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martedì 3 settembre 2024

L’attualità del Capitale, liberato dalle secche di interpretazioni superate - Ascanio Bernardeschi intervista Roberto Fineschi

Da: https://futurasocieta.com -  Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!). -  Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa), La Città futura e Futura Società [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)].

Vedi anche: Incontro con Roberto Fineschi - Unigramsci Pisa 

Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - Ascanio Bernardeschi 

Storia del capitalismo e materialismo storico. Riflessioni eretiche - Roberto Fineschi dialoga con Paolo Tedesco

Leggi anche: L’onda lunga della crisi del marxismo (tra prassi e teoria) - Roberto Fineschi

La Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA2), Intervista a Roberto Fineschi* - Ascanio Bernardeschi 

Mondializzazione, finanziarizzazione, nuova composizione di classe. Che uso fare del lascito marxiano per rilanciare una prospettiva comunista? Intervista a Roberto Fineschi* - Ascanio Bernardeschi 



Intervista a Roberto Fineschi, curatore di un’importante nuova edizione del libro I de Il capitale. Perché il capolavoro marxiano è ancora attuale e perché è importante questa nuova impresa editoriale, augurandoci che possa essere portata a termine.

È stata pubblicata nel giugno scorso una nuova edizione, nella prestigiosa collana I millenni di Einaudi, del libro I de Il capitale, l’opera più importante di Marx, con traduzioni di Stefano Breda, Gabriele Schimmenti, Giovanni Sgrò e Roberto Fineschi. L’uscita del capolavoro di Marx è di per sé un fatto da segnalare, ma in questo caso c’è un valore aggiunto in più in quanto si tratta della proposizione in Italia di inediti e varianti alle varie edizioni curate dallo stesso Marx, che aiuta a una migliore comprensione di un’opera a seguito della quale si è sviluppata un’immensa discussione, con divaricazioni significative.

Ne parliamo con il curatore Roberto Fineschi.

D. La prima domanda è d’obbligo. Perché Il capitale, per anni messo in soffitta o conservato come un reperto da museo da molti intellettuali italiani, è invece tornato di attualità e perché è utile a chi oggi si propone il superamento del capitalismo ma anche a chi vuole capire meglio questo modo di produzione?

R. Era stato messo in soffitta perché il modo di leggerlo era legato a una tradizione interpretativa molto importante, ma incapace di aggiornarsi di fronte all’evoluzione del modo di produzione capitalistico. Ponendo una grande enfasi su concetti come valore-lavoro oppure classe operaia sfruttava al massimo determinate caratteristiche che funzionavano molto bene in una fase del capitalismo, ma che, allo stesso tempo, non permettevano alcun adattamento agli sviluppi ulteriori. D’altro canto la crisi politica dei movimenti che quei concetti avevano adottato ha fatto mancare anche le premesse “materiali” affinché un ulteriore sviluppo fosse possibile. La forza in una determinata fase di certi concetti non ha consentito di coglierne la duttilità e capacità interpretativa più generale.

I motivi perché è utile riprenderlo sono alla fine assai semplici: a differenza delle teorie economiche, sociologiche, ecc. mainstream, Il capitale spiega le realtà. Queste teorie offrono dei modelli molto astratti che hanno poco o niente a che vedere con ciò che accade; pretendono invece che sia la realtà ad adattarsi alla teoria (ammettendo di fatto che quello che succede non è ciò che la teoria spiega). Sono in sostanza delle ideologie, al di là dei loro formalismi e delle loro complicazioni matematiche. Il capitale invece prende molto sul serio la realtà e quindi propone una teoria per esempio del conflitto di classe, della crisi, del progresso tecnologico, della disoccupazione e via dicendo. Esso ovviamente può essere discusso, criticato, approfondito, ecc., ma è la realtà che va spiegata con la teoria e non pretendere che la realtà, siccome non corrisponde a ciò che la teoria sostiene, venga cambiata per corrisponderle.

martedì 6 luglio 2021

Finalmente Marx torna nella scuola e nell’università - Ascanio Bernardeschi

Da: https://www.lacittafutura.it/ - Ascanio Bernardeschi collabora con La Città futura. 

Roberto Fineschi, Marx, Morcelliana/Scholé, Brescia, pp. 192, € 16,00.


Una pregevole iniziativa editoriale: è uscito nel maggio scorso un libro per l’università di Roberto Fineschi interamente dedicato a Marx. Si copre così un vuoto clamoroso. 

L’opera di Karl Marx, e soprattutto la sua critica dell’economia politica, per quanto dimostratasi di grande attualità nel contesto della terribile crisi che sta attraversando l’economia mondiale e per quanto studiata in ogni parte del mondo, ha una collocazione marginale nella nostra università. Questa marginalizzazione costituisce una conferma del nesso fra scienza e ideologia e della giustezza dell’asserzione marxiana secondo cui chi detiene i mezzi di produzione detiene anche quelli di produzione delle idee.

Bisogna risalire a un’altra era per trovare testi per le università italiane dedicati esclusivamente a Marx, a parte un recente testo di Petrucciani per Carocci, che però non dà conto sufficientemente delle nuove evidenze testuali e delle ricerche filologiche connesse alla nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels, la seconda Marx-Engels-Gesamtaugabe (MEGA2). È noto infatti che molte opere di Marx rimasero inedite lui vivente e vennero pubblicate successivamente con modifiche editoriali più o meno congrue, condizionandone la ricezione. La nuova MEGA2 presenta invece tutti i manoscritti nella loro forma originale rendendo Marx, per molti aspetti, “un autore nuovo”.

Roberto Fineschi, un filosofo profondo conoscitore di quella monumentale operazione editoriale e del dibattito a essa connesso, con la pubblicazione del suo Marx per i tipi di Morcelliana/Scholé – acquistabile anche con la carta del docente – copre così un vuoto che era inammissibile.

Il libro, per la semplicità del linguaggio utilizzato, non è destinato solo agli studenti universitari, ma si presta anche alla formazione di quadri militanti e a un primo approccio con il fecondo pensiero marxiano.

Questo suo carattere, che lo rende un buono strumento divulgativo, non è a discapito della serietà della ricostruzione del lascito del Moro e della trattazione puntuale dei più importanti problemi connessi alla recezione di Marx e al dibattito intorno ad alcune questioni chiave.

giovedì 2 febbraio 2023

Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - Ascanio Bernardeschi

Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa) e La Città futura [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)].


1 - Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - I prodromi e i concetti fondamentali: 

  

2 - Storia del pensiero economico dopo Marx - LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - Le ricadute macroeconomiche. 

3 - Storia del pensiero economico dopo Marx LA “RIVOLUZIONE” MARGINALISTA - L'eresia di Schumpeter. 

mercoledì 29 gennaio 2020

Produttività, salari, occupazione - Ascanio Bernardeschi

Da: https://www.lacittafutura.it/ - Ascanio Bernardeschi collabora con La Città futura.



Il nesso fra produttività, occupazione e salari, i limiti dell’impostazione keynesiana e la trappola delle statistiche ufficiali.


Federico Giusti, nel suo articolo della settimana scorsa, replicando ad alcune osservazioni a proposito della produttività del lavoro, ci fornisce alcuni elementi di riflessione importanti e condivisibili. Intendo con queste note integrare il suo discorso esplicitando maggiormente alcune considerazioni.
Nei primi passaggi Giusti specifica che non esiste una produttività dei fattori ma solo la produttività del lavoro e della natura. In particolare che sarebbe sbagliato parlare di produttività del capitale. Se qualche lettore è rimasto sorpreso da questa affermazione, che poi è quella di Marx, occorre spiegare meglio la cosa.
Il valore delle merci è dato, secondo la teoria marxiana, cui aderiamo, dal tempo di lavoro astratto socialmente necessario a produrle. Tale tempo di lavoro si suddivide in lavoro vivo, quello che viene effettivamente speso per la produzione finale di una data merce, e lavoro morto, cioè speso in processi produttivi anteriori e cristallizzato nel valore dei mezzi di produzione acquistati dal capitalista (macchinari, materie prime ecc.). Questo lavoro morto viene trasferito, senza nessuna variazione del suo valore (per questo viene denominato capitale costante), grazie al lavoro vivo che, mentre consuma i mezzi di produzione e con ciò il loro valore, produce nuove merci utili (carattere utile del lavoro concreto), vendibili, permettendo di inglobarvi il valore ereditato dai precedenti processi produttivi, che esso così non viene perduto. Contemporaneamente, spendendo nuovo lavoro astratto, aggiunge nuovo valore ed è quindi l’unico fattore produttivo.

martedì 24 luglio 2018

Sovranismo e keynesismo - Alessandra Ciattini

Da; https://www.lacittafutura.it -  Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza. 




Spesso il sovranismo si coniuga con il keynesismo, ma cosa può scaturire da questo matrimonio? 



Anche chi sfoglia distrattamente i giornali avrà potuto osservare che c’è un gran parlare di sovranismo e di antisovranismo; il primo visto come un mostro, un pericolo, un disastro dal Sole 24 ore e dal Corriere della sera [1]; il secondo considerato dai vari movimenti di cui abbiamo parlato la volta precedente la causa dei mali prodotti dalla mondializzazione, che ha spezzato le frontiere lasciando via libera ai capitali, alle merci e alle persone.
Per esempio, in un articolo del 25 febbraio scorso di S. Fabbrini (Sole 24 ore), paventando la costituzione dopo il 4 marzo di un governo sovranista, si analizzano le varie sfumature di questa posizione politica, che si nutre a suo parere di una cultura antipluralista e perciò autoritaria. Inoltre, Fabbrini analizza le varie forme di sovranismo, il cui obiettivo è la revisione dei Trattati europei, non sicuramente l’uscita dall’eurozona, attribuendone anche una modalità a LeU, considerata addirittura “sinistra radicale”.
Nel Corriere della sera è, invece, l’eterno Angelo Panebianco a tuonare contro il sovranismo, che con straordinaria miopia politica attribuisce al fatto che le nuove generazioni non hanno vissuto i grandi traumi delle guerre mondiali e, quindi, non si rendono conto che eventuali frammentazioni sovraniste riporterebbero alla ribalta tali tragedie. 

mercoledì 21 febbraio 2024

La guerra mondiale e l’Europa - Alessandra Ciattini e Ascanio Bernardeschi

Da: https://giuliochinappi.wordpress.com - https://futurasocieta.com/ - 

Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. - Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa), La Città futura e Futura Società [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)]. 

Le varie parti della “guerra mondiale a pezzi” hanno una logica comune e l’Europa, contro i propri stessi interessi, tollera questa logica. I comunisti devono invece appoggiare lo sforzo dei popoli che vogliono liberarsi dalla violenta supremazia occidentale.

Se alcuni mesi fa papa Bergoglio aveva parlato, con riferimento ai troppi conflitti in corso, di “guerra mondiale a pezzi”, ci pare che questi pezzi si stiano pericolosamente fondendo nell’ambito di un orientamento sistemico alla guerra da parte delle maggiori potenze occidentali e della Nato.

Il motivo fondamentale è che stanno crollando i vecchi equilibri di fronte all’emergere impetuoso di nuovi protagonisti, fino a poco tempo fa dominati dalla violenza, più che dall’egemonia, del cartello di nazioni “evolute” dominato dagli Usa.

È proprio la potenza americana che, nel disperato tentativo di salvaguardare il suo predominio – e il predominio della propria valuta che le consente di vivere ben al di sopra delle proprie capacità produttive –, ha scelto il terreno militare dello scontro, consapevole che su quello economico la sua supremazia sta vacillando. La logica della maggior parte delle guerre in atto si può spiegare solo tenendo presente questa premessa.

sabato 26 dicembre 2020

Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare - R. Fineschi

 Da: https://marxdialecticalstudies.blogspot.com - Trascrizione leggermente rivista della conferenza tenutasi online il 3 maggio 2020 organizzata dalla Rete dei Comunisti ("Violenza, classi e Stato nel capitalismo crepuscolare" - R.Fineschi, M.Casadio, A.Allegra.). - Roberto Fineschi è un filosofo italiano. Allievo di Alessandro Mazzoneha studiato filosofia a Siena, Berlino e Palermo. Membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere di Marx ed Engels.

Leggi anche: La Marx-Engels-Gesamtausgabe (MEGA2), Intervista a Roberto Fineschi* - Ascanio Bernardeschi

L'egemonia borghese c'è. Ma è invincibile? - Questioni di teoria* - Alessandro Mazzone

Le classi nel mondo moderno* - Alessandro Mazzone 


Lo sforzo di questo intervento è iniziare a pensare le dinamiche di classe, la configurazione dei soggetti che agiscono storicamente e politicamente in quella sottofase dello sviluppo del modo di produzione capitalistico che chiamo “capitalismo crepuscolare”; si vedrà come il nodo della violenza nasca intrinsecamente in seno a queste dinamiche e come la violenza ed il suo inasprimento siano un portato necessario dello sviluppo di strutturazioni sociali complesse. 


Uno dei punti chiave di questa fase è la “crisi” del concetto di persona. Il concetto di persona è la chiave logica, istituzionale, giuridica del mondo borghese e per un largo periodo di tempo la sua rivendicazione è stata una lotta progressista; se si pensa al periodo rivoluzionario, conflittuale della classe borghese contro le forze dell'ancien régime, è proprio l'affermazione dell'universalità della persona, dell’uomo in generale come principio che ha carattere assolutamente positivo. Qui già emerge un punto chiave: la storicità di queste categorie; questa storicità implica che una categoria come quella di persona abbia una funzione storicamente progressiva in un determinato momento di sviluppo dei rapporti di forza e che possa averne una negativa, o diversa, in altre fasi. Perché nella teoria di Marx, che fa da orizzonte di riferimento in queste considerazioni, un concetto chiave è quello della storicità dei soggetti e dei modi di produzione; nel caso specifico ciò significa che, secondo Marx, l’uomo in generale non esiste, la persona astratta non esiste come dato naturale, è piuttosto essa stessa risultato di processi storici, di modificazioni dei modi di produzione che implicano esattamente che questo stesso concetto di uomo in generale si produca storicamente. Si tratta di un punto veramente chiave, perché tutta l’ideologia borghese si basa sul naturalismo della persona, cioè sul ritenere che uomo e persona siano la stessa cosa. Questa è la grande funzione storica della filosofia di John Locke per esempio, che teorizza come i diritti naturali, l’uguaglianza, la libertà e ovviamente la proprietà, facciano parte dello stesso pacchetto.

Se noi pensiamo in termini di persona l’uomo come tale, se riduciamo le nostre rivendicazioni politiche alla personalità, questo ahimè ci vincola a un contesto di senso borghese che non riusciamo a spezzare. Qui il discorso si fa di nuovo complicato: nelle condizioni attuali, per esempio, la rivendicazione dei diritti personali è nuovamente diventata un elemento progressista, perché a molti esseri umani è negata la personalità, quindi rivendicare per loro il diritto a essere persone è chiaramente positivo; non è tanto negare la rivendicazione della personalità il problema, ma credere che questo sia sufficiente, cioè che ristabilire i diritti della persona come tale a livello universale ci liberi dal modo di produzione capitalistico e dallo sfruttamento. Infatti, è proprio il modo di produzione capitalistico a imporre la persona come struttura universale di senso. Di nuovo, Marx ci insegna nei primi capitoli del Capitale ma prima ancora nei Grundrisse, che la persona è la forma di soggettività che ci viene imposta dalla circolazione delle merci: libertà, uguaglianza sono le precondizioni del mercato. Solo in quanto libero e uguale e titolare di proprietà io posso essere uno scambiante ed è proprio il modo di produzione capitalistico che universalizza questo concetto a tutta la specie umana. Ciò ha la sua dimensione progressiva, ma se ci riduciamo a rivendicare libertà e uguaglianza a livello personale ricadiamo in Prudhomme, siamo utopisti, vale a dire che vorremmo gli aspetti positivi del modo di produzione capitalistico, ma senza capire che tali concetti sono il frutto del modo di produzione capitalistico stesso. Molti movimenti libertari, rivendicando la libertà individuale, sono in certe fasi progressisti, ma, se questa posizione si radicalizza, di nuovo si ricade dalla padella nella brace, cioè in una ideologia individualistica che è veramente il fondamento concettuale del modo di produzione capitalistico e della borghesia stessa. 

mercoledì 14 ottobre 2020

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

Da: https://www.lacittafutura.it 

Leggi anche: Il disagio dei marxisti: la crisi, la finanza e la caduta del saggio del profitto. - Alan Freeman

Dopo l’intervista a Domenico Moro, continuiamo con Alan Freeman, che ringraziamo per la disponibilità, le nostre interviste a economisti e lavoratori militanti sulla situazione che si va affermando a seguito della pandemia che ha investito il modo e soprattutto i paesi a conduzione liberista, molto più impreparati ad affrontare l’emergenza sanitaria. (Ascanio Bernardeschi per https://www.lacittafutura.it)

Alan Freeman, uno dei principali economisti della Greater London Authority ai tempi di Ken Livingstone, è stato docente universitario ed è uno dei massimi esponenti della scuola del Temporary Single System Interpretation (TSSI). Ha pubblicato, come autore e curatore, diversi libri sulla teoria del valore di Marx. Attualmente è condirettore del Geopolitical Economy Research Group e anche in tale veste è autore di diversi libri sui cambiamenti che stanno intervenendo a livello geopolitico. Le sue pubblicazioni si possono trovare qui


La crisi del capitalismo ha come cause la questione ecologica, la natura dell’accumulazione capitalistica e le crescenti diseguaglianze fra nazioni. L’immissione di liquidità non può risolvere questi problemi. Serve il ritorno del protagonismo delle classi lavoratrici e una politica estera indipendente.



Domanda (D). Alan, la pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Noi riteniamo però che essa sia intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale e che pertanto non possa essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?

Risposta (R). Tutte le crisi sono la conseguenza di una combinazione di cause. Il problema non è di utilizzare questo fatto ovvio in una maniera facile e superficiale per evitare decisioni difficili, come fanno molti commentatori, ma, per poter agire, di identificare in ciascuna crisi particolare quali cause particolari operano.

La crisi attuale nasce da tre processi interagenti tra di loro, che fino ad ora si sono evoluti in maniera semi autonoma e ora si sono combinati in un unico evento storico, portando al culmine la tendenza alla crisi che era già intrinseca a ciascuno di loro (cioè una sospensione incontrollata e insolitamente rapida della normalità). Con ciò è giunta a termine l'autonomia dei tre processi, con la conseguenza che anche la loro soluzione è interconnessa; vale a dire che non è più praticabile risolverne qualcuno indipendentemente dagli altri, sia pure per un periodo piuttosto breve.

Questi processi sono: la conseguenza ecologica del rapporto tra la società umana e le risorse naturali da cui essa dipende, la relazione tra accumulazione monetaria e produzione umana e le conseguenze dell'ordine politico mondiale postcoloniale, ma pur sempre imperialista.

L'erosione delle fondamenta su cui poggia ciascuno di questi processi è in atto dalla fine degli anni cinquanta, ma in tutti e tre in maniera combinata si è ormai raggiunto un "punto critico"; e questa è la natura della crisi attuale.

Cominciamo con il primo, cioè il rapporto ecologico tra natura ed esseri umani. Nelle circostanze immediatamente scaturite dalla pandemia da COVID, esso si è agevolmente imposto su tutte le altre questioni; quindi metterlo al secondo o al terzo posto equivarrebbe a comportarsi come il proverbiale struzzo.

giovedì 2 agosto 2018

Il disagio dei marxisti: la crisi, la finanza e la caduta del saggio del profitto. - Alan Freeman

Da: https://www.lacittafutura.it - Articolo pubblicato su Academia.edu - Traduzione dall’inglese a cura di Ascanio Bernardeschi  
alan-freeman  is a cultural economist, formerly a principal economists with the Greater London Authority. He is a visiting Professor at London Metropolitan University, and a Research Fellow of Queensland University of Technology, Australia.  
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2016/05/la-teoria-marxiana-del-valore-le.html 
Vedi anche:   https://ilcomunista23.blogspot.com/2015/03/la-caduta-tendenziale-del-saggio-del.html 


Alcune affermazioni sulla crisi che trovano riscontro nella realtà ma possono rendere infelici gli economisti borghesi, ma anche molti marxisti

Niente è più difficile e niente richiede più carattere che essere in aperta opposizione al proprio tempo e dire ad alta voce: NO (Tucholsky) 
Dire come stanno le cose, rimane l'atto più rivoluzionario (Luxemburg)


Inizierò parafrasando George Bernard Shaw: sono state dette molte cose apprezzate sull’economia, e molte cose vere. Però ciò che è apprezzato è sempre falso e ciò che è vero è sempre impopolare.
Detto in altri termini ogni verità in economia infastidisce qualcuno e talvolta infastidisce quasi tutti. Eppure, come disse Rosa Luxemburg, l'azione più rivoluzionaria è dire come stanno le cose. Quindi l'affronto è inevitabile se si persegue la verità.
Perciò intendo dire alcune cose impopolari che, credo, si siano dimostrate vere. Potete decidere se siete d'accordo dopo aver letto i materiali in cui si presentano l’evidenza e le argomentazioni. Li cito alla fine. Alcuni non sono ancora stati pubblicati, ma scrivetemi e invierò un testo preliminare alla pubblicazione.
Potere scegliere di ignorare queste affermazioni se non concordano col vostro modo di pensare. Per aiutarvi sono disponibili molte strategie di diniego: potete liquidarle come assurde o irrilevanti; potete usare la tecnica adhominem per ridicolizzare gli autori; potete incitare gli altri a schierarsi contro di esse, o semplicemente far finta che non esistano.
Oppure, come Marx, potete riconoscere che la conoscenza procede attraverso la contraddizione e il contrasto. Quindi che è preferibile spendere il tempo per disputare con gli avversari piuttosto che per concordare con gli amici.
In breve, il compito del marxismo, nello spirito di Marx, è di ri-imparare l'arte dell’opposizione. Con questo spirito, comincio con alcune dichiarazioni aggressive che spero vi disturbino. Altrimenti, avrò fallito.
Ecco la prima: non esiste il sottoconsumo e non esiste la sovrapproduzione

domenica 25 luglio 2021

Il “nuovo” Marx di Roberto Fineschi - Giovanni Sgrò

 Da: https://www.marxismo-oggi.it -  Giovanni Sgro'  è professore associato di “Storia della filosofia” presso l’Università eCampus di Novedrate.

Vedi anche: Per un nuovo Marx - Giovanni Sgrò, Roberto Fineschi

Leggi anche: Sul cosiddetto «Capitolo sesto inedito» di Karl Marx. Appunti di lettura e considerazioni critiche*- Giovanni Sgrò 

Finalmente Marx torna nella scuola e nell’università - Ascanio Bernardeschi


Il profilo di biografia intellettuale di Marx a firma di Roberto Fineschi (Marx, Brescia, Scholé, 2021, 183 pp., ISBN 978-88-284-0296-1) si presenta esteriormente come un volumetto agile e “leggero” ma, già a una prima lettura, si rivela essere una miniera di spunti critici e di proposte ermeneutiche, in cui si condensa un confronto più che ventennale con l’opera di Marx e con la relativa letteratura critica.

    Alla base di questo così come di tutti gli altri lavori di Fineschi vi è quel «fondamentale passaggio storico-esegetico» (p. 13) rappresentato dalla nuova edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels in lingua tedesca, la Marx-Engels-Gesamtausgabe, di cui Fineschi stesso è stato ed è in Italia uno dei maggiori conoscitori e “divulgatori”.

       In quel «corpus vasto e multiforme» che è l’opera di Marx, caratterizzata da «fasi, stili e intenti molto diversi», Fineschi ha individuato ‒ correttamente ‒ uno «snodo fondamentale» (p. 13) nell’anno 1857, vero e proprio “punto di non ritorno” nella produzione teorica marxiana, anno in cui Marx incomincia per la prima volta a esporre in modo autonomo e organico quel progetto di critica dell’economia politica che lo ha impegnato ‒ tra letture, estratti, manoscritti, tentativi di pubblicazione ed edizioni a stampa ‒ per tutta la vita.

    A partire dall’assunto del 1857 come “punto di svolta” nella parabola intellettuale di Marx, Fineschi articola la sua esposizione in due parti: un primo capitolo dedicato alla formazione teorica di Marx fino alla metà degli anni Cinquanta dell’Ottocento (pp. 15-46) e un secondo ampio capitolo dedicato alla «costruzione della teoria del capitale» (pp. 47-112), in cui, dopo aver brevemente presentato lo “stato delle fonti”, ovvero tutti i manoscritti “economici” e le edizioni a stampa di cui disponiamo (pp. 47-54), analizza dettagliatamente ‒ anche se non in misura uniforme ‒ i tre libri de Il capitale (pp. 55-112). Completano il volume una sezione (pp. 113-146) dedicata all’approfondimento teorico di alcuni concetti chiave (materialismo storico/materialismo dialettico, lotta di classe/rivoluzione, comunismo, metodo dialettico, alienazione e feticismo della merce, valore-lavoro e trasformazione) e una breve storia della ricezione dell’opera di Marx nel Novecento (pp. 147-170).

martedì 15 settembre 2020

Come va l’economia? Ne parliamo con Domenico Moro

Da: https://www.lacittafutura.it - Con questa a Domenico Moro, iniziamo una serie di interviste rivolte a quadri di lavoratori comunisti ed economisti. Domenico Moro è ricercatore presso l'Istat ed è stato consulente della Commissione Difesa della Camera dei deputati. È autore di diversi volumi di carattere economico, politico e militare. Abbina al lavoro scientifico la militanza politica. (Ascanio Bernardeschi per https://www.lacittafutura.it)


La pandemia sta modificando gli equilibri e le strategia e livello internazionale. In Europa sarà un pretesto per ulteriori tagli ai salari e ai diritti sociali. Il Mes e il Recovery Fund sono inadeguati e l’uscita dall’Unine Europea è una condizione necessaria per la realizzazione del socialismo.

Domanda. La pandemia da Covid-19 ha senz’altro fatto da detonatore della crisi economica e l’ha inasprita. Secondo noi, però, la pandemia è intervenuta in un momento già critico per l’economia mondiale per cui non può essere considerata l’unica responsabile dei problemi economici che stiamo vivendo. Per te qual è la natura di questa crisi?
Risposta. Al momento dello scoppio della pandemia, l’economia mondiale e quelle dei principali Paesi, con poche eccezioni, erano già nella fase fase discendente del ciclo economico, essendo la crescita del Pil in rallentamento nel 2018 e ancor di più nel 2019. Secondo i dati dell’Unctad, l’economia mondiale è passata da una crescita del 3,31% nel 2017 a una crescita del 2,52% nel 2019. La crescita della Ue è scesa dal 2,58 all’1,46%, in particolare la Germania è passata dal 2,47% allo 0,56% e l’Italia dall’1,72% allo 0,30%. Persino la Cina era in rallentamento, essendo passata dal 6,76% al 6,10%. Di fatto alcuni Paesi, come la Germania e l’Italia, erano già in recessione.
Inoltre, bisogna considerare che la Pandemia si è inserita in un quadro mondiale già segnato negativamente dallo scontro commerciale tra Usa, Cina e Ue, che ha visto l’innalzamento di numerose barriere protezioniste. In questo senso, la pandemia accentua la tendenza a un certo rallentamento della globalizzazione e dello scambio internazionale di merci. Secondo Eurostat, tra gennaio e giugno 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, le esportazioni dell'Ue verso il resto del mondo sono diminuite del 12,4% e le importazioni sono calate del 12,6%, entrambe contrazioni senza precedenti. Di fatto, quando la crisi pandemica è scoppiata, il mondo capitalista, soprattutto la triade composta da Usa, Ue e Giappone, non si era ancora del tutto ripreso dalla crisi del 2008-2009.

mercoledì 4 novembre 2020

CATASTROFE O RIVOLUZIONE - Emiliano Brancaccio

 Da: https://www.ilponterivista.com - Anticipazione del nuovo libro di Emiliano Brancaccio con Giacomo Russo Spena, “Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione”, Meltemi edizioni (in uscita il 12 novembre). - Emiliano Brancaccio è professore di Politica economica presso l'Università del Sannio - www.emilianobrancaccio.it  

Leggi anche: Le contraddizioni delle soluzioni “keynesiane” al problema della disoccupazione e la sfida del “piano del lavoro” - Riccardo Bellofiore

Ideologia ed Apparati Ideologici Statali Di Louis Althusser (Appunti per una ricerca) Traduzione di Bassi Gianmarco 

Su Piketty e il “suo” capitale del nuovo secolo - Francesco Schettino

La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore 

IL MARX DI DAVID HARVEY - Giorgio Cesarale 

intervista a Emiliano Brancaccio*- Giacomo Russo Spena

Vedi anche: There is (no) alternative: pensare un’alternativa. Dibattito con Olivier Blanchard e Emiliano Brancaccio 

Ascanio Bernardeschi intervista Emiliano Brancaccio: https://www.lacittafutura.it/video/intervista-a-emiliano-brancaccio

L’ex capo economista del Fondo monetario internazionale ha sostenuto che per scongiurare una futura “catastrofe” serve una “rivoluzione” keynesiana della politica economica. La sua tesi viene qui sottoposta a esame critico sulla base di un criterio di indagine scientifica del processo storico definito «legge di ripro­duzione e tendenza del capitale». Da questo metodo di ricerca scaturisce una previsione: la libertà del capitale e la sua tendenza a centralizzarsi in sempre meno mani costituiscono una minaccia per le altre libertà e per le istituzioni liberaldemocratiche del nostro tempo. Dinanzi a una simile prospettiva Keynes non basta, come non basta invocare un reddito. L’unica rivoluzione in grado di scongiurare una catastrofe dei diritti risiede nel recupero e nel rilancio della più forte leva nella storia delle lotte politiche: la pianificazione collettiva, intesa questa volta nel senso inedito e sovversivo di fattore di sviluppo della libera in­dividualità sociale e di un nuovo tipo umano liberato. Una sfida che mette in discussione un’intera architettura di credenze e impone una riflessione a tutti i movimenti di lotta e di emancipazione del nostro tempo, tuttora chiusi nell’an­gusto recinto di un paradigma liberale già in crisi


Prologo

Per scongiurare una futura “catastrofe” sociale serve una “rivoluzione” della politica economica. Così parlò Olivier Blanchard, già capo economi­sta del Fondo monetario internazionale, in occasione di un dibattito e un simposio ispirati da un libretto critico a lui dedicato (Blanchard e Brancac­cio 2019; Blanchard e Summers 2019; Brancaccio 2020). Che un grande cardinale delle istituzioni economiche mondiali adoperi espressioni così av­venturistiche è un fatto inusuale. Ma l’aspetto davvero sorprendente è che tale fatto risale a prima del tracollo causato dal coronavirus. Tanto più dopo la pandemia, allora, diventa urgente cercare di capire se l’evocazione blanchardiana del bivio “catastrofe o rivoluzione” sia mera voce dal sen fuggita o piuttosto segno di svolta di uno spirito del tempo che inizia a muovere da farsa a tragedia. A tale interrogativo è dedicato questo scritto.

A chi intenda cimentarsi nella lettura, sarà utile lanciare un avvertimento. Sebbene intessuto di fili accademici, questo saggio risulterà estraneo alle pratiche discorsive dell’ordinario comunicare scientifico. Qui si cercherà in­fatti di rinnovare un antico esercizio, eracliteo e materialista: di intendere logos come scienza. Scienza non parziale ma generale, per giunta, quindi ine­vitabilmente colma di vuoti come un formaggio svizzero. Su questi vuoti, prevediamo, gli specialisti contemporanei avvertiranno insofferenza mentre sarà indulgente l’osservatore avvezzo alla critica e alla crescita della cono­scenza (Lakatos e Musgrave 1976). Costui è consapevole che solo una visio­ne generale consente di visualizzare quei vuoti, e quindi crea le premesse per tentare di perimetrarli e superarli.

domenica 3 novembre 2024

Il «nuovo» Capitale: una teoria in costruzione - Sebastiano Taccola

Da: https://jacobinitalia.it - Sebastiano Taccola ha studiato filosofia presso l’Università di Pisa e la Scuola Normale Superiore di Pisa ed è docente di filosofia e storia nei Licei.

Leggi anche: L’attualità del Capitale, liberato dalle secche di interpretazioni superate - Ascanio Bernardeschi intervista Roberto Fineschi  

L’onda lunga della crisi del marxismo (tra prassi e teoria) - Roberto Fineschi  

Vedi anche: Incontro con Roberto Fineschi - Unigramsci Pisa  

Storia del capitalismo e materialismo storico. Riflessioni eretiche - Roberto Fineschi dialoga con Paolo Tedesco  

Marx e la società postcapitalista - Vladimiro Giacché 

Il primo libro de Il capitale di Karl Marx: edizione critica e nuova tradizione con Roberto Fineschi: https://www.youtube.com/watch?v=aGGdbGQkDqo&t=2s

La nuova edizione dell’opera di Marx, curata da Roberto Fineschi, rafforza il carattere rivoluzionario di uno studio che illustra la processualità capitalistica e il metodo per studiarla e contrastarla 

Nel momento in cui sono proliferate le  recensioni della nuova edizione einaudiana del primo libro del Capitale su testate giornalistiche inaspettate (La RepubblicaIl Corriere della SeraIl RiformistaIl Sole 24 oreL’Avvenire, tra le altre) in chi scrive si è profilata l’ipotesi che il metodo socratico e la sua capacità di cogliere nel linguaggio dell’agorà delle spie del sapere e dell’ideologia della polis potesse servire, si parva licet, da canone interpretativo interessante e produttivo anche in questo caso. 

Secondo la splendida ricostruzione corale e teatrale che ne ha dato Platone, il metodo socratico ha una serie di effetti teoricamente significativi: 1) la ricerca sull’essenza degli oggetti del sapere si sviluppa in maniera dialettica e critica; 2) critica non perché basata su una dismissione strumentale ed esteriore delle posizioni altrui, ma su una critica immanente che mette in luce gli aspetti unilaterali e arbitrari di queste; 3) il che significa che la verità non è qualcosa di puntuale né, tanto meno, di personale, ma è il risultato di uno sforzo collettivo e dialogico, che prova a superare l’arbitrio dei molti punti di vista individuali; 4) non esistono, dunque, risposte errate, ma ogni risposta è un momento del tutto e, nello stesso tempo, una spia del sapere della polis (genitivo oggettivo e soggettivo), della quale rappresenta anche un risultato ideologicamente rilevante.

Invece di scartare immediatamente l’interesse dei giornali della stampa liberale e borghese come il segnale di una cultura post-ideologica o come l’inevitabile marchetta da pagare a un editore prestigioso come Einaudi, si può provare a cogliere in questo fenomeno qualcosa di più profondo: un sintomo o effetto di struttura dei rapporti ideologici dell’agorà del nostro tempo.

giovedì 8 agosto 2024

Michael Heinrich, La scienza del valore - Ascanio Bernardeschi

Da: https://www.dialetticaefilosofia.it - Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa) e La Città futura. 

Michael Heinrich, matematico e scienziato sociale, ha insegnato alle università di Vienna, Berlino e Nanjing; è stato membro del comitato di redazione della rivista “PROKLA” e ha collaborato alla edizione storico-critica delle opere di Marx ed Engels (MEGA2). Oltre a Die Wissenschaft vom Wert, ha pubblicato diverse monografie dedicate all’introduzione e al commento del Capitale di Marx. Nel 2018 è uscito il primo volume della sua biografia di Marx. 

Per chi voglia seguire dal vivo una delle numerose presentazioni del volume in oggetto, ne elenchiamo qui alcune particolarmente significative. Disponibili on line ai seguenti link: 

- a cura del Centro Riforma Stato: 

https://youtu.be/Ls5y44PnuCM?si=0KgRVbZ8Mt7hxq9c 

- a cura della Fondazione Lelio e Lisli Basso: 

https://www.youtube.com/watch?v=wao_zAVejH4&t=6961s 

- a cura di TCS- Teoria critica della società- Università Bicocca: 

1) https://youtu.be/6JYZms3nysQ?si=D7x6yaj4YkJ4m2-p 

2) https://youtu.be/0revfI1sDoM?si=ZAKhCOmmlfMtSSdZ 


Michael Heinrich, La scienza del valore. La critica marxiana dell’economia politica tra rivoluzione scientifica e tradizione classica, a cura di Riccardo Bellofiore e Stefano Breda, tr. it. di Stefano Breda, Pgreco edizioni, Milano 2023, pp. 559, € 26,60. 


Per troppi anni in Italia non sono circolati adeguatamente gli importantissimi studi che si basano sulla nuova edizione critica delle opere di Marx ed Engels (Mega2 ). Una significativa rottura di questo assordante silenzio vi fu nel 2001 con la pubblicazione da parte di Roberto Fineschi di Ripartire da Marx, di cui recentemente è uscita un’edizione aggiornata intitolata La logica del capitale (Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press, Napoli 2021). Sempre Fineschi ha curato la pregevole nuova edizione del primo libro del Capitale includente un volume di apparati che documenta importanti varianti fra le varie edizioni. Naturalmente vi sono stati altri saggi in materia di autori italiani, ma la prima traduzione importante di un’opera di uno studioso straniero mi pare sia il quasi introvabile Dialettica della forma di valore, di Hans Georg Backhaus (Editori Riuniti, Roma 2009). C’è pertanto da salutare con soddisfazione l’uscita, verso la fine del 2023, della traduzione di un grande lavoro di Michael Heinrich, la cui prima edizione in tedesco risale al 1991, poi rivisitata notevolmente in successive edizioni: Die Wissenschaft vom Wert. Die Marxsche Kritik der politischen Ökonomie zwischen wissenschaftlicher Revolution und klassischer Tradition. Breda ci avverte opportunamente che la traduzione di Wissenschaft con scienza non dà conto completamente del significato originale e potrebbe indurre il lettore a un accostamento alle scienze esatte, mentre il termine tedesco è usato per indicare in generale attività sistematiche per la produzione di conoscenza. Basti pensare – esemplifico – al titolo della grandiosa opera di Hegel, Die Wissenschaft der Logik, la nota Scienza della logica

Il libro premette corpose note introduttive a cura di Riccardo Bellofiore, che in realtà costituiscono un saggio nel saggio. Bellofiore si confronta con gli elementi portanti del lavoro heinrichiano, come in un dialogo a distanza. L’elemento più significativo trattato è il rapporto tra denaro, valore e prezzo nella teoria del capitale, con la concettualizzazione del lavoro salariato e della moneta-credito, in linea con diversi altri recenti scritti del co-curatore. Altri aspetti sono la caduta tendenziale del saggio del profitto e le crisi. Non c’è spazio in questa sede neppure per illustrare per sommi capi questi interessanti spunti; mi basta dire che se egli si dichiara “critico simpatetico” del lavoro di Heinrich, altrettanto potrei collocarmi io nei confronti di Bellofiore. In un’altra nota introduttiva, Vittorio Morfino si concentra sul rapporto fra Heinrich e Louis Althusser, e lo fa rivisitando accuratamente vari passi dei più importanti lavori del filosofo francese. Nella nota si sostiene che alcuni concetti althusseriani costituiscono il punto di partenza di Heinrich, che gli permette di individuare un campo teorico comune ai classici e ai neoclassici (antropologismo, individualismo, astoricità e empirismo), oltre che di cogliere l’importanza della rottura marxiana con questo campo.