La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
sabato 23 dicembre 2023
La fine della democrazia moderna - Stefano G. Azzarà
giovedì 6 maggio 2021
Stefano G. Azzarà: "IL VIRUS DELL'OCCIDENTE" - a cura di Elena Fabrizio
domenica 24 febbraio 2019
VIANDANTI NEL NULLA - Marco Paciotti
Da: http://www.palermo-grad.com - marcopaciotti è redattore di lacittafutura.it
Leggi anche:
https://www.lacittafutura.it/dibattito/crisi-della-sinistra-ruolo-dei-comunisti-e-restaurazione-neo-liberale-intervista-a-stefano-g-azzara
Questione nazionale e «fronte unico» Zetkin, Radek e la lotta d’egemonia contro il fascismo in Germania - Stefano G. Azzarà
In un testo pubblicato lo scorso autunno presso Mimesis Stefano Azzarà, con scrupolo critico, polemizza con tale posizione, mostrandone l’inconsistenza sul piano storico-filosofico a partire dall’analisi del dibattito avvenuto nell’estate del 1923 tra alcuni esponenti della Kommunistische Partei Deutschland (tra cui spiccano le figure di Karl Radek e Paul Fröhlich) e i teorici del movimento völkisch Arthur Moeller van der Bruck[1] e Ernst Reventlow. Lo scambio, descritto dall’autore come un “dialogo tra sordi”, viene presentato in una nuova traduzione di Azzarà nella seconda parte del libro.
martedì 14 dicembre 2021
Il revival del pensiero magico nel dibattito pubblico: tra No Vax e Censis - Stefano G. Azzarà
sabato 16 marzo 2019
Comunisti, fascisti e questione nazionale
Relatori: Stefano Azzarà (Università di Urbino), Alessandro Monchietto (ANPPIA), Bruno Segre (presidente ANPPIA)
Leggi anche: Questione nazionale e «fronte unico» Zetkin, Radek e la lotta d’egemonia contro il fascismo in Germania - Stefano G. Azzarà
Le prospettive di una evoluzione mondiale - Trotsky(1924)
https://www.marxists.org/archive/luxemburg/1909/national-question/index.htm
Fascismo. Misurare la parola. - Palmiro Togliatti
Internazionalismo e questione nazionale nel pensiero di Gramsci - Salvatore Tinè
Dopo decenni di entusiasmo per la globalizzazione e l’unificazione europea, l’emergere dei movimenti sovranisti e populisti sembra rendere di nuovo attuale la questione nazionale ed evoca la suggestione di un blocco trasversale di contestazione del capitalismo neoliberale che unisca tutti i “ribelli”, lasciandosi alle spalle l’alternativa tra destra e sinistra.
Anche nella Germania degli anni Venti, ai tempi delle riparazioni di guerra e dell’occupazione della Ruhr, questi temi erano all’ordine del giorno.
Il libro di Stefano G. Azzarà Comunisti, fascisti e questione nazionale. Germania 1923: fronte rossobruno o guerra d’ egemonia? affronta il problema da un punto di vista storico, confrontandosi con una situazione che presenta forti parallelismi con l’attualità e che, più di altre, può dunque fornire chiavi di lettura per un’analisi consapevole della fase storica presente.
I Parte:
II Parte: https://www.youtube.com/watch?time_continue=2&v=TuRKJagR-l8
III Parte: https://www.youtube.com/watch?v=wmOs09peTfw
mercoledì 2 giugno 2021
Crisi storiche e naturalismo capitalistico - Stefano G. Azzarà
Sotto questo aspetto, le società capitalistiche, e tanto più quelle avanzate come la maggior parte dei paesi appartenenti alla civiltà occidentale, dovrebbero comunque dimostrarsi in linea di principio avvantaggiate rispetto alle società tradizionali o a quelle improntate a una diversa organizzazione della produzione e della riproduzione. Per quanto certamente più complesse delle formazioni sociali precedenti o di quelle concorrenti, come già Gramsci aveva compreso nel cartografare la loro «robusta catena di fortezze e di casematte»2 – una complessità che per il suo pluralismo, oltretutto, viene di solito fatta valere anche come una caratteristica positiva di fronte a possibili configura-zioni alternative e più centralizzate del legame sociale –, soprattutto a partire dal secondo dopoguerra queste società hanno in gran parte superato il problema della sussistenza e dei bisogni primari su scala di massa. Inoltre, la razionalità tecnica e scientifica che presiede alla loro organizzazione, progettata vieppiù per adattarsi alle fluttuazioni improvvise dei mercati, dovrebbe essere in grado in linea di principio di reagire in maniera adattiva e persino proattiva ad ogni contingenza: in questo modo quantomeno, come ha fatto notare Richard Sennet3, è stato con insistenza promosso nel corso di troppi decenni alle nostre spalle il processo di «specializzazione flessibile» del lavoro sociale complessivo, al fine di sconfiggere tramite le «reti aperte» i «mali della routine». E di rispondere, abituandosi a «cambiamenti improvvisi e decisi», alle esigenze di un’epoca che, si diceva, con la sua continua accelerazione dei ritmi di vita e di consumo e con i suoi problemi ogni giorno più globali imponeva una sempre nuova ridefinizione just in time di tutte le funzioni sociali man mano che le esigenze della società stessa mutavano, in risposta alla sua prepotente evoluzione interna come agli stimoli esterni (in realtà, per «ridurre il costo diretto e indiretto del lavoro»4 e per «ridurre il rischio d’impresa», avvertiva più prosaicamente Luciano Gallino).
sabato 6 agosto 2022
Democrazia, bonapartismo, populismo - Michele Prospero
mercoledì 28 agosto 2024
Dal rifiuto dell’universalità hegelomarxista alla frantumazione postmoderna - Stefano G. Azzarà
Da: https://www.dialetticaefilosofia.it - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino. È segretario alla presidenza dell’Internationale Gesellschaft Hegel-Marx. Dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.
Vedi anche: La fine della democrazia moderna - Stefano G. AzzaràDal rifiuto dell’universalità hegelomarxista alla frantumazione postmoderna delle identità: sputando troppo su Hegel si finisce prima o poi per sputare anche su Diotima
Premessa
In un’intervista rilasciata al giornale liberista-conservatore “Il Foglio”, la filosofa Adriana Cavarero – una delle maggiori teoriche italiane del femminismo della differenza sessuale – ha espresso di recente le sue preoccupazioni per gli sviluppi della «teoria del gender fluid» e per le rivendicazioni politiche maturate in seno alle «avanguardie lgbt» 1 . In questa composita «galassia», dice, è emersa via via una profonda «polemica» nei confronti del femminile e persino una volontà di censura «verso l’uso della parola donna». Nella «neolingua» che questo movimento va proponendo – con un’arroganza rafforzata dalla sintonia con le dinamiche linguistiche di stampo terroristico del “politicamente corretto” oggi dominante –, sarebbe «vietato dichiarare che i sessi sono due» e sarebbe vietato soprattutto – appunto – «l’uso della parola donna». La quale «non può essere detta né scritta», perché implicherebbe la cancellazione escludente, repressiva e genocidaria (non dissimile da quella operata dalla «destra», dai «conservatori» e dai «neocattolici») della sussistenza di una pluralità indefinita e cangiante di distinti orientamenti «intersex» e delle rispettive autopercezioni di genere, ciascuna con la propria legittimità e i propri diritti (in primo luogo il diritto alla genitorialità, tramite quella pratica che dai fautori viene chiamata “gestazione per altri” mentre dai detrattori è denigrata come “utero in affitto”).
Ecco, perciò, che queste frange «vogliono che non si dica che le donne partoriscono, ma che “le persone con utero” partoriscono», e così via. E si propongono di rompere, mediante i loro divieti morali, la «gabbia teorica» che sarebbe sottesa a quella visione binaria del mondo che si attarda a nominare i “maschi” e le “femmine” e della quale il femmminismo sarebbe appunto complice.
Nel respingere al mittente tali accuse, Cavarero scava nel significato filosofico di queste posizioni. Le quali non solo attesterebbero il proposito “consumeristico” e “ultracapitalistico”, da parte degli Lgbt, di trasformare in diritto ogni desiderio (anche momentaneo), ma costituiscono a suo avviso una vera e propria «operazione metafisica», in quanto a sua volta «fondata sulla cancellazione della realtà e della percezione», ossia sulla rimozione di una «fattualità» attestata anche dalla «scienza biologica»: «il fatto… della differenza sessuale»; il fenomeno «per cui gli esseri umani, come gli altri animali, sono divisi in individui di sesso femminile e maschile»; il «funzionamento del genere umano e animale», contestato ora in nome di un’eccezione o di una serie di eccezioni elevate a «paradigma regolativo». Inoltre, Cavarero sottolinea il significato politico complessivo di questa operazione, rivendicando la battaglia di lunga durata per l’emancipazione femminile e i suoi meriti oggi messi in discussione: «dopo duecento anni di lotte delle donne per avere una soggettività politica femminista», dice, con questa mossa «si elimina il soggetto che ha compiuto questa rivoluzione». In nome dell’indeterminatezza soggettiva, tale operazione di «cancellazione del femminile», in realtà, «neutralizza la differenza sessuale» e cela dietro artifici linguistici come lo “schwa” una sostanziale vendetta del patriarcato, dato che questa desinenza cacofonica è «un neutro universale che è in verità maschile».
sabato 19 dicembre 2020
IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà
Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino e dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.
Alcuni brani su democrazie liberali, socialismo e Cina: bisogna guardare con attenzione alla Cina per il suo centralismo statalistico o perché, nello sviluppare le forze produttive, la Cina sta dando vita al contempo al più grandioso esperimento di democratizzazione della storia, implementa la Rule of law e favorisce la fioritura delle soggettività individuali e dei diritti?
giovedì 13 dicembre 2018
Esistono ancora destra e sinistra? - Stefano G. Azzarà
Il confronto tra Domenico Losurdo e Costanzo Preve:
Intervento al convegno su Domenico Losurdo organizzato dal PCI a Roma, 1 dicembre 2018. L'intervento è solo una piccola parte di un più ampio saggio che verrà pubblicato negli atti del convegno.
sabato 12 giugno 2021
Lo Stato, il Pubblico, il Comune: tre concetti alla prova della crisi sanitaria - Etienne Balibar
Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 2/2020 (vol. IX), a cura di Stefano G. Azzarà, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0 (http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico) - Questo testo è stato pubblicato per la prima volta in francese con il titolo L’État, le Public, le Commun: trois notions à l’épreuve de la crise sanitairene l volume Dessine-moi un pangolin, ouvrage coordonné par la revue Regards, Vauvert, Éditions Au diable vau-vert, 2020, pp. 107-29. Esso viene qui riprodotto per gentile concessione dell’editore. La traduzione italiana è di Francesca Borgarello. -
Etienne Balibar è un filosofo francese. Allievo di Louis Althusser, ha contribuito a sviluppare una nuova interpretazione del pensiero di Karl Marx, con specifiche riflessioni sui concetti di razza, cultura e identità, in vista di una concezione più inclusiva della cittadinanza e della democrazia in Europa.
Leggi anche: Crisi storiche e naturalismo capitalistico - Stefano G. Azzarà
Epidemie, storia, capitalismo. Passi indietro e passi avanti. - Roberto Fineschi
1. Apprendere nella crisi
Innanzi tutto, voglio sottolineare l’incertezza dei tempi. Sto scrivendo alla metà di maggio (2020), per una pubblicazione che sarà disponibile a luglio... È molto presto per sviluppare una riflessione compiuta sul tema, e questo perché vi è l’intenzione di mettere in circolazione una pluralità di proposte nel momento stesso in cui queste si rendono necessarie a causa dell’intensità della crisi. Eppure, sarà forse già troppo tardi... Non abbiamo alcuna certezza che ciò che pensiamo oggi potrà essere ancora sostenibile tra due mesi. Non sappiamo se e quando “finiranno” la pandemia e la crisi sanitaria che questa provoca. Non sappiamo quale sarà l’entità e quali gli effetti della crisi economica che ne consegue. Non sappiamo quali saranno le ripercussioni, in termini di sofferenza e distruzione, ma anche di proteste, rivolte, di movimenti sociali e politici. E tuttavia, è da questo insieme di cose che dipende il referente di realtà delle parole di cui ci serviamo e, conseguentemente, il loro senso.
È una situazione strana, che non presenta però solo inconvenienti. Poiché tale indeterminatezza è la condizione nella quale –purché se ne assumano la misura e i rischi –diventa possibile descrivere una crisi di dimensioni storiche, per ciò che essa è: non una semplice “interruzione” nella vita di una società, o l’occasione di un’inversione di potere, ma un cambiamento forse radicale del modo di cambiamento stesso, che costringe dunque a scommettere su mutamenti sconosciuti, mettendo insieme ciò di cui disponiamo in termini d’esperienza e analisi, per immaginarne le possibilità. Tocca ai segni che affiorano nel tempo presente suggerirci a poco a poco le buone domande, piuttosto che alle nostre teorie e alle nostre previsioni precedenti la crisi proporne già la soluzione.
giovedì 12 agosto 2021
Il filosofo democratico - José Luis Villacañas
I fondamenti filosofici della società virale: Nietzsche e Hayek dal neoliberalismo al Covid-19 - Paolo Ercolani
lunedì 4 gennaio 2021
Cosa significa socialismo nel XXI secolo e cos'è lo Stato socialista? - Stefano G. Azzarà
Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino e dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.
"... ritengo che il socialismo vada inteso, con le parole di Gramsci, come una “società regolata”, ovvero come una società organizzata in maniera razionale. “Razionale”, però, nel senso di una razionalità universale, e non meramente strumentale e tecnocratica. Una razionalità, cioè, per via della quale lo sviluppo delle forze produttive materiali e immateriali (la cultura, le idee) va a beneficio di tutti ed è assoggettato al controllo della società di cui è al servizio, in modo che esso diventa la premessa dello sviluppo integrale delle soggettività e dei gruppi umani e della conciliazione tra il mondo umano e quello naturale. Questa razionalità non può che essere assicurata in primo luogo dallo Stato, il quale ha la forma dell’universalità ed è dunque potenzialmente in grado di elevarsi al di sopra delle contraddizioni della società civile e di mediare tra esse fino a portarle a sintesi (Hegel).
Poiché queste contraddizioni hanno a che fare con la riproduzione complessiva della società stessa e sono legate alle sue capacità produttive, la natura socialista di un paese è determinata dunque in primo luogo dalla capacità dello Stato e della politica di "comandare" ovvero coordinare l'“economia”, intesa – come abbiamo visto sopra – come l’insieme del lavoro sociale complessivo.
Questa condizione non è però sufficiente, perché altrimenti tutti i paesi nei quali esiste un comando statale centralizzato o una prevalenza del controllo statale sarebbero socialisti.
Non è così, invece, perché la natura socialista del comando statale dipende a sua volta dalla natura dello Stato stesso; dipende cioè da quale è l’obiettivo generale che questo Stato – il quale costituisce un vero e proprio campo di battaglia in cui si svolge una lotta di classe (Poulantzas) – si prefigge.
C’è lo Stato che è espressione politica diretta o indiretta delle classi dominanti e del loro potere, ad esempio, il cui obiettivo generale è quello di garantire la riproduzione di questo dominio di classe e dunque di garantire la prevalenza degli interessi sociali particolari più potenti, oppure quello di favorire questa o quella tra le diverse frazioni delle classi dominanti, oppure ancora quello di garantire un equilibrio tra classi dominanti e ceti medi e piccola borghesia, così come c'è lo stato colonizzatore e quello della borghesia conoradora.
Lo Stato socialista, al contrario, è quello Stato che si prefigge di manipolare i rapporti di forza tra le diverse classi al fine di far prevalere l’interesse generale sugli interessi particolari e sugli egoismi privati, trovando sempre l’equilibrio giusto nella situazione concreta. Socialisti sono perciò quei paesi nei quali la direzione statale non è mai fine a se stessa ma si inscrive in un progetto generale di emancipazione della società in tutte le sue parti. Un progetto il cui obiettivo “filosofico” è la costruzione del concetto universale di uomo, la realizzazione della comune umanità mediante il superamento delle discriminazioni di classe, di genere e di etnia; e dunque un progetto che è fondato sul principio di eguaglianza (inteso a sua volta non come distribuzione rigidamente egualitaria della ricchezza ma come reciproco riconoscimento della pari dignità umana tra tutti gli uomini e tutte le donne).
Di conseguenza, sono socialisti quei paesi nei quali questa direzione statale viene esercitata da uno Stato il quale, a partire dalla sua genesi storica o comunque da un evento fondativo rivoluzionario che ha spezzato il potere delle classi dominanti, è o è diventato espressione di questa comune umanità e dunque espressione degli interessi della maggioranza: espressione, in primo luogo, delle classi lavoratrici e della loro capacità di organizzazione.
Questo Stato rappresenta cioè l’atto di emancipazione di quelle classi che nella storia del genere umano e di tutti i paesi, e in particolare nella storia moderna, sono state subalterne; classi che vedono perciò nell’azione regolatrice dello Stato – la quale coincide con la loro presa di potere – esattamente la fuoriuscita da questa subalternità.
In questo senso, è del tutto secondaria la questione della proprietà dei mezzi di produzione: certamente la presenza di una forte proprietà sociale dei mezzi di produzione che viene esercitata attraverso lo Stato è importante; e però non è necessario che questa proprietà pubblica sia esclusiva ed è perfettamente possibile la sua coesistenza con il mercato privato, perché la cosa più importante di tutte è il primato della politica e dello Stato secondo la definizione che abbiamo visto.
In questa prospettiva, socialismo è l'appropriazione razionale e consapevole che gli uomini e le donne esercitano sulle proprie condizioni di riproduzione e la presenza dell’imprenditoria privata non rappresenta un problema, nella misura in cui la borghesia rimane classe in sé sul terreno economico e non si costituisce come classe per sé in grado di contendere il potere politico (Lukacs)...".
martedì 18 agosto 2020
Domenico Losurdo e la comune umanità tra categorie del pensiero e conflitto sociale. - Salvatore Favenza
Vedi anche: L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo
Hegel e la rivoluzione - Domenico Losurdo
Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo
Marx e Hegel. Contributi a una rilettura - Roberto Fineschi
Leggi anche: Introduzione a Per la Critica dell'Economia Politica*- Stefano Garroni
Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi
Nei Quaderni filosofici di Lenin: lo studio della Logica e la lettura del proprio tempo - Emiliano Alessandroni
Per una rinascita del materialismo storico negli studi di filosofia, storia e scienze umane*- Stefano G. Azzarà
Per una nuova tematizzazione della dialettica - Stefano Garroni
Sulla stagnazione del marxismo - Stefano Garroni
Su Hegel politico. - Stefano Garroni -
La comune umanità. Memoria di Hegel, critica del liberalismo e ricostruzione del materialismo storico in Domenico Losurdo, di Stefano G. Azzarà, precedentemente edito dalle Editions Delga di Parigi nel 2012 ed ora pubblicato da La Scuola di Pitagora in edizione italiana riveduta, ampliata ed aggiornata dalle corpose integrazioni di Emiliano Alessandroni, costituisce una privilegiata chiave d’accesso all’itinerario di pensiero di Domenico Losurdo.
giovedì 30 aprile 2020
Comanda il governo o comandano le classi dominanti? - Stefano G. Azzarà
È stupefacente come l'egemonia liberale abbia prodotto un senso comune indiscusso a proposito della fenomenologia del potere.
Anche a sinistra, persino tra chi si professa marxista, si ritiene che la linea del potere divida ciò che è in alto da ciò che sta in basso e che il potere costituito e materializzato nelle istituzioni sia il potere reale e che dunque il governo comandi.
Si incalza perciò il governo a fare questo o quello e lo si deplora o loda come se dal governo dipendesse ogni male e dunque anche ogni bene, come se tutto dipendesse dalla sua volontà o mancanza di volontà o cattiva volontà.
Ma nel vostro paese, - per indicare una scala di misura che rende più riconoscibili le cose - comanda il sindaco o le forze e gli interessi che lo hanno portato all'elezione, e solo in seconda battuta il sindaco in quanto tale? E quanto dura questo sindaco quando comincia a pestare i piedi a qualche pezzo grosso?
Un governo comanda finché lo lasciano comandare e finché ne ha la forza, che gli viene da qualche forma di legittimazione.
Un governo, tanto più in una società capitalistica, è sempre prevalentemente espressione dei rapporti di potere che nascono nell'articolazione disuguale della società civile ed è a questo livello che si genera il potere veramente efficiente.
Un governo comanda nella misura in cui e fino a quando è espressione di questo potere, o meglio del patto federato che le parti di questo potere riconosciutesi come pari contraggono mediante un contratto.
La democrazia moderna, in questo senso, è stata esattamente lo sforzo di sottrarre il governo a questo arbitrio delle particolarità, che ancora nel XIX secolo esprimevano quasi direttamente il proprio comitato d'affari, esaltando l'universalita della sua forma e facendo sì che questa forma avesse la meglio sugli interessi privati dei grandi conglomerati sociali.
La forma dell'universalita che è comunque propria delle istituzioni, infatti, obbliga queste ultime a tener conto dell'interesse generale.
Da quel momento, governo è ciò che risulta dall'equilibrio relativo tra quella forma e gli interessi particolari espressi dal patto, una continua ed estenuante prova di forze.
Quando però questo conflitto permanente supera il livello di guardia, essa entra in contraddizione con questo potere reale o con gli elementi prevalenti di questo potere reale, da quel momento ogni governo è un governo che alla lunga è morto.
A meno che non riesca a mobilitare in chiave giacobina quell'interesse generale o quella alleanza di interessi che più gli si avvicina, cosa che non è facile e avviene raramente. Molto più facile è che questa alleanza venga mobilitata in chiave populistica, contro i propri stessi interessi, da quei poteri reali che voglio riprendersi la loro libertà d'azione e condizionamento ponendo limiti all'universalità.
È anche in questo modo che la democrazia moderna è stata smantellata, ormai diversi anni fa.
Guardiamo alle classi sociali, guardiamo alle classi dominanti, guardiamo a chi realmente comanda.