giovedì 26 giugno 2014

Tra Cartesio e Hume (7) - Stefano Garroni

  Pubblichiamo il testo di Stefano Garroni "Tra Cartesio e Hume" ormai fuori edizione e introvabile in libreria. In questo post  la settima parte. Di seguito le restanti

mercoledì 25 giugno 2014

Tra Cartesio e Hume (6) - Stefano Garroni

 Pubblichiamo il testo di Stefano Garroni "Tra Cartesio e Hume" ormai fuori edizione e introvabile in libreria. In questo post  la sesta parte. Di seguito le restanti parti.

martedì 24 giugno 2014

LA QUESTIONE EBRAICA - Stefano Garroni


    Il collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni" sta pubblicando, in varie forme, gran parte dell'opera di Stefano. Un lavoro, il suo, che l'ha visto impegnato per tutto il corso della vita nella convinzione che compito politico dello studioso, dell'intellettuale, del compagno fosse quello di portare alla luce e farne coscienza di classe l'enorme portato storico-politico-culturale del movimento comunista. Il suo lavoro si è sviluppato su più livelli: dal seminario accademico alla discussione di sezione di partito;  dalla riunione di collettivo agli incontri internazionali; dallo scambio d'idee col singolo alla scuola sindacale o di partito...  In tutti i casi la grandezza e qualità del suo lavoro non è mai stata messa in discussione e il riconoscimento è stato unanime. Ma, come lui stesso affermava e ribadiva, la sua crescita politico-culturale era dovuta non solo allo studio del filosofo ricercatore ma si, anche e soprattutto, al confronto-scontro-chiarimento, con lo studente alle prime armi, col  compagno di base, col semplice lavoratore. Per questo, alle pubblicazioni  di livello teorico-accademico che riportiamo nel blog intervalliamo i resoconti trascritti da registrazioni di riunioni del collettivo, di ordine più politico-divulgativo, sapendo che in diversa forma, dello stesso argomento si tratta. Questo incontro, ad esempio, si tenne il 28/05/1998 ad una riunione del collettivo sul tema "La questione ebraica" di K. Marx e ci sembra importante sottolineare come bene si intrecci con lo scritto "Tra Cartesio e Hume" che stiamo pubblicando per parti.                                                                                                                                                                                                        E' possibile ascoltare direttamente la registrazione dell'incontro (prima parte e seguenti)      qui...                                                                                                                          https://www.youtube.com/watch?v=hNtPloQioc8                                                                                                        
 Incontri con
STEFANO GARRONI 
La questione ebraica
Collettivo di formazione Marxista 28/05/1998
 
Dunque…l’argomento questa sera è l’articolo che Marx scrisse alla fine del 1843 ma che pubblicò all’inizio del ’44, nella rivista ‘Annali franco-tedeschi’ e intitolato ‘La questione ebraica’. Ora… bisogna ricordare qual è  lo scopo dei nostri incontri: a noi interessa riuscire a comprendere come il motivo dell’organizzazione politica, e quindi del Partito, nasca per Marx, come anche per Lenin, all’interno di un modo di concepire la Storia. E che quindi il problema dell’organizzazione politica non è un mero fatto tecnico, né un mero fatto politico, ma è qualcosa che si inscrive all’interno di una visione più generale della Storia e della stessa funzione quindi della Rivoluzione comunista.

lunedì 23 giugno 2014

Tra Cartesio e Hume (5) - Stefano Garroni

Pubblichiamo il testo di Stefano Garroni "Tra Cartesio e Hume" ormai fuori edizione e introvabile in libreria. In questo post  la quinta parte. Di seguito le restanti parti.
 

domenica 22 giugno 2014

Tra Cartesio e Hume (4) - Stefano Garroni

Pubblichiamo il testo di Stefano Garroni "Tra Cartesio e Hume" ormai fuori edizione e introvabile in libreria. In questo post  la quarta parte. Di seguito le restanti parti.

La scienza del conflitto. Secondo il Pentagono...

Il conflitto sociale è materia che può e deve essere analizzata in maniera scientifica, tenendo conto dei precedenti storici come delle tecnologie esistenti, della “qualità” del nemico come di quella degli “amici”. Altrimenti ci si inoltra in un terreno sconosciuto, irto ovviamente di rischi imprevedibili, dotati soltanto delle proprie buone intenzioni e di una dose di incoscienza sopra la soglia.
Un'inchiesta eccellente apparsa sul giornale inglese The Guardian nei giorni scorsi aiuta a rimettere con i piedi per terra sia l'idea che la pratica reale del conflitto sociale. Come fa? Semplice: guarda a quel che il Pentagono sta facendo da alcuni anni a questa parte per “implementare” la sua già immensa conoscenza.                                                                                                                                                      http://contropiano.org/articoli/item/24685                                                                                                                                              http://177ermanno.blogspot.it/2014/05/dalle-vecchie-guerre-alla-guerra.html

lunedì 16 giugno 2014

La sostanza della verità - Anselm Jappe



Diversamente da quello che è successo negli anni '60 dello scorso secolo, si discute solamente del modo migliore di gestire il capitalismo, mai della sua abolizione, ed il ritorno al keynesismo e  alla piena occupazione, condito con un po' di commercio equo e solidale, qualche tassa ambientale ed una maggior partecipazione del Sud del pianeta, costituisce l'ipotesi più audace.                                     [...]La merce è quindi relativista per natura, mette tutto sullo stesso piano, ogni merce può sostituire qualsivoglia altra merce nello scambio di valore, una bomba equivale ad un sacco di frumento. Per la merce non c'è niente di sacro da rispettare, nessuna trascendenza, ed è questa la ragione per cui la critica reazionaria ne accompagna spesso gli inizi.                                                       [...]il pensiero postmoderno si presenta come una continuazione dell'Illuminismo e del suo rifiuto della metafisica in nome del nominalismo. Ma come è già accaduto per l'Illuminismo originario, anche tutto il pensiero postmoderno - che si ritiene del tutto disilluso e "laico" - abbandona solo la metafisica classica a beneficio di una "metafisica reale", cioè a dire la metafisica del lavoro e del capitale, che domina questo mondo sublunare.                                                                                           [...]Marx riassume questa situazione nel termine di "feticismo della merce", il quale indica altresì il carattere surrettiziamente religioso della società moderna. Il feticismo della merce non è una mistificazione, ma una realtà nella quale l'essere umano viene governato dagli idoli che egli stesso ha creato. Così, una forma di verità metafisica, perfino religiosa, costituisce, ancora e sempre, il tessuto della società.                                                                                                        [...]Se all'inizio degli anni 1970, ad ogni dollaro "sostanziale" - che rappresenta lavoro realmente effettuato - corrispondeva più o meno un dollaro fittizio, nel senso di un credito estratto dal dollaro sostanziale, oggi, secondo varie stime, ad ogni dollaro sostanziale corrispondono cinque, perfino dieci, dollari fittizi. Ci troviamo di fronte ad una vera e propria "desustanzializzazione" del denaro, diventato una finzione sociale.                                                           [...]E che dà alla verità un nuovo statuto: in un sistema simbolico, la verità è un ideale, ha un carattere trascendente; nel sistema di negazione della nevrosi liberale, la verità è sempre relativa, circostanziale, parziale, rivedibile, addirittura opportunista; e qualsiasi fermo posizionamento  a favore di una verità che si impone su di noi, viene considerato come totalitario. Di qui, la mentalità postmoderna, imbevuta di un'incertezza fondamentale che permette ogni cinismo - fino al punto che si potrebbe pensare che è proprio questo l'obiettivo". Effettivamente, l'indebolimento del Super-io, di Edipo e dell'ordine simbolico tradizionale, che dovevano essere tutti vettori di emancipazione, alla fine hanno avuto conseguenze abbastanza inattese per il progetto di emancipazione.                                                                                                                                             http://www.sinistrainrete.info/teoria/3818-anselm-jappe-la-sostanza-della-verita.html

domenica 15 giugno 2014

Tutti festeggiano Cusco - Aristide Bellacicco

 


       Oggi Cusco compie settant’anni.                    Due giorni fa  suo figlio Alex è uscito dalla comunità ed è tornato ad stare a casa. Si è presentato all’improvviso  alle sette di mattina. ‘ E’ un periodo di prova ‘ ha detto ‘Una settimana o due. Vediamo come va.‘ Potevi avvisarmi ‘ ha detto Cusco, che si era appena svegliato ‘non me l’aspettavo. Però sono contento.’ Alex gli ha spiegato che ci aveva pensato fino all’ultimo e che si era deciso soltanto  la sera prima. ‘ Anch’io sono contento ’ ha detto.

lunedì 9 giugno 2014

Materialismo “contra” spiritualismo. - Roberto Finelli



 Il sentire è il piano intermedio tra corporeità e psichicità. Ed è dunque qui che Freud colloca, topologicamente e dinamicamente, l’Altro. L’Es è l’altro dell’Io, in quanto è alterità in sé stesso, rappresentanza - e non rappresentazione - del corpo nella mente e come tale funzione simbolica che assegna il senso e la verità non al conoscere ma al sentire. Perché attraverso il sentire è il corpo che si fa a se stesso simbolo, traducendosi nel sentire della mente. E’ qui che a mio avviso va collocato il fondamento di una concezione materialistica dell’uomo e della sua natura simbolica. Non nella semplice capacità di produrre e di usare simboli linguistici, ma nella sua capacità di essere simbolo a se stesso in quanto mente che assume il corpo ad oggetto primo e permanente, privilegiato e intrascendibile, del proprio pensare, in quanto mente cioè la cui funzione primaria è quella di riconoscere e di rappresentarsi un corpo che di per sé non può mai essere completamente ridotto a rappresentazione. [...] Freud riafferma nel Compendio che, affinché il mondo interno riesca a giungere alla coscienza, è necessario che le scene emozionali si connettano a rappresentazioni verbali, le quali costituiscono appunto il medium percettivo con cui il mondo inconscio giunge a farsi conscio.  [...]                                                                                                                                                                                                                                                                                                               Kojève si concentra, com’è noto, sulle sole pagine (Fenomenologia dello Spirito) della famosa lotta per il riconoscimento che Hegel illustra nella sezione sull’autocoscienza a proposito della dialettica di signore e servo. E quelle pagine per l’interprete russo valgono come l’inizio: l’inizio della storia umana e la sua fuoriuscita dalla natura. Un passaggio, che vede da un lato il mondo naturale come caratterizzato solo dal “bisogno”, ossia dalla necessità di riproduzione fisica e materiale degli individui viventi che lo compongono, e dall’altro il mondo umano, della storia e della cultura, fondato invece sul “desiderio”, ossia sulla volontà di essere riconosciuto, ciascuno nella propria incomparabile ed irriducibile soggettività, da tutti gli altri. Da un lato il mondo dei corpi e della vita biologica legata alla nascita e alla morte, nel costante timore del non soddisfacimento del bisogno e del venir meno della vita, dall’altro il mondo degli esseri umani, capaci di superare la naturalità biologica, la paura della morte, e di gareggiare in lotta con gli altri simili, per imporre il riconoscimento del proprio sé. Salvo non esser capaci di rifiutare la naturalità e di accedere alla dimensione del riconoscimento tutti quegli esseri umani   che, schiavi del corpo e della paura della morte, non lottano fino in fondo, fino alla morte, con l’altro per l’affermazione di sé: ma cedendo appunto di fronte all’altro, lo riconoscono come padrone, facendosene servi. Di qui l’asimmetria delle classi e la genesi, appunto. della storia umana come storia, secondo l’impianto marxiano, di classi e di lotta di classi.  [...]                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  Per Lacan , data la riduzione del corpo a non-essere e data perciò l’impossibilità di ancorare il senso al sentire del corpo, il luogo del senso sta nel «non senso». Sta nel non senso di tutte le parole e i discorsi che pretendono di dare identità al soggetto, per via immaginaria, attraverso il susseguirsi di identificazioni speculari e simbiotici con l’altro/i. Perché solo la riduzione a non senso dell’identità immaginaria del moi, può aprire il vero senso del je, della vera soggettività, consistente nella capacità di non fermarsi in nessuna delle forme identitarie ma di attraversare, senza complicità di permanenza, tutte le opportunità del divenire. Il senso infatti sta nel venire meno dell’«immaginario» e nella possibilità dell’accesso al «simbolico», quale coincidenza del soggetto con la sua condizione alternante di «più» e di «meno», di più di identità e di meno di identità, di essere e di non-essere. E d’intendere con ciò che la verità del soggetto umano sta nel non cessare mai d’identificarsi e, poi, nel superare l’identificazione: in un perenne domandarsi «chi sono?», che non può e non deve mai trovare una forma definitiva e rassicurante.                                                                                                                                                                                                     http://www.consecutio.org/2014/05/materialismo-contra-spiritualismo-sigmund-freud-e-jacques-lacan/