Stefano Garroni (Roma, 26 gennaio 1939 – Roma, 13 aprile 2014) è stato un filosofo italiano. Assistente presso la Cattedra di Filosofia Teoretica (Roma Sapienza) diretta, nell'ordine, dai Proff. U. Spirito, G. Calogero e A. Capizzi. Nel 1973 entrò a far parte del Centro di Pensiero Antico del CNR diretto dal Prof G. Giannantoni.
“La nuova posizione, che la filosofia contemporanea viene
gradualmente assumendo riguardo ai fondamenti della scienza teoretica, forse in
nessuna cosa si è manifestata con maggior chiarezza che nelle trasformazioni
subite in essa dalle principali dottrine della logica formale.
Solo nella logica lo sviluppo del pensiero filosofico sembrò aver finalmente
raggiunto un sicuro punto d’appoggio; sembrò che in essa fosse stato delimitato
un campo al sicuro dai dubbi sempre sollevati contro le diverse dottrine e
opinioni gnoseologiche … Perfino la successiva affermazione secondo la quale la
logica dopo Aristotele, come non fece nessun passo indietro, così non riuscì a
compiere alcun passo avanti, dovette valere sotto questo punto di vista come
una conferma del suo peculiare carattere di certezza. Non influenzata dal vero
vivere e dal continuo trasformarsi di ogni sapere oggettivo, essa
sola sembrò affermarsi in modo costante e uniforme.” (Cassirer, 0521: 9).[1]
“Tuttavia, se si segue più da vicino il corso preso dalla
evoluzione scientifica negli ultimi decenni, ne risulta subito anche per la
logica formale un quadro diverso. Essa appare ovunque impegnata in nuove
questioni e dominata da nuove tendenze di pensiero (c’è un’evoluzione
storica anche della logica formale).
Anche per il rinnovamento della logica formale è
fondamentale la teoria matematica degli insiemi.(Cassirer,0521: 10) “Questa
teoria si rivela sempre più quale meta comune di questioni logiche diverse,
prima trattate di solito separatamente, le quali ricevono da essa la loro unità
ideale. In tal modo la logica vien tolta dal suo isolamento e ricondotta a
compiti e risultati concreti. Infatti l’orizzonte della moderna teoria degli insiemi non rimane
circoscritto a problemi puramente matematici, ma si allarga in una visione
generale che si estende e si conferma anche nella metodica speciale
della conoscenza della natura.” (Cassirer, 0521). “La critica della logica
formale si compendia in una critica della teoria generale della formazione dei
concetti.” (Cassirer, 0521: 11)
Nota che la nozione tradizionale di concetto viene
descritta da Cassirer, in forte analogia con il modo in cui Hegel e Marx
descrivono il metodo speculativo. (Cassirer, 0521: 12).[2]
Nell’accezione tradizionale il concetto non duplica la
realtà,ma semplicemente la ordina e la classifica.(Cassirer, 0531: 12).
“Se dunque si denomina l’insieme delle note di un concetto
la grandezza della sua comprensione, questa grandezza crescerà
quando dal concetto superiore si scende all’inferiore, diminuendo in tal modo
il numero delle specie che si pensano subordinate al concetto …” (Cassirer.
0531: 12s).
Contro la concezione tradizionale del concetto:”Ciò
che anzitutto chiediamo e ci aspettiamo [e che il concetto in senso
tradizionale non dà] dal concetto scientifico è che, in luogo
dell’indeterminatezza e ambiguità del contenuto rappresentativo, esso instauri
una netta e univoca determinatezza.” (Cassirer, 0531: 13); “il concetto
perderebbe se esso significasse semplicemente la negazione dei
casi particolari, dalla cui considerazione prende le mosse, e se volesse dire
distruzione della loro natura specifica.” (Cassirer, 0531: 14). Se noi –per
usare un drastico esempio di Lotze- facciamo rientrare ciliege e carne nel
gruppo connotativo dei corpi rossi, succosi e commestibili, non otteniamo con
questo alcun oggetto logico valido, bensì una connessione verbale priva di
senso e di utilità per la comprensione dei casi particolari. Da ciò risulta
chiaro che la generale norma formale di per sé sola non basta, e che invece
viene sempre tacitamene integrata da un altro criterio di pensiero.” (Cassirer,
0531: 14).
[Concetto e telos in Aristotele] - “La
definizione (aristotelica) del concetto mediante il suo genere prossimo e la
differenza specifica rispecchia il processo in virtù del quale la sostanza
reale si dispiega successivamente nei suoi particolari modi di essere.”
(Cassirer, 0531: 14); per Aristotele almeno il concetto non è un semplice
schema soggettivo in cui noi raccogliamo gli elementi comuni di un gruppo
qualsiasi di cose. Rilevare ciò che è comune rimarrebbe un vano gioco
dell’immaginazione se alla base non ci fosse il pensiero secondo cui ciò, che
in tal maniera viene ottenuto è al tempo stesso la forma reale,
che garantisce il nesso causale e teleologico delle cose singole.”
(Cassirer, 0531: 14s)[3] “Il pensiero non fa che isolare il tipo
specifico che è contenuto nella concreta realtà singola come fattore
attivo e che conferisce ai particolari esseri formati l’impronta universale. La
specie biologica indica al tempo stesso la meta, a cui la singola forma vitale
tende, e la forza immanente onde il suo sviluppo è guidato … La definizione del
concetto mediante il suo genere prossimo e la differenza specifica rispecchia
il processo in virtù del quale la sostanza reale si dispiega successivamente
nei suoi particolari modi di essere.[4]
“A questo fondamentale concetto di sostanza rimangono
pertanto sostanzialmente legate anche le teorie puramente logiche di
Aristotele. Il sistema completo delle definizioni scientifiche sarebbe al tempo
stesso l’espressione completa delle potenze sostanziali che dominano la realtà.
La struttura specifica della logica aristotelica è in tal modo condizionata
dalla struttura specifica del suo concetto di essere.” (Cassirer, 0531: 15)
Giusta la sua concezione di sostanza, Aristotele fa passare
in secondo piano il concetto di relazione, mentre rimane incontrastato il
primato logico di sostanza … anzitutto è la categoria di relazione a essere
degradata, in conseguenza di questa fondamentale dottrina metafisica di
Aristotele, a un rango dipendente e subordinato.” (Cassirer, 0531: 16). “Nei
manuali di logica formale questa concezione si manifesta nel fatto che
di solito i rapporti o le relazioni vengono annoverati fra le note <non
essenziali> di un concetto, le quali perciò possono essere tralasciate senza
danno nella definizione di esso.”(Cassirer, 0531: 16).
Particolarmente lo sviluppo scientifico moderno, mostra
sempre più la contrapposizione tra una logica basata sul concetto di cosa e
una logica basata sul concetto di relazione.(Cassirer, 0531: 16).
J.S.Mill “ribadisce esplicitamente che la vera realtà positiva di
ogni relazione risiede sempre soltanto nei singoli termini da essa collegati, e
che in tal modo, poiché questi termini possono esser dati soltanto nella
differenziazione individuale, non si può parlare neppure di una
rappresentazione concreta e con tutte le caratteristiche di tale rappresentazione
..” (Cassirer, 0531: 18s). La psicologia dell’astrazione e la disputa
scolastica sugli universali. (Cassirer, 0531: 19-20)
“I concetti, che in definitiva Aristotele cerca e
a cui il suo interesse è principalmente rivolto, son i conceti-generi della
scienza naturale descrittiva e classificatrice. La <forma> dell’ulivo,
del cavallo, del leone è ciò che si tratta di raggiungere e di stabilire.”
(Cassirer: 20)
“I concetto di punto, di linea, di superficie può essere
mostrato come parte diretta del corpo fisicamente presente, e
quindi essere da esso separato per semplice « astrazione ». Già di fronte
a questi semplicissimi esempi, che sono forniti dalla scienza esatta, la
tecnica logica si vede posta di fronte a un compito nuovo. I concetti
matematici, che nascono mediante una definizione genetica, si distinguono dai
concetti empirici, che vogliono essere soltanto la riproduzione di certi tratti
effettivamente esistenti nella realtà delle cose. Se in quest'ultimo caso la
molteplicità delle cose sussiste in sé e per sé e deve soltanto essere raccolta
in un'espressione abbreviata linguistica o concettuale, nel primo caso invece
si tratta appena di creare la molteplicità che forma l'oggetto della
considerazione, in quanto da un semplice atto del porre viene prodotta per
sintesi progressiva una connessione sistematica di creazioni del pensiero. Qui
pertanto alla semplice «astrazione>> si contrappone un atto speciale del
pensiero, una libera produzione di determinati nessi di relazioni. Si comprende
facilmente che la teoria logica dell'astrazione abbia sempre tentato, ancora
nella sua forma moderna, di cancellare questa opposizione, poiché
su questo punto si decide la questione del suo valore e della sua intrinseca
unità. Ma questo stesso tentativo conduce tosto a una trasformazione e
dissolvimento della teoria per il cui vantaggio viene intrapreso. La
teoria dell'astrazione perde qui o la sua validità universale o lo specifico
carattere logico che originariamente le apparteneva.”(Cassirer: 20s).
“Così J.S. Mil1, per esempio, per mantenere l'unità del
supremo principio esplicativo, cerca d'interpretare anche le verità e i
concetti matematici semplicemente come l'espressione di concreti fatti fisici.
La proposizione affermante 1 + 1 = 2 descrive semplicemente
un'esperienza che ci si è imposta nella giustapposizione di cose; in un mondo
di oggetti altrimenti costituito, in un mondo, per esempio, in cui mediante la
connessione di due cose ne nascesse ogni volta spontaneamente una terza,
essa perderebbe ogni significato e valore. Lo stesso vale per gli assiomi
riguardanti rapporti spaziali: un «quadrato rotondo» significa per noi un c o n
c e t t o contraddittorio solo in quanto ci risulta, da un'esperienza senza
eccezioni che una cosa, nel momento in cui assume la proprietà rotonda, perde
la forma quadrata, cosicché l’inizio di una proposizione è inseparabilmente
associata alla cessazione dell’altra. In tal modo, in virtù di questa
interpretazione la geometria e l’aritmetica sembrano di nuovo risolte in
semplici enunciati intorno a determinati gruppi di immagini rappresentative. Ma
questa concezione fallisce lo scopo quando Mill cerca poi di giustificare il
valore e il significato specifico che nel campo complessivo della conoscenza sono
propri di quelle speciali esperienze del numerare e del misurare. Qui si mostra
anzitutto l’esattezza e la fedeltà delle immagini che noi conserviamo dei
rapporti spaziali e numerici.. In questo caso, la rappresentazione riprodotta è
simile in tutte le sue parti alla rappresentazione originaria, come ci è stato
mostrato da un’esperienza ripetuta; l’immagine che la geometria abbozza
corrisponde perfettamente nei suoi particolari all’impressione originaria
secondo la quale era stata abbozzata. Appare perciò comprensibile che noi, per
giungere a nuove verità geometriche o aritmetiche, non abbiamo bisogno ogni
volta di rinnovate percezioni di oggetti fisici: l’immagine mnemonica può
sostituire, grazie alla sua precisione e chiarezza, l’oggetto stesso. Ma questa
spiegazione viene tosto a incrociarsi con un’altra. La peculiare certezza
‘deduttiva’ che attribuiamo alle proposizioni viene ora ricondotta al fatto che
in queste proposizioni non abbiamo mai a che fare con enunciati intorno a fatti
concreti, bensì con rapporti fra creazioni ipotetiche. Non vi sono cose reali
che corrispondano esattamente alle definizioni della geometria: non vi è un
punto senza grandezza, non una retta perfetta, non un cerchio i cui raggi siano
tutti uguali. E non soltanto la realtà attuale, ma la stessa possibilità di
questi insiemi di note deve essere contestata in base alla nostra esperienza:
essa è esclusa in virtù della struttura fisica del nostro pianeta, se non di
quella dell’universo.
Non meno dell’esistenza fisica, è negata anche
l’esistenza psichica agli oggetti delle definizioni geometriche. Infatti anche
nel nostro spirito non si trova mai la rappresentazione di un punto matematico,
ma sempre soltanto quella della minima estensione sensibile; anche qui non
«concepiamo» mai una linea senza larghezza, giacché ogni immagine psichica, che
possiamo abbozzare, ci mostra sempre soltanto linee di una determinata
larghezza. Si vede subito come questa duplice spiegazione annu1li se stessa. Da
un lato viene dato il massimo rilievo alla s o m i g 1 i a n z a fra le idee
matematiche e le impressioni originarie; dall'altro appare subito che tale
somiglianza, almeno per quelle formazioni che nella stessa scienza matematica
vengono definite e indicate solo come «concetti», non esiste né può esistere.
Queste formazioni non possono essere ottenute per semplice separazione dai
fatti della natura e della rappresentazione, perchè esse non posseggono alcun
riscontro concreto nel complesso di questi fatti. L'«astrazione», come finora è
stata intesa, non m o di f i c a realmente ciò che si trova nella coscienza e
nella realtà oggettiva, ma traccia soltanto in esso determinate linee di
separazione e suddivisioni; separa le parti costitutive dell'impressione
sensibile, ma non aggiunge ad esse alcun dato nuovo. Se non ché, nella
matematica pura, come insegnano le stesse considerazioni svolte dal
Mill, i1 mondo delle cose sensibili e delle rappresentazioni non tanto è
rispecchiato quanto piuttosto trasformato e sostituito da un ordine d'altra
natura. Se si indaga il modo e la via di questa trasformazione, si rivelano
determinate forme di relazione, si rivela un sistema articolato, e
rigorosamente distinto di funzioni del pensiero, le quali non possono venire
indicate e ancor meno giustificate mediante l'uniforme schema dell'astrazione.
E questo risultato è confermato anche quando si passa dai concetti puramente
matematici a quelli della fisica teorica. Anche questi presentano nella loro
origine -come si può notare nei casi particolari -lo stesso processo di
trasformazione della concreta realtà sensibile, il quale non può essere
giustificato dalla dottrina tradizionale; neppure essi vogliono creare semplici
copie dei dati della percezione, bensì porre in luogo della molteplicità
sensibile un’altra molteplicità conforme a certe condizioni teoretiche.
(Cassirer: 21-24).
“ … ogni formazione di concetti è legata a una determinata f
o r m a di c o s t r u z i o n e di serie.
Diciamo concettualmente compresa e ordinata una molteplicità offerta
dall'intuizione allorché i suoi termini non stanno l'uno accanto all'altro
senza rapporti, ma derivano in successione necessaria da un determinato termine
iniziale secondo una fondamentale relazione generatrice. L' i d e n t i t à di
questa relazione generatrice, che viene mantenuta pur nel mutare dei singoli
contenuti, è ciò che costituisce 1a forma specifica del concetto. Il problema
se dal mantenersi di questa identità di relazione si sviluppi alla fine un o g
g e t t o astratto, una r a p p r e s e n t a z i o n e universale, in cui i
tratti simili siano riuniti, è solo una questione psico-logica secondaria. La
nascita di una siffatta rappresentazione comune può essere esclusa, data la
natura della relazione generatrice, senza che per questo venga distrutta la
deduzione di ciascun elemento da quello che precede. Si riconosce in questi
rapporti che il vero difetto della teoria dell'astrazione consiste
nell'unilateralità con cui dal grande numero di possibili principi di
coordinazione logica si sceglie soltanto il principio della somiglianza. In
verità risulterà che una sèrie di contenuti, per dirsi compresa e ordinata, può
essere disposta secondo i punti di vista più diversi, a condizione soltanto che
nella costruzione della serie il punto di vista assunto come guida venga
mantenuto invariato nella sua specifica natura qualitativa. Per esempio, oltre
alle serie fondate sulla somiglianza, in cui nei singoli contenuti ritorna
costantemente un comune elemento costitutivo, possiamo stabilire delle serie in
cui fra ciascun termine e quello che lo segue sussista un certo grado di d i v
e r s i t à ; possiamo pensare che i termini siano ordinati secondo
l'uguaglianza o la disuguaglianza, secondo la grandezza e il loro grado di
dipendenza causale. Decisiva in ogni caso è solo la relazione di necessità, che
un tal modo viene creata e di cui il concetto è solo l’espressione e
l’involucro, non già la rappresentazione generica, che in determinate
circostanze si può aggiungere, ma che non entra come elemento determinante
nella definizione.” (Cassirer: 25s)[5]
Note
[1] - Nota la posizione tradizonale, secondo
cui se la realtà muta, la logica invece no.
[2] - E’ interessante Cassirer,
0521:13-4 che, contro il concetto nell’accezione tradizionale, avanza una
critica à la Hegel: “E perfino dal punto di vista immanente della
logica formale nasce subito un nuovo problema.. Se ogni formazione di concetti
consiste nel processo per cui noi da una pluralità di oggetti, che ci sta di
fronte, isoliamo le note comuni, tralasciando tutte le rimanenti, è chiaro che
con siffatta riduzione è sottentrata, in luogo dell’originaria totalità intuita,
una parte soltanto degli elementi contenuti in essa.”; altro elemento hegeliano
in Cassirer, che continua la sua critica al concetto nel senso tradizionale:
“il concetto perderebbe ogni valore se esso significasse semplicemente la
negazione dei casi particolari, dalla cui considerazione prende le mosse, e se
volesse dire distruzione della loro natura specifica.” (Cassirer, 0521:14).E’
interessante anche che Kant, di contro alla tradizionale teoria del concetto,
si senta attratto verso il costruttivismo leibniziano, come testimonia Cassirer
in leibniz.doc.
[3] - Per comprendere il ruolo fondamentale
della teleologia in Aristotele.
[4] - Tutto questo c’è in Hegel e Marx.
[5] - Due notazioni: (a) è probabile che
questa pagina possa essere utilizzata da me, per mostrare che Wittgenstein non
nega il concetto; (B) possibilità di vari concetti a seconda del punto di vista
o dell’ipotesi (Galilei).
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