giovedì 11 settembre 2025

Solidarietà “terrorista” - Carla Filosa

Da: https://www.marxismo-oggi.it - Il video è di dodonewlife 
Carla Filosa insegna dialettica hegeliana e marxismo. Collabora con l’Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it - https://www.facebook.com/unigramsci - https://rivistacontraddizione.wordpress.com). - 

                                                                         

In attesa di sapere se la Global Sumud Flotilla sarà intercettata dall’esercito israeliano perché definita “terrorista” dal sionismo oscurantista, proponiamo la ripubblicazione di un articolo del 1988 scritto per la rivista “La Contraddizione”, intitolato Palestina/Imperialismo, in cui si curò una cronologia dell’imperialismo, e non solo. Per chi ancora si trastulla sull’uso o meno giuridico del termine genocidio per definire l’intento israeliano sull’attuale sterminio palestinese, può essere utile “rammentare” i precedenti passi di una storia che non comincia il “7 ottobre”.

Il presente sotto gli occhi di tutti viene monitorato in tanti punti informativi, in cui può rimanere difficile distinguere verità da propaganda, realtà oggettive da menzogne politiche. Il passato storico, accompagnato dall’analisi del tempo, non può più veicolare interessi, invece, di cui non si capiscono obiettivi e collusioni perché oggi ancora in via di sviluppo.

Senza aggiungere altro all’impegno della lettura, si vuole comunque condividere una personale immagine metaforica tratta dalla natura ma attinente a Israele: quella del cuculo che non prepara il proprio nido perché deposita l’uovo nel nido altrui, certo che il nascituro spingerà giù dal nido gli altri eventuali “fratelli nemici”, inopportuni concorrenti alla vita, rimanendo il solo a ricevere cibo dagli ignari non-genitori. La duplicazione della natura in storia ci obbliga a sapere che è in questa però che principalmente si muovono le azioni umane. Nel nostro tempo queste sono mosse dalla crisi di capitale, dal collasso del dollaro, dalla separazione di poli imperialistici e relativi investimenti per dominare quote del mercato mondiale, con spostamenti delle strategie industriali, commerciali, bancarie, assicurative, ecc. Il potere di uno stato dominante dipende dall’esito della supremazia nel conflitto tra valute e di armamenti tecnologicamente avanzati testati su campo. L’aggressione ai civili di Gaza e di Cisgiordania, con l’uso di armi e macchine di ultima generazione, non è una guerra ma la distruzione deliberata di un’etnia che limita l’affermarsi di una grande potenza – il “Grande Israele” – identitario e di supporto con l’Occidente in declino. Se questo obiettivo continuerà nei suoi propositi, la guerra imperialista non potrà finire: guerra valutaria, commerciale, riarmo e cioè intimidazione generale per il controllo su materie prime e loro flussi, restrizione di libertà democratiche, controllo sull’informazione e repressione di ogni dissenso. 

PALESTINA / IMPERIALISMO

una cronologia

A. C. - S. T.

1917 – 2 novembre. “Dichiarazione di Balfour” (ministro degli esteri inglese): il governo britannico favorirà “L’instaurazione in Palestina di un <focolare nazionale> per il popolo ebraico”.

       – 1-6 maggio. tumulti palestinesi contro gli immigrati ebrei che si appropriano di terre.

       – 24 luglio. La Società delle Nazioni approva il mandato britannico sulla Palestina e la Transgiordania, secondo le clausole della dichiarazione Balfour.

1929 – 20 ottobre. Libro bianco di lord Passfield: suggerisce di proibire agli ebrei l’acquisizione di terre a scapito dei palestinesi e di limitare l’immigrazione ebraica.

1932 – Ulteriore intensificazione dell’immigrazione ebraica, favorita dal Commissario britannico.

       – aprile. Sciopero generale palestinese (fino all’ottobre). Attacchi contro gli insediamenti ebraici.

       Schema Peel per la spartizione della Palestina: ⅓ (fascia costiera) a uno stato ebraico; un territorio con Jaffa, Gerusalemme e Betlemme affidato alla G.B.; nel resto uno stato arabo unito alla Transgiordania (indipendente dal 1928).

       – Il congresso mondiale sionista adotta lo schema riservandosi ulteriori vantaggi. Il congresso panarabo lo respinge. Insurrezione palestinese. L’amministrazione inglese arresta e deporta alle Seycelles i dirigenti arabi.

1938 – Guerra aperta tra ebrei e palestinesi.

1938-1939 – L’immigrazione ebraica aumenta fortemente.

1942 – I sionisti americani auspicano la creazione di uno stato e di un esercito ebraici.

1946 – Apice del terrorismo sionista. Il quartier generale inglese di Gerusalemme salta in aria: 91 morti (22 luglio).

1947 – 29 aprile. L’Onu vota la spartizione del territorio. Gli ebrei accettano. Gli arabi rifiutano. Cominciano regolari attacchi contro le comunità ebraiche.

1948 – gennaio. L’Haganah, prefigurazione del futuro esercito israeliano rade al suolo cinque villaggi arabi sulla via di Jaffa e deporta gli abitanti.

       Il terrorismo sionista dell’Irgum e della Banda Stern (guidata da Shamir) induce centinaia di migliaia di palestinesi ad abbandonare il paese.

       – All’Onu gli Usa chiedono il rinvio della spartizione, mentre il presidente Truman assicura ai sionisti il riconoscimento del futuro stato israeliano.

       – 9 aprile. L’<Irgum> e la <Banda Stern> massacrano i 250 abitanti di Deir Yassin. L’Haganah intensifica le deportazioni. La popolazione palestinese è ridotta a 400 mila unità (da un milione e 200 del ‘47).

       – 14 maggio. Ben Gurion proclama lo stato di Israele.

       – 16 settembre. Il mediatore dell’Onu, Bernadotte, è assassinato dalla Banda Stern, per aver proposto il ritorno e l’indennizzo dei profughi.

       – 11 dicembre. La proposta Bernadotte è fatta propria dall’Onu con una risoluzione rinnovata a ogni successiva sessione annuale.

1950 – 5 luglio. “Legge del ritorno” approvata alla Knesset (il parlamento israeliano). Ingentissime immigrazioni ebraiche in Palestina. Cominciano le forniture militari europee (Francia, poi Germania) a Israele.

       Fondazione del Mossad, il servizio segreto israeliano.

1954 – terrorismo del Mossad in Egitto: bombe nei cinema, in un ufficio postale e contro sedi diplomatiche. Una decina di agenti del servizio segreto d’Israele vengono arrestati.

1956 – 29 ottobre. Reparti dell’esercito israeliano massacrano 51 contadini arabi a Kafr Kassem.

       – Prima invasione israeliana dell’Egitto.

1959 – 1° dicembre. Fondazione della prima organizzazione degli studenti palestinesi.

1964 – 5 maggio. Inaugurazione dell’acquedotto israeliano dal lago di Tiberiade al Negev, che devia le acque del Giordano a esclusivo beneficio di Israele. Israele bombarda gli impianti con i quali il Libano e la Siria cercano di assicurarsi delle derivazioni.

       – 28 maggio. I profughi palestinesi fondano l’Olp: più di quindici anni dopo la loro espulsione e deportazione dal territorio nazionale. Inizia la loro guerriglia sulle frontiere giordana e siriana di Israele.

1967 – “Guerra dei sei giorni”: Israele occupa il Sinai, il territorio giordano a ovest del fiume, le alture del Golan. Primi attentati anti-israeliani.

1972 – Sequestro di atleti olimpionici israeliani a Monaco e massacro degli ostaggi a séguito dell’intervento delle <teste di cuoio> voluto da Israele.

1974 – All’Onu Arafat invita a scegliere fra l’ulivo e il fucile.

1976 – 4 luglio. Palestinesi sequestrano 98 ebrei su un aereo francese. Intervento delle teste di cuoio israeliane e massacro.

1978 – marzo. Invasione israeliana del Sud Libano.

       – settembre. Camp David: pace fra Egitto e Israele,

1980 – Israele proclama Gerusalemme capitale.

       – giugno. Nuova <invasione> del Libano (cosiddetta operazione “<Pace> in Galilea”).

       – 16 settembre. Falangisti filoisraeliani, favoriti e coperti dalle truppe israeliane, massacrano più di duemila profughi palestinesi a Sabra e Shatila.

1985 – ottobre. Dopo l’uccisione, a Larnaca (Cipro), di tre israeliani denunciati dall’Olp come agenti del Mossad, aerei d’Israele bombardano il quartier generale dell’Olp a Tunisi: 60 morti e 100 feriti, compresi cittadini tunisini.

       – 8 dicembre: insurrezione nazionale palestinese nei <territori occupati> da Israele. La popolazione segue le indicazioni dell’Olp, fra le quali quella di non usare armi. La repressione, fino al 5 maggio, causa almeno 180 morti ammessi dalle autorità militari israeliane, mentre le cifre date dalle organizzazioni palestinesi sono molto più alte. Fra le tecniche della repressione l’invalidazione di giovani e uomini mediante rottura delle ossa, l’impiego di gas all’interno di abitazioni, la <demolizione di case> di civile abitazione.

1988 – marzo. Arafat dichiara, davanti a una televisione statunitense, di accettare “senza equivoci” la risoluzione dell’Onu n° 242 che contempla, fra l’altro, il riconoscimento di Israele.

       – 15 aprile. Seconda violazione della sovranità tunisina da parte di Israele: un commando del Mossad uccide Abu Jihad, responsabile militare dell’Olp.

Pronunciate il giudizio

Scrisse Brecht nel Me-ti: <Lenin durante tutto l’inverno dava da mangiare agli uccellini, mendicanti briciole nel freddo invernale, fuori della sua finestra. Sono ridotti alla beneficienza, diceva, non hanno da mangiare e non possono nemmeno formare un sindacato>. I palestinesi sono soverchiati dalla superiorità politico-ideologica e militare e dalle alleanze internazionali di Israele; sono divisi sul piano organizzativo; non si vede una loro capacità di legare alla questione nazionale una visione antimperialista per gli oppressi del <Vicino Oriente>; sono praticamente isolati all’interno di un mondo arabo egemonizzato da monarchi diversamente teocratici, che seduti su barili di petrolio dominano popoli chini sotto la cantilena del muezzin: autocrati spesso legati, apertamente o occultamente, all’imperialismo; tutti occupati a neutralizzare o strumentalizzare il movimento palestinese. Né i palestinesi possono puntare ad agganciare la soluzione della loro questione nazionale ai trattati di pace di una terza guerra mondiale, così come gli ebrei ottennero dalla seconda, dopo lo sterminio nazifascista innescato dai magnati del capitalismo, la creazione ex novo di uno stato artificiale. D’altra parte, questo nostro mondo omologato dall’imperialismo ha visto il tramonto, già entro la fine del secolo scorso, delle guerre nazionali come guerre risolutrici. Ogni partita politico -militare è ormai da ricondurre allo scontro, sul terreno economico-sociale, tra l’imperialismo e le classi oppresse, scontro che attraversa i confini e i popoli. Il problema è ormai quello della capacità delle classi oppresse di riconoscersi su scala internazionale, scala con la quale si misura anche la questione palestinese. Cosicché è delle classi oppresse che in fin dei conti dobbiamo dire: E <non hanno nemmeno un sindacato>.

Secondo alcuni studi effettuati negli Usa la produzione e l’esportazione di armamenti israeliani ha acquistato sempre maggiore importanza. Infatti nel giro di poco più di un decennio, dalla fine della guerra dei sei giorni, questa nazione ha costruito l’industria bellica più potente e avanzata del <terzo mondo>, destinando alle spese militari il 25-35% del Pnl annuo. Israele è diventato uno dei maggiori paesi esportatori di grandi sistemi d’arma, munizioni e tecnologie anti-guerriglia in Africa e in America Latina. Le esportazioni belliche nel 1985 hanno rappresentato il 16% delle esportazioni totali, contro il 4,5% degli Usa, il 4-5% della Francia e dell’Italia e il 2% della Gran Bretagna. Gli introiti di queste esportazioni diventano sempre più. importanti per l’equilibrio finanziario del paese, compromesso da uno schiacciante debito estero (24 mrd $ nel 1984), e da un progressivo indebolimento delle entrate del commercio estero “pacifico”: turismo, esportazioni agricole, diamanti. Il fucile mitragliatore uzi sostituisce il pompelmo Jaffa come simbolo dello stato di Israele. La spinta verso questa economia di guerra è derivata inizialmente dalla necessità di indipendenza dall’apporto esterno di armi (vedi blocco delle forniture francesi di armamenti alla vigilia della guerra del 1967). Ma si è poi sostenuta e rafforzata autonomamente a causa degli interessi occupazionali e del <complesso militare-scientifico-industriale>. Su circa 300 mila lavoratori dell’industria, il 40% sono occupati nell’<economia di guerra. Esistono comunque dei prezzi da pagare per tali scelte. Sul piano economico la concentrazione produttiva in una sola area rende Israele vulnerabile alle fluttuazioni di un mercato estremamente instabile, come quello delle armi convenzionali. Dal punto di vista politico l’obbligo di vendere all’estero la maggior parte della produzione bellica spinge Israele ad azioni spregiudicate che possono ritorcerglisi contro, come dimostrano le vicende dell’Irangate. Esistono infatti degli ostacoli molto seri alle esportazioni di armi. I paesi del blocco socialista e i paesi arabi, a parte l’Iran, sono largamente <off limits> per Israele, mentre gli stati occidentali producono da sé i propri armamenti o li acquistano dalla nato. Altri compratori del terzo mondo preferiscono evitare l’acquisto di commesse ufficiali.

L’esperienza di questo stato nelle tecniche di contro-insurrezione, che vengono tragicamente applicate in questi giorni in Cisgiordania, è uno dei maggiori vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza. Ma questo lo obbliga di fatto a commerciare sui mercati mondiali presso gli <stati-paria> condannati dall’opinione pubblica mondiale, come il Sudafrica o il Cile. Molte di tali vendite non possono essere condotte alla luce del sole, tramite accordi fra governi. Secondo fonti israeliane circa un terzo delle vendite di armi all’estero sono ef­fettuate da operatori privati, 600 dei quali <ufficialmente accreditati> che si avvalgono di un reticolo semi-clandestino di “contatti” con esponenti delle élites dominanti nei paesi acquirenti (leggi tangenti fino al 25% dell’importo delle transazioni). Appare evidente allora come la sindrome da accerchiamento, da parte del mondo arabo, sia per Israele solo una giustificazione mistificante rispetto al ruolo di gendarme svolto da questo stato, al suo coinvolgimento sempre più largo nei settori “meno limpidi” della politica e dell’economia mondiali.

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