quelli che avrebbero aderito a questa impostazione. I più significativi sono Schumpeter, Keynes e Marx. Nel mio caso, ho due lampioni. Credo che per analizzare il capitalismo che è andato in crisi dobbiamo analizzare da un lato il lavoro e dall’altro la dinamica della moneta e della finanza.