giovedì 30 aprile 2020

Comanda il governo o comandano le classi dominanti? - Stefano G. Azzarà

Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica presso il Dipartimento di studi umanistici dell'Università di Urbino ed è direttore della rivista "Materialismo Storico" (materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com).


È stupefacente come l'egemonia liberale abbia prodotto un senso comune indiscusso a proposito della fenomenologia del potere.

Anche a sinistra, persino tra chi si professa marxista, si ritiene che la linea del potere divida ciò che è in alto da ciò che sta in basso e che il potere costituito e materializzato nelle istituzioni sia il potere reale e che dunque il governo comandi.

Si incalza perciò il governo a fare questo o quello e lo si deplora o loda come se dal governo dipendesse ogni male e dunque anche ogni bene, come se tutto dipendesse dalla sua volontà o mancanza di volontà o cattiva volontà.

Ma nel vostro paese, - per indicare una scala di misura che rende più riconoscibili le cose - comanda il sindaco o le forze e gli interessi che lo hanno portato all'elezione, e solo in seconda battuta il sindaco in quanto tale? E quanto dura questo sindaco quando comincia a pestare i piedi a qualche pezzo grosso?

Un governo comanda finché lo lasciano comandare e finché ne ha la forza, che gli viene da qualche forma di legittimazione.

Un governo, tanto più in una società capitalistica, è sempre prevalentemente espressione dei rapporti di potere che nascono nell'articolazione disuguale della società civile ed è a questo livello che si genera il potere veramente efficiente.

Un governo comanda nella misura in cui e fino a quando è espressione di questo potere, o meglio del patto federato che le parti di questo potere riconosciutesi come pari contraggono mediante un contratto.

La democrazia moderna, in questo senso, è stata esattamente lo sforzo di sottrarre il governo a questo arbitrio delle particolarità, che ancora nel XIX secolo esprimevano quasi direttamente il proprio comitato d'affari, esaltando l'universalita della sua forma e facendo sì che questa forma avesse la meglio sugli interessi privati dei grandi conglomerati sociali.

La forma dell'universalita che è comunque propria delle istituzioni, infatti, obbliga queste ultime a tener conto dell'interesse generale.

Da quel momento, governo è ciò che risulta dall'equilibrio relativo tra quella forma e gli interessi particolari espressi dal patto, una continua ed estenuante prova di forze.

Quando però questo conflitto permanente supera il livello di guardia, essa entra in contraddizione con questo potere reale o con gli elementi prevalenti di questo potere reale, da quel momento ogni governo è un governo che alla lunga è morto.

A meno che non riesca a mobilitare in chiave giacobina quell'interesse generale o quella alleanza di interessi che più gli si avvicina, cosa che non è facile e avviene raramente. Molto più facile è che questa alleanza venga mobilitata in chiave populistica, contro i propri stessi interessi, da quei poteri reali che voglio riprendersi la loro libertà d'azione e condizionamento ponendo limiti all'universalità.

È anche in questo modo che la democrazia moderna è stata smantellata, ormai diversi anni fa.

Guardiamo alle classi sociali, guardiamo alle classi dominanti, guardiamo a chi realmente comanda.

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