Da: https://www.facebook.com/nico12.666 - Nicolo Monti, classe 1991, già segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI).

Nella Repubblica Democratica Tedesca esisteva un’agenzia stampa che stampava opuscoli atti a raccontare nel dettaglio cos’era la DDR. Tutti gli opuscoli venivano scritti in più lingue e pubblicati in più paesi, soprattutto in Europa. In uno di questi, intitolato “La Vita nella DDR” c’è un intero capitolo dedicato al concetto di famiglia che vigeva nella Germania Socialista. Per ogni argomento si spiega quali leggi e diritti concorrono alla formazione e alla sicurezza delle famiglie tedesche. Nella prima pagina del capitolo la frase iniziale dice già molto: “La famiglia media non esiste”. Perché i comunisti sono “contro” la famiglia? No, sono contrari solo a quella borghese. Il libro continua infatti la frase con: “poiché ogni famiglia vive in maniera diversa dalle altre, in modo del tutto individuale, secondo la propria concezione della felicità e dell’armonia.”
È importante partire dal presupposto che il femminismo rivoluzionario è parte fondamentale nella concezione di famiglia e di conseguenza anche nella sua strutturazione. Nella DDR la parificazione legale, cioè dinanzi alla legge, di uomini e donne non era il punto di arrivo del socialismo, bensì il presupposto per l’avvio di un percorso di emancipazione e decostruzione che comprendeva entrambi i sessi. Seguendo l’idea marxista per la quale cambiando le condizioni materiali si potrà cambiare la coscienza delle persone, nella DDR l’intervento dello stato era concentrato non nel decidere quale “modello” di famiglia imporre, ma nel garantire materialmente la più ampia libertà di scelta agli individui, fornendo a tutti una consolidata sicurezza sociale. Su queste premesse, se la DDR fosse sopravvissuta avremmo avuto anche i matrimoni omosessuali, come oggi li ha Cuba nel Codice delle Famiglie più avanzato del globo.
Il Codice della Famiglia della DDR del 1965 stabiliva i diritti e i doveri di donne, uomini e bambini come membri uguali della società, sia all'interno che all'esterno del matrimonio. Nel testo si legge che "entrambi i coniugi si assumano la loro parte nell'educazione e nella cura dei figli e nella gestione della casa" e che "le relazioni tra coniugi devono essere concepite in modo tale che le donne possano combinare le loro attività professionali e sociali con la maternità". Lo stato socialista era consapevole che la sola parità legale non avrebbe scalfito la disparità sociale tra uomo e donna, per questo le leggi sulla famiglia erano molto più incentrate sul favorire l’emancipazione della donna in un mondo dove il lavoro di cura nella famiglia tipica borghese era a carico delle sole donne. La DDR, anche se per realismo politico doveva avere un occhio di riguardo più per le “madri”, si prodigò affinché progressivamente i compiti interni ad una famiglia fossero condivisi e interconnessi per entrambi i sessi.