Se l’elasticità dell’esercito industriale di riserva è rigida e se l’offerta di lavoro è spaventosamente più ampia della domanda, ciò significa che anche il lavoro qualificato, che anche la potenziale capacità contrattuale del lavoro più sofisticato diminuisce fortemente perché ce ne sono troppi anche di quelli bravi. Non solo troppi “normali” o poco bravi, troppi bravi. Non esiste più una conflittualità basata sul fatto che, poiché questa qualità ce l’ho solo io, tu capitalista devi un po’ venirmi incontro; anche questo tende a scomparire, perché anche il lavoro da ingegnere è sottopagato per l’eccesso di offerta. Al di là delle capacità contrattuali, quello che scompare è un concetto fondamentale dell’ideologia borghese, cioè il rapporto tra merito e realizzazione/guadagno. Nell’ideologia borghese si dice: tu, più studi, più ti impegni e più avrai successo. Non è così, perché, nel capitalismo crepuscolare anche un lavoro altamente qualificato, un forte investimento in “capitale umano” come amano dire gli ideologi contemporanei, non necessariamente rende. Il rapporto merito/lavoro/guadagno è uno dei concetti fondamentali dell’ideologia borghese a partire dal protestantesimo, è un cardine di questo mondo ideale e va a spezzarsi.
Torniamo alle nostre amate persone di cui parlavamo in precedenza. Che cosa significa essere “persona”? Essere liberi, uguali, avere proprietà, avere capacità di decidere che cosa fare. Ma qual è la condizione strutturale perché questi individui/persone possano fare queste cose? Nel mondo della produzione e circolazione di merci la condizione strutturale è che essi abbiano dei soldi; avere un reddito è la condizione materiale della pratica della personalità. Essere libero nel mercato capitalistico vuol dire poter comprare quello che si vuole; ma se non si hanno i soldi non si può comprare un bel niente. Essere uguali vuol dire poter fare quello che fanno tutti gli altri, ma se non si hanno soldi non si può praticare questa uguaglianza, perché mancano le condizioni materiali. La carenza di lavoro e di reddito mette in crisi materialmente il concetto di persona, in quanto, se la pratica della personalità passa attraverso la disposizione di reddito, il non avere reddito crea la condizione materiale affinché non si possa essere persone.
Nella prospettiva del singolo individuo che cosa si può fare per essere persone? Avere un reddito. Come si può avere un reddito se non esistono le condizioni di impiego? Qui inizia strutturalmente una dinamica per cui molti individui sono propensi ad avere un reddito in maniera illegale; illegale non vuol dire semplicemente lavorare in nero, ma vuol dire anche raccomandazione, avere una pensione grazie al cugino del ministro ecc. ecc.; tutte dinamiche che permettono di essere persone avendo un reddito; ma - e questo è il punto decisivo - per avere questo reddito ed essere persone si viola il concetto stesso di persona perché non si rispetta, nemmeno a livello formale, la libertà ed eguaglianza delle altre persone. Per avere un reddito e praticare la propria libertà ed eguaglianza si attuano delle pratiche che violano libertà ed eguaglianza. Ciò è necessario perché lo stesso sistema che crea l’ideologia della persona, determina condizioni materiali per cui sia strutturalmente impossibile che tutti diventino persone. Diventa dunque una pratica di massa la violazione della personalità per essere una persona. È una dinamica contraddittoria che culmina nella distruzione ideologica del concetto di persona o quanto meno della sua universalità.
Le conseguenze di questa prassi sociale sono fondamentali perché ideologicamente diventano il retroterra del fascismo o di qualunque ideologia razzista. Se non è possibile che persona sia universale non per capriccio, ma perché non esistono le condizioni strutturali per universalizzarne il concetto, se per essere persone si viola tale concetto, allora perché - pensa l’individuo atomizzato - non organizzare un sistema per cui il concetto di persona non sia universale ma sia sub-universale? Perché non restringere il concetto di persona in base a determinate caratteristiche? Per esempio, per citare fatti storici, gli ariani, perché non consideriamo persone solo gli ariani? Così la mia capacità di accedere alla personalità è meglio garantita, a me ariano ovviamente. Perché non limitiamo il concetto di persona ai soli italiani? Perché non limitiamo il concetto di persona ai soli cristiani? O perché non mettiamo due o tre princìpi insieme e costruiamo una bella ideologia? Ecco la risposta al perché il razzismo, il fascismo, la discriminazione diventano appetibili: perché la negazione della persona universale già esiste nella prassi degli individui che per essere persone violano la personalità. È già nella prassi che si limiti il concetto di personalità; essi già lo fanno, già lo violano. Perché non organizzare questa violazione come un sistema ideologico che garantisca la personalità solo ad alcuni? Allora prima gli italiani, prima quelli del nord, prima chiunque; i più bravi saranno più svelti nello strutturare questo apparato ideologico in una maniera tale che sia pervasivo ed egemonico in chiave retrograda e conservatrice.
Non si tratta di mera fumosa “ideologia”, il risvolto pratico è evidente: se il concetto di persona non è universale, alle non-persone non si deve garantire una pensione, una disoccupazione, la sanità. Alle persone questo suona bene, perché ci sono più soldi per loro. Se io sono italiano e l’immigrato non lo è, io ho diritto a questo e quello e l’immigrato no. Se avesse diritto anche lui, allora io ci perderei qualcosa perché quello che viene speso per lui non viene speso per me. Insomma, un fondamento per la guerra tra poveri. Sono discorsi ideologici che sentiamo tutti i giorni fatti da esponenti politici ben noti. Il meccanismo di fondo è questo e diventa egemonico di massa perché crea strutture corporative, crea un consenso corporativo nei confronti dello Stato nazionale che fa il “Socialismo nazionale”, il Nazionalsocialismo. Il portato ideologico è veramente gigantesco.
Se noi restiamo nel contesto personale, quello che si configura sono sostanzialmente tre gruppi. Il primo è costituito da coloro che hanno la fortuna di essere persone e che quindi hanno diritti. Parte del secondo sono quei disgraziati che in occidente sono uguali agli altri ma non sono persone perché esclusi. C’è poi un terzo gruppo, enorme, il “terzo” mondo, cioè tutte quelle nazioni e popolazioni che non hanno fatto in tempo ad entrare nella fase progressista del modo di produzione capitalistico; per loro il sogno della persona neanche è un concetto, non ce l’hanno neanche in testa. Il passaggio attraverso la personalità per superarla e acquisire una figura superiore neanche esiste. Per loro personalità significa solo sfruttamento occidentale, senza limiti, schiavizzazione e via dicendo. Il concetto di persona concepito in questa maniera sub-universale, venendo meno nell’occidente stesso, che cosa implica? Implica che la non-persona non sia titolare di diritti: se io ammazzo una non-persona non ho ammazzato un uomo; questo passaggio ideologico fa sì che anche nella percezione il livello di tutela fisica dell’altro essere umano si ridefinisca e possa addirittura scomparire, perché se l’altro non è una persona anche i miei doveri di rispettarne l'integrità vengono meno: io posso farlo a pezzi, toglierli gli organi, ridurlo in schiavitù, farlo lavorare finché non muore. La violenza estrema. In questa prospettiva drammatica, gli atteggiamenti verso una pletora di individui che non possono accedere in linea di principio al dorato mondo delle persone sono due: la prima opzione è che posso umanitariamente cercare di farli sopravvivere creando qualche forma di sussistenza; l’opzione due è che li ammazzo; sono tutte e due pratiche che abbiamo visto ahimè ben presenti nella storia recente non solo del nostro paese.
Perché, data questa circostanza adesso la rivendicazione della persona appare progressista? Perché la stessa ideologia dominante l’ha abbandonata. L’ideologia borghese ha optato per il neoschiavismo, diretto o indiretto, palese o mascherato, e quindi rivendicare per tutti la personalità ora appare un progetto progressista e lo è di fatto. Però, di nuovo, se rimaniamo incatenati alla dimensione della persona come soggetto, non usciamo da questi vincoli. Per uscirne, si tratta di capire la dimensione di classe del conflitto ed essa va inquadrata in termini funzionali: l’altro del lavoro è il lavoro salariato. Qui lavoro salariato vuol dire molte cose: partita iva sono lavoratori salariati a cottimo, stagisti sono lavoratori a zero salario; non dobbiamo lasciarci ingannare dal mascheramento giuridico. Però, dato che chi ha effettivamente un lavoro è solo una parte di chi potenzialmente potrebbe lavorare, bisogna capire che chi è disoccupato o chi lavora in forme precapitalistiche sta dalla stessa parte di chi lavora: sono tutti subordinati funzionalmente all’estrazione di plusvalore e lavorano/non-lavorano con modalità che sono dettate, gestite, orientate dal capitale. Quindi è questo il nodo da cui partire per pensare la riconfigurazione di classe: solo riannodando i nodi funzionali di tutti questi soggetti eterogenei si può superare lo sfruttamento capitalistico con tutti i suoi effetti perversi.
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