sabato 19 dicembre 2020

IL VIRUS DELL'OCCIDENTE: la falsa alternativa tra democrazia liberale e sovranismo populistico, ovvero socialsciovinismo. - Stefano G. Azzarà

Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino e dirige la rivista “Materialismo Storico”(materialismostorico - http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.

Alcuni brani su democrazie liberali, socialismo e Cina: bisogna guardare con attenzione alla Cina per il suo centralismo statalistico o perché, nello sviluppare le forze produttive, la Cina sta dando vita al contempo al più grandioso esperimento di democratizzazione della storia, implementa la Rule of law e favorisce la fioritura delle soggettività individuali e dei diritti?


"... nel momento in cui un evento eccezionale ha non solo messo in discussione in maniera drammatica l’ordine costituito ma, più in profondità, ha anche scosso la fede acritica nell’eternità inscalfibile dell’orizzonte di senso vigente – ‘nulla sarà più come prima’; ‘sopravviverà il capitalismo?’: sono, come vedremo in corso d’opera, i timori, o gli auspici, o gli esorcismi che sin dalle prime ore della pandemia da Sars-Cov-2 sono risuonati con forza da più fronti e che tutt’ora risuonano nella seconda ondata del virus –, sarebbe stato assai utile per l’Occidente, repentinamente costretto a un brusco risveglio dal proprio sogno di immortalità e autosufficienza, rompere il “muro” e aprire i “confini tra ‘noi’ e i ‘barbari’”, come scrive Rocco Ronchi, per “farsi carico… del destino della comunità mondiale” e per “pensare a soluzioni ‘comuni’”. Gli sarebbe stato utile, cioè, per fare i conti con la propria teologia implicita, con il proprio monoteismo dogmatico, e per potersi confrontare – finalmente – con l’altro. Con modelli di organizzazione sociale ma anche con visioni del mondo che a ben vedere già prima della crisi in corso avevano scalfito l’illusione gratificante che conduce la parte a considerare se stessa come il tutto [...]. 

L’emergenza che si è improvvisamente impossessata delle nazioni, insomma, ha fatto subito esplodere le incongruenze strutturali della società capitalistica e più in generale delle istituzioni capitalistiche, nella quale la dialettica tra Stato e società civile è fortemente condizionata dagli interessi economici prevalenti e dunque dagli interessi delle classi dominanti e dalla loro ricerca competitiva del profitto. Al tempo stesso, è emerso il vantaggio altrettanto strutturale di una società che sviluppa al proprio interno almeno alcuni elementi di socialismo e nella quale la programmazione politica coordina con piglio decisamente maggiore le forze del mercato, cercando di porle al servizio degli interessi della maggioranza [...] 

Non meno sbagliato, oltre che ennesimo segno di inconsapevole subalternità culturale, è però far propria l’immagine stereotipica che della democrazia viene fornita dal liberalismo – ovvero da quella fenomenologia del potere che contrappone in maniera manichea Stato e società civile, dispotismo e autonomia della sfera individuale, coercizione ed egemonia – per replicarla dopo averne invertito di segno i termini. E rivendicare reattivamente, contro l’involuzione proprietaria delle istituzioni e la loro subordinazione a quel capitale che spinge in avanti la globalizzazione, l’incubo distopico una dittatura statale al servizio del capitale più arretrato assieme all’idea di una morale comunitarista völkisch che annienta ogni differenza mediante la riproposizione in chiave postmoderna di valori arcaici che erano diventati inverosimili già negli anni Sessanta [...]. 

... frange di quella sinistra confusa che, nell’impotenza generalizzata del suo campo, ha finito per inseguire il sovranismo sul suo terreno populista e per lasciarsi affascinare dalla prospettiva di un fronte trasversale che unisca gli ‘anticapitalismi’ di ogni orientamento. Frange che replicano a loro volta la teoria del totalitarismo a polarità invertite. E, nel nome di una sorta di fondamentalismo socialista – di un socialismo equivoco che pretende esso stesso di tornare a quell’originaria purezza popolare o popolaresca che precederebbe la degenerazione liberaldemocratica e elitaria delle sinistre del secondo dopoguerra –, invece di riconoscere e valorizzare ciò che fuori dall’Occidente ha assunto già le forme di una nuova tipologia di democrazia in via di modernizzazione, sebbene ancora imperfetta, equiparano anch’esse queste diverse esperienze. E le rivendicano in nome di un malinteso e indifferenziato primato dello Stato e del decisionismo, ma anche in nome del culto della forza, o delle tradizioni radicate, contrapponendole come esempi di riscossa della politica alle forme democratiche ‘decadenti’ e in putrefazione. Regalando in tal modo la parola democrazia ai liberali assieme al suo concetto, invece di contendergliela e di ridefinirla nel senso di una democrazia integrale che produce i propri nuovi standard, e rinnegando in un colpo solo il senso di tutta la storia del socialismo da Marx ai giorni nostri...". 

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