venerdì 19 settembre 2025

PAZIENTI NON CLIENTI. La Sanità Pubblica nella RDT - Niccolò Monti

 Da: Nicolò Monti - Nicolo-Monti già segretario nazionale della Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI). 

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“I malati si renderanno conto che nel sistema sanitario della RDT, nonostante le arretratezze tecniche, erano dei pazienti e non oggetti commerciali del marketing dei medici.” 

Queste le parole di Erich Honecker nel 1992, durante il processo che la Germania Ovest aveva organizzato, politicamente e ideologicamente motivata, contro di lui. 

La sua autodifesa pronunciata dinanzi alla corte è memorabile e quel passaggio sui cittadini della DDR, di cosa avrebbero e stavano perdendo con la fine del Socialismo, coglie un punto fondamentale che divide inesorabilmente capitalismo e socialismo. 

Parliamo della sanità e del diritto a vivere in salute. 

Innanzitutto è doveroso partire dall’approccio che la DDR aveva sulla sanità e avrebbe avuto in tutti i suoi 40 anni di vita. 

La sanità infatti non è la sola “cura” della persona, tramite medici, strutture e medicine, ma riguarda tutta la vita e i suoi molteplici aspetti. 

Per perseguire ciò, in un’ottica improntata alla costruzione della società socialista, la DDR con la guida del SED utilizzò la pianificazione dell’economia e la proprietà collettiva dei mezzi di produzione per creare una “filiera” orizzontale che andasse dalla gravidanza alla vecchiaia, senza saltare alcuno step

Anche a causa di croniche carenze di mezzi e risorse, la prevenzione era il mantra della politica sanitaria della DDR. E funzionò. 

La creazione di rapporti sociali ed economici collettivi, non basati sulla proprietà privata e sull’individualismo, consentì allo stato tedesco democratico di poter avere una analisi continua delle condizioni di vita dei cittadini. 

La DDR si basava sulle tradizioni della medicina sociale, che affrontava la salute da una prospettiva socio-politica e si concentrava sull'interazione tra il benessere delle persone e le loro condizioni di vita e di lavoro complessive. 

In particolare, l'attenzione alla prevenzione sul posto di lavoro e per i bambini, insieme a un moderno concetto di assistenza ambulatoriale ed una rete di strutture, di ogni dimensione e ruolo, estremamente ramificata e diffusa in ogni meandro del paese. 

La totale assenza di un settore privato consentì non solo di evitare tutte le croniche malattie che da sempre colpiscono, incurabili, i sistemi sanitari capitalisti, ma permise di costruire un sistema unico, unificato da linee guida univoche per tutti i livelli. 

La questione economica era completamente assente per i pazienti, che non dovevano mai scegliere tra curarsi e mangiare, o se spendere tot cifre per quel farmaco o aspettare il prossimo salario. La gratuità e l’universalità del diritto alla salute era la base su cui si fondava tutta la politica della Repubblica Democratica Tedesca.

Un sistema che cancellava ogni pretesa di profitto, che quindi poté concentrare le sue (a volte scarse) forze tutte sulla prevenzione e il benessere, anziché sulle costose cure. 

Per finanziare il proprio sistema sanitario, la DDR introdusse un ampio sistema di previdenza sociale che copriva l'assicurazione sanitaria, contro gli infortuni e la previdenza, gestito dagli stessi lavoratori attraverso la FDGB, la Libera Federazione dei Sindacati Tedeschi. 

Questo modello integrato, gestito dallo Stato, sostituì i sistemi assicurativi orientati al solo profitto che ancora oggi operano in molti paesi capitalisti (USA su tutti). I risultati di un sistema privato li possiamo chiedere a Luigi Mangione. 

Nella DDR, i cittadini versavano fino al 10% del loro salario mensile al sistema sanitario nazionale. Le imprese poi integravano i contributi dei propri dipendenti e ulteriori sussidi statali coprivano eventuali carenze. 

Un sistema che si alimentava senza alcun privato da sussidiare. 

Cambia il sistema sociale ed economico, con esso cambia anche il ruolo del medico. 

Ad esempio, la DDR aveva estrema necessità di appianare il divario enorme tra campagne e città nella distribuzione e presenza di strutture sanitarie e soprattutto di medici. 

Per ovviare a ciò, oltre a impegnarsi strenuamente per costruire ospedali, ambulatori e cliniche anche nei più piccoli villaggi contadini, lo Stato, per avere un simil ringraziamento per aver garantito la gratuità totale degli studi universitari, richiedeva ai medici, in base alla loro specializzazione, di prestare servizio in zone rurali o industriali dove c’era scarsità di operatori. 

Questo patto tra Stato e studenti è simile a quello che ha Cuba con i suoi studenti impegnati a diventare medici. Una sistema di solidarietà e cooperazione. 

Il sistema sanitario socialista della DDR venne sviluppato con i piani quinquennali nel corso dei 40 anni di vita del paese, raggiungendo nel 1989 dimensioni massive e una diffusione capillare. 

Ben il 7% della forza lavoro del paese, pari a 600.000 persone, erano occupate nel settore.  

Oltre a ospedali e ambulatori, comprendeva strutture di insegnamento e ricerca medica, istituti specialistici, servizi dedicati al pronto soccorso e alle emergenze, oltre a editori e riviste mediche. 

Uno dei suoi punti di forza, tra i molti, è senza dubbio l’industria farmaceutica. 

Con tredici imprese, tre istituti di ricerca e circa 15.000 dipendenti, il Kombinat GERMED, produceva tra l’80 e il 90% del fabbisogno farmaceutico del paese, esportandone anche i prodotti all’estero. 

A differenza di un sistema capitalista, dove la diffusione e il rifornimento di farmaci è dettato dai bisogni di mercato e dalla competizione tra privati, nella DDR essa era guidata direttamente dai medici e farmacisti distrettuali. 

I farmacisti, come i medici, erano liberi da logiche di profitto e i farmaci venivano forniti gratuitamente a tutti i cittadini. 

La stretta collaborazione tra farmacisti e medici consentiva loro di personalizzare l'assistenza ai pazienti, di poter creare percorsi terapeutici dedicati per ogni singolo cittadini in base alle necessità dello stesso e di adattare la terapia farmacologica in caso di carenze di risorse. 

Lo slogan più usato dal SED per il suo sistema sanitario, di cui era orgoglioso, era “il Socialismo è la miglior Profilassi”. 

Una delle sfide più grandi che il governo della DDR affrontò nel lungo percorso di costruzione del suo sistema sanitario è stata l’edificazione dei Poliklink, strutture ambulatoriali che sostituirono i singoli studi privati. 

Queste strutture erano diffuse in ogni angolo del paese e rappresentavano le istituzioni sanitari di prossimità per ogni cittadini e la loro grandezza variava a seconda della densità demografica dell’area dove si trovava. 

L’obiettivo non era solo impedire che i medici continuassero a svolgere il proprio lavoro in studi privati, inconcepibili in un sistema collettivo e universale senza profitti e logiche di mercato, ma per far sì che attrezzature mediche e risorse che un singolo medico non può ospitare potessero essere nella disponibilità di tutti. 

I Poliklinik più grandi avevano al loro interno almeno sei reparti specialistici: medicina interna, medicina orale, ginecologia, chirurgia, pediatria e medicina generale. Molti policlinici ospitavano anche laboratori di diagnostica clinica e reparti di fisioterapia. 

I più piccoli avevano comunque un minimo di tre reparti: medicina generale, medicina interna e pediatria. Anche il più piccolo e remoto villaggio ne aveva uno a portata, senza che nessuno fosse costretto a viaggi lunghi per una semplice visita o per terapie importanti. 

In poche parole, i medici di base, ambulatoriali, vennero incentivati a lasciare ogni propensione al lavoro autonomo in studi privati e a lavorare a stretto contatto con i cittadini, in piena cooperazione con altri medici, infermieri e operatori sanitari. Nel 1989 gli studi privati erano quasi azzerati. 

In media, i poliambulatori contavano tra i 18 e i 19 medici di media, il che consentiva loro di continuare a fornire assistenza anche quando i singoli medici erano malati o in ferie. 

Inoltre, ciò consentiva ai medici di fornire un'assistenza più completa ai propri pazienti, poiché potevano abbinare i normali orari di visita alle visite in loco. I pediatri, ad esempio, potevano effettuare visite di controllo regolari negli asili nido, mentre altri medici si occupavano delle visite senza appuntamento nei poliambulatori. 

Tutto il personale era dipendente diretto dello stato, a cui veniva fornita una serie di diritti amplificati per il tipo di lavoro delicato che svolgevano per la collettività. Tra di essi: garantiti orari di lavoro fissi, assistenza sanitaria interna, pasti organizzati in comune e strutture per le vacanze comuni per sé e le proprie famiglie. 

I poliambulatori erano il cuore del sistema sanitario della Repubblica Democratica, il centro della politica di prevenzione dettata dalle linee guida del Ministero della Salute e delle organizzazioni, sindacali, culturali e scientifiche guidate da medici e operatori sanitari. 

Per raggiungere l’obiettivo di livelli eccellenti di salute e benessere in tutta la DDR, è stata sviluppata una vasta rete di infrastrutture nei quartieri, nei luoghi di lavoro, negli asili nido e nelle zone rurali. 

Nel 1989, questa rete era composta da 13.690 strutture ambulatoriali, di cui 626 poliambulatori. Circa uno su quattro di questi operava all'interno di imprese industriali, utilizzando il luogo di lavoro come luogo per fornire un'assistenza sanitaria coerente, di qualità e accessibile alla forza lavoro in qualsiasi momento. 

Per estendere l'assistenza preventiva alle aree rurali e ai villaggi sparsi, furono costruiti centri ambulatoriali rurali, nel 1989 erano in tutto 433. 

In molte città, i medici prestavano servizio temporaneo in uffici sul territorio per offrire ai residenti visite mediche e visite domiciliari, mentre cliniche odontoiatriche mobili raggiungevano i villaggi più remoti per offrire a tutti i bambini assistenza preventiva. 

All'inizio degli anni '50, per risolvere la carenza di medici nelle campagne, fu sviluppata la professione dell'infermiere di comunità, che serviva tutte quelle zone lontane e senza servizi medici. Nel 1989 queste figure essenziali erano 5.585. 

Questa estesa infrastruttura rurale divenne possibile solo grazie ad un approccio senza alcun tipo di logica di profitto. 

Esattamente come i Poliklink, il sistema di medicina del lavoro fu gradualmente ampliato. 

Nel 1989, copriva 7,5 milioni di lavoratori di 21.550 aziende, pari all'87,4% di tutti i lavoratori della DDR. Le istituzioni impiegavano circa 19.000 professionisti sanitari. 

Anche la medicina del lavoro si affermò come importante campo di studio, con circa un medico ambulatoriale su sette specializzato in questo campo. 

L'Istituto Centrale di Medicina del Lavoro impiegava medici e scienziati per la ricerca sulle malattie professionali e lo sviluppo di misure preventive, e l'importanza di questo settore nella DDR è dimostrata dal fatto che ad Ovest avevano solo la metà degli specialisti in medicina del lavoro, nonostante la forza lavoro della Germania Ovest fosse tre volte più numerosa di quella della DDR. 

La prevenzione era investita di una particolare importanza per quanto riguarda la sicurezza nei luoghi di lavoro, con ulteriore attenzione per tutti quei lavori ad alto rischio per la salute, come l’industria pesante. 

Nella DDR, nel 1989, circa 1,69 milioni di lavoratori erano ancora esposti a inquinanti nocivi e stress nei propri luoghi di lavoro. 

Per ridurre il più possibile gli infortuni e le malattie derivate da tali lavori il governo socialista forniva una assistenza dedicata ai lavoratori di tali settori ad alto rischio. 

Dei 7,5 milioni di lavoratori monitorati nell'ambito del sistema di medicina del lavoro nel 1989, circa 3,34 milioni ricevevano assistenza personalizzata in base alle specifiche condizioni di lavoro. Ad esempio esami dell’udito ed esami polmonari regolari e frequenti. 

Un altro ambito, fondamentale, in cui la DDR si prodigò per ottenere livelli di eccellenza fu quello della salute mentale dei lavoratori. 

Un ricercatore in particolare, Winfried Hacker, costruì quello che divenne lo standard per il sistema sanitario socialista. 

L’obiettivo era di garantire che il luogo di lavoro non diventasse causa di grigia monotonia e quindi di alienazione del lavoratore. 

Ogni impresa aveva lo psicologo sempre a disposizione dei lavoratori. Ogni luogo di lavoro aveva spazi ricreativi, culturali e anche dedicati esclusivamente al riposo. 

Il tutto accompagnato da giorni di congedo e riposo atti a garantire quello che nella DDR era un diritto fondamentale come il lavoro: il tempo libero. 

A differenza del sistema capitalista, dove la salute mentale e fisica del lavoratore deve unicamente servire alla produttività e all’accumulo di profitto, nella DDR era il benessere del lavoratore il centro di tutta la politica lavorativa. 

Dopo aver raccontato tutti gli aspetti positivi del sistema sanitario della DDR, è doveroso descriverne anche le criticità enormi che ha dovuto affrontare. 

Innanzitutto il problema dell’emigrazione dei medici e specialisti verso l’ovest. Un medico nella DDR non guadagnava poco e aveva tutti i diritti sociali e civili, oltre che ad una sicurezza sociale universale, che il socialismo garantiva, ma a Bonn sapevano come convincerli a oltrepassare la cortina di ferro offrendo loro stipendi molto alti, carriere nel settore privato e nessun tipo di “patti” con la collettività. 

Le luci dell’occidente, scintillanti e cariche di promesse di lussi e agi, convinse molti di coloro che usufruirono del sistema educativo e universitario gratuito per laurearsi e poi scappare ad ovest, dove la vita sembrava “più facile”. 

La DDR dovette far fronte per tutti i suoi anni di vita a questa emigrazione che colpì tutti i settori e la sanità non ne fu esente. Nel 1989, nonostante ciò, nel paese operavano 41.000 medici, più che triplicati rispetto al 1949. 

Un altro enorme problema, che si fece sentire soprattutto negli anni 80, fu la mancanza cronica di mezzi e risorse. In un paese già di suo limitato nella sua geografia e costretto a ricostruirsi praticamente da solo nel dopoguerra, l’economia pianificata, seppur estremamente efficiente per molto tempo, non riuscì a tenere il passo, anche per mancanza di riforme atte a suo miglioramento. 

Negli anni 80 molti ospedali e poliklinik erano usurati, le attrezzature mediche diventavano obsolete, i medicinali in molti casi non venivano più prodotti e distribuiti nelle quantità necessarie. Il sistema ne risentì notevolmente, aggravando di conseguenza la “fuga di cervelli”. 

L’impegno nella costruzione di una società nuova, libera, socialista, è già di suo un compito estremamente complesso. Se accanto hai un sistema che promette infiniti desideri e infinite (finte) possibilità di realizzarli, la competizione diventa assai ardua. Contrastare le illusioni del capitale era prioritario per la DDR, ma non riuscì in fin troppi momenti a impedirne la proliferazione. Molte volte per sua stessa colpa. 

Nel 1990 il sistema sanitario, con tutte le sue eccellenze, venne disintegrato dall’ovest. I cittadini della DDR ebbero consapevolezza solo dopo il fatto di quanto avrebbero perso. 

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