[...]
Il fascismo, a seconda dei paesi, può avere aspetti differenti, una composizione sociale diversa, può cioè reclutarsi tra gruppi differenti; ma è essenzialmente il raggruppamento combattivo delle forze che la società borghese minacciata fa nascere per respingere il proletariato nella guerra civile. Quando l’apparato statale democratico-parlamentare si impegola nelle proprie contraddizioni interne, quando la legalità borghese è un intralcio per la borghesia stessa, quest’ultima mette in azione gli elementi più combattivi di cui dispone, li libera dai freni della legalità, li obbliga ad agire con tutti i metodi di distruzione e di terrore. Ed ecco il fascismo. Il fascismo dunque è lo stato di guerra civile per la borghesia, che raduna le sue truppe, allo stesso modo in cui il proletariato raggruppa le sue forze e le sue organizzazioni per l’insurrezione armata nel momento della presa del potere. Di conseguenza, il fascismo non può essere di lunga durata; non può essere uno stato normale della società borghese, proprio come lo stato di insurrezione armata non può essere lo stato costante, normale, del proletariato.
O l’insurrezione, scontrandosi con il fascismo, porta alla sconfitta del proletariato, e allora la borghesia restaura progressivamente il suo apparato statale normale; oppure il proletariato è vincitore, e allora non vi è più posto per il fascismo, ma per tutt’altre ragioni. Come sappiamo per nostra esperienza, il proletariato vittorioso dispone di mezzi efficaci per impedire al fascismo di esistere e, a maggior ragione, di svilupparsi.
[...]
Ho detto che noi affrontavamo la storia dal punto di vista della rivoluzione che deve trasmettere il potere nelle mani della classe operaia per la ricostruzione comunista della società. Quali sono i presupposti della rivoluzione sociale, in quali condizioni può sorgere, svilupparsi e vincere? Questi presupposti sono molto numerosi. Ma possono essere riuniti in tre e anche in due gruppi: i presupposti oggettivi e soggettivi.
I presupposti oggettivi si basano su un determinato livello di sviluppo delle forze produttive. (Questa è una cosa elementare, ma di tanto in tanto non è inutile tornare all’«alfabeto», ai fondatori del marxismo, per arrivare, con l’aiuto del vecchio metodo, alle nuove conclusioni che la situazione attuale impone.) Perciò, la premessa fondamentale della rivoluzione sociale è un determinato livello di sviluppo delle forze produttive, un livello in cui il socialismo e in seguito il comunismo, come modo di produzione e di distribuzione dei beni, offrono vantaggi materiali. È impossibile costruire il comunismo, o anche il socialismo, nella campagna, in cui regna ancora l’aratro. È necessario un certo sviluppo della tecnica.
Ora, questo livello è raggiunto in tutto il mondo capitalistico? Sì, incontestabilmente. Che cosa lo prova? Il fatto che le grandi imprese capitalistiche, i trusts, i sindacati, trionfano in tutto il mondo sulle piccole e medie imprese. Perciò, un’organizzazione economica sociale fondata esclusivamente sulla tecnica delle grandi imprese, costruita sul modello dei trusts e dei sindacati, ma su basi di solidarietà, se fosse estesa a una nazione, a uno Stato, poi a tutto il mondo, offrirebbe enormi vantaggi materiali. Questo postulato esiste da molto tempo.
Il secondo presupposto oggettivo è il seguente: è necessario che la società sia dissociata in modo che ci sia una classe interessata alla rivoluzione socialista e che questa classe sia abbastanza numerosa e abbastanza influente dal punto di vista della produzione da fare essa stessa questa rivoluzione. Ma questo non basta. È necessario anche che questa classe - e adesso passiamo alla condizione soggettiva - comprenda la situazione, che voglia coscientemente il cambiamento del vecchio ordine delle cose, che abbia alla propria testa un partito capace di dirigerla nel momento della rottura e di assicurarle la vittoria. Ora, questo presuppone una certa situazione della classe borghese dirigente, che deve aver perduto la sua influenza sulle masse popolari, essere scossa nelle proprie file, aver perso la sua sicurezza. Ecco che cos’è esattamente una situazione rivoluzionaria. È soltanto su determinate basi sociali di produzione che possono sorgere le premesse psicologiche, politiche e organiche per la realizzazione dell’insurrezione e la sua vittoria.
Il secondo presupposto - la dissociazione di classe o, in altre parole, il ruolo e l’importanza del proletariato nella società esiste? Sì, esiste già da una decina di anni. È quanto dimostra, più di ogni altra cosa, il ruolo del proletariato russo, che tuttavia è di formazione relativamente recente. Che cosa è mancato fino ad ora? L’ultima premessa soggettiva: per il proletariato europeo, la coscienza della sua situazione nella società, una organizzazione e una educazione appropriate, un partito capace di dirigerlo. Varie volte noi, marxisti, abbiamo detto che, a dispetto di tutte le teorie idealiste, la coscienza della società è in ritardo rispetto al suo sviluppo, e ne abbiamo una prova clamorosa nella sorte del proletariato mondiale. Le forze produttive sono mature da molto tempo per il socialismo. Il proletariato, da molto tempo, almeno nei principali paesi capitalistici, svolge un ruolo economico decisivo. Da esso dipende tutto il meccanismo della produzione e, di conseguenza, della società. Ciò che manca, è l’ultimo fattore soggettivo: la coscienza è in ritardo rispetto alla vita.
[...]
Che cosa vuole il capitale americano? A cosa tende? Esso cerca, si dice, la stabilità. Vuole ristabilire il mercato europeo nel suo interesse, vuole restituire all’Europa la sua capacità di acquisto. In che modo? Con quali limitazioni? In realtà, il capitale americano non può volersi creare un concorrente nell’Europa. Esso non può ammettere che l’Inghilterra e, a maggior ragione, la Germania e la Francia recuperino i loro mercati mondiali, perché esso stesso vi sta stretto, poiché esporta prodotti ed esporta se stesso. Esso mira al dominio del mondo, vuole instaurare la supremazia dell’America sul nostro pianeta. Che cosa deve fare verso l’Europa? Deve pacificarla, dice. Come? Sotto la sua egemonia. Che cosa significa? Che esso deve permettere all’Europa di risollevarsi, ma entro limiti ben determinati, accordarle settori determinati, ristretti del mercato mondiale. Il capitale americano ora comanda ai diplomatici. Si prepara a comandare anche alle banche e ai trusts europei, a tutta la borghesia europea. A questo tende. Assegnerà ai finanzieri e agli industriali europei determinati settori del mercato. Regolerà le loro attività. In una parola, vuole ridurre l’Europa capitalistica al proprio servizio; in altre parole, indicarle quante tonnellate, litri o chilogrammi di questa o quell’altra materia ha il diritto di comprare o di vendere. Già nelle tesi per il terzo congresso dell’Internazionale comunista, scrivemmo che l’Europa è balcanizzata. Questa balcanizzazione oggi continua. Gli Stati balcanici hanno sempre avuto dei protettori, nella persona della Russia zarista o dell’Austria-Ungheria, che imponevano il cambiamento della loro politica, dei loro governanti, o addirittura delle loro dinastie (Serbia). Attualmente, l’Europa si trova in una situazione analoga nei confronti degli Stati Uniti e, in parte, della Gran Bretagna. Man mano che si svilupperanno i loro antagonismi, i governi europei andranno a cercare aiuto e protezione a Washington e a Londra; il cambiamento dei partiti e dei governi sarà determinato, in ultima analisi, dalla volontà del capitale americano, che indicherà all’Europa quanto deve bere e mangiare ... Il razionamento, lo sappiamo per esperienza, non è mai troppo piacevole. Ora, la razione strettamente limitata che stabiliranno gli americani per i popoli europei verrà applicata anche alle classi dominanti non solo della Germania e della Francia, ma anche della Gran Bretagna. L’Inghilterra deve considerare questa eventualità. Ma attualmente, dicono, l’America sta con l’Inghilterra; si è formato un blocco anglosassone, esiste un capitale anglosassone, una politica anglosassone; il principale antagonismo del mondo è quello che divide l’America e il Giappone. Parlare in questo modo, significa dimostrare la propria incomprensione della situazione. L’antagonismo fondamentale del mondo è l’antagonismo angloamericano. È ciò che il futuro dimostrerà sempre più chiaramente.
[...]
La socialdemocrazia prepara il terreno al capitale americano, si fa suo araldo, parla del suo ruolo salutare, gli apre la strada, l’accompagna con i suoi auguri, lo glorifica. Non è un lavoro di poca importanza. Prima, l’imperialismo si faceva spianare la strada dai missionari, che i selvaggi di solito fucilavano, e qualche volta addirittura mangiavano. Per vendicare i loro morti, allora, spedivano truppe, successivamente mercanti e amministratori. Per colonizzare l’Europa, per farne il proprio dominio, il capitale americano non ha bisogno di spedirvi dei missionari. Sul posto, c’è già un partito il cui compito è di predicare ai popoli il vangelo di Wilson, il vangelo di Coolidge, le Sacre Scritture delle Borse di New York e di Chicago. In questo consiste l’attuale missione del menscevismo europeo. Ma, servizio per servizio! I menscevichi ricavano dalla loro dedizione parecchi vantaggi. Per questo, proprio ultimamente, durante il periodo della guerra civile acuta, la socialdemocrazia tedesca ha dovuto assumere la difesa armata della sua borghesia, di quella stessa borghesia che camminava tenendosi per mano con i fascisti. Infatti, Noske è una figura simbolica della politica postbellica della socialdemocrazia tedesca. Oggi, quest’ultima ha un ruolo completamente diverso: può permettersi il lusso di stare all’opposizione. Critica la sua borghesia e, con questo, mette una certa distanza tra sé e i partiti del capitale. Come la critica? Tu sei egoista, interessata, stupida, nociva, le dice; ma al di là dell’Atlantico, c’è una borghesia ricca e potente, umanitaria, riformista, pacifista, che viene di nuovo da noi, che vuole darci 800 milioni di marchi per restaurare la nostra moneta e tu ti inalberi, osi ribellarti contro di lei quando hai sprofondato la nostra patria nella miseria. Ti smaschereremo senza pietà davanti alle masse popolari tedesche. E questo, lo dice in tono quasi rivoluzionario, difendendo la borghesia americana. (...)
Allo stesso tempo, la socialdemocrazia in Germania, in Francia e altrove, ottiene la possibilità di opporsi alla sua borghesia, di condurre su problemi concreti una politica «di opposizione» e, di conseguenza, di conquistarsi la fiducia di una parte della classe operaia. (...)
[...]
La potenza economica degli Stati Uniti non si è ancora fatta sentire interamente, ma si farà sentire su tutto. Ciò di cui dispone attualmente l’Europa capitalistica nella politica mondiale sono solo i resti della sua potenza economica di ieri, della sua vecchia influenza mondiale, che non corrisponde più alle condizioni materiali odierne. È vero, l’America non ha ancora imparato a realizzare la sua potenza. Ma lo impara rapidamente a scapito dell’Europa. Ancora per qualche tempo avrà bisogno dell’Inghilterra per guidarla nelle strade della politica mondiale. Ma non le occorrerà molto tempo per eguagliarla e superarla in questo campo. Una classe dominante in ascesa muta rapidamente carattere, fisionomia e metodi d’azione. Guardate, per esempio, la borghesia tedesca. È passato molto tempo da quando i tedeschi erano considerati timidi sognatori dagli occhi blu, un popolo di poeti e di pensatori? Ora, qualche decina d’anni di sviluppo capitalistico è bastata per fare della borghesia tedesca la classe imperialista più corazzata, più brutale, più aggressiva. È vero, il castigo non si è fatto attendere a lungo. E, di nuovo, è cambiato il carattere del borghese tedesco. Egli assimila rapidamente sull’arena europea tutte le abitudini e tutti i comportamenti del cane bastonato. La borghesia inglese è più seria. Il suo carattere si è formato nel corso di parecchi secoli. Il suo sentimento di classe è profondamente radicato e sarà più difficile farle perdere la sua mentalità di padrona dell’universo. Ma gli americani ci riusciranno quando lo vorranno, e lo vorranno presto. (...)
La situazione mondiale degli Stati Uniti si esprime attraverso cifre indiscutibili. Infatti, la produzione di grano dell’America rappresenta un quarto della produzione mondiale, quella dell’avena un terzo, quella del mais i tre quarti. Gli Stati Uniti producono la metà del carbone del mondo, la metà del minerale di ferro, il 60% dell’acciaio, il 60% del rame, il 47% dello zinco. La loro rete ferroviaria rappresenta il 37% della rete mondiale. La loro flotta commerciale, che prima della guerra quasi non esisteva, attualmente rappresenta più del 25% del tonnellaggio mondiale. Infine, gli Stati Uniti possiedono l’84% delle automobili di tutto il mondo. Se per l’estrazione dell’oro occupano un posto relativamente modesto (14%), non bisogna dimenticare che, grazie alla loro bilancia commerciale attiva, essi hanno concentrato il 44,2% dell’oro esistente nel mondo. Il loro reddito nazionale è due volte e mezzo superiore a quello del l’Inghilterra, della Francia, della Germania e del Giappone messi insieme. Queste cifre decidono tutto. Esse apriranno la strada all’America sulla terra, sul mare e nell’aria. (...)
La storia favorisce il capitale americano: per ogni brigantaggio, gli fornisce una parola d’ordine di emancipazione. In Europa, gli Stati Uniti chiedono l’applicazione della politica delle «porte aperte». Il Giappone vuole smembrare la Cina e mettere le mani su alcune sue provincie, perché non ha né ferro, né carbone, né petrolio, mentre la Cina possiede tutto questo. Esso non può né vivere, né fare la guerra senza carbone, senza ferro e senza petrolio, cosicché si trova in condizione di notevole inferiorità nella sua lotta contro gli Stati Uniti. Per questo cerca di impadronirsi con la forza delle ricchezze della Cina. E gli Stati Uniti cosa fanno? Dicono: «Porte aperte in Cina!». Che dice l’America a proposito degli oceani? «Libertà dei mari!». È una parola d’ordine che suona bene. Che cosa significa in realtà? «Flotta inglese, scansati un poco, lasciami passare!». Il regime delle frontiere aperte in Cina, vuoi dire: «Giapponese, scostati, lasciami la via libera». Si tratta insomma di conquiste economiche, di saccheggi. Ma, a causa delle condizioni speciali in cui si trovano gli Stati Uniti, la loro politica riveste un’ apparenza di pacifismo, talvolta persino di fattore di emancipazione. (...)
[...]
Nel 1919, nel momento dell’arrivo di Wilson in Europa, quando tutta la stampa borghese parlava di Wilson e di Lenin, dissi scherzando a quest’ultimo: «Lenin e Wilson, ecco i due principi apocalittici della storia contemporanea». Vladimir Il’ic si mise a ridere. Neanche io, allora, prevedevo fino a che punto questa battuta sarebbe stata giustificata dalla storia. Il leninismo e l’imperialismo americano sono i due soli principi che lottano attualmente in Europa, e, dall’esito di questa lotta, dipende il destino dell’umanità. (...)
Poiché parlo a un’assemblea convocata dalla Società degli Amici della Facoltà delle Scienze fisiche e matematiche, permettetemi di dirvi che la mia critica marxista rivoluzionaria dell’americanismo non significa che noi condanniamo quest’ultimo in blocco, che rinunciamo a imparare dagli americani ciò che possiamo e dobbiamo assimilare dai loro lati buoni. A noi mancano la loro tecnica e i loro processi lavoratori. Il postulato della tecnica è la scienza: scienze naturali, fisica, matematica ecc. Ora, per noi è necessario ad ogni costo avvicinarci il più possibile agli americani su questo punto. Dobbiamo corazzare il bolscevismo all’americana. Fino ad ora abbiamo potuto resistere. Tuttavia, la lotta può assumere proporzioni più minacciose. È più facile per noi corazzarci all’americana che per il capitale americano mettere a razione l’Europa e il mondo intero. Se noi ci corazziamo con la fisica, le matematiche, la tecnica, se americanizziamo la nostra industria socialista ancora debole, potremo, con certezza decuplicata, dire che l’avvenire è interamente e definitivamente nostro. Il bolscevismo americanizzato vincerà, schiaccerà l’americanismo imperialista.
Leggi tutto l'intervento: https://www.marxists.org/italiano/trotsky/1924/evoluzione.htm#topp
Nessun commento:
Posta un commento