sabato 16 agosto 2025

"E vergognatevi molto, se potete." - Rossella Ahmad

Da Rossella Ahmad - Anas al-Sharif è stato un giornalista e videomaker palestinese, principale corrispondente di Al Jazeera in prima linea principalmente dal nord della Striscia di Gaza. - 

Vedi anche: ANAS AL SHARIF. LA MACCHINA DEL FANGO (https://www.youtube.com/watch?v=BoO9PTH4SZI)


"Questa è la mia volontà e il mio messaggio finale. Se queste parole vi giungono, sappiate che Israele è riuscito a uccidermi e a mettere a tacere la mia voce. Innanzitutto, la pace sia su di voi e la misericordia e le benedizioni di Allah.
Allah sa che ho dedicato ogni sforzo e tutte le mie forze per essere un sostegno e una voce per il mio popolo, fin da quando ho aperto gli occhi alla vita nei vicoli e nelle strade del campo profughi di Jabalia. Speravo che Allah prolungasse la mia vita così da poter tornare con la mia famiglia e i miei cari nella nostra città natale, Asqalan (Al-Majdal), occupata. Ma la volontà di Allah è venuta prima, e il Suo decreto è definitivo. Ho vissuto il dolore in ogni suo dettaglio, ho assaporato la sofferenza e la perdita molte volte, eppure non ho mai esitato a trasmettere la verità così com'è, senza distorsioni o falsificazioni, affinché Allah possa testimoniare contro coloro che sono rimasti in silenzio, coloro che hanno accettato la nostra uccisione, coloro che ci hanno soffocato il respiro e i cui cuori sono rimasti insensibili ai resti sparsi dei nostri bambini e delle nostre donne, senza fare nulla per fermare il massacro che il nostro popolo ha affrontato per più di un anno e mezzo." 

Anas al-Sharif     
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Anas era un palestinese di Asqalan, che la nomenclatura falsa e bugiarda del colonialismo oggi identifica con il nome di Ashkelon.
Città cananea facente parte della pentapoli filistea, vanta una storia che risale al III millennio avanti Cristo. Cinquemila anni ininterrotti di storia.
Un'epopea infinita. 
I testi ci dicono che fu conquistata dall'esercito di Omar il Giusto nel 638 d.C, poi dai Crociati e poi da Saladino. Nel 1596 era la sesta città della Palestina, con una popolazione di 27.953 abitanti.
A ridosso della Nakba, negli anni '20 del secolo scorso, la città palestinese era nota per la sua industria tessile, forte di 500 telai su 6.226 abitanti (6.166 musulmani e 41 cristiani). 
A partire dal novembre del 1948, quasi tutti gli abitanti di Asqalan furono deportati con la forza, sotto la minaccia delle armi. I camion militari sionisti prelevarono i palestinesi dalle loro case e li trasferirono a Gaza dopo la notifica di un ordine di espulsione emanato dai colonialisti David Grün, polacco di Plonsk, e Moshe Dayan, ucraino. 
Tra questi, anche la famiglia di Anas. 
A pochi fu concesso di restare, rinchiusi in un'area confinata e circondata da filo spinato, che divenne comunemente nota come "ghetto". 
Io invito sempre gli zelanti propalatori di una storia inventata a tavolino a ricercare personalmente notizie ogniqualvolta si imbattano in un nome ebraico. La storia parla, e racconta la verità di ciò che avvenne. 
Un furto con scasso. Una vicenda che mette i brividi. 
Agosto 2025, 674 esimo giorno di genocidio a Gaza. Gli stessi colonizzatori che in quel crudo inverno del 1950 ne avevano deportato la famiglia, hanno ucciso ieri un altro dei figli di Asqalan. Voce senza paura del suo popolo, silenziata a Gaza 
Il testamento che lascia è il testamento di ogni palestinese. Potrebbe essere stato scritto da ogni nativo della terra che va dal fiume al mare.
L'ho letto mille volte. L'ho sentito dalle voci di tutti i palestinesi che ho incontrato. Persino dalle voci dei bambini. 
Torneremo. 
Io sono di Yafa. Io sono di Lydda. Io sono di Akka. Io sono di al-Quds. Io sono di Bir Saba. 
Siamo la Palestina, e se non vi piace bevete dalla rabbia l'acqua del mare, come scrisse il poeta. 

Stendo un velo di compatimento sulle anime perse del giornalettismo italico, che hanno guadagnato il loro pezzo di pane quotidiano discettando di resistenza/terrorismo a proposito di Anas, nel tentativo di etichettare in questi termini barbari un'Idea, che è parte del genoma palestinese. L'idea della resistenza e del ritorno, che nutre una generazione dopo l'altra. 
Questi megafoni di ogni potere non hanno ancora compreso cosa significhi essere palestinesi ed il genere di Altissimo Vivere che essi intendono perseguire. Non da ieri, non da oggi. Da sempre. Fino a che non otterranno giustizia. 

Fate pace con questa idea, se ci riuscite. 
E vergognatevi molto, se potete. 


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