lunedì 4 gennaio 2021

Cosa significa socialismo nel XXI secolo e cos'è lo Stato socialista? - Stefano G. Azzarà

 Da: https://www.facebook.com/stefano.azzara - Stefano G. Azzarà insegna Storia della filosofia politica all’Università di Urbino e dirige la rivista “Materialismo Storico(materialismostorico http://materialismostorico.blogspot.com). È impegnato in un confronto tra le grandi tradizioni filosofico-politiche della contemporaneità: liberalismo, conservatorismo, marxismo.

"... ritengo che il socialismo vada inteso, con le parole di Gramsci, come una “società regolata”, ovvero come una società organizzata in maniera razionale. “Razionale”, però, nel senso di una razionalità universale, e non meramente strumentale e tecnocratica. Una razionalità, cioè, per via della quale lo sviluppo delle forze produttive materiali e immateriali (la cultura, le idee) va a beneficio di tutti ed è assoggettato al controllo della società di cui è al servizio, in modo che esso diventa la premessa dello sviluppo integrale delle soggettività e dei gruppi umani e della conciliazione tra il mondo umano e quello naturale. Questa razionalità non può che essere assicurata in primo luogo dallo Stato, il quale ha la forma dell’universalità ed è dunque potenzialmente in grado di elevarsi al di sopra delle contraddizioni della società civile e di mediare tra esse fino a portarle a sintesi (Hegel). 

Poiché queste contraddizioni hanno a che fare con la riproduzione complessiva della società stessa e sono legate alle sue capacità produttive, la natura socialista di un paese è determinata dunque in primo luogo dalla capacità dello Stato e della politica di "comandare" ovvero coordinare l'“economia”, intesa – come abbiamo visto sopra – come l’insieme del lavoro sociale complessivo. 

Questa condizione non è però sufficiente, perché altrimenti tutti i paesi nei quali esiste un comando statale centralizzato o una prevalenza del controllo statale sarebbero socialisti. 

Non è così, invece, perché la natura socialista del comando statale dipende a sua volta dalla natura dello Stato stesso; dipende cioè da quale è l’obiettivo generale che questo Stato – il quale costituisce un vero e proprio campo di battaglia in cui si svolge una lotta di classe (Poulantzas) – si prefigge. 

C’è lo Stato che è espressione politica diretta o indiretta delle classi dominanti e del loro potere, ad esempio, il cui obiettivo generale è quello di garantire la riproduzione di questo dominio di classe e dunque di garantire la prevalenza degli interessi sociali particolari più potenti, oppure quello di favorire questa o quella tra le diverse frazioni delle classi dominanti, oppure ancora quello di garantire un equilibrio tra classi dominanti e ceti medi e piccola borghesia, così come c'è lo stato colonizzatore e quello della borghesia conoradora. 

Lo Stato socialista, al contrario, è quello Stato che si prefigge di manipolare i rapporti di forza tra le diverse classi al fine di far prevalere l’interesse generale sugli interessi particolari e sugli egoismi privati, trovando sempre l’equilibrio giusto nella situazione concreta. Socialisti sono perciò quei paesi nei quali la direzione statale non è mai fine a se stessa ma si inscrive in un progetto generale di emancipazione della società in tutte le sue parti. Un progetto il cui obiettivo “filosofico” è la costruzione del concetto universale di uomo, la realizzazione della comune umanità mediante il superamento delle discriminazioni di classe, di genere e di etnia; e dunque un progetto che è fondato sul principio di eguaglianza (inteso a sua volta non come distribuzione rigidamente egualitaria della ricchezza ma come reciproco riconoscimento della pari dignità umana tra tutti gli uomini e tutte le donne). 

Di conseguenza, sono socialisti quei paesi nei quali questa direzione statale viene esercitata da uno Stato il quale, a partire dalla sua genesi storica o comunque da un evento fondativo rivoluzionario che ha spezzato il potere delle classi dominanti, è o è diventato espressione di questa comune umanità e dunque espressione degli interessi della maggioranza: espressione, in primo luogo, delle classi lavoratrici e della loro capacità di organizzazione. 

Questo Stato rappresenta cioè l’atto di emancipazione di quelle classi che nella storia del genere umano e di tutti i paesi, e in particolare nella storia moderna, sono state subalterne; classi che vedono perciò nell’azione regolatrice dello Stato ­– la quale coincide con la loro presa di potere – esattamente la fuoriuscita da questa subalternità. 

In questo senso, è del tutto secondaria la questione della proprietà dei mezzi di produzione: certamente la presenza di una forte proprietà sociale dei mezzi di produzione che viene esercitata attraverso lo Stato è importante; e però non è necessario che questa proprietà pubblica sia esclusiva ed è perfettamente possibile la sua coesistenza con il mercato privato, perché la cosa più importante di tutte è il primato della politica e dello Stato secondo la definizione che abbiamo visto. 

In questa prospettiva, socialismo è l'appropriazione razionale e consapevole che gli uomini e le donne esercitano sulle proprie condizioni di riproduzione e la presenza dell’imprenditoria privata non rappresenta un problema, nella misura in cui la borghesia rimane classe in sé sul terreno economico e non si costituisce come classe per sé in grado di contendere il potere politico (Lukacs)...". 

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