Capitolo I.
Ordinamento sociale.
1. L’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche è uno Stato socialista di operai e di contadini.
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
La questione della dissoluzione dell’URSS è stata rapidamente accantonata persino da quelli che, nonostante tutto, continuano a definirsi comunisti, anche perché non è certo facile fare i conti con le sconfitte e con gli aspetti più dolorosi della propria storia.
Proprio per questo due luoghi comuni su questo tema continuano a circolare sconfessati e ripetuti assai spesso: tale processo è stato sostanzialmente pacifico e i suoi promotori sono da identificarsi in coloro che detenevano alte cariche nello Stato sovietico e nel PCUS. Per esempio, scrive Giovanna Cigliano per il Mulino: “La leadership di Gorbaciov, insignito nell’ottobre 1990 del premio Nobel della pace, ha contribuito inoltre in modo significativo alla modalità prevalentemente pacifica della dissoluzione, diversa da quanto accaduto su scala ridotta nella ex Jugoslavia…”. Nonostante quest’affermazione l’autrice è costretta poi a sottolineare che circa 25 milioni di russi furono esclusi dalla Federazione russa, si accesero di conflitti etnici locali e regionali e un grande quantitativo di armi, convenzionali e nucleari, dislocate sul territorio rimasero prive di controllo.
La seconda tesi, insieme alla prima, viene ampiamente smentita da un interessantissimo e documentatissimo libro che per sorte mi è capitato tra le mani e di cui è autore il professor José Antonio Egído, di origine basca, dottorato in Sociologia conseguito presso la Università della Provenza (Francia). Il titolo del libro, in corso di pubblicazione, è ¿Porqué cayó la URSS y nació la Rusia actual? E il suo scopo è proprio quello di rispondere a questa domanda, ispirandosi a un’opera precedente di due studiosi marxisti statunitensi, Roger Keeran e Thomas Kenny, Socialism Betrayed: Behind the Collapse of the Soviet Union (2010). Ho scelto di trattare solo questi due temi del densissimo libro di Egído per il fatto che essi sono stati abbandonati nel dimenticatoio, ma mi riservo in futuro di intervenire ancora sulla questione generale della scomparsa dell’Unione Sovietica, perché è anche da questo tragico evento che è scaturito l’attuale drammatico conflitto nel cuore della cosiddetta pacifica Europa.
Da: https://www.altrenotizie.org - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it ed è editorialista de la citta futura.
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E’ noto quanto sostenevano gli antichi: gli dei accecano coloro che vogliono perdere. Questa considerazione si attaglia perfettamente alle élites del cosiddetto occidente collettivo che, per smania di potere e per megalomania, sono accecate e non vedono l’abisso verso il quale si stanno dirigendo a capofitto. Questa catastrofe - o meglio una liberazione per noi - non ci farebbe versare nessuna lacrima se ahimè, del tutto nolenti, non fossimo ad esse legati; pertanto, se non ci sganciamo presto subiremo la loro stessa sorte. Per sottrarci a questo destino non voluto - e del resto evitabile se ci animassero il buon senso e il raziocinio - dovremmo risvegliarci dal torpore che appesantisce la nostra mente distratta e affaticata.
Uno dei motivi più ripetuti fino all’ossessione dai media dominanti è quello della necessità di raggiungere l’indipendenza, in particolare non dipendere più dalle risorse energetiche russe. In realtà i nove pacchetti di sanzioni varati dall’Unione europea, formata dagli europeones, vogliono tagliare molte altre dipendenze, che purtroppo per le suddette élites sono ineliminabili (per es. la Francia usa per le sue centrali uranio trattato in Russia), fatto che è quanto mai evidente a chi vuol vedere.
Questa questione, che ricorda l’autarchia fascista, a causa della quale si dovette fare il caffè con la cicoria, può essere affrontata da un punto di vista filosofico e da un punto di vista empirico.
La riconferma di XI Jinping al potere dovrebbe essere dovuta al fatto che il PCC vuole mantenere una continuità politica in una fase di instabilità internazionale, di rallentamento economico, che riguarda persino la Cina rispetto ai decenni precedenti, allo scontento per la politica Covid zero sia interno che sia esterno, perché danneggia chi commercia con il paese, alla politica aggressiva dell'imperialismo statunitense per mettere in crisi lo sviluppo tecnologico endogeno. Collocato nel contesto dell’incerta situazione mondiale, con la pandemia, la guerra di Ucraina, in una fase che sembra ripetere il momento delle crisi, delle guerre e delle ipotetiche rivoluzioni, segnalato a suo tempo da Lenin, anche lo status quo interno della Cina potrebbe ricevere pericolosi contraccolpi, se si pensa in particolare alla questione Taiwan.
Xi Jinping è riuscito a contornarsi dei suoi alleati grazie alla battaglia contro la corruzione, ai pensionamenti di coloro che hanno raggiunto i 68 anni; il 65% dei 270 membri del Comitato Centrale sono stati sostituiti dal 2017, il 66% dei 25 membri del Comitato Permanente del Politburó è stato rinnovato.
Vorrei riflettere sulla forme della democrazia popolare cinese, dando per scontato che il confronto con la cosiddetta democrazia liberale che, come dimostra il suo forte processo di degenerazione degli ultimi decenni, non può pretendere di essere migliore di quella cinese, mentre il confronto con “l’autogoverno dei produttori”, non rinnegato né dai comunisti né dai cinesi, i quali appunto non hanno abbandonato il progetto comunista, può presentare qualche problematicità; problematicità che sarà certamente affrontata dato che, come dicono gli stessi dirigenti cinesi, il paese si trova nella fase primaria del socialismo e che deve far partecipare alla vita politica un miliardo e 400 milioni di persone. Del resto, essi stessi e Xi riconoscono che il progetto comunista non vuol dire solo l’incremento delle forze produttive, ma anche creazione di una nuova forma di società, in cui lo sviluppo complessivo sia la condizione per lo sviluppo di tutti. Qui il mio pensiero va alla tematica dell’uomo nuovo, presente sin da Marx nella tradizione marxista, ma ampiamente ripresa da Ernesto Che Guevara, il quale è stato tra i primi a riconoscere quanto sia faticoso e lungo nel tempo costruire una società pienamente socialista.
Secondo le cifre pubblicate dal giornale cinese People Daily un terzo dei delegati al congresso veniva dalla base, il 27% di questa erano donne, un aumento de 2,9% rispetto al precedente congresso celebrato nel 2017, il 3,7% contadini, il 8,4 % erano operai e l’ 11,6 erano professionali e tecnici, mentre 264 delegati rappresentavano 40 minoranze etniche. I quasi 3.000 delegati hanno scelto i componenti della Commissione centrale di disciplina e ispezione e il Comitato centrale, che nei prossimi 5 anni costituirà il più importante organo di direzione del partito, che potrà approvare le risoluzioni, le nomine e i piani quinquennali del Politburó.
In questi ultimi tempi ci sono state varie votazioni nell’assemblea generale delle Nazioni Unite (Nu) con diversi risultati che analizzeremo brevemente in questo articolo, corredandolo con una rapida riflessione sulla funzione ormai a mio parere, e non solo, puramente decorativa di questa istituzione che aveva destato molte speranze alla fine della devastante Seconda guerra mondiale.
Cominciamo con la questione del micidiale bloqueo statunitense verso Cuba, che nell’attuale situazione internazionale, non sembra destinato ad essere eliminato, come del resto non credo avranno risposta le giustissime rivendicazioni dei palestinesi riconosciute, ma mai attuate da numerosissime risoluzioni della stessa Onu.
Come sottolinea Prensa Latina, lo scorso 4 novembre una straordinaria maggioranza di paesi (185) ha votato contro le disumane ed illegittime restrizioni che impediscono a Cuba di svilupparsi, di soddisfare i bisogni della sua popolazione, colpendo anche gli interessi di paesi terzi. Ovviamente hanno votato contro gli Usa e il loro fedelissimo alleato, Israele. Si sono invece astenuti l’Ucraina e il Brasile. La votazione è stata preceduta dai discorsi dei rappresentanti di vari paesi, che hanno condannato e criticato con varie modalità le misure coercitive unilaterali (questo è il loro nome tecnico) imposte a Cuba e al mondo dagli Usa. Il ministro degli esteri cubano, Bruno Rodríguez, ha ricordato che sono passati tre decenni da quando l’Assemblea generale delle Nu ha votato questa risoluzione, ricevendo il sostegno universale. Ha anche fatto presente che, durante i primi 14 mesi dell’amministrazione di Biden, il totale dei danni provocati a Cuba dal bloqueo equivalgono a 6 miliardi e 364 milioni di dollari, ossia a circa 15 milioni di dollari al giorno. Ha inoltre rimarcato le conseguenze extraterritoriali di queste misure, che non solo provocano emigrazioni illegali dall’isola caraibica, ma colpiscono la sovranità degli altri paesi, che intendono commerciare con Cuba, e impediscono l’attracco di navi terze ai suoi porti. Purtroppo la risoluzione non è vincolante, ma esprime l’opinione della maggioranza delle nazioni del mondo, nel quale gli Usa stanno perdendo sempre più consenso.
Da: https://www.marx21.it - Art. originale https://deutsche-wirtschafts-nachrichten.de - Traduzione di Marco Pondrelli per Marx21.it -
Oskar_Lafontaine è un politico tedesco ex presidente della SPD prima e della Linke poi.
Da: https://www.ilfattoquotidiano.it - Paolo Ercolani (www.filosofiainmovimento.it) insegna filosofia all'Università di Urbino Carlo Bo.
Vedi anche: Marx, il liberalismo e la maledizione di Nietzsche*- Paolo Ercolani
Un altro Nietzsche - Domenico Losurdo
Social? Soggetti in rete, oggetti nella realtà - Paolo Ercolani
Leggi anche: I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19 - Paolo Ercolani