mercoledì 23 gennaio 2019

Riflessioni 17... - Stefano Garroni

Da: https://www.facebook.com/groupsStefano_Garroni è stato un filosofo italiano. - 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/10/riflessioni-16-stefano-garroni.html  


Per una pace perpetua (1775) è un’operetta scritta da Kant, quando ormai il suo pensiero fondamentale era stato fissato nelle sue grandi Opere.

Dal titolo si potrebbe ricavare che Kant riconosca quale aspirazione più profonda dei popoli, quella di vivere in pace; ma più volte su questo Kant esprime dubbi, considerando tale obiettivo utopico e fantastico; ma ciò non basta a far sì che Kant abbandoni tale obiettivo; si pensa forse che l’espressione di Moltke [Helmuth von Moltke the Elder], secondo cui “una pace perpetua è un sogno e in nessun caso un bel sogno”, oppure a Voltaire, il quale anche parla di un sogno, che può tradursi in realtà tanto poco, quanto poco vi può essere pace tra i regnanti, come tra gli elefanti e i rinoceronti, la volpe e il cane; o si pensa stupidamente che Kant nella sua introduzione comporti che, nell’epoca dell’armamento atomico, ogni sforzo per la pace tra i popoli è un cimitero (Kirchhof), in cui l’umanità si adagerà per un’eterna pace.

Ma nello scritto non troviamo nulla di tutto questo; è vero piuttosto che Kant affronta il tema così come fa nel caso, in generale, dei concetti della ragione: l’idea della pace perpetua appartiene ai concetti che sono al di là delle possibilità dell’esperienza e che, dunque, non troveranno mai un oggetto ad essi pienamente corrispondente: ciò che solo è realistico è che l’esperienza umana si tenda verso il raggiungimento di un obiettivo in verità, irrealizzabile.

Non potremmo mai raggiungere, quell’obiettivo, perché infinitamente lontano. Piuttosto quello che ci poniamo è un compito del tutto reale ed alla cui realizzazione possiamo lavorare con successo, cioè a dire, ricercare la strada, che ci permetta di avvicinarci –solo avvicinarci- a quello scopo.

Questo tendere, destinato ad una insoddisfazione senza fine, appartiene agli imperativi morali, che ogni essere razionale approva e sul diritto che, in definitiva, deve valere per tutto il mondo umano.

Così gli argomenti di Kant circa la strada per la pace perpetua si basano sull’idea di libertà, sulla legge morale e sulla sua dottrina del diritto. Cosa significa per lui, in questo insieme, libertà? Come si pone, da politico, Kant nei suoi confronti?

Già nel 1781, dunque circa 50 anni prima dello scritto sulla “Pace perpetua”, espresse, nella Critica della ragion pura, la sua concezione della migliore costituzione possibile, nella lapidaria espressione: “Una Costituzione della massima libertà umana secondo leggi, la quale fa sì che la libertà di ognuno possa sussistere in connessione con quella degli altri (non una Costituzione della maggiore felicità, poiché quest’ultima ne deriverebbe di per sé) è dunque per lo meno un’idea necessaria, che non si debba disporre, solo, del primo schizzo di una Costituzione statale, ma sì di una Costituzione completa di tutte le leggi”. Una simile libertà è una condizione fondamentale per una pacifica vita sociale degli uomini. E questa resta una ferma componente della sua costruzione critica.

Nessuna meraviglia che Kant non si trovasse minimamente d’accordo con il modo, in cui, in Francia, si cercava di portare avanti l’idea di libertà. Ed e’ comprensibile anche come egli sicuramente preferisse la via legale e non quella violenta: Kant spiega, per fare un esempio, che non è giusto che se i sottomessi cacciano via un tiranno, che opprime la loro libertà, non gli riconoscano, una volta detronizzato, diritti e libertà.

Come l'idea di libertà, anche la dottrina del’imperativo categorico restò indiscussa nel sistema kantiano della ragione, e proprio nei termini in cui essa compare nello scritto, di cui ci stiamo occupando. L’imperativo categorico, secondo il quale è vero che il volere razionale vale per il singolo eticamente, così come è vero che esso vale nello stesso senso anche nel comportamento dei popoli l’un verso l’altro, in breve: “la volontà universale data a priori, la quale ha nella ragione la propria origine e la propria sede, è la sola, che può definire (bestimmen) che cosa sia giusto”. Questo pensiero ben presto si radicò nella dottrina morale kantiana ed anche nel presente scritto funge da idea cardine, intorno a cui gli altri pensieri a proposito della libertà del mondo umano si vanno ordinando.



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