Da: http://www.dialetticaefilosofia.it - www.ilgiardinodeipensieri.eu - Questa Introduzione accompagna la Sintesi dei Lineamenti della Filosofia del Diritto di Hegel, condotta sulla edizione italiana curata da V. Cicero (Rusconi, Milano 1996). -
Carla Maria Fabiani, Università del Salento. Department of Humanities - dialettica.filosofia - FRANCESCO-VALENTINI
Leggi anche: Da
Hegel a Marx: fenomenologia dello Stato moderno capitalistico - Carla
Maria Fabiani
IL
PROBLEMA DELLO STATO IN KARL MARX - CARLA MARIA FABIANI
La
dialettica di Hegel. Origine, struttura, significato... - Roberto
Finelli
Tutta la Filosofia del diritto è Scienza del diritto. Come dice Hegel, è l’Idea del Diritto; cioè è la
realtà oggettiva (i rapporti oggettivi quali la proprietà, l’azione morale, la famiglia, la società civile,
lo Stato) che lo Spirito (di un popolo) produce nella Storia ed è al contempo l’esposizione adeguata
di questa realtà che si mostra intimamente razionale (arrivati alla fine del suo sviluppo storico
possiamo esporne tutte le tappe, cogliendo il senso di questa totalità ormai dispiegata). Il cammino
dello Spirito nel mondo è un cammino di Libertà; la realizzazione e la comprensione della Libertà è
il contenuto filosofico della scienza del diritto.
E’ una parte del sistema filosofico hegeliano collocata all’interno della filosofia dello Spirito (è lo
spirito oggettivo); è il cammino etico intrapreso dallo Spirito oggettivo.
Si articola in tre parti: Diritto astratto, Moralità ed Eticità. Per Hegel il vero è l’intero; dunque la
verità dell’eticità è tutto il percorso etico, dall’astratto al concreto, articolato in momenti, ognuno
dei quali si presenta autonomo dall’altro, ma, secondo il metodo dialettico, si toglie e si conserva
nell’altro.
E’ importante considerare i tre momenti della filosofia del diritto (diritto astratto, moralità, eticità)
come momenti organici, i quali hanno ognuno un loro particolare diritto, che venendo a un certo
punto in contraddizione con se stesso passa in quello successivo, logicamente più esplicativo e
realmente più elevato.
L’ordine che Hegel dà all’esposizione d’altra parte non coincide - e ce lo dice lui fin da subito - con
l’ordine che si presenta nella realtà: è anzi l’esatto opposto. I concetti (le categorie del diritto)
vengono esposti a partire da quelli più astratti fino ad arrivare a quelli più concreti e organici;
viceversa nella realtà le figurazioni (le forme reali che il diritto assume nella storia) più astratte e
semplici esistono e sussistono solo all’interno di quelle più concrete. Il compito della filosofia del
diritto è quello di comprendere l’oggettività che lo Spirito produce nella storia; comprenderla come
prodotto dello Spirito e come realtà oggettiva massimamente sensata e razionale. La forma della
comprensione, per così dire, percorre la strada inversa rispetto a quella della realtà. Beninteso,
secondo Hegel, le due strade (una all’insù e l’altra all’ingiù) sono la stessa.
Il principio essenziale della sfera del Diritto astratto è la ‘persona’; la realtà più concreta in cui si
trova ad operare la persona è il contratto di proprietà. La persona si trova in rapporto con altre
persone proprio per via della proprietà esercitata sulle cose. L’arbitrio è il massimo grado di libertà
presente in questa prima sfera etica, che, al dunque, si rivela fortemente contraddittoria. Così come
il contratto viene stipulato arbitrariamente, così arbitrariamente può essere rotto e non rispettato da
uno dei due contraenti.
Si passa dialetticamente alla Moralità (c’è una negazione del contratto rappresentata dall’arbitrio-illecito e c’è la negazione della negazione, rappresentata dalla punizione dell’illecito-delitto). Nel
momento del Diritto astratto la punizione della persona piega il diritto sulla soggettività, ma lo
piega in modo non completamente positivo (la punizione ristabilisce l’intero etico, però punisce
proprio l’arbitrio); da questa condizione non pienamente stabile si passa a una categoria etica più
alta e più comprensiva: la Moralità. La soggettività prende coscienza di sé diventando il principio
motore dell’etica. L’azione morale del soggetto è il centro della discussione ed è, a questo livello, il
nodo etico-kantiano fondamentale. Il giudizio morale, il rapporto tra il soggetto e il Bene, tra il
soggetto e il Male, l’interiorità del soggetto, la realtà con cui quest’interiorità viene a scontrarsi,
sono il contenuto fondamentale della trattazione morale del Diritto.
Come si passa e perché si passa all’Etica? E cioè perché si passa alla scienza dello Stato?
Lo Stato, secondo Hegel, è la realtà etica realizzata. E’ il rapporto dello Spirito di un popolo con sé
stesso, è la produzione consapevole della vita del popolo. Il vero soggetto perciò è lo Spirito, non il
soggetto morale, tutto chiuso in sé stesso ed estraniato da una realtà - quella storica - che non riesce
proprio a comprendere, che lo mette anzi in difficoltà, stravolgendo la sua azione morale che tende
a un Bene considerato come un dover essere, che, per definizione, non è essere.
Lo Stato è invece l’ESSERE dello Spirito oggettivo; la sua più alta produzione reale e razionale
insieme.
Lo Stato è Sistema organico. E’ un’articolazione viva, nella quale sono presenti e si riproducono la
famiglia (con la sua etica della riproduzione), la società civile (con la sua etica del lavoro) e lo Stato
stesso con la sua etica ricomprensiva delle altre due. Un’etica che riproduce e sa di riprodurre un
Bene comune reale; lo sistema, mediando le sue interne articolazioni, creando la moderna società
politica (la costituzione, i rapporti fra i poteri, etc.), la quale sa e vuole essere un organismo reale,
pieno di vita, ma anche un sistema, ossia una realtà razionale e sensata, una totalità concreta che
abbia come principio interno la realizzazione del bene comune, saputo e voluto da tutti, in quanto
cittadini.
L’etica dello Stato (singolo) però si rivolge necessariamente nei confronti dell’etica degli altri Stati,
dando luogo alla storia del mondo, a un teatro etico-politico mondiale; necessariamente superiore a
quello nazionale.
Sintesi della Introduzione di V. Cicero
I Lineamenti furono pubblicati a Berlino nell’ottobre del 1820 (anche se datati ’21). Sono la summa
del pensiero etico-politico hegeliano. E’ l’ultima opera in volume pubblicata da Hegel (non tenendo
conto delle due edizioni dell’Enciclopedia del 1827 e del ’30; la prima è del 1817) nell’ultimo
periodo della sua vita, quello berlinese (1818-’31). Nel 1833 a Berlino nella 2° edizione dei
Lineamenti sono state inserite le cosiddette ‘aggiunte’ da E. Gans, sulla base degli appunti di due
allievi di Hegel (Hotho e Griesheim).
I Lineamenti da allora in poi e per tutta la seconda metà dell’Ottocento vennero considerati dai
critici hegeliani come la prova del carattere reazionario e prussiano del pensiero politico di Hegel.
Unica eccezione fu Marx (cfr. la difesa del ‘cane morto’ nel poscritto alla II ediz. del Capitale, I
libro). Oggi piuttosto si accentuano i caratteri liberali e ‘progressisti’ del pensiero politico hegeliano
alla luce della pubblicazione delle Nachschriften (appunti trascritti da allievi, etc.). Altre opere
hegeliane parlano di diritto e di politica e di Stato, però la Filosofia del diritto del ’20 ha una sua
originalità anche per la forma dell’esposizione e per la sua collocazione all’interno del sistema. Si
può comunque dire che il suo contenuto e la posizione di Hegel al riguardo non si distacca dalle
altre opere giuridico-politiche (questo lo afferma con forza anche Valentini). C’è un’unitarietà del
pensiero politico di Hegel. Della stessa opinione non è invece Merker (cfr. la posizione di Hegel nei
confronti della Rivoluzione francese).
I Lineamenti sono un compendio speculativo di filosofia del diritto. Già nell’Enciclopedia del ’17
Hegel aveva realizzato questo compendio articolato in paragrafi seguiti da annotazioni esplicativodigressive.
Stiamo appieno nella scienza e nel sistema, esponiamo una parte del sistema (lo Spirito oggettivo
come Diritto, come Libertà in quanto Idea) e lo esponiamo con un metodo interno alla scienza
speculativa: esposizione brachilogica delle linee fondamentali del processo dialettico di sviluppo
dell’Idea di Libertà, che in ultima istanza si identifica appieno con lo Spirito oggettivo assoluto cioè
con lo spirito del mondo.
La brachilogia (parlare per discorsi brevi, cfr. Socrate), pone in evidenza gli aspetti essenziali delle
cose. L’Enciclopedia e i Lineamenti ne sono un esempio. L’una è l’esposizione del sistema stesso,
gli altri sono una parte del sistema. La costruzione di entrambi si basa sulla distinzione in paragrafi,
che sono le parti in cui viene esposta la teoria ad un alto livello di astrazione (esoterica) e in
annotazioni che illustrano esempi concreti (essoterici).
Oggetto dell’Enciclopedia è l’Idea (1) assoluta nel suo intero processo di autodeterminazione
durante il quale attraversa i diversi stadi del suo sviluppo: Logica, Natura, Spirito.
Oggetto dei Lineamenti è l’autodeterminazione dell’Idea assoluta come Spirito oggettivo (stadio
intermedio tra Spirito soggettivo e Spirito assoluto). Lo Spirito oggettivo è lo sviluppo della libertà
dell’Idea assoluta: a partire dalla sua volontà, libera solo astrattamente, fino alla sua esistenza libera
e universale in sé e per sé che, in ultima istanza, si identifica con lo Spirito universale del mondo.
Se la Fenomenologia dello Spirito prefigura il sistema (è un’introduzione al sistema che si
autotoglie, in quanto conduce la coscienza filosofica dalla totale mancanza alla piena
consapevolezza di poter fare scienza) e la Logica è la protofigurazione del sistema stesso (è la
forma, lo ‘stampo’ più astratto, nel quale ritrovare però tutti i passaggi), trattato poi
brachilogicamente nell’Enciclopedia; la scienza del diritto allora, come parte del sistema,
presuppone la Logica e l’Enciclopedia stessa. Valentini dice al proposito che Fenomenologia,
Scienza della logica e Filosofia del diritto sono differenti livelli di astrazione che, al fondo, trattano
delle stesse cose.
La scienza del Diritto non dimostra il diritto in quanto tale, ma segue il suo sviluppo e la sua
autodeterminazione. Il concetto di diritto è un presupposto dato, cioè dimostrato al di fuori della
filosofia del diritto. La dimostrazione avviene all’interno del sistema nel suo complesso, nel
passaggio dallo Spirito soggettivo allo Spirito oggettivo. L’esistenza del diritto, inoltre, costituisce
quasi una seconda natura per lo Spirito, il quale non deve dimostrare ciò che ‘per natura’ è
acquisito e dato; deve piuttosto riappropriarsi di un suo prodotto, il diritto appunto, riconoscendolo
come tale. La filosofia del diritto è anche questo cammino di riconoscimento spirituale.
Dice Hegel: "In generale, il Diritto è la Libertà in quanto Idea [unità di concetto e realtà]" cioè la
libertà nel suo massimo grado di razionalità-realtà; Libertà realizzata (nello Stato e nello Spirito del
mondo) concepita razionalmente.
"Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale". Vediamo cosa vuol dire questo celebre
chiasma (2) hegeliano, presente nella Prefazione ai Lineamenti.
La conoscenza razionale della libertà - il Diritto come scienza - cioè il suo concetto assoluto (l’Idea)
è una realtà sensata, presente nel tempo e nella storia (come Stato e Spirito del mondo = Spirito
oggettivo); d’altra parte, la realtà (la realizzazione della libertà nella storia) è massimamente
conoscibile, ha un senso non accidentale, ma vero e sostanziale (nel Diritto).
La scienza del Diritto è l’autoesposizione che lo Spirito oggettivo (3) fa del suo percorso di
determinazione nella storia attraverso le tappe del Diritto astratto o formale, della Moralità e
dell’Eticità. Lo Spirito oggettivo realizza la Libertà che è il contenuto proprio del Diritto. Ogni
stadio di realizzazione della libertà ha un suo diritto, che diventa assoluto nella storia del mondo. Il
Diritto formale può anche essere hegelianamente definito come libertà in sé, la Moralità come
libertà per sé e l’Eticità come libertà in sé e per sé (4). Ogni stadio è risultato concettuale e verità
degli stadi anteriori e contemporaneamente precede nel tempo la loro figurazione autentica.
Facciamo un esempio: la famiglia e la società civile precedono concettualmente (nell’esposizione
della filosofia del diritto) lo Stato, in quanto esso risulta dal loro concetto (capiamo lo Stato solo
dopo aver compreso famiglia e società civile) che nello Stato si invera (il concetto di Stato
ricomprende quello di famiglia e società civile); ma la famiglia e la società civile non esistono
prima o separatamente dallo Stato, viceversa esistono solo in esso; dunque esistono nella loro verità
in quanto esiste lo Stato.
La filosofia del diritto comunque culmina nell’esposizione dell’eticità dello Stato, che si conclude
con la storia del mondo, andando al di là dell’orizzonte ‘nazionale’ dei singoli Stati, Nella forma
statuale l’Idea di Libertà è pienamente realizzata. "[…] La scienza dello Stato, non dev’essere
nient’altro che il tentativo di comprendere concettualmente lo Stato e di esporlo come qualcosa di
intimamente razionale. […] [non] come dev’essere lo Stato, ma […] in che modo esso, che è
l’universo etico, dev’essere conosciuto"
La dimensione razionale che Hegel dà così alla storia (dei singoli Stati) prospetta quella sua
filosofia della storia tesa a riconciliare la transitorietà degli avvenimenti storici (il mattatoio, cioè la
bruta accidentalità della storia) con una intrinseca razionalità propria del procedere storico dello
Spirito assoluto, che, in età moderna, avrebbe conquistato la piena consapevolezza di sé, dunque la
piena libertà di comprendere il proprio agire intimamente razionale.
Conclusioni sintetiche
La struttura dell’opera, come si è visto, è tripartita: diritto astratto, moralità, eticità. Lo sviluppo è
dialettico: viene posta una categoria astratta, la quale a un certo punto si contraddice da sé passando
logicamente a una categoria più concreta che la toglie e la conserva al contempo.
Dalla considerazione del diritto astratto (che prende a tema solo il rapporto di contratto fra persone,
riguardo il possesso-proprietà delle cose), si passa alla moralità (che individua il rapporto ben più
concreto che il soggetto autocosciente instaura con il mondo esterno, agendo secondo il principio
astratto del Bene o dover-essere), per arrivare infine a quell’universo etico che è lo Stato, in cui le
precedenti sfere del diritto vigono effettivamente, ma non come autonome, piuttosto come
relazionate fra loro e subordinate a quell’interesse superiore che è la vita politica dell’organismo
statuale (la Costituzione).
Lo Stato è sistema organico; ossia è lo stesso organismo civile che si mantiene nella consapevolezza
di essere un tutt’uno, un’unità coesa e non frammentata o in preda a egoistici particolarismi.
E’ Spirito di un popolo che sa e vuole se stesso come la continua produzione e conservazione
dell’interesse comune nazionale. D’altra parte lo Stato è un’individualità in rapporto ad altri Stati.
Lo Spirito di un popolo non procede da solo nella storia del mondo, anzi vi è essenzialmente
immerso come uno dei protagonisti, l’insieme dei quali contribuisce a creare un quadro etico
internazionale.
La Filosofia del Diritto (nei Lineamenti) è anche l’esposizione di un cammino di Libertà; di come,
in età moderna, si sia arrivati a una condizione tale dello Spirito che l’uomo può dirsi pienamente
libero; libero di comprendere il suo mondo, libero di sentirsi a casa propria nel mondo e nel mondo
come a casa propria.
Il ruolo della filosofia, secondo Hegel, riveste un carattere perciò teoretico ed etico al contempo;
l’Idea di libertà è saputa e voluta dalla coscienza, nella misura in cui non è un mero concetto, ma è
una realtà effettivamente vigente.
Sottolineiamo alcune questioni aperte. A parte le critiche mosse a Hegel contro la logica stessa del
suo metodo (contro i suoi passaggi dialettici considerati piuttosto come dei mancati passaggi; dei
passaggi che surrettiziamente presuppongono ciò a cui si dovrebbe passare), rimane aperto, nella
sua concezione etica dello Stato e della politica, il problema della plebe e il problema della
ricchezza (della ricca società civile che però non è ricca abbastanza). Il passaggio perciò dalla
società civile alla corporazione-Stato è un passaggio che appare molto difficoltoso nella sua
effettiva realizzazione. (Si veda la posizione di Valentini.)
Un’altra questione aperta è il problema della modernità dello Stato politico hegeliano; fino a che
punto il suo Stato sia pre-Rivoluzione francese o post-Rivoluzione.
In generale, si può dire che la complessa concezione hegeliana della politica (cioè dei rapporti
politici scaturiti dal passaggio dalla società civile allo Stato e alla costituzione) ha un fondamento
etico-filosofico nella misura in cui ricomprende in sé non solo la consapevole riproduzione della
persona di diritto, ma anche del suo mondo morale, della sua autocoscienza immersa, seppure
contraddittoriamente, nell’azione morale viva e sensata. Approda infine a un’etica universale nella
quale, dice Hegel, l’uomo moderno realizza appieno la sua aspirazione alla libertà e alla razionalità.
L’esempio hegeliano potrebbe essere, a scopo didattico, messo a confronto con quello platonico
(con l’ethos greco rappresentato dalla Repubblica, la giustizia come essenza di una formazione
politica, etc.), ma anche con quello aristotelico, soprattutto in riferimento al ruolo attribuito da
Hegel a quel ceto medio, grazie al quale l’articolazione dello Stato sembra reggersi in ordinato e
consapevole equilibrio.
Inoltre, accurati riferimenti potrebbero essere fatti a proposito del rapporto Hegel-Marx; oppure alla
critica hegeliana al giusnaturalismo-contrattualismo; alla critica di Hegel al dover essere kantiano,
etc.
Nota Bibliografica sui commentatori dei "Lineamenti"
• Eugène Fleischmann, La philosophie politique de Hegel (commentarire), Paris Libraire Plon
1964
• Francesco Valentini, "Hegel e il mondo della ricchezza", Annali della Facoltà di lettere e
filosofia dell’Università di Cagliari, Nuova serie, X (XLVII) 1989
• Francesco Valentini "Aspetti della ‘società civile’ hegeliana", "Giornale critico della
filosofia italiana" fondato da Giovanni Gentile, Terza serie, vol. XXII, anno XLVII,
Gennaio-Marzo 1968, Fascicolo I, Firenze, Sansoni Editore, p.92-112
• Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Il dominio della politica, a cura di N. Merker, Roma,
Editori Riuniti, (1980) 1997
• Domenico Losurdo Hegel e la libertà dei moderni, ER Roma 1992
• AAVV Individuo e modernità (saggi sulla filosofia di Hegel), a cura di M.D’Abbiero e P.
Vinci Guerini e Associati Milano 1995
• Hegel, Dizionario delle idee, a cura di N. Merker, Roma, ER, 1996.
Fleischmann commenta sinteticamente tutta la filosofia del diritto di Hegel con linguaggio piano
ed essenziale. Il breve commentario è in francese. Per chi lo conosce non è difficile leggerlo. (Qui è
stato usato soprattutto per spiegare l’illecito nell’ambito del diritto astratto). Quello che viene messo
in evidenza da Fleischmann è il percorso di Libertà presente nella filosofia del diritto hegeliana.
Valentini nei suoi due scritti afferma sostanzialmente che la Filosofia del diritto di Hegel, la
concezione etica che Hegel ha del diritto, della società, della politica e dello Stato è unitaria nel
corso di tutta la sua vita. Non c’è un Hegel segreto rispetto a un Hegel pubblico; come non c’è un
Hegel che da giovane aderisce allo spirito rivoluzionario francese per poi, nella vecchiaia, diventare
l’ideologo dello Stato prussiano. Il giudizio sulla Rivoluzione Francese è, come al solito, di
‘tesaurizzazione’: da una parte la Rivoluzione Francese libera assolutamente l’uomo, dall’altra però
(con il Terrore) ribalta nella pura negatività la Libertà assoluta (universalmente dichiarata e
realizzata). La volontà diventa la furia dissolvitrice di ogni diritto particolare, dell’articolazione
stessa del diritto come di un tutto organico e vivo. C’è solo la volontà, che si realizza negando ogni
realtà diversa dalla sua condizione di massima astrazione.
La Filosofia del diritto è scienza; è comprensione scientifica del reale ad un livello di astrazione
maggiore rispetto alla Fenomenologia dello Spirito e minore rispetto alla Scienza della Logica. I
contenuti, però, sono gli stessi.
Certo Hegel dà giudizi sulla storia, ma non pretende di chiudere la realtà in un ‘modello’. Prova ne
è la sua concezione critica e non pienamente etica della plebe, la quale, prodotto contraddittorio
della società civile, non viene pienamente tesaurizzata nell’ambito dell’etica statuale. Non viene
addomesticata da nessun modello statuale reale o scientifico-ideale.
Merker, nell’introduzione alla sua antologia, mette al contrario in evidenza come la critica di Marx
a Hegel (1843 Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico) abbia colto nel segno, nella
misura in cui lo Stato hegeliano rimane un problema aperto perché, pur inserendosi nella modernità,
è il portato di istituzioni e residui feudali pre-Rivoluzione francese. Si veda a questo proposito la
concezione hegeliana della costituzione ‘per ordini’. Per quanto in Hegel la politica sia il principio
di spiegazione della realtà storica moderna, non è ancora presente nella sua teoria il rapporto
politico specificamente moderno fra ‘classi’ e partiti e cioè non è presente la moderna nozione di
rappresentanza politica. Per Hegel la monarchia costituzionale è la più alta forma di realizzazione
statuale dello Spirito di un popolo.
Losurdo prende a tema il pensiero etico-giuridico hegeliano da vari punti di vista. E’ certamente, il
suo, un lavoro specialistico e interno all’opera di Hegel. Tuttavia si possono isolare dei capitoli utili
anche a fine didattico perché riassumono con linguaggio scorrevole la maggior parte delle posizioni
critiche più recenti; mettono in rapporto Hegel con Kant, Hegel con Marx e con Engels;
ripercorrono l’ambiente e le condizioni storiche in cui Hegel lavorava e scriveva, i suoi rapporti con
la censura, etc. Danno uno spessore alto alla concezione della Libertà in Hegel tirandolo fuori dai
soliti luoghi comuni.
La raccolta di scritti curata da D’Abbiero e Vinci non è incentrata tutta sulla Filosofia del diritto.
Segnaliamo il prezioso scritto di Valentini sulla concezione hegeliana dell’Illuminismo e della
Rivoluzione Francese, con riferimenti precisi alla Fenomenologia dello Spirito, ma con
collegamenti sostanziali alla Filosofia del diritto. Comunque ci sono anche scritti specialistici ma
brevi sulla filosofia del diritto, non tutti italiani (B. Bourgeois, H.H. Holz, C. Cesa, L. Sichirollo, F.
Chiereghin).
Infine è molto utile l’utilizzo del Dizionario su Hegel a cura di Merker per chi non ha molta
familiarità con il linguaggio idealistico-hegeliano, non sempre deducibile e ricostruibile a partire dal
manuale o dalla lettura solo di una sua opera.
Note
(1) L’Idea in Hegel è innanzitutto la Realtà dello Spirito, giunta al suo più alto grado di
consapevolezza. Realtà che ricomprende in sé la forma con la quale lo Spirito si pensa (la Logica),
l’altro dello Spirito (la Natura) e lo Spirito stesso in quanto soggetto, oggetto e unità di entrambi
nello Spirito assoluto (arte, religione e filosofia).
(2) Il chiasma è una figura retorica che solitamente unisce due enunciati uguali e contrari; nel primo
si pone una connessione fra due termini che nel secondo viene rovesciata: A è B e B è A. Beninteso,
la struttura ‘a croce’ fra A e B affermata dal chiasma può anche presentarsi come un’affermazione
(nel primo enunciato) e una negazione (nel secondo): A è B ma B non è A. La formulazione del
chiasma può presentarsi perciò in diversissime combinazioni.
(3) Che cos’è lo Spirito? Nella Filosofia del diritto Spirito è innanzitutto intelligenza, dice Hegel,
ma è anche una realtà, di cui si può parlare in quanto persona capace di proprietà, eticità, religione,
etc.
Il processo reale che lo Spirito percorre nella storia, è causa sui. Lo Spirito è tale solo perché si
autodetermina come Spirito, come la sostanza (spinoziana) consapevole della propria soggettività
(IO=IO). Lo Spirito hegeliano, si può dire, è l’unità della concezione spinoziana con quella
propriamente fichtiana: [A=A] = [IO=IO].
Lo Spirito è la produzione stessa della realtà (umana e storica), la quale non rimane esterna
all’intelligenza, ma si fa consapevole di sé, fino a sapere e volere se stessa come unità di soggetto e
oggetto. L’esteriorità non è più tale per lo Spirito; nella storia lo Spirito è a casa propria. "La natura
dello Spirito consiste nell’avere per legge del proprio Essere il "Conosci te stesso" e - poiché lo
Spirito comprende ciò che esso è - nel divenire lo Spirito stesso una figura più alta di questa che
costituiva il suo Essere" (p.565). Dunque lo Spirito è la Realtà stessa che prende coscienza di sé e sa
di essere il prodotto della propria attività; un prodotto che si presenta certamente come un oggetto
altro rispetto alla coscienza, all’intelligenza, al pensiero, etc., ma che nel cammino di realizzazione
scopre di essere il suo proprio altro.
Lo Spirito oggettivo, di cui qui si tratta, è dunque la Realtà oggettiva e storica dello Spirito che si
determina come popolo e Stato, come il prodotto consapevole della vita di un popolo, di uno Stato;
come, infine, il prodotto della vita dei popoli e degli Stati, in un quadro storico mondiale
(diventando così Spirito del mondo).
Nel Sistema hegeliano, lo Spirito, per definizione, è Spirito assoluto, il quale si dirime in tre
momenti: Spirito soggettivo, il quale ha a che fare solo con se stesso, Spirito oggettivo che ha a che
fare con un mondo (esterno) e Spirito assoluto (ultimo momento) che tesaurizza gli altri due,
culminando nella produzione filosofica vera e propria, cioè nella comprensione di tutta la Realtà
come di Sé e di Sé come di tutta la Realtà.
(4) Cfr. nota 4 del 2° file.
Nessun commento:
Posta un commento