"... il fenomeno a cui si assiste e di cui si discute,
ormai anche a livello colloquiale in qualsiasi bar di periferia, è che, quella
parte della classe proletaria, spesso animata da ambizioni piccolo-borghesi,
che fino alla fine del secolo scorso riusciva a strappare, senza troppa fatica,
salari in grado di garantire una vita pressoché agiata – a scapito del
proletariato meno specializzato che, seppur indirettamente, era costretto a
sostenerne vizi e comodità (non a caso Engels, riferendosi al caso inglese, parlava
di costoro come di quelli a cui lo stato regalava le briciole estorte dal
proletariato indiano) – si è improvvisamente destata dal sogno di avvicinarsi
al sole del potere del capitale e, in quanto non proprietaria delle condizioni
di produzione, come Icaro, ha iniziato un precipitoso ammaraggio nelle torbide
acque del proletariato, classe a cui ha sempre appartenuto al di là delle
artificiose apparenze."
"...i processi di concentrazione e di centralizzazione
del capitale, cresciuti sensibilmente dal 1970, hanno traghettato la
disuguaglianza in termini di proprietà patrimoniale (e dunque non solamente
delle condizioni oggettive di produzione) a livelli superiori rispetto a quelli
individuabili nella distribuzione dei redditi da lavoro, nonostante la crescita
e l’affermazione dei mostruosi salari dei supermanagers in stile Marchionne. Al
2010, infatti, se il 10% dei salariati più ricchi ottiene il 25% della massa
salariale corrisposta in Europa, lo stesso decile della distribuzione ottiene
il 35% del totale negli Usa, valore che dovrebbe giungere al 45% nel giro di
meno di un ventennio. E tutto ciò viene calcolato non comprendendo chi viene
liberato dal lavoro che, percependo salario nullo, non viene incluso nelle
elaborazioni numeriche. Quindi, esprimendo il tutto in termini dell’indice di
Gini, si osserva come nel 2010 la disuguaglianza tra i lavoratori europei fosse
sufficientemente bassa (0,26), mentre quella statunitense già raggiungeva
livelli più sostenuti (0,36) puntando per il 2030 a un pesantissimo 0,46,
qualora non ci sia una decisa inversione di rotta."
"Per quanto riguarda, invece la distribuzione della
proprietà patrimoniale (e dei redditi che ne derivano) che, appunto, oltre alle
condizioni oggettive della produzione include immobili, terra ecc., la
situazione è ben diversa. Se nei paesi storicamente con un basso livello di
disparità, come quelli scandinavi degli anni 70-80, il 10% dei proprietari più
ricchi detiene il 50% del patrimonio complessivo, in Europa tale coefficiente
sale a 60%, mentre negli Usa addirittura al 70%. I corrispondenti indici di
Gini raggiungono lo 0,58 (+0,29 rispetto all’indice calcolato sui soli redditi
da lavoro), 0,67 (+0,41) e 0,73 (+0,37). È chiaro che incrociando dunque i
dati, ossia effettuando il calcolo della disuguaglianza sui redditi
complessivi, ossia di lavoro e “capitale” i risultati mostrano una disparità
nettamente più pronunciata rispetto a quella dei soli redditi da lavoro,
mostrando così come la struttura delle condizioni di proprietà (produzione)
siano fondamentali nella determinazione della disuguaglianza complessiva."
"... porre, dunque, come fa Piketty, il discorso della
conflittualità su un piano della “lotta di percentile” (centile struggle) come
aggiornamento della più nota “lotta di classe” (class strugle): ma ciò, a
differenza di quello che sostiene l’economista francese, non determina
unicamente una “perdita di fascino” della stessa ma semplicemente un errore
macroscopico che non è solo di natura statistica ma assume rilevanti connotati
economici e politici."
"...In sostanza ciò che viene negato nell’analisi di
Piketty, così come dalla totalità degli economisti, è la natura del profitto in
quanto forma monetaria del plusvalore, entità che, al pari del salario – ossia
il valore complessivo della forza-lavoro – viene determinato nella fase,
distinta solo logicamente, della produzione di merce."
"I cosiddetti rapporti di distribuzione corrispondono, quindi, a
forme storicamente determinate, specificamente sociali, del processo di
produzione e dei rapporti in cui gli uomini entrano nel processo di
riproduzione della loro vita e derivano da queste forme. Il carattere storico
di questi rapporti di distribuzione è il carattere storico dei rapporti di
produzione, dei quali essi esprimono soltanto un aspetto. La distribuzione
capitalistica è distinta dalle forme di distribuzione che derivano da altri
modi di produzione, ed ogni forma di distribuzione scompare insieme con la
forma di produzione determinata a cui essa corrisponde e da cui deriva”.(K.
Marx, III libro del Capitale)
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