Da: Nicolò Monti - Nicolò Monti già segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI).
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Il primo dicembre 2024 la Cina aveva annunciato l’azzeramento di ogni tariffa doganale alle importazioni paesi meno sviluppati con cui intrattiene relazioni diplomatiche, inclusi 33 paesi africani sul 100% dei loro prodotti.
Dall'introduzione della politica tariffaria zero fino a marzo di quest'anno, le importazioni cinesi dai paesi meno sviluppati africani sono aumentate del 15,2% su base annua, raggiungendo i 21,42 miliardi di dollari.
Nei supermercati cinesi sono diventati sempre più comuni vini sudafricani, tonno senegalese, avocado kenioti, ananas beninesi e caffè ruandese.
Sulla base di questo grande successo, l’Amministrazione Generale delle Dogane cinese ha annunciato a Luglio scorso che la politica di zero dazi verrà estesa a tutti i paesi africani con cui la Repubblica Popolare ha rapporti diplomatici (tutti tranne l’ex Swaziland, Eswatini, che riconosce Taiwan). Wang Jinjie, vicesegretario generale del Centro per gli studi africani dell'Università di Pechino ha dichiarato a proposito che "La politica di zero dazi riduce significativamente le barriere all'ingresso sul mercato per i prodotti africani, aprendo la strada a maggiori volumi di esportazione e a categorie di prodotti più diversificate".
Nel 2024 il commercio bilaterale tra Cina e Africa ha raggiunto i 295,6 miliardi di dollari, stabilendo un record per il quarto anno consecutivo e segnando il 16° anno consecutivo in cui la Cina è rimasta il principale partner commerciale dell'Africa. Nei primi sei mesi del 2025 gli scambi hanno già raggiunto i 165 miliardi di dollari, con un aumento del 14,4% rispetto al 2024. La totale apertura del mercato interno cinese a tutto il continente africano prelude ad un aumento esponenziale di tali scambi, aprendo le porte ad una nuova era per i paesi africani.
A differenza dei trattati bilaterali, che comportano lunghi negoziati, miriadi di limitazioni e il tutto per ogni singolo paese, la Cina preferisce di gran lunga un approccio comune e diretto con tutto il continente, il che semplifica e non poco lo sviluppo economico dei vari paesi. Lo strumento utilizzato è il Forum sulla Cooperazione tra Cina e Africa, fondato nel 2000 e vede la partecipazione di 53 paesi africani su 54. Il Forum si riunisce ogni tre anni e nei suoi summit viene definita l’intera politica di relazioni economiche e commerciali, comprese le pianificazioni a lungo respiro degli investimenti.
Questo è l’ennesima evoluzione della politica del “Win Win” che la Cina applica verso ogni suo partner commerciale, che si differenzia di molto dalle pratiche veterocolonialiste che l’occidente ha sempre preferito, dove ad oggi i risultati sono stati un estremo arricchimento delle aziende private e nessun progresso per il paese derubato delle proprie risorse. La scelta di introdurre procedure doganali ultra semplificate offre un accesso paritario e quasi universale ai paesi africani, a prescindere dalle loro condizioni economiche. L’obiettivo dichiarato della Cina è aiutare l’Africa nel suo percorso di emancipazione totale dal suo passato di colonia sfruttata.
I primi risultati di questa emancipazione si sono visti durante il nono Forum sulla Cooperazione tra Cina e Africa svoltosi a Pechino nel Settembre 2024. Durante l’incontro è stato il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, a nome anche di tutti gli altri paesi presenti, a porre sul tavolo la questione della bilancia commerciale troppo pendente a favore della Cina e soprattutto richiedendo una moratoria sul debito che molti hanno contratto nei confronti di Pechino. Su questa ultima questione è importante sottolineare che la Cina già nel 2022 aveva cancellato il debito di 17 paesi africani, prospettando altri interventi di questo tipo.
Nello stesso Forum del 2024 all’unisono i governi africani hanno dimostrato di aver preso coscienza delle proprie potenzialità e richiedono al proprio maggiore partner di cambiare passo nella prospettiva di un continente africano sempre più autonomo, ponendosi come interlocutore tra pari. Xi Jinping e il PCC hanno recepito appieno il messaggio e l’azzeramento dei dazi va proprio nella direzione richiesta dai paesi africani, a dimostrazione (ennesima) che la politica cinese non ha nulla a che vedere con il colonialismo occidentale. Oltre ai dazi stanno cambiando infatti anche i prodotti che la Cina vuole esportare in Africa.
Se fin dall’inizio di questa storica e gigantesca cooperazione lo sforzo cinese si concentrava sullo scambio di materie prime, di cui l’Africa è estremamente ricca, con progetti infrastrutturali in tutto il continente, ora il quadro è in profondo mutamento. Utilizzando infatti la struttura intercontinentale della Nuova Via della Seta, già rodata e sempre in continuo sviluppo, la Cina intende implementare l’esportazione di prodotti a valore aggiunto, specialmente nel campo del green, dell’automazione e dell’informatica. L’obiettivo annunciato è quello di sostenere la transizione ecologica e digitale del continente.
Zhang Chuanhong, professore presso la Facoltà di studi umanistici e di sviluppo della China Agricultural University, ha affermato che “i paesi africani, che siano ricchi di risorse, basati sull'agricoltura o industrialmente sottosviluppati, possono sfruttare la politica tariffaria zero per incrementare le esportazioni, sviluppare le proprie catene industriali e del valore e accelerare la crescita economica locale” Per Tang Wenhong, viceministro del Commercio, “le imprese cinesi stanno investendo e costruendo parchi economici e commerciali in tutta l'Africa, promuovendo la collaborazione industriale e contribuendo alle entrate fiscali locali, all'occupazione e ai proventi delle esportazioni”
In un sondaggio del settembre 2024, condotto da CGTN e dalla Renmin University of China in Camerun, Botswana, Egitto, Etiopia, Ghana, Kenya, Marocco, Nigeria, Sudafrica, Tanzania e che ha coinvolto oltre 10.000 intervistati, i risultati di questa cooperazione si notano e non poco. L'81,7% degli intervistati ritiene che la Cina abbia sempre rispettato, amato e sostenuto l'Africa. L'80,9% apprezza il fatto che la Cina abbia sempre considerato lo sviluppo della solidarietà e della cooperazione con i paesi africani come un importante fondamento della politica estera cinese. L'86,3% ritiene sincera la Cina nella cooperazione con l'Africa, e approva la costruzione di una più stretta cooperazione sino-africana.
Nell’instabilità globale e in tensioni geopolitiche sempre più grandi, la Cina sta impartendo dure lezioni all’occidente dimostrando come sia non solo possibile ma necessario un approccio totalmente opposto a quello che il colonialismo ha presentato e perpetrato. Esiste però una condizione fondamentale senza la quale non sarebbe stata possibile una tale opera: il socialismo. Dapprima l’impegno della Cina (e dell’Unione Sovietica) era incentrato sul sostegno pieno alle lotte di liberazione nazionali dei paesi africani dall’occidente, seguendo i principi dell’internazionalismo. Con il passare dei decenni, seguendo gli stessi principi, la Cina ha posto le basi di una nuova e più grande decolonizzazione incontrando l’entusiasmo dell’intera Africa.
Nessun paese capitalista, come dimostra la storia, avrebbe e avrà mai l’intenzione o tantomeno le capacità di costruire tali strade, perché contraddicono in toto quella che è la natura predatoria e distruttiva del capitalismo. La politica cinese sfugge ad ogni logica di sfruttati e sfruttatori, rinnega ogni fantasiosa “sacra missione” di civilizzazione e soprattutto rifiuta qualsivoglia intervento militare. La Cina non richiede ai paesi africani di sviluppare le proprie istituzioni e le strutture statali, incapaci nella loro endemica debolezza di tale sforzo, senza uno sviluppo economico e sociale che costruisca gli strumenti atti ad un tale sviluppo, che rimane necessario. Questi principi, internazionalisti, non potranno che favorire una nuova democratizzazione del continente, senza alcuna “esportazione” all’occidentale.
Un punto che spesso non viene considerato è l’impatto che la cooperazione tra Cine e Africa porterà alla migrazione dall’Africa verso altri paesi e continenti. Se per effetto della “migration humb” nelle fasi iniziali dello sviluppo economico degli ultimi anni le migrazioni non diminuiscono, ma aumentano per effetto del maggior reddito disponibile e una maggiore specializzazione dei lavoratori che rimangono in cerca di diverse opportunità di vita, già nel medio periodo avremmo una inversione di tendenza. Un continente con una economia in reale crescita, accompagnata da redditi sempre più alti e con settori fondamentali come istruzione e sanità modernizzati e accessibili a tutti, porta ad una enorme riduzione della migrazione forzata, soprattutto verso l’occidente (che ne è anche la causa di questa migrazione).
La strada è ovviamente ancora molto lunga e sussistono ancora diversi problemi che andranno risolti, ma il solco è tracciato e l’Africa può per la prima volta nella sua storia moderna avanzare con le sue gambe. Xi Jinping nel 2023 in Sud Africa ha esplicitato al meglio il pensiero del Partito Comunista Cinese: “Esistono diversi percorsi che portano alla modernizzazione. Il popolo africano ha la maggiore voce in capitolo su quale sia il percorso più adatto all'Africa. Promuovere la modernizzazione attraverso l'integrazione è una scelta indipendente dei paesi e dei popoli africani. In questo percorso di modernizzazione, la Cina è sempre stata un fermo sostenitore e cammina fianco a fianco con l'Africa.”
Questo è il Socialismo.
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