venerdì 30 aprile 2021

Ernesto Burgio: La prima pandemia dell’Antropocene - Terza Lez. Pandemia e Capitalismo del XXI secolo

Da: Università Popolare Antonio Gramsci  - Ernesto Burgio, pediatra e ricercatore, esperto di epigenetica e biologia molecolare. Presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale e membro del consiglio scientifico dell’Istituto di Ricerca sul Cancro e Ambiente di Bruxelles. Author profile


                                                                            

                                                         Le lezioni precedenti: Pandemia e Capitalismo del XXI secolo -Alessandra Ciattini e Beniamino Caputo 


giovedì 29 aprile 2021

mercoledì 28 aprile 2021

Il significato dell’uomo in Marx e in Husserl - Enzo Paci

Da: http://www.rifondazione.it/formazione - Enzo Paci è stato un filosofo e accademico italiano, tra i più espressivi rappresentanti della fenomenologia e dell'esistenzialismo in Italia.

Vedi anche: "Husserl e la Lebenswelt" - Carlo Sini

"Fenomenologia ed esistenzialismo - Husserl"- Paolo Vinci

Stefano Bancalari - Edmund Husserl, "La crisi delle scienze europee" https://www.youtube.com/watch?v=226l_CRUMrM

"La frattura fenomenologica e la nuova antropologia"- Aldo Masullo


Si sa che uno dei temi fondamentali del marxismo è la lotta contro la riduzione della forza lavoro a merce. Questa lotta è anche lotta contro la divisione del lavoro feticizzata.1 «La forma capitalistica della produzione» scrive Marx nel primo volume del Capitale «è diametralmente antitetica a quei fermenti di rivoluzione di cui la meta è l’abolizione della vecchia divisione del lavoro.»2

Il lavoro nella società capitalistica – secondo l’espressione di Engels – riduce l’uomo a un accessorio della macchina. L’uomo è costretto a essere «uomo parziale» mentre il comunismo vuol realizzare per l’uomo la possibilità di diventare «un individuo totalmente sviluppato». Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 Marx aveva già chiarito molto bene questo punto. Il capitalismo costringe il lavoratore, che è un uomo concreto, che non è uomo soltanto nel tempo del lavoro, ma in tutte le ore della sua vita, e resta uomo concreto anche quando lavora, a vivere come se fosse un lavoratore astratto. L’economia capitalistica ha bisogno di considerare l’uomo come un’astrazione.

Ma l’economia non è per Marx una scienza indipendente dallo sviluppo storico della società. Perciò quello che avviene in una società data non è qualcosa di definitivo e di scientificamente necessario. In una situazione storica diversa, mutando l’organizzazione della società e costituendosi una società nella quale il lavoratore non è più contrapposto alla società stessa – nella quale dunque società e individui sono veramente integrati – mutano, insieme alla società, anche le leggi dell’economia. 

È per questo che Marx ha intrapreso il suo lavoro di critica dell’economia politica: per far vedere che dietro le pretese leggi eterne dell’economia capitalistica si nascondeva la struttura della società borghese. 

Tutti noi sappiamo che il sottotitolo del Capitale è Critica dell’economia politica.

Questa critica è necessaria, e sempre di nuovo necessaria alla praxis, al movimento di emancipazione del proletariato, di tutte le società umane che in modi e gradi diversi sono asservite al capitale. In queste società gli uomini non sono uomini concreti, non possono realizzare se stessi come uomini concreti.

martedì 27 aprile 2021

Kant: "Critica del giudizio" - Antonio Gargano

Da: AccademiaIISF - Antonio Gargano è un filosofo italiano. Docente presso l'Università degli studi "Suor Orsola Benincasa", Scienze della Formazione.

                                                     Prima parte: 
                                                                            

                                                                                a seguire la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=lkt-1_89zb8 

lunedì 26 aprile 2021

La Comune di Parigi e gli intellettuali contemporanei - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it
Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. Collabora con https://www.unigramsci.it 



Molti, fra gli intellettuali contemporanei, non capirono il significato reale della Comune di Parigi lasciandosi guidare da pregiudizi antipopolari.


A testimoniare che quello della Comune di Parigi è da sempre, e soprattutto in Italia, un argomento poco trattato, è l’assenza, a 50 anni dalla sua prima pubblicazione, della traduzione del principale libro su questo tema, scritto da Paul Lidsky nel 1970 (Les écrivains contre la Commune, F. Maspéro) e ripubblicato nel 2010. A parere di scrive, all’interno di questo enorme evento storico, risulta di estremo interesse indagare l’atteggiamento che personaggi assai noti in quel tempo hanno assunto dinanzi all’insurrezione del popolo di Parigi e alla sua brutale sconfitta. A un primo sguardo, infatti, le reazioni degli intellettuali francesi sono state tutte molto simili fra loro, con qualche eccezione che citerò, ed esprimono sentimenti di disprezzo e di odio che ancora sorprendono.

Autori come Théophile Gautier, Maxime du Camp, George Sand, Gustave Flaubert, Edmond de Goncourt etc. condannano senza appello la Comune, accusata di aver costituito un governo abbietto basato sul crimine e la follia, guidato da individui irresponsabili ed esaltati. A distanziarsi da questa posizione inaccettabile, si citano autori come Jules Vallès (fondatore de “Le Cri du peuple”, membro del Consiglio della Comune e che dopo la settimana di sangue riuscì a fuggire), Paul Verlaine, Arthur Rimbaud e con una postura più moderata Victor Hugo e Emile Zola

Fra gli intellettuali favorevoli alla Comune e che hanno lavorato per essa aggiungiamo il grande pittore Gustave Courbet. Repubblicano, rifiuta la Legion d’onore offertagli da Napoleone III, viene eletto nel Consiglio della Comune dove si occupa di proteggere le opere d’arte di Parigi anche in virtù della sua elezione a presidente della Federazione degli artisti. Dopo la sconfitta della Comune viene arrestato e condannato per aver autorizzato l’abbattimento della colonna di Place Vendôme retta da Napoleone I e simbolo di militarismo. Il suo progetto era quello di fondare una fratellanza artistica pacifica, di far godere a tutti l’arte, impedendone la commercializzazione.

domenica 25 aprile 2021

I diari dell'aprile 1945 nel racconto di Ascanio Celestini


Tratto dalla trasmissione RAI "La storia siamo noi"
                                                                          
                                                                              

sabato 24 aprile 2021

I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19 - Paolo Ercolani

Da: http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/index Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020, I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19, a cura di Paolo Ercolani, pp. 305-325, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 - 
Paolo Ercolani (www.filosofiainmovimento.it) insegna storia della filosofia e teoria e tecnica dei nuovi media all’Università di Urbino. E’ iscritto all’ordine nazionale dei giornalisti ed autore di numerosi articoli per testate nazionali. Collabora all’inserto culturale del Corriere della sera («La Lettura»), è redattore de «Il rasoio di Occam» («MicroMega») e della rivista Critica liberale.

Marx, il liberalismo e la maledizione di Nietzsche*- Paolo Ercolani 

"Il Dio cattivo" - L'insurrezione della Nuova Umanità - Paolo Ercolani 

RIVOLUZIONE DIGITALE - Roberto Finelli e Pietro Montani in dialogo. 


L’emergenza sanitaria, seguita alla comparsa del virus denominato Covid-19, ha prodotto due effetti sostanziali: il primo concerne l’esperienza traumatica, fondamentalmente a livello psicologico, di un fenomeno che ha scardinato le sicurezze dell’uomo odierno rispetto alla sua capacità di padroneggiare (o perlomeno controllare) quell’ecosistema biologico di cui è ospite e non padrone; il secondo riguarda la vera e propria crisi sociale che, in più contesti, ha rivelato fino in fondo le storture del modello neoliberista, ormai dominante nello scenario internazionale almeno a partire dalla data simbolica del 1989.

Nel primo caso, per esprimersi in termini freudiani, possiamo parlare dell’ennesima «ferita narcisistica» subìta da un soggetto, l’uomo, soventemente invaso da un irrealistico delirio di onnipotenza, che in questa situazione di emergenza sanitaria si è tradotto nell’individuazione di «verità» alternative e nella negazione dell’emergenza stessa, a fronte dell’individuazione «paranoica» di complotti e trame segrete1. 

Nel secondo caso, che poi è quello che qui ci interessa specificamente, possiamo cogliere l’occasione per ricostruire e al tempo stesso mettere in discussione i fondamenti filosofici su cui si fonda il liberismo. Ossia quella teoria che ha plasmato il sistema sociale e valoriale del nostro tempo, imponendo un «ordine» in cui l’umano e il fisiologico sono ridotti a strumento al servizio di scopi che non possono deragliare dal profitto economico e dal progresso tecnologico. Si tratta di un mix, quello che somma emergenza sanitaria e socio-economica, in grado di richiamare alla mente l’«invertebrazione» della società di cui parlava il filosofo spagnolo Ortega Y Gasset, ossia un contesto in cui «la massa rifiuta di essere massa – quindi di seguire la minoranza dirigente – la nazione si disfa, la società si smembra e sopravviene il caos sociale»2.

Vedremo che i due scenari della ferita narcisistica e della crisi sociale sono intimamente connessi3, ma qui concentreremo la nostra analisi sul secondo, cercando di dimostrare come (e quanto) i fondamenti filosofici del liberismo, essendosi imposti sia in termini di ideologia dominante che di prassi consolidata, hanno plasmato l’intero scenario umano e sociale del nostro tempo, fino a determinare quella che chiameremo la «società virale».

Da una società siffatta si può pensare di uscire soltanto a patto di rimettere in discussione proprio i fondamenti filosofici di cui sopra, iniziando dal recupero di un «pensiero forte» che sia in grado di riposizionare l’umano e il sociale al centro dell’agire politico (al posto dell’artificiale e dell’individuale, che oggi lo monopolizzano).

1. Nietzsche e l’«innocenza del divenire»

venerdì 23 aprile 2021

I limiti dell’aziendalismo nella sanità: la necessità di un cambio di paradigma - Domenico Laise, Giuseppe Martino

 Da: https://www.economiaepolitica.it - 

Domenico Laise è stato Professore Associato di Economia e Controllo delle Organizzazioni e di Sistemi di Controllo di Gestione presso la Facoltà di Ingegneria dell'informazione, informatica e statistica dell'Università di Roma 'La Sapienza'. Collabora con https://www.unigramsci.it

Giuseppe Martino è stato Professore a contratto di Economia e Controllo delle Organizzazioni e di Sistemi di Controllo di Gestione presso la Facoltà di Ingegneria dell'informazione, informatica e statistica dell'Università di Roma 'La Sapienza'. Attualmente è Consulente di Direzione e docente in diversi Master universitari di I e II livello. 

Leggi anche: Bio-economia e il mito della decrescita felice*- Domenico Laise 

La robotica come forza autodistruttiva del capitalismo - Marco Beccari

Sull'attualità del pensiero economico di Marx”*- M.Beccari - M.Paciotti 


1. Introduzione

Nel corso di tre decenni, circa, con l’introduzione del D.Lgs. 502/1992, (Riordino della disciplina in materia sanitaria), si è affermata l’idea della “aziendalizzazione” delle strutture sanitarie. In tale lasso di tempo, si è, cioè, consolidata progressivamente la convinzione che assimila l’ospedale ad un’azienda. Come ogni azienda anche l’ospedale deve essere, perciò, gestito, dai manager sanitari, nel rispetto dei criteri dell’economicità, dell’efficienza e dell’efficacia (D.Lgs. 502/1992- Art.3, 1ter). Poiché il legislatore non definisce il significato che attribuisce al criterio dell’economicità e poiché nella letteratura aziendale non esiste una definizione di economicità che gode di largo consenso, qui di seguito si riportano, innanzitutto, le definizioni di tali criteri che verranno usate in questa nota.

La gestione dell’azienda-ospedale è efficiente quando i suoi ricavi (espressione monetaria dei servizi resi) sono superiori o uguali ai costi sostenuti (espressione  monetaria delle risorse impiegate per ottenere tali ricavi). La gestione dell’azienda-ospedale è efficace quando i risultati gestionali ottenuti sono uguali o maggiori degli obiettivi pianificati. L’economicità della gestione dell’azienda-ospedale è, infine, soddisfatta quando sono garantite sia l’efficienza sia l’efficacia.

Si tornerà diffusamente sulla nozione di “economicità” nel seguito, per svilupparla e approfondirla. Qui si è voluto anticiparla esplicitamente, a livello di introduzione, poiché essa è il “perno” intorno al quale ruota l’intera filosofia dell’aziendalizzazione delle strutture sanitarie. Dal mancato rispetto dell’economicità – intesa, erroneamente, solo come efficienza – deriva, difatti, che le aziende sanitarie non efficienti sono anche quelle non economiche, che in quanto tali devono essere “ristrutturate” (efficientate, come talvolta si dice), con tagli di posti letto, con chiusura di interi reparti e, al limite, con la chiusura dell’intero ospedale.

giovedì 22 aprile 2021

Viva la guerra! La seduzione bellica tra '800 e '900

Da: Angelo d'Orsi - Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7

A contrasto con lo stato di “pace” relativa della “Belle Epoque” – dopo il 1870 – si levarono numerose voci che reclamavano la guerra, il “ritorno del cannone”. In particolare in Italia, oltre ai futuristi e a D’Annunzio, fu un pugno di letterati che nel 1910, riuniti nell’Associazione Nazionalista, iniziarono la campagna per andare in Libia, e quindi si scatenarono nella propaganda per l’intervento nella Grande guerra, iniziata nell’estate 1914 e in cui infine le autorità italiane decisero di portare il Paese nel maggio del ’15. Quella scelta, in contrasto con il sentire diffuso della popolazione, costò 600 mila morti. La diffusione di una ideologia bellicistica, ad opera degli intellettuali, ottenne il triste trionfo. 

                                                                          

“Ci voleva, alla fine un caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e tiepidumi di latte materno e di lacrime fraterne. Ci voleva una bella innaffiatura di sangue per l’arsura dell’agosto; e una rossa svinatura per le vendemmie di settembre; e una muraglia di svampate per i freschi di ottobre. È finita la siesta della vigliaccheria, della diplomazia, dell’ipocrisia e della pacioseria.” (Giovanni Papini, Amiamo la guerra!, in “Lacerba”, 1914) 

mercoledì 21 aprile 2021

SuperLega: o la concentrazione dei capitali nel calcio - Francesco Piccioni

Da: http://contropiano.org - Francesco Piccioni, redattore editoriale di Contropiano.


Bisognerebbe quasi ringraziare chi ha avuto l’idea di promuovere una “Superlega” nel calcio europeo. 

Scherziamo, ovviamente, ma è la verità.

E’ sempre difficile, a volte “noioso”, spiegare in termini semplici, popolari, con esempi immediatamente illuminanti, cosa significa “concentrazione e centralizzazione dei capitali”, quel processo immanente al processo di accumulazione capitalistica, che porta ai monopoli.

Poi ci pensa un Agnelli di seconda fila – quello messo a dirigere la Juventus, non la Fiat ed evoluzioni successive – a mettere sul piatto la prova evidente, il fatto solare, scatenando la reazione dei capitali “minori” (quelli che hanno gestito fin qui il calcio europeo, pur miliardario) e quella molto meno decisiva dei tifosi di qualsiasi squadra.

Anche in questo caso la pandemia ha accelerato una crisi che covava già da anni. Molti club, di qualsiasi livello, erano pieni di debiti. Frequenti i cambi di proprietà, e ad ogni passaggio di consegne si sono fatti avanti o grandi gruppi multinazionali (per i club più titolati) o avventurieri dall’incerta biografia.

Sia i primi che i secondi cercavano e cercano un modo per rompere la tradizione (“a gestire una squadra si diventa famosi, ma ci rimettono soldi”), “valorizzando” progetti edilizi (“un nuovo stadio!”) e/o scambi impropri (deroghe al piano regolatore, costruzione di centri commerciali, “edilizia in compensazione”, ecc).

Ma alla fin fine, in un mondo che va anch’esso mutando le proprie coordinate fondamentali, il vero business sono i diritti televisivi. I miliardi da investire in strutture, allenatori, calciatori, ecc, vengono di lì.

Ma se il cuore dell’industria calcistica – i suoi proventi principali, per dimensione e certezza (si firmano contratti ad inizio stagione) – è la televisione, si vengono a rompere tutti i legami atavici, territoriali, culturali, economici, sociali, persino politici (do you remember Berlusconi? da presidente del Milan a “nuovo leader della soscietà civile”). E anche quel tanto di condivisione della torta tra club di punta e piccole società.

martedì 20 aprile 2021

La schiavitù, radici antiche di un male moderno - Francesco Gamba

 Da: https://terzapaginavida.edublogs.org -

Leggi anche: LA TEORIA MODERNA DELLA COLONIZZAZIONE - Karl Marx 

IL PAESE DELLE LIBERTÀ: stermini, repressione e lager nella storia degli Usa. - Maurizio Brignoli 

RAZZISMO E CULTURA” - Frantz Fanon 

Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi 

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi 

Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi 

Colonialismo, neocolonialismo e balcanizzazione: tre epoche di una dominazione* - Saïd Bouamama

Vedi anche: Libertà e schiavitù – Luciano Canfora



È vietata dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 e dalla Convenzione Onu del 1956 eppure esiste tuttora. “Si calcola, che oggi ci siano più di 27 milioni di persone – donne e uomini ma anche bambini – che vivono in uno stato di assoggettamento non dissimile, nelle forme e nelle pratiche, da quello conosciuto in età antica e nei secoli della modernità”: questo stato è la schiavitù e le parole sono quelle del Prof. Giuseppe Patisso, docente di storia moderna dell’Università del Salento.


La schiavitù ha un passato che affonda le radici nella preistoria e che ha lasciato diverse cicatrici nella storia dell’umanità: una di queste viene ricordata il 25 marzo con la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime della schiavitù e della tratta transatlantica degli schiavi. La tratta è stata la più imponente migrazione forzata della storia, durata dal 1526 al 1867 e ha interessato tra i 10 ei 12,5 milioni di uomini, donne e bambini africani che furono rapiti dalle loro terre d’origine e spediti attraverso l’Oceano Atlantico alle Americhe; qui, se sopravvissuti al viaggio, venivano torturati e costretti a lavorare senza paga per schiavisti europei e americani. La giornata istituita dalle Nazioni Unite, ricordando questa pagina drammatica della storia dell’umanità, vuole anche sensibilizzare sulle cause che hanno portato l’uomo a compiere un gesto simile: non solo motivazioni economiche, ma anche e soprattutto pregiudizi, discriminazione e razzismo che sono state in antichità e sono ancora adesso causa di schiavitù.

lunedì 19 aprile 2021

Pandemia e Capitalismo del XXI secolo -Alessandra Ciattini e Beniamino Caputo

Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) insegna Antropologia culturale alla Sapienza, 
Beniamino Caputo, Biologo. Collabora con https://www.lacittafutura.it - https://www.unigramsci.it

Lezione 1: A.Ciattini - Inquadramento generale del fenomeno pandemico nello scenario del tardo capitalismo 
                 B.Caputo - La diffusione del virus Sars Cov 2. Analisi biologica e epidemiologica 

                                                                                       

1. La diffusione del virus SarsCov 2.Analisi biologica e epidemiologica (II parte) 
2. Dall’utopia capitalistica ad uno scenario apocalittico (Introduzione)


sabato 17 aprile 2021

Immanuel Kant - Vittorio Hosle

Da: Maria Teresa de Vito - Vittorio Hosle è un filosofo, saggista e traduttore.



                                                       Prima parte:
                                                                           

                                                                              A seguire la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=ocvfsFh4BTY
                                                                                           

lunedì 12 aprile 2021

Il lato inquieto dello spirito. Osservazioni su alcuni momenti della filosofia dello spirito jenese di Hegel [1] - Carla Maria Fabiani

 Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI 

Vedi anche: Dall’essere all’idea. Le articolazioni decisive della "Logica" di Hegel - Paolo Vinci 

A partire da Hegel - G. Cantillo - F. Li Vigni 

Leggi anche: L’ineffabile, l’anima e l’origine. Una riflessione sul Geist hegeliano - Carla Maria Fabiani

- Breve introduzione ai Lineamenti della Filosofia del Diritto di Hegel - Carla Maria Fabiani 



[1] Il male è il niente in sé, il puro sapere di sé – quest’inferno dell’uomo chiuso in se stesso [2] Lo spirito, in quanto assoluto spirito etico, è essenzialmente come il negativo infinito, il togliere la natura in cui esso è divenuto a sé un che di altro, il porre la natura come se stesso, e poi l’assoluto godimento di se stesso, giacché ha ripreso in sé la natura [3]. 


1. Da dove sorge lo spirito. La sua prima natura 

Lo spirito sorge dalla natura: e più precisamente si presenta, in questi due corsi di lezioni tenute da Hegel a Jena tra il 1803-04 e il 1805-06, come l’elemento etereo della coscienza che si emancipa dalla determinazione meramente organica e particolaristica del mondo animale-terrestre. Lo spirito è coscienza, proprio in quanto interiorizza le infinite distinzioni – o le singolarità dell’uno numerico come le chiama Hegel – del mondo animale; le interiorizza concependole. «Questo concetto dello spirito è ciò cui si dà il nome di coscienza» [4]. 

Lo spirito si chiama coscienza; ma a cosa esattamente pensiamo quando diciamo, appunto, coscienza? Al sorgere del mondo umano, al suo levarsi, alla sua preistoria; alla fenomenologia dello spirito umano, il quale, certo, si innalza sul mondo animale dal quale pure proviene, poiché lo comprende (e non viceversa), ne comprende la precipua infinità, interiorizzandola, smaterializzandola nell’etere della sua coscienza. 

«[La coscienza] è l’essere uno della distinzione che è e della distinzione tolta [aufgehobenen].» [5] Hegel considera due piani della medesima realtà: natura (mondo animale) e spirito (mondo dell’uomo). 

Nel mondo animale la singolarità-alterità è irriducibile e costitutiva (ci troviamo di fronte a una serie infinita di molti uno numerici, di individui giustapposti), è l’essenza stessa di questo mondo: l’animale è così e non altrimenti. L’uomo invece è così e altrimenti: è un singolo che pensa la sua singolarità. Esso è la distinzione e al contempo il superamento della distinzione: questo processo avviene nell’elemento etereo della coscienza, nel pensiero. Questo processo è lo spirito, ossia l’uomo che si concepisce; ma ciò non vuol dire che l’uomo non sia anche e innanzitutto animale, natura organica, natura in genere, terra, ecc. Ciò vuol dire semplicemente che il mondo dell’uomo si distingue dal mondo animale (l’essere uno della distinzione che è) superando proprio la fissità della distinzione che caratterizza quel mondo (la distinzione tolta). 

domenica 11 aprile 2021

150° anniversario della Comune di Parigi, una memoria capitale – Joseph Confavreux

 Da: http://effimera.org - 

Leggi anche: La Comune di Parigi e i giudizi dei contemporanei - In appendice l'"indirizzo" di K. Marx sull'epica impresa dei "comunardi"

Vedi anche UniGramsciRicordando la Comune di Parigi https://www.facebook.com/unigramsci/videos/149195210460269

A un secolo e mezzo dall’inizio della rivolta parigina, un libro-sommario racconta in dettaglio la realtà dell’evento e le controversie politiche e storiografiche che continua a suscitare ancora oggi. 

1442 pagine, 35 ricercatori, 500 note biografiche, centinaia di documenti iconografici e articoli su tutti gli elementi storici e politici sollevati dall’insurrezione parigina del 16 marzo 1871, 150 anni fa.

Sebbene l’aspetto massiccio dell’opera intitolata La Commune de Paris 1871. Les acteurs, l’événement, les lieux, che hanno appena pubblicato le éditions de l’Atelier, lo impongono un po’, sarebbe però un peccato ridurlo a una summa di riferimento commemorativo, in quanto esplora allo stesso tempo quella che era la realtà della Comune di Parigi, di cui lo storico Michel Cordillot, suo coordinatore, ricorda che essa “non ha mai cessato di essere oggetto di nuova ricerca e di dibattito appassionato”, e le modalità con cui questo evento risuona ancora oggi. Gli usi politici di questo evento “incapace di produrre consenso” sono stati infatti molteplici da un secolo e mezzo. La Comune di Parigi è stata “arruolata” al servizio del Fronte popolare, prima di tornare spettacolarmente sul fronte della scena dal maggio 1968, “in opposizione a un PCF considerato fossilizzato”, e, negli ultimi anni, per irrigare la sinistra radicale come “messa in discussione libertaria della democrazia”, ​​nelle parole dello storico Jacques Rougerie, o come modello per la difesa di uno spazio autonomo, presente nelle ZAD o nella prosa del Comité Invisibles. Più inaspettatamente, “una sezione dell’estrema destra sovversiva – dai boulangisti agli identitari ai fascisti francesi – si sforzò di appropriarsi della Comune”. Al punto che Jacques Doriot (1898-1945) salì con le sue truppe, nel 1944, al Muro Federato per onorare i morti della Comune contemporaneamente a quelli della divisione SS Carlo Magno, costruendo, così facendo, “una chimera della memoria, un’assemblea improbabile e mostruosa”.

Queste successive appropriazioni politiche si sono aggiunte alla persistenza di una leggenda rossa come una leggenda nera dell’evento, ad esempio nel Metronomo di Lorant Deutsch che, con il pretesto di una passeggiata attraverso Parigi, in realtà, equipara la Comune al vandalismo, secondo i dirigenti di una vecchia vulgata reazionaria. Tutto ciò ha contribuito a seppellire la sequenza storica sotto miti e “fantasie relative a ciò che la Comune era e a ciò che voleva essere”, il che significa che, paradossalmente visti i mille riferimenti bibliografici che la riguardano, “la Comune di Parigi resta poco conosciuta”.

venerdì 9 aprile 2021

"J'ACCUSE!" - Carlo Sini

Da: Dante Channel - Carlo Sini è un filosofo italiano. Laureatosi in Filosofia, dopo aver conseguito l’abilitazione inizia ad insegnare all'Università degli Studi dell'Aquila per poi ricoprire la cattedra di Filosofia teoretica della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Milano, dove ha anche svolto per un triennio la funzione di Preside di facoltà. - CarloSiniNoema

LA SCRITTURA - Carlo Sini
Il linguaggio nel pensiero di Aristotele - Enrico Berti
CONOSCENZA,SAPIENZA,SAGGEZZA: il triangolo che non c'è più - Silvano Tagliagambe


                                                                            

                                                                            ...a seguire la seconda parte: https://www.youtube.com/watch?v=OFXB14iTAsw 

giovedì 8 aprile 2021

La democrazia statunitense e quella cinese - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.
Vedi anche: Ruolo e funzioni del Partito Comunista Cinese nella Repubblica Popolare Cinese 

Caratteri della “democrazia” statunitense e della “dittatura” democratica cinese.


Il 18 e il 19 di marzo passato si è svolto un importante incontro, durato due giorni, a Anchorage (Alaska) tra Antony Blinken e il consigliere della Sicurezza nazionale Jake Sullivan con il direttore dell’Ufficio della Commissione centrale cinese degli affari esteri Yang Jiechi, e il ministro degli Esteri Wang Yi. Si è trattato del primo confronto ad alto livello tra Stati Uniti e Cina dopo che Joe Biden è diventato presidente della superpotenza lacerata da gravi contraddizioni.

Gli interventi di apertura, che sono durati più di un’ora invece di pochi minuti come si suole in questi casi, sono stati improntati a critiche e avvertimenti reciproci, e ambo le parti hanno accusato l’ospite di violare il protocollo degli incontri.

Il dissidio tra i due grandi paesi ha molte ragioni: economiche, politiche, militari, ideologiche, ma in questa sede mi limiterò ad abbozzare la differenza tra i due regimi politici: nelle parole dei dirigenti statunitensi “democratico” il loro, “autoritario” quello cinese (insieme a quello russo).

Questa interpretazione è stata duramente contestata da Yang, il quale ha esortato Washington a smetterla di propagandare la propria versione di “democrazia” in un momento in cui negli stessi Stati Uniti si sono verificati gravi avvenimenti che ne hanno turbato l’equilibrio politico. Ha proseguito: “Crediamo sia importante che gli Stati Uniti modifichino la loro immagine e cessino di voler promuovere la loro «democrazia» nel mondo, anche perché molti cittadini di quel paese in realtà sembrano nutrire scarsa fiducia in quella tanto decantata democrazia”. Certo, Yang pensava alle violenze della polizia contro gli afroamericani e alle migliaia di profughi latino-americani, tra cui 4.000 bambini non accompagnati, bloccati alla frontiera tra Messico e Stati Uniti in condizioni subumane in attesa di un’apertura assai difficile da prevedere.