giovedì 31 dicembre 2015

Gli anni vissuti pericolosamente - Riccardo BELLOFIORE (2011)


La cosiddetta “età d’oro” del capitalismo - il termine non mi piace tanto, in verità – i trenta anni tra il 1945 e il 1975, spesso viene qualificata come un’epoca di compromesso tra le classi. Ma quando mai! Era un’epoca di dominio forte da parte del capitale, un comando sul lavoro, dentro cui, con il conflitto e con l’antagonismo, si sono, nel corso della seconda metà degli anni Sessanta soprattutto e primi anni Settanta, strappate una serie di conquiste. Il fatto che tanto i governi conservatori quanto quelli più di centro-sinistra abbiano perseguito politiche di bassa disoccupazione lo si deve alla storia tragica dell’Europa nel Novecento; e poi alla competizione di un sistema, che non ha mai avuto la mia simpatia, che era il sistema sovietico, e che però imponeva all’Occidente di stare al passo. In quel trentennio, prima ancora che i keynesiani in senso stretti divenissero consiglieri espliciti dei governi (avverrà soprattutto con Kennedy e Johnson), esiste una piena occupazione e una contrattazione collettiva, un lavoro decente secondo la definizione dell’ILO, e salari progressivamente crescenti in termini reali.

La fase del neo-liberismo monetarista è la fase che risponde alla crisi di questo capitalismo “keynesiano”, che è anche una caduta da sinistra, una caduta dovuta anche ad un conflitto sociale, ad un conflitto del lavoro in cui i lavoratori non accettano di farsi usare come strumento di produzione, come cose, magari risarciti con la piena occupazione e un “equo” salario (lo aveva di nuovo intuito Kalecki). Quella piena occupazione viene criticata duramente anche se non soprattutto da sinistra. Vigeva solo in una parte del mondo e solo per un genere, quello maschile, dentro una mercificazione generale a cui si deve ricondurre anche la distruzione accelerata degli equilibri ecologici. L’epoca della reazione capitalistica, è l’epoca di una nuova disoccupazione di massa, che è legata però non soltanto al problema della carenza della domanda effettiva, ma alla ristrutturazione della produzione da parte del capitale, alla ridefinizione dei rapporti di forza sul mercato del lavoro.

mercoledì 30 dicembre 2015

I mass-media, Gramsci e la costruzione dell’uomo eterodiretto - Paolo Ercolani

 Mai come oggi, nelle nostre società occidentali così apparentemente libere, è doveroso stare in guardia e ricordare l’insegnamento di Platone, il quale era ben consapevole che è proprio dalla democrazia che può nascere, attraverso un processo di degenerazione, la tirannide. Evidentemente non c’è e non può esserci esercizio effettivo della libertà quando i mezzi di comunicazione di massa, nel senso specifico che «massificano» l’individuo, o che «portano all’ammasso» non solo l’intelletto, ma anche la sensibilità dell’uomo, esprimono tutta la loro potenza non solo di informazione, ma anche di «formazione»: l’uomo perde in questo modo la propria autonomia, finendo con l’essere ridotto alla stregua di un «minorenne» eterodiretto, incapace di servirsi autonomamente della propria ragione e del proprio sapere, comunque subordinato ai meccanismi di una tecnica che, seppure figlia dell’uomo stesso, progredisce in maniera più veloce rispetto alle capacità umane di assorbirla. Ecco perché i rischi sono quelli di un nuovo totalitarismo, ancora più insidioso e totalizzante in quanto proveniente dai sottili meccanismi di funzionamento di una società in superficie democratica, che non perde occasione per ribadire la centralità dell’uomo e dei suoi bisogni, ma che in realtà finisce col ridurlo a mezzo e strumento per interessi economici e di potere. Una forma di totalitarismo che, in aggiunta, si rivela ancora più completa in quanto unisce i due aspetti che finora erano stati attribuiti ai regimi liberticidi moderni: la capacità massificante e omologante unita a quella atomizzante ed estraniante.

 L’universo dei nuovi media, pensiamo in particolare a Internet, massifica l’uomo in quanto ne omologa i gusti e le facoltà di percezione e pensiero, nel momento stesso in cui lo atomizza poiché, fornendogli l’illusione di poter entrare in comunicazione col mondo intero e con un numero illimitato di persone (e di informazioni), lo tiene in realtà chiuso tra le quattro pareti di casa propria, sempre più disabituato a coltivare rapporti diretti e ad incontrarsi con altri individui per dibattere, ragionare ed eventualmente organizzarsi. Siffatto individuo, esposto alle forze omologanti e isolanti esercitate dai nuovi mezzi di comunicazione, finisce col venire «eterodiretto» fin dal suo rapporto più ordinario con i più elementari meccanismi di funzionamento dei mass media: nella vita reale l’uomo è libero di seguire in maniera indipendente i propri processi di associazione, mentre, per esempio nell’interazione col computer, con i rimandi ai vari link gli viene di fatto richiesto di seguire delle «associazioni pre-programmate», in altre parole di seguire «la traiettoria mentale del programmatore». Ecco allora che, a distanza ormai di quasi un secolo, si pone su un piano ulteriore (mutatis mutandis) la discriminante già vista, quella fra il «credere, obbedire, combattere» della propaganda fascista e quanto proprio Gramsci scriveva come epigrafe all’OrdineNuovo: «Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza!». 

Leggi tutto: 

"Dialettica riproposta" di Stefano Garroni - A. Ciattini, A. Bellacicco, A. Sobrero, B. Steri, P. Vinci, O. Di Mauro, R. Caputo, L. Climati.



Presentazione del libro di Stefano Garroni "Dialettica riproposta" tenutasi il 20 novembre 2015 presso l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" (parte prima). 

Parte seconda: 
https://www.youtube.com/watch?v=JwrKfmnnBaY 
Parte terza: 
https://www.youtube.com/watch?v=GpeB3rKlwKc

martedì 29 dicembre 2015

Salario minimo garantito (reddito di cittadinanza)* - Gianfranco Pala

*Da:   http://www.gianfrancopala.tk/    (http://www.contraddizione.it/quiproquo.htm)
L’OMBRA DI MARX - estratti da “piccolo dizionario marxista” contro l’uso ideologico delle parole


 groucho,        moro,         chico,         harpo,        zeppo
 “Se ci vien fatto di dimostrare che la carità legale, applicata secondo questo princi­pio, può essere utilmente introdotta nelle società moderne, noi avremo tolto al comunismo i suoi più formidabili argomenti, e segnata la via a migliorare le sorti delle classi più numerose, senza mettere a repentaglio l’esistenza stessa dell’ordine sociale” (Camillo Benso conte di Cavour) 

Salario minimo garantito (reddito di cittadinanza)

Il carattere “sociale” e “minimo” del salario non deve assolutamente essere frainteso. Vi sono difatti molti, oggigiorno, che sull’onda delle mode ripro­duttive e fuori mercato, intendono con codesto tipo di dizioni forme spurie di salario o reddito garantito dallo stato o da altre istituzioni pubbliche, median­te prestazioni più o meno accessorie fornite a lavoratori e disoccupati, donne e giovani, cittadini e utenti. Una tal commistione di categorie, e meglio anzi sarebbe dire una tale lista di attributi tra loro incongruenti, conduce a un pa­sticcio di rapporti di forza, di lotta e di diritti, di assistenzialismo e di elemo­sina (quel tipo di confusione concettuale “inetta e barbarica” sulla quale He­gel ironizzava chiamandola “un ferro di legno”).  L’essere sociale e minimo del salario è invece unicamente conseguenza dell’essere merce della forza-la­vo­ro entro il rapporto di capitale posto da questo modo della produzione sociale. Non vi è spazio né teorico né storico, perciò, per confondere il carattere sociale del salario con sole sue parti o con differenti forme assistenziali cui le istituzioni borghesi saltuariamente prov­vedono per concessioni parziali, né il suo livello minimo con analoghe forme assistenziali o contrattuali che dànno veste legale all’ipocrita solidarietà della filantropia bor­ghese.

lunedì 28 dicembre 2015

mercoledì 23 dicembre 2015

TTIP E TPPA: ACCERCHIARE LA CINA* - Maurizio Brignoli





Uno scenario importante dello scontro interimperialistico in atto si sta in questo momento giocando nella realizzazione di alcuni grandi trattati sovranazionali in cui la strategia statunitense punta a realizzare l’accerchiamento della Cina, la subordinazione dell’Ue e l’isolamento della Russia, con tutta una serie di conseguenze nel processo di ulteriore subordinazione della classe lavoratrice in tutto il mondo. 

 L’obiettivo statunitense nella formazione del Ttip e del Ttp è quello di realizzare una concentrazione imperialistica capace di imporre le sue norme a livello mondiale e di accerchiare il principale concorrente cinese.



Accordi di libero scambio, barriere non tariffarie e Isds

Lo scontro interimperialistico fra i principali attori (Usa, Ue, Cina, Russia) si va sempre più delineando attraverso un processo di potenziale “concentrazione imperialistica” attorno ad alcune aree imperialistiche sovranazionali. Scontro a livello transnazionale con un grande processo di ricollocazione della divisione internazionale del lavoro. Le trattative relative al Transatlantic trade and investment partnership (Ttip) e al Trans-Pacific partnership agreement (Tppa) sono espressione rilevante di questo scontro. Per comprenderne la reale portata e gli obiettivi questi accordi vanno collocati all’interno della strategia statunitense di scontro con la Cina. 

Il Ttip ha come obiettivo di realizzare l’unione di due delle economie più ricche al mondo e delle rispettive aree valutarie, quella del dollaro e quella, maggiormente in difficoltà, legata all’euro. Le consultazioni Usa-Ue sono iniziate più di due anni fa, ma lo scontro interimperialistico all’interno dello stesso Ttip è forte, nonostante gli Usa abbiano cercato di sfruttare il momento di debolezza dell’Ue per la realizzazione di un progetto che torna soprattutto a loro vantaggio. Le trattative sono segrete e condotte dai funzionari della Commissione europea e da quelli del Ministero del commercio statunitense con le lobby delle grandi multinazionali. 

Gli obiettivi finali del Ttip (e dello speculare Tppa) sono riassumibili fondamentalmente in tre punti principali: 

lunedì 21 dicembre 2015

IL CAPITALE - Stefano Garroni



Confronto tra il testo francese e quello tedesco di Marx. 
Perché Marx accusa di cinismo l'economia politica? 
L'ambiguità della merce. Valore d'uso e la valutazione del bisogno che scompare. 
Il valore di scambio. Lo scambio mercantile e la società capitalistica.
Il processo produttivo che diventa strumento di arricchimento. 

Rapporto tra religione e capitalismo. 
La trasformazione del sapere: l'idiota specializzato.

sabato 19 dicembre 2015

RIFLESSIONI ANTROPOLOGICHE SULLA VIOLENZA E SULLA GUERRA* - Alessandra Ciattini




 La guerra, da sempre, scandisce col suo tocco gelido l’intero percorso dell’umanità, disseminandolo di discriminazione, persecuzioni, barbarie, violenza, morte. Le motivazioni “umanitarie” dietro alle quali si celano gli spietati aggressori odierni, burattinai di una società occidentale stanca e lacerata, svelano con chiarezza quanto, per dirla col saggista Césaire, “una civiltà che gioca con i propri principi sia una civiltà moribonda”.




La storia umana è un mattatoio

 In una celebre pagina Hegel sviluppa una serie di considerazioni assai amare e tristi sulla vicenda storica umana, anche se poi – come è noto - riesce a trovare in essa un processo progressivo ed emancipatorio. Egli sottolinea l'universale transitorietà, che travolge Stati e individui, per opera della natura e della volontà umana; osserva che quadri terribili scaturiscono dalla riflessione sulla storia che possono suscitare in noi un profondo e inconsolabile cordoglio; conclude che, stante tale analisi complessiva e sconsolata, la storia umana può definirsi un mattatoio “in cui sono state condotte al sacrificio la fortuna dei popoli, la sapienza degli Stati, la virtù degli individui” [1]. Questa pagina di Hegel richiama alla mente un celebre sonetto del Belli, Er caffettiere filosofo, scritto nel 1833 (siamo, dunque, nella stessa fase storica anche se in un contesto differente), nel quale il poeta compara tristemente gli uomini ai chicchi del caffè che vengono inesorabilmente macinati e che, pertanto, sono tutti destinati trasformarsi in polvere, finendo annientati nella gola della morte, nonostante essi si spostino ed entrino in conflitto tra loro [2]. Il caffettiere si trasforma in filosofo perché, prendendo spunto dalla sua semplice e quotidiana attività, la cui descrizione sembra addirittura evocare l'aroma del caffè macinato, trova in essa una splendida metafora concreta con la quale rappresentare la disperante vicenda umana.

FILOSOFIA - Georg Wilhelm Friedrich Hegel



 Come c'è stato un periodo dei geni poetici, così attualmente sembra esserci un periodo dei geni filosofici. Impastando un po' di carbonio, ossigeno, azoto e idrogeno, mettendolo in una carta su cui altri hanno scritto "polarità" ecc., e sparandolo in aria con la coda di legno della vanità che è un razzo, costoro ritengono di edificare l'empireo.

 Secondo la mania moderna, specialmente della pedagogia, non si deve tanto esser istruiti nel contenuto della filosofia, quanto imparare a filosofare senza contenuto. Ciò vuol dire, pressappoco: si deve viaggiare, viaggiare sempre, senza imparare a conoscere le città, i fiumi, i paesi, gli uomini ecc. [...] 

 Quando si impara a conoscere il contenuto della filosofia, non si impara soltanto il filosofare, ma anche già si filosofa effettivamente. Anche il fine dello stesso imparare a viaggiare  dovrebbe essere soltanto quello di imparare a conoscere quelle città ecc., il contenuto [...]. La filosofia comprende i più alti pensieri razionali intorno agli oggetti essenziali, comprende l'universale e il vero dei medesimi; è di grande importanza conoscere questo contenuto, e accogliere nella propria testa questi pensieri [...]. Il procedere della conoscenza di una filosofia ricca di contenuto non è altro che l'imparare. La filosofia deve venire insegnata e imparata come ogni altra scienza. L'infelice prurito di educare a pensare da sé e alla produzione autonoma ha messo in ombra questa verità: come se, quando io imparo ciò che è sostanza, causa o qualunque altra cosa, non pensassi io stesso, come se non producessi io stesso , queste determinazioni del mio pensiero. Se ci si ferma unicamente alla forma astratta del contenuto filosofico, si ha una (cosiddetta) filosofia intellettualistica. 

venerdì 18 dicembre 2015

TRACCIATI DIALETTICI - NOTE DI POLITICA E CULTURA - Stefano Garroni



 Raccolgo qui scritti diversi sia per argomento che per estensione: ciò che li lega - se non sbaglio - è la continuità di un tipo e di un taglio di ricerca.
 Se le cose stanno effettivamente come dico, ne deriva che anche gli scritti di argomento senza dubbio politico vanno letti come espressione - e conseguenza - di quel tipo e taglio di ricerca. In questo senso, il capitolo introduttivo - al di là della sua evidenza immediata - svolge questa sua funzione anche per le pagine, ripeto, esplicitamente politiche.
 Ciò che vorrei  non sfuggisse, insomma, è il tentativo di fondo (qui solo abbozzato): attraverso l'analisi di fenomeni centrali della nostra cultura attuale, ritrovare le fila di un ragionamento dialettico e marxista.

 Rispetto a questo obiettivo, le cose che qui presento valgono come primo deposito di un lavoro più ampio, che sto conducendo. 





domenica 13 dicembre 2015

DAL PROGRAMMA MINIMO AL FRONTE ANTICAPITALISTA* - Renato Caputo

*Da:     http://www.lacittafutura.it/dibattito/dal-programma-minimo-al-fronte-anticapitalista.html

“La sovranità non può essere rappresentata, per la stessa ragione per cui non può essere alienata; essa consiste essenzialmente nella volontà generale e la volontà non è soggetta a rappresentanza: o è essa stessa o è un’altra, non c’è via di mezzo. I deputati del popolo dunque non sono, né possono essere suoi rappresentanti; essi non sono che suoi commissari, non possono concludere niente definitivamente. Ogni legge che il popolo in persona non abbia ratificata, è nulla: non è assolutamente una legge. Il popolo inglese pensa di essere libero, ma si inganna gravemente; non lo è che durante le elezioni dei membri del parlamento: appena questi sono eletti, esso è schiavo, è un niente. L’uso che esso fa della libertà, nei brevi momenti che ne gode, è tale che merita bene di perderla” (Rousseau, Il contratto sociale). 



I comunisti hanno bisogno oggi in Italia di definire un programma massimo, sulla cui base rifondare un partito comunista all’altezza delle sfide del XXI secolo, e di un programma minimo a partire dal quale costruire un fronte unico antiliberista e anticapitalista. Tale fronte deve essere costruito a partire dai conflitti sociali e non nella prospettiva di semplice occupazione degli incarichi nelle istituzioni borghesi. Altrimenti i comunisti non potranno vincere la decisiva lotta con le forze democratiche piccolo-borghesi con cui dovranno necessariamente fare i conti nel fronte unico.

sabato 12 dicembre 2015

L'etica in Aristotele - Enrico Berti



http://www.controappuntoblog.org/2015/12/12/nicomachean-ethics-aristotele-etica-a-nicomaco-full-full-audiobook/
Vedi anche:    https://www.youtube.com/watch?v=cEJDNSJf7sw

IL CAPITALE: CAPOLAVORO SCONOSCIUTO - a mo’ di allegoria da Balzac - per Marx* - Gianfranco Pala

*Da:   http://www.gianfrancopala.tk/

 Édouard Frenhofer è il personaggio del pittore protagonista del racconto filosofico di Honoré de Balzac Le chef-d’œuvre inconnu [1831]; allievo del pittore fiammingo Jan Gossært, detto Mabuse (del XV secolo); dice di aver lavorato una decina di anni a un dipinto (il ritratto vagheggiato della donna desiderata) che non esita a definire un “capolavoro”, ma che si rifiuta di mostrare, nascondendolo sotto una coperta. In quel racconto fantastico, a due giovani pittori realmente esistiti – Frenhofer, vecchio artista creato da Balzac stesso – narra di codesto Capolavoro sconosciuto: alla sua stesura come romanzo, fino al 1847, anche Balzac lavorò ossessivamente per sedici anni, come per quel ritratto affinché rappresentasse la realtà. Così entrambi – quadro e romanzo – sono diventati presto una leggenda, descrivendo la costante tensione dell’artista alla ricerca della perfezione nell’aspirazione a una completa trasposizione del reale: “la missione dell’arte non è copiare la natura, ma esprimerla!” – spiega Frenhofer\Balzac rivolto ai più giovani. Ma alla fine quel di­svelamento da parte del pittore sembrò rivelare un quadro del tutto inaspettato; sì che un allievo esclamò: “io qui vedo soltanto dei colori confusamente ammassati, e delimitati da una moltitudine di linee bizzarre che formano una muraglia di pittura”: ma un quadro che, poiché il suo processo di produzione s’identifica con il suo stato compiuto di opera, rappresenterebbe da solo il quadro assoluto

venerdì 11 dicembre 2015

Libertà e schiavitù – Luciano Canfora

"Lungi dall'essere un relitto storico, un fossile, 
la schiavitù è la forma attuale di alimento del profitto capitalistico" (L. Canfora)



"La storia di ogni società esistita fino a questo momento, è storia di lotte di classi.

Liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in breve, oppressori e oppressi, furono continuamente in reciproco contrasto, e condussero una lotta ininterrotta, ora latente ora aperta; lotta che ogni volta è finita o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta..." (Marx- Engels, Il Manifesto del Partito Comunista)

http://www.asimmetrie.org/opinions/luciano-canfora-liberta-e-schiavitu/

giovedì 10 dicembre 2015

Comunisti, oggi. Il Partito e la sua visione del mondo. - Hans Heinz Holz.

Prefazione
di Stefano Garroni.

Già a partire dal 1968, chi avesse detto <sono comunista>, avrebbe detto qualcosa dal significato non chiaro, ma sì equivoco.
Voglio  dire, restando nel confine di casa nostra, che il dichiarante avrebbe potuto essere, indifferentemente, un militante di Potere operaio o del Pc d’I, della Quarta Internazionale o di Lotta continua e così via; avrebbe potuto essere, dunque, portatore di analisi, lotte e prospettive sensibilmente diverse tra di loro ed anche opposte, per certi versi.
Gli anni successivi, fino a giungere allo sciagurato 1989 e seguenti, non hanno certo semplificato la situazione, al contrario: oggi più che mai dire <sono comunista> risulta dare un’informazione pressocché incomprensibile.
Un merito del libro di Holz è invertire questa tendenza e dare, invece, un preciso contributo al restituire un senso determinato al nostro asserto, <sono comunista>.
A tutta prima, l’operazione di Holz sembra un esempio del classico ‘uovo di Colombo’: comunista, egli dice, è chi si riconosce nell’intera storia del movimento comunista, appunto.
Sembra posizione troppo ovvia e facile; sennonché, una caratteristica molto diffusa tra coloro che, oggi, si definiscono comunisti, è assumere la posizione di chi dice, invece, <fin qui sì, in seguito no>.
Il <fin qui> può variare: può essere la morte di Lenin o quella di Stalin, può essere il periodo brezhneviano o quello di Gorbaciov, non importa; ciò che resta è il criterio: la distinzione fra una storia buona ed una cattiva, un momento dell’ ortodossia ed uno dell’eterodossia, uno della ‘fedeltà’ ed un altro della ‘caduta’. Ciò che resta, dunque, è una concezione astratta, ideologica (rigorosamente, moralistica) della storia, invece che intendere quest’ultima come la scena -l’unica scena-, in cui la realtà si compie, attraverso le “torsioni e tensioni”, che fanno tutt’uno con l’essenza stessa di ciò che veramente esiste.
Al fondo di questi due atteggiamenti c’è un’opposizione fondamentale: l’uno, infatti, è un atteggiamento unilaterale, dunque, dogmatico; l’altro è critico, dunque, dialettico.
La mossa di Holz, allora, implicita il recupero, la franca riproposizione addirittura di una precisa prospettiva teorica:  quella  della dialettica  che, dalla filosofia classica tedesca (Leibniz, Kant, Hegel) giunge a Marx ed a Lenin. 

mercoledì 9 dicembre 2015

Problemi dell’umanesimo oggi - Stefano Garroni

Dati i problemi, in cui oggi viviamo e che, ancor più, nelle crisi che si annunciano per il futuro, è senza dubbio necessario ridiscutere quale oggi, possa essere il significato di umanesimo.

E’ in questo modo che F.Hinkelammert inizia il suo saggio (Marxismus, Humanismus, Religion), nel fascicolo 4 –2010 di Marxistische Blãtter, la rivista teorica della DKP o Partito comunista tedesco.

Nella nostra storia moderna, il momento culminante dal punto di vista dell’ umanesimo porta il nome dalla Rivoluzione  francese, la quale tuttavia si svolse entro un limite di fondo: essa nacque e si stabilizzò, di fatto, quando il mercato mondiale si era  ormai costituito come mercato capitalistico.
E questo è il motivo, per cui l’umanesimo della Rivoluzione francese è ancora essenzialmente ridotto ad un umanesimo dell’uomo astratto, il quale si identifica con il proprietario privato. Ma questa stessa Rivoluzione francese, che pur sbocca in una pura ristrutturazione borghese della società,, nello stesso tempo fonda le categorie, partendo dalle quali diviene possibile fondare un nuovo umanesimo.
Data la sua identificazione di uomo con il proprietario privato, la Rivoluzione francese può continuare a basarsi su una situazione di estremo sfruttamento e sulla costrizione al lavoro nella forma della schiavitù di massa.

Dall’altro lato, nella Rivoluzione vennero espresse le categorie politico-giuridiche della cittadinanza.
Son queste categorie, che divennero una base della moderna democrazia, sebbene ancora limitata agli uomini bianchi e proprietari. Poggiandosi sulla categoria della cittadinanza e della sue estensione continua si andrà provocando un movimento per i diritti dell’uomo, che definisce le lotte future per l’emancipazione. L’uomo come cittadinodunque, non è necessariamente un borghese-: ecco da cosa nascerà  un  concetto di cittadinanza, che supera i limiti sociali della borghesia.
In primo luogo si tratta qui dell’emancipazione degli schiavi, delle donne e della classe operaia. Si può simbolizzare la profondità del conflitto mediante tre morti importanti: la morte di Olimpia de Gouges, che rappresenta il diritto delle donne a divenire cittadine e che fu ghigliottinata. Analogamente morì ghigliottinato Babeuf, che rappresenta il diritto d’associazione dei lavoratori. Toussaint-Louverture, il liberatore degli schiavi ad Haiti, fu arrestato ed ucciso, sotto l’imperatore Napoleone. 

lunedì 7 dicembre 2015

Presentazione di "DIALETTICA RIPROPOSTA", Stefano Garroni, LA CITTA' DEL SOLE. - Alessandra Ciattini, Catania 2 dic. 2015*


*Libreria CATANIALIBRI, Piazza G. Verga 2 (Presso la libreria sarà possibile l'acquisto del testo) 


 Vorrei premettere che probabilmente costituisce per me una azzardo partecipare alle presentazione di un libro filosofico dedicato alla dialettica, al discusso e complicato rapporto Marx / Hegel, giacché non sono una studiosa di filosofia, anche se mi sono occupata della riflessione filosofica sulla religione, non sono nemmeno una lettrice sistematica di Marx e di Hegel. Mi sono sempre occupata di religiosità popolare, anche se non credo esista una disciplina come l'antropologia religiosa nettamente scissa dalla filosofia, dalla psicologia, dalla sociologia. Nonostante questa considerazione, darò il mio contributo, non entrando negli specifici contenuti del libro che oggi presentiamo, ma indicando una serie di temi sviluppati dal suo autore che ho recepito e che costituiscono per me un punto di riferimento.

 Siamo qui per ricordare uno studioso, ormai scomparso da più di un anno, il cui contributo intellettuale ci fa comprendere meglio e ha reso vivi alcuni nodi centrali della riflessione filosofica moderna; tale apporto ha avuto l'obiettivo di ricostruire una fondamentale tradizione di pensiero e, in subordine, quello di cogliere, grazie agli strumenti da essa forniti, le dinamiche di funzionamento e di cambiamento del mondo in cui         viviamo.

 In questo piccolo libro, intitolato Dialettica riproposta, sono raccolti alcuni scritti, cui Stefano Garroni anche se con fatica, per la sua malattia, stava lavorando e che aveva affidato a Sergio Manes in vista di una loro possibile pubblicazione. Su sollecitazione di Manes ho rivisto il testo limitandomi a correggere i refusi e a eliminare le ripetizioni, convinta il suo contenuto avrebbe potuto suscitare interesse e anche dare impulso ad una discussione in particolare tra coloro che sono stati più vicini a Stefano e che hanno condiviso la sua passione per la “battaglia delle idee”, che ahimè nell'università attuale, ridimensionata e mortificata dalle varie controriforme susseguitesi negli ultimi decenni, è ormai pressoché assopita. 

 A questa osservazione aggiungerei che, come accade sempre nel caso di autori non omologati al pensiero dominante, che conforma anche il nostro senso comune, l'opera di Stefano è conosciuta solo all'interno di una certa nicchia di studiosi e di militanti, che manifestano nella curiosità intellettuale il loro malessere e la loro insoddisfazione verso il mondo attuale, e che si sentono sollecitati a ricercare ad esso alternative, sia pure fondate sulle condizioni esistenti. 

sabato 5 dicembre 2015

Hegel e la dialettica - Remo Bodei


 Remo Bodei (Cagliari, 3 agosto 1938 – Pisa, 7 novembre 2019) è stato un filosofo e accademico italiano.

Un lavoro decisamente ben fatto e importante. Da vedere sicuramente... (il collettivo)


Da: GalileiLiceo - Remo Bodei racconta Hegel e la dialettica: