martedì 30 novembre 2021

“Storia e Politica”: un dialogo tra Angelo d'Orsi e Alessandro Barbero

Da: Da: Angelo d'Orsi
Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. 
Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.


La storia nasce come ricostruzione e riflessione sul potere. 
Tra la storia e la politica si stabilisce subito un nesso forte, al punto che v’è chi ha definito la storia la politica del passato e la politica la storia del presente. 
In altre parole, è impossibile occuparsi di storia eliminando la sfera politica.

                                                                           

domenica 28 novembre 2021

L’opera aperta di Marx: un pensiero della totalità che non si fa sistema - Fabio Ciabatti

 Da: https://www.carmillaonline.com - Fabio Ciabatti - Favilli Paolo insegna Storia Contemporanea all’Università di Genova.

Paolo Favilli, A proposito de “Il Capitale”. Il lungo presente e i miei studenti. Corso di storia contemporanea, Franco Angeli, Milano 2021, Edizione Kindle, pp. 535, € 35,99.

Marx non può essere considerato un classico. Sono troppe le passioni che ancora suscita la lettura dei suoi scritti per la radicalità della loro critica al sistema capitalistico. Ma c’è di più. Marx rimane un nostro contemporaneo per il carattere aperto della sua opera che, ancora oggi, ci consente di dipanare il filo dei suoi ragionamenti in molteplici direzioni utili per indagare le radici del nostro presente, anche al di là degli originari programmi di ricerca del rivoluzionario tedesco. Per comprendere questo carattere di apertura, sostiene Paolo Favilli nel suo ultimo libro A proposito de “Il capitale”, bisogna prendere in considerazione il rapporto tra la teoria marxiana e la storia, in un duplice senso. Da una parte bisogna comprendere fino in fondo la “fusione chimica” tra due dimensioni teoriche, quella economica e quella storica, che si intrecciano profondamente nella sua opera e in particolare ne Il capitale; dall’altra occorre capire come le vicende storiche concrete, e in particolare quelle del movimento operaio, abbiano inciso sulla ricezione, l’interpretazione e l’utilizzo del testo marxiano.

Per quanto riguarda il primo punto, bisogna partire dal fatto che per Marx dietro a ogni categoria, anche la più astratta,  c’è sempre una realtà concreta storicamente determinata, mai una realtà universale e eterna. La ricerca della logica specifica dell’oggetto specifico non può prescindere da un’incessante messa a punto degli strumenti concettuali che, per essere adeguati, devono con continuità consumare produttivamente una grande quantità di dati empirici.

giovedì 18 novembre 2021

Dal 2030 il mondo sarà meraviglioso secondo l’Agenda Onu - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Il mondo prospettato dall’Agenda dell’Onu 2030 prefigura un mondo veramente realizzabile? 

Il clima farsesco e grottesco in cui stiamo vivendo non mi suggerisce un incipit serioso, ma accende in me il ricordo di un vecchio film con Aldo Fabrizi nel quale si cantava “È Pasqua, è Pasqua, noi siamo tutti buoni, l’autore, il regista, il pubblico e Carloni”. In effetti, è proprio così: finita la pandemia grazie ai vaccini (?), abbiamo imparato e ci avviamo verso la costruzione di un mondo sostenibile, privo di povertà, di conflitti, solidale, affratellato, carico di comprensione per tutti. È questo il mondo che ci aspetta e che viene dettagliatamente descritto nell’Agenda Onu 2030, alquanto carente tuttavia riguardo ai mezzi, agli strumenti con i quali potremmo renderlo concreto. Essa così si autodefinisce: l’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile. Un piano d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità, sottoscritto il 25 settembre 2015 da 193 paesi delle Nazioni unite, tra cui l’Italia, per condividere l’impegno a garantire un presente e un futuro migliore al nostro pianeta e alle persone che lo abitano. Essa si propone il raggiungimento entro il 2030 di 17 obiettivi tra loro interconnessi.

Vale la pena citarli, anche perché richiamano alla mente le famose 17 contraddizioni individuate da David Harvey nel Capitale, solo cancellando le quali sarebbe possibile e con fatica realizzare i fatidici obiettivi. Una coincidenza? vedremo. Vale la pena menzionarli. 1) sconfiggere la povertà (mi pare dovesse esser già stato fatto entro il 2020); 2) sconfiggere la fame (idem); 3) salute e benessere (si è visto quanto sono stati importanti nell’attuale fase pandemica in cui 10 Stati detengono l’80% delle dosi vaccinali); 4) istruzione di qualità, trasformando però l’educazione in merce; 5) parità di genere (ottimo conflitto verso cui scaricare le tensioni scaturenti da tutti gli altri); 6) acqua pulita e servizi igienico-sanitari (mantenendo di acqua in mano alle transnazionali); 7) energia pulita e accessibile (la transizione ecologica sempre altamente inquinante); 8) lavoro dignitoso e crescita economica (magari distruggendo qualche altro diritto); 9) imprese, innovazione e infrastrutture (a vantaggio di chi?); 10) ridurre le disuguaglianze (che però crescono a dismisura); 11) città e comunità (ormai meri agglomerati invivibili); 12) consumo e produzione responsabili (senza pianificazione?); 13) lotta al cambiamento climatico (già oggi sappiamo che se ne parla al 2050); 14) vita sott’acqua; 15) vita sulla terra (l’agronegozio?); 16) pace, giustizia e istituzioni solide (costruendo qualche sottomarino nucleare e violando ogni giorno il diritto internazionale?); 17) partnership per gli obiettivi (avvantaggiando i privati con i soldi degli Stati).

martedì 16 novembre 2021

Sulla meccanica aristotelica - Giorgio Israel

Da: Giorgio Israel - Matematica, Fisica e Bellezza! - Giorgio Israel (Roma, 6 marzo 1945Roma, 25 settembre 2015) è stato uno storico della scienza ed epistemologo italiano. Membro della Académie Internationale d'Histoire des Sciences e professore dell'Università di Roma La Sapienza, è stato autore di più di 200 articoli scientifici e 30 volumi, nei quali ha esplorato il ruolo della scienza nella storia della cultura europea e ha condotto una critica dell'idea di razionalità matematica e del meccanicismo.

"Io credo che il vero scopritore del metodo scientifico non sia stato Galileo, ma la Filosofia greca, poiché è stata la prima a parlare di "intelligibilità dell'Universo", senza la quale sarebbe inutile qualunque forma di studio della Fisica. Galileo ha reso più sofisticato e moderno il metodo sperimentale, ma la Filosofia greca lo ha reso possibile. Trovo che Aristotele dovrebbe in effetti essere molto più apprezzato. Spesso la sua Fisica viene liquidata come "un cumulo di sciocchezze", mentre un cumulo di sciocchezze le dice chi perpetra questa liquidazione. Ad es., vero è che Aristotele dice che l'aria non pesa, ma lo dice dopo aver fatto l'esperimento. Aristotele difetta non nell'effettuazione dell'esperimento, ma nell'interpretazione del medesimo. Ho apprezzato sopratutto l'ultima parte del video, in cui si dice che la "matematizzazione" dell'Universo non è dimostrabile: spero che la gente si convinca sempre di più che, in sostanza, l'attività scientifica si basa sui dei veri e propri ATTI DI FEDE. 
Piccoli appunti: 
a) Il cosiddetto PRINCIPIO D'INERZIA non è un Principio, ma un teorema del Principio fondamentale; 
b) Dal punto di vista fisico è più corretto dire ma = f, anziché il contrario, perché nelle leggi fisiche la causa si mette sempre al 2° membro, e la Fisica DEVE distinguere fra causa e effetto, la Matematica no. 
c) Il Principio d'inerzia è comunque stato formulato per la prima volta né da Aristotele, né da Newton, ma da Democrito, le cui dottrine purtroppo sono state imbastardite da Epicuro prima, e da Lucrezio poi, come nota Enriques nella sua bellissima Storia del pensiero scientifico." 
(Giorgio Israel) 
                                                                           

sabato 13 novembre 2021

Se Marx fosse stato… - Marco Veronese Passarella

 Da: https://www.marcopassarella.it - Marco Veronese Passarella è docente di economia presso la Leeds University. 

…uno di “quelli del lavoro vivo”

Se Marx avesse sviluppato fino in fondo la categoria di “lavoro diretto”, accantonando quella di “lavoro morto” cristallizzato nei mezzi di produzione, vi sarebbe stata un’implicazione di rilievo per la definizione del saggio generale del profitto e delle relative componenti.

Come è noto, il saggio generale del profitto è definito da Marx come: 

dove S  è la massa totale di plusvalore erogato nella produzione (ipotizzando, per semplicità, un coefficiente di rotazione unitario), C è il nuovo capitale costante impiegato nel processo produttivo e V è il capitale variabile. Sempre per semplicità, possiamo ipotizzare che l’unità di misura nominale sia stata definita in modo tale che l’espressione monetaria del tempo di lavoro sociale necessario sia unitaria, dato il prodotto per unità di lavoro.

mercoledì 3 novembre 2021

IMPERIALISMO E SOCIALISMO IN ITALIA - Vladimir Lenin (1915)

Da: https://contropiano.org/documenti/2018/11/03/il-centenario-del-grande-massacro-non-ce-nulla-da-festeggiare- Pubblicato sul «Kommunist» N° 1-2, 1915 [LENIN, Polnoe sobranie sočinenij, 5°ed., Moskva 1962; vol. 27, pagg.14-23 – traduzione di fp]. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete - https://www.marxists.org - [Archivio Lenin] -

La conferenza delle sezioni estere del Partito operaio socialdemocratico russo - Vladimir Lenin  https://www.marxists.org/italiano/lenin/1915/primav/posdrest.htm 

Il socialismo e la guerra - Vladimir Lenin (1915) 

Marxismo e revisionismo - Vladimir Lenin (1908) 

Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale*- Vladimir Lenin (1917) 

Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale - Lenin

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo 

Socialismo e rivoluzione nella concezione di Rosa Luxemburg - Lelio Basso 


Per l’interpretazione di quelle questioni che l’attuale guerra imperialista ha posto di fronte al socialismo, non è superfluo gettare uno sguardo sui diversi paesi europei, per imparare a isolare le modificazioni nazionali e i dettagli del quadro complessivo, da ciò che è basilare e sostanziale. Dal di fuori, dicono, le cose sono più evidenti. Perciò, quante meno analogie tra Italia e Russia, tanto più interessante, sotto certi aspetti, è paragonare imperialismo e socialismo in entrambi i paesi.

Nella presente nota abbiamo intenzione soltanto di evidenziare il materiale che offrono su questa questione le opere, uscite dopo l’inizio della guerra, del professore borghese Roberto Michels: «L’imperialismo italiano» e del socialista T. Barboni: «Internazionalismo o nazionalismo di classe?» (Il proletariato d’Italia e la guerra europea ). Il ciarliero Michels, rimasto superficiale come nelle altre sue opere, sfiora appena il lato economico dell’imperialismo, ma nel suo libro è raccolto un materiale di valore sulle origini dell’imperialismo italiano e su quel passaggio che costituisce la sostanza dell’epoca contempo­ranea e che, in Italia, ha un particolare risalto e precisamente: il passaggio dall’epoca delle guerre di liberazione nazionale all’epoca delle guerre imperialiste di rapina e reazionarie. L’Italia democratico-rivoluzionaria, vale a dire rivoluzionaria-borghese che abbatteva il giogo dell’Austria, l’Italia dell’epoca di Garibaldi, si trasforma definitivamente sotto i nostri occhi nell’Italia che opprime altri popoli, che saccheggia Turchia e Austria, nell’Italia di una borghesia rozza, reazionaria in misura rivoltante, sporca, che sbava per la soddisfazione di esser stata ammessa alla spartizione del bot­tino. Michels, come ogni altro decoroso pro­fessore, reputa, s’intende, «obiettività scientifica», il suo servilismo di fronte alla borghesia e definisce questa divisione del bottino una «spartizione di quella parte del mondo rimasta ancora nelle mani dei popoli deboli» ( p. 179). Respingendo in modo sprezzante, come «utopistico» il punto di vista di quei socialisti ostili a ogni politica coloniale, Michels ripete i ragionamenti di quanti ritengono che l’Italia «dovrebbe essere la seconda potenza coloniale», cedendo il primato alla sola Inghilterra, per densità di popolazione e vigore del movimento migratorio. Per quanto riguarda il fatto che in Italia il 40% della popo­lazione sia analfabeta, che ancor oggi vi scoppino rivolte per il colera, ecc. ecc., questi argomenti vengono contestati basandosi sull’esempio dell’Inghilterra: non era forse essa il paese della incredibile desolazione, dell’abiezione, della morte per fame delle masse operaie, dell’alcolismo, della miseria e della sozzura mostruose nei quartieri poveri delle città, nella prima metà del XIX secolo, quando la borghesia inglese gettava con così grande successo le basi della propria attuale potenza coloniale?