Hanno
un senso i miei capelli?’ disse Scott ‘Dai, rispondi. Hanno un senso, secondo
te?’
Si
afferrò una ciocca fra due dita e la tirò verso l’alto, come fanno i barbieri
prima di tagliare. Quella settimana se li era fatti biondo scuro.
‘Allora?
Parlo con te, Milli. Hanno un senso o no?’
Milli
non riuscì a trattenere un sorriso.
‘Sei
buffo. Oddio, se ti vedessi. Scott, non immagini quanto sei buffo.’
Era
seduta sul divano a fumare una sigaretta, non resisteva più a sentirlo parlare
e voleva solo andarsene a letto.
‘Ma
a te non viene mai sonno?’ disse.
Scott
lasciò andare i capelli. Sospirò come un uomo seriamente deluso e tirò giù un
sorso.
‘Sant’iddio,
Milli. Ogni volta che comincio un discorso serio mi smonti. Lo fai apposta, lo
so. Sei cattiva. Sei proprio una donna cattiva.’
Era
seduto accanto al biliardo, con un gomito sulla sponda. Aveva poggiato la
bottiglia sul drappo verde e ogni volta che la sollevava le biglie sembravano
lanciargli sguardi furtivi e disordinati.
Bevve
ancora. Poi infilò il bicchiere fra le ginocchia e le strinse. Contemplò il
risultato con soddisfazione, aprendo le braccia come un giocoliere che conclude
un numero difficile.
‘Ecco’
disse ‘ conosci qualcuno capace di fare altrettanto?’
Nella
stanza c’era molto caldo. Dalla portafinestra spalancata sulla notte immobile
non entrava un filo d’aria. Milli cercò di immaginare che aspetto avessero le
stelle sepolte in quel calore buio.
‘Assolutamente
no’ disse ‘Tu sei unico. Anzi, sei l’unico. L’unico Scotch della mia vita. Oh,
perdonami. Volevo dire Scott.’
Scott
battè piano le mani, annuendo più volte ostinatamente.
‘Ottimo’
disse ‘addirittura un gioco di parole. Fantastico, Milli.’
Afferrò
la bottiglia e cercò di riempire di nuovo il bicchiere tenendolo in quella
strana posizione, ma si sbilanciò sulla sedia e il liquore gocciolò sul
pavimento.
‘Fa
niente’ disse ‘ una piccola defaillance. Capita anche ai più grandi.’
Tornò
a posare la bottiglia sul biliardo e la fissò corrugando la fronte.
‘Guardala,
Milli. La mia boccia preferita. L’unica con un numero di quattro cifre. L’unica
che non rotola e che non finisce in una di quelle maledette buche. Ora, quello
che mi manca per concludere in bellezza è una cannuccia. Amore, guarda se di là
abbiamo una cannuccia di…circa mezzo metro, direi. Per andare da qui a qui.’
Si
toccò alternativamente le ginocchia e labbra.
‘E’
per il colpo di scena. L’effetto conclusivo, quello che lascia tutti a bocca
aperta. Hai presente? Una specie di finale da maestro.’
Milli
si avvicinò. Prese il bicchiere per il bordo e lo tirò via vincendo la debole
resistenza di Scott, che istintivamente allargò le gambe. Rovesciando il capo,
Milli ingoiò il liquore fino all’ultima goccia.
‘Ecco
fatto, Scott. Ci ho pensato io. L’importante era finirlo, no? E perdonami se ti
ho guastato l’effetto, ma purtroppo non esistono cannucce di mezzo metro. Per
certi numeri, ci vuole la collaborazione di un altro essere umano.’
Tornò
barcollando verso il divano e vi si lasciò cadere.
Si
addormentò quasi subito, con le gambe allungate fuori del divano e i piedi nudi
poggiati sui talloni. Il bicchiere le scivolò di mano e rotolò sul tappeto,
spandendo ancora poche gocce.
Scott
restò qualche minuto a guardarla senza espressione. Fissava le scarpe di lei
lontanissime l’una dall’altra, quasi che al culmine di una clamorosa spaccata
il ginnasta si fosse letteralmente diviso in due senza spargimento di sangue.
‘Milli’
disse ‘ devi fare attenzione o finirai col farti male. Certi esercizi
richiedono molto allenamento. Non si possono improvvisare’
Fece
un tentativo per alzarsi , ma poiché non era sicuro di riuscire a tenersi in
piedi, rinunciò all’idea di andare a raccogliere il bicchiere e bevve
direttamente dal collo della bottiglia finché fu vuota.
Il
giorno dopo era sabato e J.F. dava una festa per l’anniversario di matrimonio.
Era una settimana che insisteva perché ci andassero anche loro due. Aveva già
telefonato quattro volte per raccomandarsi.
‘Scott
non può mancare, Milli, è impossibile. Cioè, voglio dire, per noi è… ecco, è
una specie di ospite d’onore. Come si fa a fare una festa senza l’ospite
d’onore? Melania ci resterebbe malissimo. Cioè, Milli, non mi fraintendere, non
è che tu valga meno, che c’entra, il fatto è che Scott…’
‘Il
fatto è che Scott è Scott’ aveva concluso Milli ‘lo so J. F., è un sacco di
tempo che lo so. Praticamente non so altro. Va bene, te lo porto. Ma sì, te lo
giuro. Sei contento?’
Milli
si era messa un abito leggero a fiori. Non si era dato lo smalto e nemmeno il
trucco. Si vedevano le rughe attorno alle palpebre e all’angolo delle labbra.
Si
guardò ancora nello specchio, aggiunse un po’ di rossetto e subito dopo lo
tolse via col fazzoletto.
‘Così
come sono’ disse ‘esattamente così.’
Alle
cinque andò a svegliare Scott. Dormiva a faccia in giù, profondamente, sul
letto disfatto.
Lo
scosse per una spalla.
‘Forza’
disse ‘Scott. E’ ora.’
Scott
rispose con un mugolio.
Milli
insistette.
‘Dai
Scott. Sveglia. Tirati su, coraggio. Dobbiamo uscire.’
Aspettò
ancora.
‘Scott.
Maledizione, ti vuoi svegliare?’
Scott
si tirò a sedere sul letto. Si strofinò gli occhi e tossì. Prese la sveglia dal
comodino, la avvicinò agli occhi, imprecò e la rimise giù. Era sudato e pallido
da fare paura.
‘Che
diavolo mi svegli a fare?’ mormorò.
‘J.F.’
disse Milli ‘C’è la festa di J.F. Alle sette.’
Scott
imprecò di nuovo, senza alzarsi. Si prese la faccia fra le mani.
‘Ossignore.
J.F. Com’è possibile? No, non ce la faccio. Mi sento male, Milli. No, non se ne
parla. Gli devi mettere una scusa. Che ne so, digli che ho la febbre. Quello
che vuoi. Poi magari ci vai tu. Tanto è uguale.’
E
si distese di nuovo, coprendosi gli occhi con l’avambraccio.
Milli
sospirò.
‘No.
Non è uguale. Non è uguale per niente. Non per loro. Alzati.’
‘No’
disse Scott.
Milli
aprì l’armadio. Tolse dalle stampelle un completo scuro e la camicia. Scelse
anche una cravatta, i calzini in tinta e il resto della biancheria pulita. Mise
tutto sul letto, dalla sua parte, in bell’ordine. I calzini, arrotolati uno
dentro l’altro, avevano l’aspetto di una palla da baseball nera.
‘Fatti
un bagno e poi vestiti’ gli disse.
Scott,
con gli occhi ancora chiusi, si passò le dita nei capelli.
‘Ma
che ho fatto di male?’ si lamentò ‘Uno si sente uno schifo e deve andare per
forza a un anniversario. Un anniversario, Milli. Ma ti sembra giusto?’
Milli
sedette sulla sponda del letto, dalla sua parte. Allungò una mano verso di lui,
poi la tirò indietro prima di toccarlo.
‘No’
disse ‘ non mi sembra giusto per niente. Ma sei tu che lo vuoi. Scott, renditi
conto. E’ colpa tua. Perché non gli dici la verità? Quelli forse non aspettano
altro. Lo sai come sono fatti. E’ gente così, che vive di…di niente. Guardano
questa casa e chissà che si credono. Guardano te e chissà che si credono. Ma tu
prova a dirgli come stanno veramente le cose. A quelli la verità li ammazza.
Magari se la piantano di invitarci. Magari ci lasciano in pace.’
Scott
si voltò di scatto verso di lei. Ora sembrava perfettamente sveglio e aveva sul
viso un’espressione furiosa e addolorata nello stesso tempo. Solo gli occhi
erano appannati, come di uno che ha letto troppo
‘Continua’
le disse.
Milli
si morse il labbro. Cercò una sigaretta da qualche parte, girando lo sguardo
ovunque, finché ne vide una lasciata a metà nel posacenere sul suo comodino. La
infilò in bocca spenta.
‘Fammi
accendere’ disse.
‘Non
ne ho’ rispose Scott ‘ma continua. Mi interessa.’
Era
proprio sveglio.
Milli
succhiò dal mozzicone. Aveva un sapore schifoso, di tabacco bruciato e di
muffa.
‘Aspetta’
disse.
Uscì
dalla stanza e scese nel soggiorno. Non riusciva a ricordarsi dove aveva
lasciato l’accendino e il pacchetto di sigarette.
Guardò
sul biliardo, dietro la bottiglia vuota, sul divano e sul tappeto della sera
prima. Era tutto in disordine, abbandonato e inutile. Per rabbia, colpì le
biglie col palmo della mano e una andò in buca. Tornò nel bagno, frugò dietro
lo specchio fra i tranquillanti e i cosmetici, poi nel guardaroba, dove si era
cambiata d’abito poco prima. Passò in cucina, di nuovo nel bagno e poi nello
studio di Scott. Aprì il cassetto della scrivania. C’erano due risme di fogli
bianchi e la fiaschetta portaliquore argentata che gli aveva regalato lei due
anni prima. Spostò la macchina da scrivere, le cartelline di cartone sottile
mezze vuote, il portapenne, un temperamatite e il ritratto a china di Flaubert.
Scese di nuovo al piano terra e uscì sulla veranda dalla portafinestra.
Fuori
faceva un gran caldo. Sotto il gazebo c’erano due sedie di vimini rovesciate
sul tavolo a gambe in su. La luce intensa mandava ombre fin troppo definite e
il pavimento era coperto di foglioline secche cadute dalla vite americana
asciugata dal calore.
Milli
si fermò. Affannava. Aveva ancora in bocca la mezza sigaretta spenta, intrisa
dal sudore che le colava dal labbro. La sputò per terra e la calpestò con la
punta del piede nudo.
‘Maledizione’
disse.
Poi
sentì un rumore da sopra.
‘Scott!’
gridò ‘aspetta un momento.’
Fece
di corsa le scale e tornò in camera da letto. Scott non c’era. Sulla
cassettiera accanto all’armadio, dove li aveva lasciati entrando, vide
l’accendino e il pacchetto ancora pieno. Prese una sigaretta, la accese e
aspirò con sollievo un paio di boccate. Sentì ancora quel rumore.
‘Scott!’
gridò.
‘Sono
in bagno, Milli’ rispose Scott a voce alta ‘mi sto facendo la barba. Puoi
venire.’
Milli
andò verso il bagno. La porta era socchiusa. La sospinse ed entrò.
Scott,
in piedi davanti allo specchio, aveva la faccia coperta dal sapone da barba.
Con i capelli biondo scuro e quel bianco accecante sul viso, moltiplicato dallo
specchio, sembrava un paradossale incrocio di gioventù e vecchiaia, una brutta
mascherata fuori tempo.
‘Allora’
disse guardandola nel riflesso ‘che stavi dicendo Milli? Era interessante.
Prosegui.’
Con
la sigaretta fra le dita , Milli cercò di evitare lo sguardo di Scott che la
cercava.
‘Cosa?
Cosa devo proseguire? Scott, lascia stare. Ascolta…’
‘No,
ascolta tu’ disse Scott staccando le sillabe ‘E’ quella faccenda di prima,
quella della verità. A quanta gente dovrei dirla questa verità? E poi quale
sarebbe questa verità?’
Si
radeva con cura. Impugnando con la destra il rasoio di sicurezza, lo passava
sul volto a piccoli tratti, variamente orientato secondo il verso della barba.
Con la mano sinistra stirava la pelle per adattarla al passaggio della lama e
ad ogni movimento, rettilineo o obliquo, una porzione di bianco scompariva,
liberando il chiarore glabro della pelle sottostante. Sciacquava il rasoio
agitandolo nel lavandino pieno di acqua e schiuma e ricominciava.
Sembrava
tranquillo e pensieroso, come quando si sforzava di nascondere la furia e il
dolore.
Milli
aspirò dalla sigaretta e si appoggiò con le spalle allo stipite della porta.
‘Io
non volevo…’ disse ‘Insomma, Scott, forse è meglio se ti chiedo scusa. Alla
fine, sono fatti tuoi. Io c’entro e non c’entro. Ecco, scusami.’
‘E
quand’è che c’entri?’ chiese Scott.
Poi
si mise a ridere. Si tagliò col rasoio, imprecò, e rise di nuovo. Si tamponò
con una scheggia di carta igienica e riprese a radersi.
‘Secondo
te’ disse ‘se ho capito bene, dovrei raccontare i fatti miei a quella mandria
di dementi. E a che scopo? Per farli sentire meglio? O per evitare che ci
invitino ancora a queste festicciole da borghesucci? Dimmelo. Fammi capire. No,
aspetta. Aspetta un momento. Te lo dico io come stanno le cose.’
Milli
lo interruppe.
‘Lascia
stare, Scott. Troppe domande. Non servono a nulla. Non siamo tu e io a
decidere. Basta. Adesso telefono a J.F. e gli dico che hai mal di testa. Lo
sanno tutti che ti viene sempre il mal di testa, non faranno pettegolezzi. E in
ogni caso, chissenefrega. Sono solo una massa di stronzi.’
Scott
si pulì con l’asciugamano e valutò il risultato cercando di mettersi a fuoco
nello specchio abbagliante, ruotando il viso da un lato e dall’altro.
‘Rasatura
perfetta’ commentò ‘una pelle pulita e liscia fa sempre la sua figura. Non ti
pare?
Ascolta
Milli, adesso te lo spiego io come stanno le cose. E’semplice: sei tu che non
ce la fai più. E’ tutto qui, non ce la fai più, sei arrivata in fondo. O in
cima, se preferisci. E lo sai perché? Perché sei tu che hai sposato Scott.
Anzi, di più: Il grande Scott. O no? Ma sì, certo che sì: il grande Scott. Non
hai sposato nessun altro. E com’eri contenta! Eri fuori di te dalla gioia,
Milli, non te lo ricordi? Io invece ho sposato solo te, e tu sei tale e quale
com’eri all’inizio. Non puoi né cambiare né fallire, perché non sei nessuno. Ma
io no. Ah, proprio no. Io devo mantenermi all’altezza.’
Si
interruppe e si passò la lingua sulle labbra, come a completare l’opera.
‘Tu
scrivi, Milli?’ chiese poi, sempre guardandosi nello specchio ‘Dai, rispondimi.
Scrivi?’
Milli
strinse le labbra. Un fiocco di cenere precipitò dalla punta della sigaretta ed
esplose in silenzio sul pavimento.
‘No,
Scott. Non scrivo. Lo sai. Lo sanno tutti. Che me lo chiedi a fare? Non scrivo
niente, io’
‘E
allora’ disse Scott ‘se non scrivi non devi immischiarti nelle faccende di quelli
che scrivono. Hai capito?’
‘Ma
nemmeno tu scrivi, Scott’ disse Milli ‘non scrivi più da un sacco di tempo’ e
di nuovo si morse il labbro.
Scott
si voltò lentamente verso di lei. Si teneva con le due mani l’asciugamano
attorno al collo. Aveva un bell’ aspetto, ora, e sembrava più giovane.
‘Ah,
allora è questa la terribile verità? E’ tutto qui? Il grande Scott non scrive
più. E beve. E si tinge i capelli. E con ciò? Ma dimmi, J.F. scrive, forse? E
quella papera di Melania? E Sandra? Oppure scrive quell’idiota di Francis, con
i suoi stivali da cavallerizzo sempre lucidi ? Se io sono finito, allora quelli
sono finiti ancora prima di cominciare. Io, almeno, ho cominciato. Non ti
basta? No, non ti basta. Milli, tu vuoi esibirmi ancora, questa è la verità. Al
tuo fianco il grande Scott, lo scrittore, la rivelazione, il capitolo nove…il
capitolo nove ha fatto epoca, te lo ricordi. E se io la smettessi di raccontare
storie sul prossimo romanzo, per te sarebbe ancora peggio. Ti mancherebbe la
terra sotto ai piedi. Chi saresti, allora? “Cosa” saresti? Tu ci tieni a questa
bugia, Milli. La verità ammazza te, non loro.’
‘Scott’
disse Milli ‘eri tu che non volevi andarci, non io. Io a J, F. gliel’ho
promesso. Per me va bene, romanzo o non romanzo. Non m’ importa. Facciamo come
vuoi tu. Decidi tu. Per me va bene qualsiasi cosa.’
Gettò
la sigaretta nella tazza e tirò l’acqua, osservando con piacere l’azione
purificatrice dello sciacquone che turbinava in grosse bolle d’aria.
‘Allora?’
chiese.
Voleva
finirla con quel tormento. Finirla al più presto e passare oltre.
‘Ho
capito’ rispose Scott.
Si
sciacquò il volto con grandi manciate di acqua fredda, si asciugò e rimise la
maglietta di cotone. Pulì il filo del rasoio con la carta igienica, fece
rientrare la lama nell’impugnatura e lo ripose nel fodero di cuoio.
‘Sono
pronto’ disse ‘mi vesto e andiamo. Stai serena , Milli, stasera racconterò un
sacco di bugie in tuo onore. Tanto lo so che stai già pregando Dio di ispirarmi
trame che non ho mai nemmeno immaginato. Ma vedrai che ti farò fare bella
figura. Ci sarà ancora il grande Scott, stasera.’
Milli
guardò rapidamente dentro sé senza trovare nessun dio. Sentì l’istinto di
replicare, di continuare a distinguere e a chiarire, ma poi lasciò perdere e
andò a mettersi le scarpe, raccogliendole dalla baraonda del soggiorno.
Prima
di uscire tornò nel bagno e si truccò da cima a fondo.
Appena
entrati in casa di J. F. Scott cambiò completamente. Milli, con la sigaretta
nella sinistra, osservava ammirata quella assurda metamorfosi. Tutto quello che
era accaduto prima, comprese le parole dure che erano state pronunciate, si
dissolveva come una sospensione di sale tenero in un bicchiere d’acqua
distillata o di seltz.
J.F.si
avvicinò, prese le mani di Milli e lei, per un attimo, ebbe paura che volesse
baciargliele. Quando J. F. era andato al di là di un solo bicchiere, era capace
di qualsiasi stravaganza.
Invece
disse:
‘Milli,
che gioia’ e la baciò sulle guance.
‘Attento
alla sigaretta’ disse Milli.
J.
F. sorrise, stringendo le mani di Milli col pollice sul palmo e le dita sul
dorso per divaricarle quel tanto che bastava.
‘Ok
piccola’ disse ‘conosco le insidie dei mie amici. Anche queste.’
Si
passò un dito sulla guancia sinistra, dove era rimasto uno sbaffo di fondotinta
bianco.
‘Ma
no’ disse Milli scherzando ‘ti dona, J F. Somiglia al bacio di un fantasma.
Oppure - come dicono gli italiani? - di una fantasima. Fa molto glamour,
credimi. Tanti auguri, tesoro.’
‘Grazie’
disse J.F. ‘allora lo terrò. In tuo onore, Milli.’
Melania,
vestita di un abito blu mare pieghettato, si fece avanti dal fondo della sala
come una nave pavesata a festa. Le strinse la mano di fretta.
‘Bella
mia, stai un incanto’ disse in un fiato ‘Cos’hai sul viso, J.F? Ma dov’è
Scott?’
‘Auguri,
Melania’ disse Milli ‘Scott non lo so, l’ho già perso. Non sempre mi
appartiene. Ma dovrebbe essere al buffet dei liquori. Di solito vive lì.’
‘Venticinque
anni’ disse J.F. circondando con un braccio la larga vita di Melania ‘
Venticinque, Milli, ti rendi conto? Il nostro matrimonio ha l’età di un
giovanotto di successo. Una vita, una giovane vita, ma pur sempre una vita.
Come poteva mancare Scott? Sono contento che tu sia riuscito a convincerlo.’
‘Bè’
disse Milli ‘ devo riconoscere che non è stato facile. Ce n’è voluto per farlo
alzare dal tavolino. Sapete com’è quando si mette a scrivere. Si estranea da
tutto. E’ come un morto vivente. E’ come se diventasse sordo. Ho dovuto
gridargli negli orecchi per farlo smuovere da lì.’
Melania
sorrideva con increspature sulle guance abbondanti. Sembrava pensare ad altro,
quasi non fosse lì.
J.F.
fece segno a un cameriere che portava in equilibrio sul palmo della mano destra
un vassoio di flutes perfettamente verticali. Ne prese due, porgendone uno a
Milli, e poi un terzo per Melania.
‘Grazie’
disse al cameriere, che subito riprese la sua navigazione nella sala gremita.
J.F.
sollevò il suo calice.
‘Champagne’
disse ‘Brindiamo al grande Scott e al suo nuovo capolavoro. E anche a te,
Milli, naturalmente. Salute.’
Milli
succhiò una goccia di vino.
‘J.F.,
che significa “naturalmente”?’
Melania
fece gli occhi vuoti, chiese permesso e si allontanò verso il tavolo dei
liquori con il bicchiere ancora intatto. J. F. si voltò come se volesse
richiamarla, accennò un gesto con la mano libera, poi tornò a guardare Milli.
‘Cioè?’
le chiese.
‘Parlavo
di “naturalmente”, J.F. Perché hai detto “naturalmente”?’
J.F.
si voltò di nuovo verso il fondo della sala. Accanto al tavolo dei liquori, un
gruppo di invitati faceva corona a un punto invisibile dove c’erano sicuramente
Scott e una bottiglia di gin. Arrivava uno scampanellare di bicchieri e di
ghiaccio in cubetti, si sentiva ridere, e ogni tanto qualcuno applaudiva. Milli
riconobbe Francis dallo scintillio delle scarpe e da quelle risalì fino al
volto, tirato a lucido come le scarpe.
J.
F. le strinse il braccio in segno di saluto.
‘Perdonami,
Milli’ disse di fretta ‘ma credo di dover fare un po’ di onori di casa.
Dicevi…Ah certo, naturalmente. Ci vediamo dopo.’
Si
allontanò di buon passo.
Milli
cercò un angolo in cui stare tranquilla. Aveva voglia di fantasticare un po’e
di sentirsi triste e sola. Puntò una sedia libera che sembrava dimenticata
contro la parete, una di quelle che i camerieri non sanno dove mettere e che
spostano di continuo. Afferrò al volo un secondo calice da un vassoio con un
paio di gambe sotto, allungò il passo e si lasciò cadere sulla sedia
anticipando di un secondo una bionda molto truccata, sui venticinque anni, che
aveva avuto la stessa idea.
Quella
guardò Milli con sorpresa e stava per protestare, ma poi cambiò espressione e
non disse nulla. Fece anzi un passo indietro e le sorrise.
‘Scusami,
tesoro’ disse Milli ‘scusami davvero. Non volevo essere sgarbata, ma questa
sedia mi piaceva troppo. Noi non ci conosciamo, mi pare. Bè, fa niente.’
E
guardò dall’altra parte sperando che la ragazza se ne andasse, pensasse pure
quello che le pareva.
J.F.
aprì le labbra con aria incerta. Non si aspettava quella domanda. Gli sembrò
scorretta, quasi un colpo a tradimento o una gratuita cattiveria che non
sentiva di meritare.
‘Ma
insomma, Milli’ rispose parlando lentamente ‘io non capisco, che domande mi
fai? Anche ieri, per telefono…la stessa…ecco…ma sì, la stessa ostilità, non so
come altro chiamarla, quasi che da qualche tempo ti desse fastidio la stima e
l’ammirazione che noi tutti proviamo per Scott, come se ti facesse sentire
esclusa o… messa in secondo piano, ecco. Prima non era così. Quando è uscito il
romanzo non stavi nella pelle per la gioia, sembrava addirittura che l’avessi
scritto tu. E ora, all’improvviso… Che diamine, Milli, siamo vecchi amici noi
quattro! Fra noi non dovrebbero esistere questioni del genere. Ti giuro, mi
mortifichi.’
Abbassò
la testa come se volesse guardarsi le scarpe.
‘Comunque’
riprese ‘va bene, vuol dire che da ora in poi starò più attento quando parlo
con te. Però, davvero, non mi sembra giusto da parte tua. Non me lo merito. E
neanche Melania.’
Bevve
un sorso dal bicchiere guardandola negli occhi. Aspettava una replica, forse
non proprio delle scuse, ma almeno qualche parola di rettifica o di spiegazione
che ristabilissero il giusto ordine nel suo piccolo mondo fatuo.
Milli
non fece una piega. J.F. pensava che lei era invidiosa di Scott. Bene, molto
bene. L’invidia implica l’esistenza di qualcosa di cui essere invidiosi. Non si
può essere invidiosi del nulla. Scott non ci rimetteva nulla dal fatto di avere
una moglie che mal tollerava il successo e il talento del suo uomo, anzi. Sì,
davvero molto bene.
‘Ok
J.F.’ disse Milli con un sospiro ‘stavolta hai colto nel segno. “Touchè”, come
dicono i francesi. E’vero, qualcosa è cambiato. Che ne so, saranno i primi
segni della menopausa. Ma tu non sai cosa significa. No, non parlo della
menopausa, che c’entra. Dico che a te non è toccato di sposare un grande
scrittore, ecco tutto, e che quindi... Nella tua prossima vita dovresti
provarci. Mi sapresti dire, allora. E’ difficile, sai. E’ molto difficile, con
l’andare del tempo. E poi tutti abbiamo le nostre debolezze. Ora che hai
scoperto la mia, però, sii clemente.’
Milli
stava completando il dialogo dal punto in cui J.F. l’aveva fatto abortire poco
prima, battendo in ritirata con equivoca disinvoltura alla sua domanda su
“naturalmente”.
Muoveva
le labbra a sillabare ogni battuta, immersa in un aria compressa come quella
dei sogni ma più pesante e intensa.
Si
riscosse.
‘Però’
si disse ‘niente male. Sembrava proprio vero. Una cosa ben fatta. Non
stonerebbe in un racconto, anzi’
Se
l’avesse trascritto, chissà, forse Scott avrebbe potuto utilizzarlo come
spunto. Ma si sarebbe sentito umiliato, perché il grande Scott non era ancora
al punto di dover accettare suggerimenti. Avrebbe alzato le spalle dicendo che
non valeva nulla e che non è così che si scrive, poco ma sicuro.
‘Infatti’
disse Milli rivolgendosi alla ragazza ‘non è così che si scrive. Scrivere è
un’altra cosa. Non mi chiedere quale perché io non lo so. Io non scrivo, non
scrivo niente tranne i numeri di telefono.’
E
le venne da ridere.
La
ragazza si chinò verso lei.
‘Mi
scusi, signora. Non ho sentito bene. Ho capito solo l’ultima parola. Forse
cerca un telefono?’
E
sorrise.
Milli
pensò che era davvero gentile e carina. Una che sapeva come ci si rivolge alla
gente più anziana. Ma perché stava ancora piantata lì? Forse si trattava di
quel genere di fanciulla che si mette in un angolo, troppo timida per spingersi
fra gli uomini e le signore eleganti e grasse che ridevano e si ubriacavano
alla grande. Si era sentita fuori posto, povera cara, ed era rimasta in piedi
accanto alla sedia come ad aspettare che si liberasse. Milli si intenerì. O
magari aspettava solo il suo fidanzato, che alla fine, se pure si fosse fatto
vivo, si sarebbe rivelato uno tale e quale agli altri e da lì a qualche anno
l’avrebbe sposata e poi delusa e infine abbandonata, quando già era incinta, a
favore di qualche attricetta o della più svelta a togliersi le mutandine in
automobile. Povera, povera cara.
Milli
si intenerì ancora di più e le venne voglia di dirle qualcosa di carino e
gentile. Ma era un bel po’ brilla e ogni cosa che le veniva in mente le
sembrava troppo o troppo poco.
La
ragazza la anticipò.
Si
chinò ancora su di lei e le parlò quasi all’orecchio:
‘Signora,
mi permette di dirle una cosa?’
Milli
depose il bicchiere sulle ginocchia.
‘Ma
certo, cara. Ci mancherebbe. Dimmi tutto quello che vuoi.’
‘Io
lo so chi è lei’ disse la ragazza in un soffio, come se stesse avvicinandosi a
chissà quale segreto.
‘Ah
sì? Ah sì?’ disse Milli ‘E’ una cosa molto interessante, molto.Tu neanche te lo
immagini quant’è interessante. E chi sono? Dai, non farmi stare sulle spine.
Chi sono io?’
‘Lei
è la moglie del grande Scott’ rispose la ragazza parlando di fretta, e si tirò
su appoggiandosi al muro, ma con grazia.
Adesso
sorrideva fra sé lasciando scorrere sul salone affollato uno sguardo che non si
fermava su nulla e nessuno, come un faro su un mare vuoto.
Milli
era delusa. Si era aspettata qualcosa di diverso (ma cosa poi?). E in fondo, a
ben guardare, la ragazza aveva colto esattamente nel segno: lei non poteva
essere nessun altro se non la moglie del grande Scott. E questo valeva per
tutti, comprese le ragazze giovani, gentili e carine. Era così.
‘Bene’
le disse ‘touchèè. Hai fatto centro, piccola. Non che ci volesse molto, a dire
la verità. Chi altro potrei essere? Ma visto che siamo in argomento di
presentazioni, adesso dimmi di te. Ci tengo. Tu chi sei esattamente? Cioè
scusami, voglio dire come ti chiami, perché chi sei, bè, questi sono fatti tuoi
e non li devi mica andare a raccontare alla prima venuta, anche se è la moglie
del …’
Era
brilla e parlava troppo, se ne rendeva conto.
‘Io
sono Angela F.’ rispose la ragazza ‘sono la nipote di J.F. Noi non ci siamo mai
incontrati, ma so che siete molto amici con lo zio, lei e il signor Scott. Mi
parla sempre di voi.’
Milli
accavallò le gambe e annuì con rabbia.
‘Come
no! Hai detto proprio la parola giusta tesoro: amici. Grandi amici, anzi.
Grandissimi ecco. Cioè, di Scott. Grandissimo amico di Scott. Anche Melania.
Grandissima amica di Scott, zia Melania. Io invece sono compresa nel prezzo.
Vengo al traino, per così dire. Al traino come una barca vuota. Insomma hai
capito. Il fatto, vedi, è che io sono la moglie di Scott. Proprio la moglie,
cioè, quella vera. Ah, ma questo già lo sai.’
E
fece un gesto con la mano come a scacciar via una mosca o l’ovvietà di tutto
ciò che andava dicendo. Poi oscillò lievemente cercando di controbilanciare
l’oscillazione della sedia e del parquet.
Si
rese conto che Angela aveva cominciato un discorso piuttosto articolato dove
c’era qualcosa che, sul momento, Milli non riuscì ad afferrare.
Poteva
trattarsi di una qualsiasi considerazione buona e gentile, o magari di un ‘ma
no, che dice, zio J.F. e zia Melania stravedono per lei, davvero, la adorano,
mi creda, sono praticamente innamorati, la loro vita non avrebbe senso senza di
senza di lei e …’ e insomma meglio non approfondire, pensò Milli. Meglio di no.
Anche perché forse si trattava di tutt’altro.
Milli
la guardò da sotto in su, incuriosita. Angela parlava in tono confidenziale ma
questa volta non si era chinata sul suo orecchio. Sembrava sicura di aver
catturato la sua attenzione e lanciava le parole una ad una come palle da
biliardo che avrebbero senza meno raggiunto la buca delle sue orecchie.
‘Davvero?’
le disse Milli alla fine ‘Ma è straordinario, mia cara. Una grande notizia. E
da quanto tempo è che scrivi?’
‘Da
quando ero bambina’ rispose Angela ‘Signora mi perdoni, ma Zio J.F. mi ha detto
che potevo rivolgermi a lei. Veramente, mi anche detto che potevo parlare
direttamente al signor Scott, ma non trovo il coraggio. Lei mi capisce. Come si
fa?’
Ecco,
ecco. Così andava meglio. Nessun complimento, nessuna rassicurazione, niente di
nuovo insomma, solo una replica del già visto e sentito. Una richiesta che
andava al sodo, cioè a Scott - al grande Scott - passando attraverso di lei.
Milli
si toccò il naso come fa una signora, senza insistere ma quanto basta a
grattarselo.
Sentì
una gran voglia di alzarsi in piedi, di andare in bagno a vomitare e imprecare
e poi di bere ancora ma per ognuna di queste cose, e per tutt’e tre, ci voleva
un sostegno, un qualcosa di fisico e stabile cui appoggiarsi durante la
navigazione. Ma è qui, pensò Milli, chi meglio di lei, facciamola almeno
lavorare un po’.
‘Senti,
tesoro’ disse ad Angela ‘non è che ti andrebbe di accompagnare una vecchia
signora ad incipriarsi il naso?’
Angela
sorrise e la prese sottobraccio. Non sembrava per niente delusa da quel
cambiamento di rotta. J.F. doveva essere entrato nei dettagli.
‘Dia
a me il bicchiere’ disse e lo poggiò su un tavolino lì accanto.
‘Che
scema’ disse Milli ‘non ci crederai ma di quel tavolino non sospettavo nemmeno
l’esistenza. Si vede che sto diventando miope.’
‘Venga’
sussurrò Angela con dolcezza ‘il bagno è da questa parte.’
Il
salone adesso era luminosissimo, come se gli avessero dato fuoco dall’interno.
Tutto scintillava e tintinnava e le voci degli ospiti sembravano fortissime,
quasi stessero urlando per farsi sentire dagli altri che strillavano a loro
volta. Sul soffitto i lampadari ardevano di luce stellare, simili a membri di
una presuntuosa costellazione fittizia
‘Eppure
ne ho presi solo tre’ pensò Milli ‘al massimo quattro, okay. Ma che diavolo ci
mette J.F. negli aperitivi?’
Dal
tavolo giù in fondo arrivava il fragore dei bicchieri, delle voci e delle
risate. Scott, sempre invisibile, stava sicuramente fra la bottiglia di gin e
il centro del cerchio di ammirazione ed ebbrezza alcolica. Vicino al pavimento,
due stelline luminose brillavano inquiete a segnalare la punta degli stivali di
Francis.
‘D’accordo’
disse Scott ‘d’accordo. Avete vinto. Ubi maior… e qui il maior è la
maggioranza, cioè voi, signori, perché siamo in democrazia, mi pare, se
l’America è ancora l’america. Mi avete messo all’angolo, bravi, e in un modo
che mi costringe moralmente ad obbedirvi. Devo soccombere alla volontà
collettiva. La democrazia, d’altra parte, non è altro che la legge del più
forte ingentilita dall’acquiescenza della vittima. Non vi sembra?’
E
per cancellare da se stesso e dagli altri la banalità appena pronunciata tirò
giù un sorso di gin, ma non prima che Francis dicesse:
‘Ahi
ahi, se anche gli scrittori di rango si mettono a ripetere gli slogan stiamo
freschi. Chi potrà ancora stupirci?’
‘Forza
Scott’ disse Melania aggiustandosi il ciuffo ‘non dar retta ai provocatori.
Soccombi e basta e racconta. Sei qui per questo.’
Scott
strinse il bicchiere e pensò a dove diavolo stava Milli.
‘Scott’
disse J.F. ‘e allora?’
Scott
ingoiò ancora un sorso di gin lasciandolo rotolare in gola per assorbirne il
bruciore e la grazia.
‘Allora
ecco. La storia si apre in un appartamento. Lui si chiama Red, lei Candice.
Sono sposati da otto anni. Red è un giornalista che ha appena pubblicato un
pezzo molto critico verso i magnati della città.’
‘Quali
magnati?’ chiese Francis, misurandosi una dose di sherry.
‘I
magnati, Francis. Ci sono sempre dei magnati in una città. Quelli che fanno il
brutto e il cattivo tempo, quelli che comandano su tutto. Giornali, industrie,
polizia. Su tutto, insomma. Bene, questo Red si è stancato e vuole dirgliene
quattro. Perciò ha scritto quel pezzo. Un pezzo bello duro, senza complimenti.
Estremo, quasi. Aveva paura che il direttore gli facesse storie, invece è
filato liscio come l’olio. Il pezzo esce in prima pagina con tutti gli onori. E
sapete perché?’
‘Perché
il direttore si scopa Candice’ disse Francis.
Scott
annuì sollevando il bicchiere.
‘Complimenti,
Francis. Questa era la risposta più ovvia. Ma è sbagliata. Non tutti gli
stivali sono lucidi. E non tutte le mogli dei giornalisti si scopano il
direttore. Non tutte. Pensa di più.’
‘Ora
non pretendere l’impossibile, Scott’ disse J.F.
Tutti
risero. Francis mostrò la lingua a tutti e poi rise anche lui.
‘Vai
avanti, Scott’ disse Melania.
C’era
un sacco di gente lì attorno, con il bicchiere in mano e la voglia di
divertirsi con qualcosa di intelligente. Scott ignorava chi fosse la maggior
parte di loro, ma era troppo ubriaco per dare credito all’impressione del
momento.
Chi
beve molto si abitua a non prendersi sul serio e a dubitare di se stesso.
Poteva darsi benissimo, pensava Scott, che molti li avesse già conosciuti
prima, in altri assurdi festeggiamenti o alla presentazione del primo romanzo.
Oppure a casa di conoscenti comuni, sennò per strada, forse al bancone di un
bar, in un ristorante, alle corse o addirittura a casa sua, in qualche serata
il cui ricordo si era ormai cancellato per esaurimento o perché l’alcol aveva
reso impossibile fissarlo in un tassello stabile di memoria.
Ma
dove diavolo si era cacciata Milli?
Scott
ingoiò un altro sorso di gin.
‘Ecco’
disse ‘il fatto è che Candice è la figlia illegittima di uno degli uomini più
ricchi e potenti della città. Mister Dubberfore, si chiama. Uno proprio tosto,
legato alla politica e forse alla mafia. E’ stato lui a telefonare al direttore
del giornale di Red e a dirgli ‘fagli scrivere quello che vuole. Se esagera ci
pensiamo noi, ma tu lascialo fare.’
‘Cosa
non si farebbe per i figli’ commento Francis. Sollevò il piede destro per
ispezionare la punta dello stivale.
Scott
decise di non fare altre pause. Tirò giù un altro sorso, si accorse che il
bicchiere era vuoto e lo riempì. E tirò giù un altro sorso.
‘Ma
l’articolo supera ogni aspettativa. Red ha scritto uno di quei pezzi che fanno
epoca. Ci sono dentro tutti, dal sindaco al capo della polizia, dagli
amministratori dell’ospedale al sindacato dei tassisti, anzi, al sindacato in
genere, e poi ancora, verso l’alto e verso il basso ma soprattutto verso l’alto
fino a sfiorare i membri del governo e del Congresso. Anzi, più che a sfiorare:
Red fa nome e cognome, tira in mezzo figli, mogli, nipoti, amicizie
compromettenti, vecchie storie, antichi scandali dimenticati e porcherie nuove
di zecca e insomma chi più ne ha più ne metta. Al punto che uno si aspetterebbe
di leggere da un momento all’altro persino il nome del Presidente, che è
l’unico che invece Red non nomina. Però fa un’allusione a quello che chiama ‘il
grande Burattinaio’, ognuno capisca pure quello che vuole. Ecco, questo sarà il
titolo del romanzo: ‘Il grande burattinaio’ o qualcosa del genere. Ma andiamo
avanti. Mister Dubberfore…’
‘Il
grande burattinaio?’ lo interruppe Melania ‘Ma sei sicuro, Scott?’
‘Sì,
quasi. Penso di sì. Ma perché?’
‘Ma
niente’ disse Melania ‘niente. Scusami Scott. Non volevo interromperti. E’ solo
che mi sembra troppo simile.’
Scott
fece girare il bicchiere fra le dita e ci guardò dentro. Rispose parlando molto
lentamente.
‘Simile?
Ah, può darsi Melania. Forse addirittura uguale. Ma che male c’è?’
Con
un risolino muto Francis stava contemplandosi la punta dell’altro stivale.
J.F.
afferrò la spalla di Melania con la mano sinistra e strinse forte.
‘Piantala
Melania. Scott, non darle retta. Continua. Voglio sentire il seguito. A me pare
molto promettente’. Fece scorrere rapidamente lo sguardo sugli ascoltatori.
‘Forza
Scott.’
Un
biondino magro come una sigaretta chiese se si poteva fare un po’ di musica.
‘Ellis,
vai al piano. J. F. ha uno Stenway magnifico. E’ vero J.F.?
‘Che
c’entra la musica adesso?’ protestò J.F. ‘Stavamo ascoltando Scott, mi pare.
Melania, è tutta colpa tua. Scott, per favore, finisci di raccontare.’
Ellis,
un donnone con un vestito rosso fuoco, si staccò dal gruppo con un sorriso. Il
biondino e qualcun altro la seguirono col bicchiere in mano.
‘Voglio
che mi suoni Stardust’ disse il biondino mentre si allontanavano.
Scott
vuotò il bicchiere in un sorso. Continuava a guardarci dentro e mentre beveva
divenne strabico, lo sguardo deformato dal cristallo del fondo come da una lente.
‘Scott’
disse J.F. ‘non so come chiederti scusa. E’ una cosa…una cosa…Melania, questa
me la paghi.’
‘Ma
io’ disse Melania ‘non ho fatto niente. Era solo un’osservazione. Che c’è di
male a fare un’osservazione? Perdonami , Scott, non immaginavo.’
Scott
barcollò e si appoggiò al tavolo dei liquori.
‘Lascia
stare J.F. Non voglio che litighiate per colpa mia il giorno dell’anniversario.
E poi non c’è niente di cui scusarsi. Melania, davvero. Va bene così, va
benissimo così.. Stavo solo annoiando tutti. E’ normale. In fondo è una festa
ed è giusto che la gente si diverta… Ragazzi, la riunione è sciolta. Vuol dire
che leggerete il romanzo quando uscirà’
‘E
quando uscirà?’ domandò Francis.
Le
note di Stardust, picchiate sul piano, arrivarono insieme a Milli e Angela dal
fondo del salone.
‘Scott’
disse Milli tutta allegra ‘c’è qui quest’angelo di ragazza che muore dalla
voglia di conoscerti.’
In
bagno si era liberata dell’eccesso di liquore ma non riusciva ancora a
camminare diritto.
Guardò
gli altri e notò l’imbarazzo.
‘Ragazzi,
ma che succede? Allora Scott, questa è Angela. E’ una scrittrice molto
promettente. Angela, questo è il grande Scott, mio marito. Ecco fatto.’
Si
avvicinò a J.F. e lo prese a braccetto.
‘J.F.,
cattivone che sei, non sapevo che avessi una nipote così carina. Ci tieni
nascosto il meglio. A proposito, ma cosa ci hai messo nei cocktail?’
‘Ciao
Angela’ disse Scott. Le strinse la mano.
Milli
tese l’orecchio.
‘Ah,
ma stanno suonando Stardust. Ragazzi, lasciamo gli scrittori alle loro faccende
e andiamo a unirci al coro. Noi qui siamo di troppo.’
‘Sì’
disse J.F. Sembrava sollevato. ‘Scott, non ho parole. Mi dispiace tanto.
Andiamo Francis, vieni anche tu. Angela, non annoiare troppo il signor Scott.’
‘Di
cosa ti dispiace?’ chiese Milli.
‘Gli
dispiace per mister Dubberfore’ rispose Fancis ridendo ‘non se n’è più saputo
nulla.’
Milli
guardò Francis e poi J.F.
‘Scusate,
ma chi è questo mister Dubberfore? E’ qualcuno che doveva arrivare?. J.F. non
ti preoccupare. Al massimo, sarà uno di quelli che beve troppo e si dimentica
gli anniversari.’
E
rise.
‘Ma
come’ chiese Francis ‘proprio tu non conosci mister Dubberfore? Ahi ahi Milli.
Scott ha dei segreti persino per te, a quanto pare.’
‘Smettila
Francis’ gli intimò J.F. ‘Melania vieni. Scott, noi ci vediamo dopo. Ciao
Angela. Mi raccomando.’
E
se li portò via insieme al residuo del gruppo di ascoltatori.
Mentre
si allontanavano verso la musica, Scott sentì Milli domandare ancora a J.F. chi
diavolo era questo mister Dubberfore, mentre Francis rideva come uno scemo e
Melania si guardava le scarpe.
Uscendo
dal nulla, Sandra si unì a loro e cominciò a chiacchierare con Milli
sgambettando al suo fianco.
Scott
distolse lo sguardo. Depose sul tavolo il bicchiere vuoto e rifletté se era il
caso di riempirlo ancora. Questa riflessione gli portò via parecchio tempo,
perché non era semplice. Era già ubriaco oltre misura, ma fin qui era normale.
Ora si trattava di decidere se andare oltre o se fermarsi lì. Però
l’alternativa era falsa, perché fermarsi lì significava tornare lentamente
indietro verso la sobrietà, mano a mano che il sangue e il gin si separavano, e
quindi non era davvero un fermarsi, ma un retrocedere. Era impossibile
“fermarsi lì”. Si poteva solo andare avanti, restando in quel movimento
circolare che l’ avrebbe comunque riportato ad esser sobrio, certo, ma molto,
molto più in là, forse addirittura il giorno dopo e proprio all’ora giusta per
ricominciare. E nel frattempo?
Scott
pensò che tornare sobrio mentre la festa continuava sarebbe stata una immensa
sciagura.
Questa
considerazione gli apparve decisiva. Si riempì ancora il bicchiere con una
buona dose di gin. E solo in quel momento percepì di nuovo la presenza di
Angela, che lo guardava con atteggiamento adorante, in piedi davanti a lui.
‘Angela’
disse ‘mia cara, devi proprio scusarmi. Un vecchio ubriacone come me non sempre
riesce a comportarsi come si deve. Ma vedrai che saprò farmi perdonare.’
Stava
per portarsi il bicchiere alla bocca. Si interruppe con le labbra già
socchiuse.
‘Oh,
ecco un’altra falla, tesoro. Non ti ho offerto da bere. No, proprio non sta
bene. Un gentiluomo non si comporta in questa maniera. Lasciami riparare,
voglio farti da cameriere. Cosa prendi Melania? Ossignore, perdonami, Angela,
Angela, certo, non farci caso. Sono un vecchio ubriacone e mi ripeto come tutti
i vecchi…Dimmi cosa gradisci. Guarda, questo tavolo è come un prato delle
delizie, fiorito di tutti i fiori del male. Ci sono spighe di wisky, bacche di
gin, cespugli di sherry, ciuffi di anisette e filari di cognac. Il cognac te lo
consiglio. E’ di prima qualità, Zio J.F. sa scegliere, è un uomo di gusto. E a
guardar bene, sa scegliersi anche le nipoti. Sei davvero un incanto, mia cara.
Cosa preferisci?’
‘Io
non bevo, signor Scott’ disse Angela ‘ma solo a starla a sentire mi sento già
brilla.’
Sorrise.
‘Un
prato delle delizie: un’immagine deliziosa. Lei parla proprio come scrive. Non
immagina che gioia sia per me….oddio che frase sciocca. Quello che volevo dire
è che lei per me è il numero uno. Davvero. Ho letto tutti i suoi libri.’
‘Tutti?’
chiese Scott ‘Proprio tutti?’
‘Sì.
Non me ne sarei lasciato sfuggire uno per tutto l’oro del mondo. Ecco, ho detto
un’altra frase stupida. Però è la verità. Ho letto anche i racconti. Per me
sono stati una rivelazione.’
‘Ma
non mi dire. I racconti! Angela tu mi sconvolgi. Quelli non li ha letti quasi
nessuno. La gente mi conosce solo per il romanzo. E tu invece hai letto anche i
racconti. Bè, meriteresti una decorazione. Ma non vuoi almeno un bicchiere di
aranciata?’
Angela
annuì.
‘L’aranciata
sì. Volentieri. Grazie, signor Scott.’
Scott
le riempì il bicchiere e glielo porse con un inchino.
‘Madame
è servita. O dovrei dire mademoiselle? Sei sposata?’
‘No.
Nossignore. Vede, signor Scott…’
‘Scott’
disse Scott ‘Scott e basta.’
Angela
arrossì.
‘Va
bene. Scott, d’accordo. Vede Scott, il fatto è che io voglio solo scrivere. Il
resto mi sembra una perdita di tempo. Una specie di tradimento. Credo che lei
possa capirmi. Scrivere è…’
Scott
la lasciò parlare senza interromperla. Ascoltò tutto quello che Angela aveva da
dire riguardo allo scrivere, alla grande passione, ai dubbi, agli entusiasmi,
al senso di profondo scoramento che la assaliva quando rileggeva quello che
aveva scritto, all’impulso di distruggere tutto e alla voglia di non mollare e
infine al suo desiderio di trovare qualcuno che la aiutasse.
‘Perché
vede, Scott, io mi sento debole. Mi sento debole davanti alla scrittura. Mi
sento sola. Eppure la amo. E’ una situazione…’
Scott
le domandò allora cosa scrivesse, se racconti, romanzi, poesie oppure teatro e
Angela rispose che scriveva racconti.
‘E
che genere di racconti? Cioè, scusa. Questa volta la domanda sciocca l’ho fatta
io. Non esiste il genere. Esistono solo i racconti. Il genere è…una
stupidaggine inventata da chi non scrive e a volte ci cascano anche gli
scrittori. Ma è inutile che continuiamo a parlarne in astratto. Se tu avessi
qualcosa di tuo da farmi leggere… ne sarei molto contento, Angela.Magari ci
sediamo in un angolo tranquillo e vediamo di cosa si tratta. Sono molto
curioso. Sempre che tu ne abbia voglia, è chiaro.’
Svuotò
il bicchiere e tornò a riempirlo.
Angela
fece una specie di saltello. Certo che aveva qualcosa di suo. Oddio, non se lo
sarebbe mai aspettato! Giusto il tempo di salire in camera a prendere i
dattiloscritti. Proprio un secondo. Pregò Scott di non muoversi e sparì in un
attimo, quasi correndo.
Scott
sentiva che se fosse stato sobrio mai e poi mai sarebbe caduto nella trappola.
Ora
gli sarebbe toccato fare la cosa che odiava di più, cioè leggere quello che
scriveva un altro e magari dare consigli, suggerimenti e fare osservazioni
senza offendere. Inoltre, gli pareva che si trattasse di una specie di
complotto al quale Milli era tutt’altro che estranea. Ma era ubriaca anche lei.
In quelle condizioni uno può fare le cose più strane e inconcepibili, tipo
presentargli una bella ragazza che “amava” scrivere e lasciarlo solo con lei.
Ma
dove diavolo era finita Milli?
Dal
pianoforte arrivavano voci stonate e una marcetta dixieland suonata con lo stile
di un organetto meccanico. Poteva vedere la schiena enorme di quella Ellis,
fasciata di rosso, andare su e giù articolando le braccia e le mani sui tasti.
Gli sembrò un operaio metallurgico alla catena di montaggio che desse una
dimostrazione a un gruppo di visitatori. Nello stesso momento si rese conto che
se si fosse staccato dal tavolo dei liquori al quale era appoggiato sarebbe
senz’altro rovinato al suolo. Non si reggeva in piedi. Bè, questo era già
qualcosa. Bevve ancora.
‘Ma
dov’è andato a nascondersi Scott?’ disse Milli.
Ellis
aveva smesso di suonare perché era stanca. Le si erano “aggricciate” le mani e
adesso si faceva scrocchiare con forza le dita producendo ogni volta una specie
di detonazione.
Sandra
fece girare un’occhiata circolare sulla sala.
‘Non
lo so. Non lo vedo da nessuna parte.’
Il
gruppo degli ascoltatori si era dissolto nella baraonda. Milli guardò verso il
tavolo dei liquori, ma non c’era nessuno.
‘Forse
si è seduto da qualche parte a parlare con Angela’ disse ‘Scusaci Ellis.’
‘Ma
dove lo vuoi cercare?’ chiese Sandra ‘Non lo vedi che non c’è?’
Fecero
il giro della sala e alla fine uscirono sul terrazzo. C’era parecchia gente che
beveva alla luce dei lampioncini e prendeva quel poco di fresco che a tratti
portava la brezza.
Molti
la riconobbero e la salutarono con un cenno del capo o sollevando il bicchiere.
Milli arrivò alla balaustra di marmo e si fermò a guardare oltre.
La
casa di J.F. dava su un giardino che confinava con la spiaggia. La luna
illuminava la sabbia come un riflettore. Il mare era calmo, percorso da
minuscole onde. Lontano c’erano le luci verdi e rosse di un cargo.
‘Pensi
che si siano imbarcati?’ chiese Sandra ridendo.
Milli
alzò le spalle.
‘E’
tardi e me ne voglio andare a casa a dormire. Sono stanca.’
L’ubriachezza
le era passata di colpo e si sentiva la bocca amara.
‘Ci
sarà pure dell’acqua da qualche parte’ disse.
Sandra
indicò il mare.
‘Smettila,
Sandra. Oh, scusami, ti prego. Ma sono proprio esausta. Se non bevo subito un
bicchiere d’acqua muoio.’
Rientrarono.
Vicino alla porta finestra J.F. e Melania stavano parlando a bassa voce.
Melania
si guardava le scarpe e Milli ebbe l’impressione che avesse appena smesso di
piangere. J.F. aveva la faccia scura e un bicchiere in mano.
Appena
la vide cambiò espressione e gettò una rapidissima occhiata a Melania.
‘Milli,
tesoro, tutto bene?’
‘Hai
visto Scott, J.F.? Non lo trovo.’
‘Non
lo troviamo’ precisò Sandra con rassegnazione.
J.F.
si guardò istintivamente attorno.
‘Non
lo so, Milli. Poco fa era con Angela vicino al buffet. Ma non lo so.’
Milli
gli chiese se si poteva avere dell’acqua. J.F. fermò un cameriere.
‘Arriva
subito’ disse.
Milli
e Sandra si accostarono al buffet dei liquori. J.F. e Melania avevano subito
ripreso il discorso di prima. Sembrava roba grossa.
‘Che
bella tovaglia’ disse Sandra ammirando il pizzo finissimo che copriva il tavolo
‘bisogna proprio riconoscere che J.F. non bada a spese. Solo questa vale come
tutto il mio guardaroba.’
La
tovaglia scendeva ai quattro lati del tavolo e arrivava fino a terra. Sandra ne
sollevò un lembo per osservarla meglio. Milli si domandò cosa ci trovava di
così incantevole e perché adesso si era chinata a guardare addirittura sotto al
tavolo. Ma quanto ci vuole ad avere un po’ d’acqua? pensò.
Sandra
si tirò su di colpo lasciando cadere la tovaglia come un sipario.
Era
pallida e insieme divertita.
‘Milli’
disse ‘ho trovato Scott.’
J.F.
aveva strillato, aveva cacciato via gli ospiti e aveva continuato a strillare
come un ossesso fino alle ore piccole.
‘L’ospite
d’onore’ ripeteva sputando saliva ‘l’ospite d’onore. Milli, se tu sapevi che
era…che era definitivamente impazzito e non mi hai detto niente, allora sei
colpevole quanto lui. Anzi peggio di lui.’
Avevano
fatto venire un medico, che aveva visitato Scott e si era espresso in maniera
rassicurante.
‘E’
solo ubriaco. Molto ubriaco, a dire il vero. Ma un buon sonno e passa tutto.’
‘Però’
aveva commentato Sandra ‘che diagnosi’ e il dottore se n’era andato offeso.
Dalla
parte opposta della sala, Melania consolava Angela. Si erano sedute su un
divano e Melania le teneva un braccio attorno alle spalle.
Angela
piangeva a grandi lacrime.
‘Nessuno
lo capisce’ diceva fra i singhiozzi ‘nessuno lo capisce.’
Su
un altro divano, Scott dormiva profondamente. Sembrava morto.
‘Ma
tu ti rendo conto?’ strillava J.F. ‘sotto a un tavolo con mia nipote. E in
mezzo a tutta quella gente.’
Milli
uscì di nuovo sul terrazzo deserto. Albeggiava. Si era portata dietro al
bottiglia d’acqua da cui beveva a lunghe sorsate.
Immaginò
che se un bagnante molto mattiniero l’avesse vista dalla spiaggia, l’avrebbe
presa per un’alcolizzata all’ultimo stadio attaccata alla boccia di gin.
‘E’
solo acqua, idiota!’ gridò Milli a nessuno.Un gabbiano si alzò in volo e
rispose qualcosa urlando come J.F all’interno
Alla
fine, pensò Milli, non avevano fatto niente di male. Scott si era solo
ubriacato più del solito, ma forse anche meno di altre volte, e non aveva
trovato niente di meglio che nascondersi sotto al tavolo per dormire in santa
pace. E allora? Al massimo, lo si poteva accusare di eccesso di discrezione.
Certo,
Angela era distesa accanto a lui e gli poggiava la testa sulla spalla. Ma era
un gesto di tenerezza filiale, forse addirittura di pietà. Farne uno scandalo
era non solo ridicolo, ma impietoso.
‘Un
fallito’ strillava J.F.’un maledetto fallito , ecco che cosa è il nostro ospite
d’onore, il famoso ospite d’onore, il fiore all’occhiello, l’amico prediletto,
il lustro e il vanto della casa, colui che non poteva mai mancare, il primo di
tutti, il grande…’
Milli
si domandò se prima o poi l’avrebbe smessa o se si sarebbe dovuto ricoverarlo
da qualche parte.
La
cosa la fece ridere. Non riusciva ad avercela con Scott. Il grande Scott era
quello che era, povero cristo. Stava sopportando le cose peggiori della vita,
la vecchiaia e la decadenza, e si arrangiava come poteva. Provò un’immensa
tenerezza. Ebbe voglia di tornare dentro per portarselo via, a casa, a curarlo
e aiutarlo alla faccia di tutti.
Il
sole uscì dalle acque in assoluto silenzio. Milli si trattenne a guardarlo fino
a che le fecero male gli occhi.
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