Vedi anche:
ROSA L. - Margarethe Von Trotta (1986)
Rosa Luxemburg - Angelo d'Orsi
https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/05/rosa-luxemburg-rivoluzionaria-donna.html
Dedico alla memoria della più nobile vittima la lettura della seguente lettera, che Rosa Luxemburg scrisse dal carcere femminile di Breslavia a Sonja Liebknecht a metà dicembre 1917.
«Ormai è un anno che Karl è in carcere a Luckau. In questo mese ci ho pensato spesso: proprio un anno fa Lei era a casa mia, qui a Wronke, e mi ha donato quel bell’albero di natale…Quest’anno me ne sono procurato uno,ma me lo hanno portato molto scadente e con qualche ramo mancante – non c’è confronto con quello dell’anno scorso. Non so come potrò appenderci le otto piccole luci che mi sono porcurata. E’ il mio terzo Natale in carcere , ma non la prenda sul tragico. Io sono tranquilla e serena come sempre. Ieri sono rimasta sveglia a lungo – ormai non riesco a prender sonno prima dell’una, ma devo coricarmi già alle dieci – e poi nel buio mi abbandono a tanti sogni dunque pensavo: è strano come io viva costantemente in una lieta ebrezza – e senza alcun motivo particolare. Così, per esempio, giaccio in questa cella buia su un materasso duro come la pietra, tutto intorno a me regna il solito silenzio di tomba, sembra di essere già morti: dalla finestra si staglia sulla coperta il riflesso di un lampione, che arde tutta la notte davanti al carcere. Di quanto in quanto si sente, smorzato, lo strepito lontano di un treno che passa o, vicinissimo sotto la finestra, il tossicchiare della sentinella che, per sgranchirsi le gambe irrigidite, fa due passi lentamente nei suoi pesanti stivali. Sotto questi passi la sabbia scricchiola così disperatamente, che tutto il vuoto e l’inesorabilità dell’esistenza risuonano nella notte umida e oscura. Ed io giaccio sola, avvolta nei molteplici panni neri delle tenebre, della noia, della prigionia dell’inverno – ma il mio cuore intanto batte di un’intima gioia sconosciuta, inconcepibile, come se camminassi su un prato fiorito nella chiara luce del sole. Nel buio io sorrido alla vita, come se fossi consapevole di un magico segreto, che annulla il male e la tristezza e li trasforma in pura luminosa felicità. Cerco un motivo per questa gioia, non lo trovo e sorrido di me stessa. Penso che il segreto non sia che la vita stessa; le profonde tenebre notturne sono belle e morbide come il velluto, basta saper guardare. Ed anche nello scricchiolio della sabbia umida sotto i passi lenti e pesanti della sentinella, risuona un piccolo e dolce canto sulla vita – basta saper ascoltare. In questi momenti io penso a Lei, e vorrei comunicarLe la chiave magica, perché possa cogliere, sempre ed in ogni circostanza, la gioiosa bellezza della vita, perché anche Lei possa vivere in questa ebrezza e camminare come su un prato fiorito. Non voglio certo propinarLe ascetismo e gioie immaginarie: Le auguro tutte le reali gioie dei sensi. A queste vorrei solo aggiungere la mia inesauribile gioia interiore, per essere tranquilla sul Suo conto, per essere sicura che Lei affronti la vita avvolta in un mantello trapunto di stelle, che La protegga da ogni piccineria, volgarità angoscia. Nel parco di Steglitz Lei ha colto un bel mazzo di bacche nere e rosso-viola. Per quelle nere, si può trattare di sambuco – le sue bacche pendono in pesanti e fitti corimbi fra grandi foglie pennate, le conosce certamente – o di ligustro: piccole, esili pannocchie dritte, tra foglie sottili e lanceolate- Le bacche rosa-viola, nascoste tra le piccole foglie, potrebbero essere quelle del nespolo nano; in realtà sono rosse, ma in questa stagione avanzata sarebbero fin troppo mature, e un po’ marcite appaiono spesso di un rosa violetto; le foglioline sono simili a quelle del mirto, piccole e aguzze in cima, di un verde scuro, ruvide nella parte inferiore e simili al cuoio in quella superiore.
(Sonjuša, conosce di Platen Verhängnisvolle Gabel? Me la può spedire o mandare? Karl una volta aveva accennato di averla letta quando era ancora a casa. Le poesie di George sono belle: adesso so da dove viene il verso E nel fruscio del grano rosso-dorato!>, che Lei citava di solito, quando passeggiavamo fra i campi. E, all’occasione, può ricopiarmi il nuovo Amadis, amo tanto questa poesia – naturalmente grazie alla canzone di Hugo Wolff – ma non l’ho qui. Continua a leggere La leggenda di Lessing? Io ho ripreso in mano la sua storia del materialismo di Lange, che mi stimola e mi ristora sempre. Vorrei tanto che la leggesse anche Lei).
Ah, Sonička, qui ho provato un dolore così acuto: nel cortile dove passeggio arrivano spesso dei carri militari, sovraccarichi di sacchi o di vecchie giubbe e camicie militari, spesso macchiate di sangue. Si scarica tutto qui, che poi viene suddiviso nelle celle, rattoppato, ricaricato e rispedito ai soldati. Poco tempo fa è arrivato uno di questi carri, e invece di cavalli vi erano attaccati dei bufali. Era la prima volta che vedevo da vicino questi animali. Sono di costituzione più robusta e larga dei nostri buoi, con le teste piatte e le corna piatte e rivolte all’indietro, più simili quindi alle nostre pecore per la forma della testa, tutti neri e con grandi e dolcissimi occhi neri. Sono preda di guerra e provengono dalla Romania. I soldati che guidano questi carri dicono che è stato molto arduo catturare questi animali selvaggi e ancora di più utilizzarli per il trasporto, dato che erano abituati alla libertà. Vennero picchiati terribilmente fino a che si resero conto che l’unica parola valida è vae victis…Sembra che solo a Breslavia ce ne sia un centinaio: abituati ai ricchi pascoli della Romania, ricevono ora foraggio scarso e cattivo. Vengono sfruttati senza scrupolo per il traino dei carri e crepano quindi molto presto. Qualche giorno fa, dunque, è arrivato uno di questi carri, carico di sacchi, così ingombranti, che i bufali non riuscivano a superare la soglia dell’ingresso. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, cominciò a picchiare gli animali col pesante manico della frusta con tale violenza, che la sorvegliante, indignata, gli chiese se non provasse pietà! rispose egli con un sorriso cattivo, e picchiò ancora più forte… Gli animali fecero ancora uno sforzo e superarono l’ostacolo, ma uno di essi sanguinava…. Sonička, la pelle dei bufali è proverbialmente spessa e resistente, ma questa si era lacerata. Mentre scaricavano, le bestie, sfinite, stavano quiete e una, quella che sanguinava, guardava fisso davanti a sé, con l’espressione, sul muso nero e nei dolci occhi neri, di un bimbo in lacrime. Era veramente l’espressione di un bambino che è stato duramente punito, ma non ne capisce il motivo e lo scopo e non sa come sfuggire al male e alla cruda violenza… Io ero lì, l’animale mi guardava, le lacrime mi scorrevano sul volto – erano le sue lacrime, non si può singhiozzare con maggior dolore per un fratello amato di quanto singhiozzassi io, impotente di fronte a quella silenziosa sofferenza. Com’erano lontani, irraggiungibili e perduti i liberi, pingui e verdi pascoli della Romania! Come diverso vi splendeva il sole, soffiava il vento, come diversi erano i bei canti degli uccelli e il melodioso richiamo dei pastori! Ma qui – questa orribile città straniera, la stalla cupa, il ripugnante fieno ammuffito mescolato a paglia, gli uomini stranieri e tremendi, e – le percosse, il sangue che gocciola dalla ferita fresca….Povero bufalo, mio povero ed amato fratello, siamo qui tutti e due, impotenti e inermi, uniti nel dolore e nella nostra debolezza, nella nostalgia. Nel frattempo i carcerati si affannavano attorno al carro, scaricavano i sacchi pesanti e li trascinavano dentro; il soldato, invece, con le mani in tasca, percorreva a gran passi il cortile e sorridendo fischiettava un motivo popolare. E tutta la gloriosa guerra mi passò davanti agli occhi…
Sonjuša, carissima, nonostante tutto, stia tranquilla e serena. Questa è la vita e bisogna accettarla, con coraggio, senza timore e sorridendo – nonostante tutto».
Rosa Luxemburg
[da «Die Fackel, nr. 546-550, luglio 1920, pp.6-9]
Ah, Sonička, qui ho provato un dolore così acuto: nel cortile dove passeggio arrivano spesso dei carri militari, sovraccarichi di sacchi o di vecchie giubbe e camicie militari, spesso macchiate di sangue. Si scarica tutto qui, che poi viene suddiviso nelle celle, rattoppato, ricaricato e rispedito ai soldati. Poco tempo fa è arrivato uno di questi carri, e invece di cavalli vi erano attaccati dei bufali. Era la prima volta che vedevo da vicino questi animali. Sono di costituzione più robusta e larga dei nostri buoi, con le teste piatte e le corna piatte e rivolte all’indietro, più simili quindi alle nostre pecore per la forma della testa, tutti neri e con grandi e dolcissimi occhi neri. Sono preda di guerra e provengono dalla Romania. I soldati che guidano questi carri dicono che è stato molto arduo catturare questi animali selvaggi e ancora di più utilizzarli per il trasporto, dato che erano abituati alla libertà. Vennero picchiati terribilmente fino a che si resero conto che l’unica parola valida è vae victis…Sembra che solo a Breslavia ce ne sia un centinaio: abituati ai ricchi pascoli della Romania, ricevono ora foraggio scarso e cattivo. Vengono sfruttati senza scrupolo per il traino dei carri e crepano quindi molto presto. Qualche giorno fa, dunque, è arrivato uno di questi carri, carico di sacchi, così ingombranti, che i bufali non riuscivano a superare la soglia dell’ingresso. Il soldato che li accompagnava, un tipo brutale, cominciò a picchiare gli animali col pesante manico della frusta con tale violenza, che la sorvegliante, indignata, gli chiese se non provasse pietà! rispose egli con un sorriso cattivo, e picchiò ancora più forte… Gli animali fecero ancora uno sforzo e superarono l’ostacolo, ma uno di essi sanguinava…. Sonička, la pelle dei bufali è proverbialmente spessa e resistente, ma questa si era lacerata. Mentre scaricavano, le bestie, sfinite, stavano quiete e una, quella che sanguinava, guardava fisso davanti a sé, con l’espressione, sul muso nero e nei dolci occhi neri, di un bimbo in lacrime. Era veramente l’espressione di un bambino che è stato duramente punito, ma non ne capisce il motivo e lo scopo e non sa come sfuggire al male e alla cruda violenza… Io ero lì, l’animale mi guardava, le lacrime mi scorrevano sul volto – erano le sue lacrime, non si può singhiozzare con maggior dolore per un fratello amato di quanto singhiozzassi io, impotente di fronte a quella silenziosa sofferenza. Com’erano lontani, irraggiungibili e perduti i liberi, pingui e verdi pascoli della Romania! Come diverso vi splendeva il sole, soffiava il vento, come diversi erano i bei canti degli uccelli e il melodioso richiamo dei pastori! Ma qui – questa orribile città straniera, la stalla cupa, il ripugnante fieno ammuffito mescolato a paglia, gli uomini stranieri e tremendi, e – le percosse, il sangue che gocciola dalla ferita fresca….Povero bufalo, mio povero ed amato fratello, siamo qui tutti e due, impotenti e inermi, uniti nel dolore e nella nostra debolezza, nella nostalgia. Nel frattempo i carcerati si affannavano attorno al carro, scaricavano i sacchi pesanti e li trascinavano dentro; il soldato, invece, con le mani in tasca, percorreva a gran passi il cortile e sorridendo fischiettava un motivo popolare. E tutta la gloriosa guerra mi passò davanti agli occhi…
Sonjuša, carissima, nonostante tutto, stia tranquilla e serena. Questa è la vita e bisogna accettarla, con coraggio, senza timore e sorridendo – nonostante tutto».
Rosa Luxemburg
[da «Die Fackel, nr. 546-550, luglio 1920, pp.6-9]
Una donna priva di sentimentalismo risponde a Rosa Luxemburg
Innsbruck, 25 agosto 1920 «Egregio signor Kraus,
l’ultimo numero della sua <Fackel> mi è capitato in mano per caso (sono stata abbonata fino al 4 febbraio u.s.) e vorrei permettermi di ribattere su qualche punto alla lettera di Rosa Luxemburg, che Lei ammira tanto, anche se una corrispondenza proveniente da Innsbruck probabilmente non le riuscirà gradita. Dunque: la lettera è veramente bella e commovente, sono d’accordo con Lei che potrebbe figurare come brano, nei libri di lettura per le scuole elementari e medie, purché corredata nella prefazione da considerazioni didattiche, su come sarebbe trascorsa più lieta e ridente la vita della Luxemburg se, invece di fare l’agitatrice, si fosse occupata come guardiana in un giardino zoologico o simili. In questo caso probabilmente le sarebbe stata risparmiata la “galera”. Date poi le sue conoscenze di botanica ed il suo amore per i fiori, avrebbe in ogni caso trovato una soddisfacente e remunerativa occupazione anche in un vivaio un po’ grande, e non avrebbe certo fatto la conoscenza del calcio dei fucili. Quanto alla descrizione un po’ “larmoyante” del bufalo, sono sicura che non è venuta meno allo scopo ed ha agito sulle ghiandole lacrimali delle mogli dei commendatori e sui giovani esteti di Berlino, Dresda e Praga. Ma chi, come me, è cresciuta in una grande tenuta dell’Ungheria meridionale e conosce dalla giovinezza questi animali, il loro pelo ruvido e spelacchiato e la loro espressione stolida, considera la cosa con maggiore pacatezza. La buona Luxemburg si è lasciata infinocchiare dal soldato in questione ( come fu Benedikt con i cani da miniera); hanno poi certo contribuito anche i ricordi di pantaloni di pelle, di mandrie selvagge di bufali nelle praterie, ecc.. Se i nostri grigi fanti a prescindere dai duri compattimenti che dovettero sostenere in Romania, avessero avuto ancora il tempo, la forza e la voglia di catturare a centinaia bufali selvaggi e addomesticarli immediatamente per farne animali da tiro, sarebbero degni dell’ammirazione generale, e decisamente ancora più sorprendente è il fatto che questi animali primitivi abbiano tollerato un simile trattamento. Si deve invece sapere che in queste regioni i bufali sono allevati e usati di norma come animali da tiro (ed anche per il latte) da tempi immemorabili. Non sono esigenti per il cibo, sono molto robusti, anche se hanno un’andatura lentissima. Perciò non credo che “l’amato fratello” della Luxemburg potesse stupirsi di dover tirare un carro a Breslavia e di essere colpito sul groppone con il manico della frusta. Talvolta è una cosa inevitabile con gli animali da tiro – purché non lo si faccia con troppa rudezza – dato che non sempre afferrano i motivi razionali, - ed io in quanto madre glielo posso assicurare – un ceffone dato a ragazzi robusti è spesso molto salutare. Non bisogna pensare sempre al peggio e commiserare gli uomini (e gli animali), senza conoscere le circostanze. E’ un fatto che può causare più male che bene. La Luxemburg sarebbe stata certamente contenta, se avesse potuto predicare la rivoluzione ai bufali e fondare una repubblica di bufali; è da dimostrare però che sarebbe stata in grado di procurare loro il paradiso sognato – da lei - con <i bei canti degli uccelli e il melodioso richiamo dei pastori>, e se i bufali avrebbero dato tanto peso a queste ultime cose. Esistono appunto donne isteriche, che ficcano il naso in ogni cosa e vorrebbero sempre aizzare gli uni contro gli altri; se sono dotate di spirito e di classe, vengono ascoltate volentieri dalle masse e procurano un mucchio di guai al mondo. E certo non ci si può stupire troppo, se una donna del genere, che ha predicato così spesso la violenza, vada incontro ad una fine violenta.
Forza silenziosa, attività nell’ambiente circostante, quieta benevolenza e spirito di conciliazione sono doti molto più necessarie del sentimentalismo e della provocazione. Non crede?
Distinti saluti Signora von X-Y»
Innsbruck, 25 agosto 1920 «Egregio signor Kraus,
l’ultimo numero della sua <Fackel> mi è capitato in mano per caso (sono stata abbonata fino al 4 febbraio u.s.) e vorrei permettermi di ribattere su qualche punto alla lettera di Rosa Luxemburg, che Lei ammira tanto, anche se una corrispondenza proveniente da Innsbruck probabilmente non le riuscirà gradita. Dunque: la lettera è veramente bella e commovente, sono d’accordo con Lei che potrebbe figurare come brano, nei libri di lettura per le scuole elementari e medie, purché corredata nella prefazione da considerazioni didattiche, su come sarebbe trascorsa più lieta e ridente la vita della Luxemburg se, invece di fare l’agitatrice, si fosse occupata come guardiana in un giardino zoologico o simili. In questo caso probabilmente le sarebbe stata risparmiata la “galera”. Date poi le sue conoscenze di botanica ed il suo amore per i fiori, avrebbe in ogni caso trovato una soddisfacente e remunerativa occupazione anche in un vivaio un po’ grande, e non avrebbe certo fatto la conoscenza del calcio dei fucili. Quanto alla descrizione un po’ “larmoyante” del bufalo, sono sicura che non è venuta meno allo scopo ed ha agito sulle ghiandole lacrimali delle mogli dei commendatori e sui giovani esteti di Berlino, Dresda e Praga. Ma chi, come me, è cresciuta in una grande tenuta dell’Ungheria meridionale e conosce dalla giovinezza questi animali, il loro pelo ruvido e spelacchiato e la loro espressione stolida, considera la cosa con maggiore pacatezza. La buona Luxemburg si è lasciata infinocchiare dal soldato in questione ( come fu Benedikt con i cani da miniera); hanno poi certo contribuito anche i ricordi di pantaloni di pelle, di mandrie selvagge di bufali nelle praterie, ecc.. Se i nostri grigi fanti a prescindere dai duri compattimenti che dovettero sostenere in Romania, avessero avuto ancora il tempo, la forza e la voglia di catturare a centinaia bufali selvaggi e addomesticarli immediatamente per farne animali da tiro, sarebbero degni dell’ammirazione generale, e decisamente ancora più sorprendente è il fatto che questi animali primitivi abbiano tollerato un simile trattamento. Si deve invece sapere che in queste regioni i bufali sono allevati e usati di norma come animali da tiro (ed anche per il latte) da tempi immemorabili. Non sono esigenti per il cibo, sono molto robusti, anche se hanno un’andatura lentissima. Perciò non credo che “l’amato fratello” della Luxemburg potesse stupirsi di dover tirare un carro a Breslavia e di essere colpito sul groppone con il manico della frusta. Talvolta è una cosa inevitabile con gli animali da tiro – purché non lo si faccia con troppa rudezza – dato che non sempre afferrano i motivi razionali, - ed io in quanto madre glielo posso assicurare – un ceffone dato a ragazzi robusti è spesso molto salutare. Non bisogna pensare sempre al peggio e commiserare gli uomini (e gli animali), senza conoscere le circostanze. E’ un fatto che può causare più male che bene. La Luxemburg sarebbe stata certamente contenta, se avesse potuto predicare la rivoluzione ai bufali e fondare una repubblica di bufali; è da dimostrare però che sarebbe stata in grado di procurare loro il paradiso sognato – da lei - con <i bei canti degli uccelli e il melodioso richiamo dei pastori>, e se i bufali avrebbero dato tanto peso a queste ultime cose. Esistono appunto donne isteriche, che ficcano il naso in ogni cosa e vorrebbero sempre aizzare gli uni contro gli altri; se sono dotate di spirito e di classe, vengono ascoltate volentieri dalle masse e procurano un mucchio di guai al mondo. E certo non ci si può stupire troppo, se una donna del genere, che ha predicato così spesso la violenza, vada incontro ad una fine violenta.
Forza silenziosa, attività nell’ambiente circostante, quieta benevolenza e spirito di conciliazione sono doti molto più necessarie del sentimentalismo e della provocazione. Non crede?
Distinti saluti Signora von X-Y»
La risposta di Karl Kraus:
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