giovedì 15 gennaio 2015

il grande Scott - Aristide Bellacicco

Hanno un senso i miei capelli?’ disse Scott ‘Dai, rispondi. Hanno un senso, secondo te?’
Si afferrò una ciocca fra due dita e la tirò verso l’alto, come fanno i barbieri prima di tagliare. Quella settimana se li era fatti biondo scuro.
‘Allora? Parlo con te, Milli. Hanno un senso o no?’
Milli non riuscì a trattenere un sorriso.
‘Sei buffo. Oddio, se ti vedessi. Scott, non immagini quanto sei buffo.’
Era seduta sul divano a fumare una sigaretta, non resisteva più a sentirlo parlare e voleva solo andarsene a letto.
‘Ma a te non viene mai sonno?’ disse.
Scott lasciò andare i capelli. Sospirò come un uomo seriamente deluso e tirò giù un sorso.
‘Sant’iddio, Milli. Ogni volta che comincio un discorso serio mi smonti. Lo fai apposta, lo so. Sei cattiva. Sei proprio una donna cattiva.’
Era seduto accanto al biliardo, con un gomito sulla sponda. Aveva poggiato la bottiglia sul drappo verde e ogni volta che la sollevava le biglie sembravano lanciargli sguardi furtivi e disordinati.
Bevve ancora. Poi infilò il bicchiere fra le ginocchia e le strinse. Contemplò il risultato con soddisfazione, aprendo le braccia come un giocoliere che conclude un numero difficile.
‘Ecco’ disse ‘ conosci qualcuno capace di fare altrettanto?’
Nella stanza c’era molto caldo. Dalla portafinestra spalancata sulla notte immobile non entrava un filo d’aria. Milli cercò di immaginare che aspetto avessero le stelle sepolte in quel calore buio.
‘Assolutamente no’ disse ‘Tu sei unico. Anzi, sei l’unico. L’unico Scotch della mia vita. Oh, perdonami. Volevo dire Scott.’
Scott battè piano le mani, annuendo più volte ostinatamente.
‘Ottimo’ disse ‘addirittura un gioco di parole. Fantastico, Milli.’
Afferrò la bottiglia e cercò di riempire di nuovo il bicchiere tenendolo in quella strana posizione, ma si sbilanciò sulla sedia e il liquore gocciolò sul pavimento.
‘Fa niente’ disse ‘ una piccola defaillance. Capita anche ai più grandi.’
Tornò a posare la bottiglia sul biliardo e la fissò corrugando la fronte.
‘Guardala, Milli. La mia boccia preferita. L’unica con un numero di quattro cifre. L’unica che non rotola e che non finisce in una di quelle maledette buche. Ora, quello che mi manca per concludere in bellezza è una cannuccia. Amore, guarda se di là abbiamo una cannuccia di…circa mezzo metro, direi. Per andare da qui a qui.’
Si toccò alternativamente le ginocchia e labbra.
‘E’ per il colpo di scena. L’effetto conclusivo, quello che lascia tutti a bocca aperta. Hai presente? Una specie di finale da maestro.’
Milli si avvicinò. Prese il bicchiere per il bordo e lo tirò via vincendo la debole resistenza di Scott, che istintivamente allargò le gambe. Rovesciando il capo, Milli ingoiò il liquore fino all’ultima goccia.
‘Ecco fatto, Scott. Ci ho pensato io. L’importante era finirlo, no? E perdonami se ti ho guastato l’effetto, ma purtroppo non esistono cannucce di mezzo metro. Per certi numeri, ci vuole la collaborazione di un altro essere umano.’
Tornò barcollando verso il divano e vi si lasciò cadere.
‘Meglio ancora se ubriaco’ soggiunse.
Si addormentò quasi subito, con le gambe allungate fuori del divano e i piedi nudi poggiati sui talloni. Il bicchiere le scivolò di mano e rotolò sul tappeto, spandendo ancora poche gocce.
Scott restò qualche minuto a guardarla senza espressione. Fissava le scarpe di lei lontanissime l’una dall’altra, quasi che al culmine di una clamorosa spaccata il ginnasta si fosse letteralmente diviso in due senza spargimento di sangue.
‘Milli’ disse ‘ devi fare attenzione o finirai col farti male. Certi esercizi richiedono molto allenamento. Non si possono improvvisare’
Fece un tentativo per alzarsi , ma poiché non era sicuro di riuscire a tenersi in piedi, rinunciò all’idea di andare a raccogliere il bicchiere e bevve direttamente dal collo della bottiglia finché fu vuota.

Il giorno dopo era sabato e J.F. dava una festa per l’anniversario di matrimonio. Era una settimana che insisteva perché ci andassero anche loro due. Aveva già telefonato quattro volte per raccomandarsi.
‘Scott non può mancare, Milli, è impossibile. Cioè, voglio dire, per noi è… ecco, è una specie di ospite d’onore. Come si fa a fare una festa senza l’ospite d’onore? Melania ci resterebbe malissimo. Cioè, Milli, non mi fraintendere, non è che tu valga meno, che c’entra, il fatto è che Scott…’
‘Il fatto è che Scott è Scott’ aveva concluso Milli ‘lo so J. F., è un sacco di tempo che lo so. Praticamente non so altro. Va bene, te lo porto. Ma sì, te lo giuro. Sei contento?’
Milli si era messa un abito leggero a fiori. Non si era dato lo smalto e nemmeno il trucco. Si vedevano le rughe attorno alle palpebre e all’angolo delle labbra.
Si guardò ancora nello specchio, aggiunse un po’ di rossetto e subito dopo lo tolse via col fazzoletto.
‘Così come sono’ disse ‘esattamente così.’
Alle cinque andò a svegliare Scott. Dormiva a faccia in giù, profondamente, sul letto disfatto.
Lo scosse per una spalla.
‘Forza’ disse ‘Scott. E’ ora.’
Scott rispose con un mugolio.
Milli insistette.
‘Dai Scott. Sveglia. Tirati su, coraggio. Dobbiamo uscire.’
Aspettò ancora.
‘Scott. Maledizione, ti vuoi svegliare?’
Scott si tirò a sedere sul letto. Si strofinò gli occhi e tossì. Prese la sveglia dal comodino, la avvicinò agli occhi, imprecò e la rimise giù. Era sudato e pallido da fare paura.
‘Che diavolo mi svegli a fare?’ mormorò.
‘J.F.’ disse Milli ‘C’è la festa di J.F. Alle sette.’
Scott imprecò di nuovo, senza alzarsi. Si prese la faccia fra le mani.
‘Ossignore. J.F. Com’è possibile? No, non ce la faccio. Mi sento male, Milli. No, non se ne parla. Gli devi mettere una scusa. Che ne so, digli che ho la febbre. Quello che vuoi. Poi magari ci vai tu. Tanto è uguale.’
E si distese di nuovo, coprendosi gli occhi con l’avambraccio.
Milli sospirò.
‘No. Non è uguale. Non è uguale per niente. Non per loro. Alzati.’
‘No’ disse Scott.
Milli aprì l’armadio. Tolse dalle stampelle un completo scuro e la camicia. Scelse anche una cravatta, i calzini in tinta e il resto della biancheria pulita. Mise tutto sul letto, dalla sua parte, in bell’ordine. I calzini, arrotolati uno dentro l’altro, avevano l’aspetto di una palla da baseball nera.
‘Fatti un bagno e poi vestiti’ gli disse.
Scott, con gli occhi ancora chiusi, si passò le dita nei capelli.
‘Ma che ho fatto di male?’ si lamentò ‘Uno si sente uno schifo e deve andare per forza a un anniversario. Un anniversario, Milli. Ma ti sembra giusto?’
Milli sedette sulla sponda del letto, dalla sua parte. Allungò una mano verso di lui, poi la tirò indietro prima di toccarlo.
‘No’ disse ‘ non mi sembra giusto per niente. Ma sei tu che lo vuoi. Scott, renditi conto. E’ colpa tua. Perché non gli dici la verità? Quelli forse non aspettano altro. Lo sai come sono fatti. E’ gente così, che vive di…di niente. Guardano questa casa e chissà che si credono. Guardano te e chissà che si credono. Ma tu prova a dirgli come stanno veramente le cose. A quelli la verità li ammazza. Magari se la piantano di invitarci. Magari ci lasciano in pace.’
Scott si voltò di scatto verso di lei. Ora sembrava perfettamente sveglio e aveva sul viso un’espressione furiosa e addolorata nello stesso tempo. Solo gli occhi erano appannati, come di uno che ha letto troppo
‘Continua’ le disse.
Milli si morse il labbro. Cercò una sigaretta da qualche parte, girando lo sguardo ovunque, finché ne vide una lasciata a metà nel posacenere sul suo comodino. La infilò in bocca spenta.
‘Fammi accendere’ disse.
‘Non ne ho’ rispose Scott ‘ma continua. Mi interessa.’
Era proprio sveglio.
Milli succhiò dal mozzicone. Aveva un sapore schifoso, di tabacco bruciato e di muffa.
‘Aspetta’ disse.
Uscì dalla stanza e scese nel soggiorno. Non riusciva a ricordarsi dove aveva lasciato l’accendino e il pacchetto di sigarette.
Guardò sul biliardo, dietro la bottiglia vuota, sul divano e sul tappeto della sera prima. Era tutto in disordine, abbandonato e inutile. Per rabbia, colpì le biglie col palmo della mano e una andò in buca. Tornò nel bagno, frugò dietro lo specchio fra i tranquillanti e i cosmetici, poi nel guardaroba, dove si era cambiata d’abito poco prima. Passò in cucina, di nuovo nel bagno e poi nello studio di Scott. Aprì il cassetto della scrivania. C’erano due risme di fogli bianchi e la fiaschetta portaliquore argentata che gli aveva regalato lei due anni prima. Spostò la macchina da scrivere, le cartelline di cartone sottile mezze vuote, il portapenne, un temperamatite e il ritratto a china di Flaubert. Scese di nuovo al piano terra e uscì sulla veranda dalla portafinestra.
Fuori faceva un gran caldo. Sotto il gazebo c’erano due sedie di vimini rovesciate sul tavolo a gambe in su. La luce intensa mandava ombre fin troppo definite e il pavimento era coperto di foglioline secche cadute dalla vite americana asciugata dal calore.
Milli si fermò. Affannava. Aveva ancora in bocca la mezza sigaretta spenta, intrisa dal sudore che le colava dal labbro. La sputò per terra e la calpestò con la punta del piede nudo.
‘Maledizione’ disse.
Poi sentì un rumore da sopra.
‘Scott!’ gridò ‘aspetta un momento.’
Fece di corsa le scale e tornò in camera da letto. Scott non c’era. Sulla cassettiera accanto all’armadio, dove li aveva lasciati entrando, vide l’accendino e il pacchetto ancora pieno. Prese una sigaretta, la accese e aspirò con sollievo un paio di boccate. Sentì ancora quel rumore.
‘Scott!’ gridò.
‘Sono in bagno, Milli’ rispose Scott a voce alta ‘mi sto facendo la barba. Puoi venire.’
Milli andò verso il bagno. La porta era socchiusa. La sospinse ed entrò.
Scott, in piedi davanti allo specchio, aveva la faccia coperta dal sapone da barba. Con i capelli biondo scuro e quel bianco accecante sul viso, moltiplicato dallo specchio, sembrava un paradossale incrocio di gioventù e vecchiaia, una brutta mascherata fuori tempo.
‘Allora’ disse guardandola nel riflesso ‘che stavi dicendo Milli? Era interessante. Prosegui.’
Con la sigaretta fra le dita , Milli cercò di evitare lo sguardo di Scott che la cercava.
‘Cosa? Cosa devo proseguire? Scott, lascia stare. Ascolta…’
‘No, ascolta tu’ disse Scott staccando le sillabe ‘E’ quella faccenda di prima, quella della verità. A quanta gente dovrei dirla questa verità? E poi quale sarebbe questa verità?’
Si radeva con cura. Impugnando con la destra il rasoio di sicurezza, lo passava sul volto a piccoli tratti, variamente orientato secondo il verso della barba. Con la mano sinistra stirava la pelle per adattarla al passaggio della lama e ad ogni movimento, rettilineo o obliquo, una porzione di bianco scompariva, liberando il chiarore glabro della pelle sottostante. Sciacquava il rasoio agitandolo nel lavandino pieno di acqua e schiuma e ricominciava.
Sembrava tranquillo e pensieroso, come quando si sforzava di nascondere la furia e il dolore.
Milli aspirò dalla sigaretta e si appoggiò con le spalle allo stipite della porta.
‘Io non volevo…’ disse ‘Insomma, Scott, forse è meglio se ti chiedo scusa. Alla fine, sono fatti tuoi. Io c’entro e non c’entro. Ecco, scusami.’
‘E quand’è che c’entri?’ chiese Scott.
Poi si mise a ridere. Si tagliò col rasoio, imprecò, e rise di nuovo. Si tamponò con una scheggia di carta igienica e riprese a radersi.
‘Secondo te’ disse ‘se ho capito bene, dovrei raccontare i fatti miei a quella mandria di dementi. E a che scopo? Per farli sentire meglio? O per evitare che ci invitino ancora a queste festicciole da borghesucci? Dimmelo. Fammi capire. No, aspetta. Aspetta un momento. Te lo dico io come stanno le cose.’
Milli lo interruppe.
‘Lascia stare, Scott. Troppe domande. Non servono a nulla. Non siamo tu e io a decidere. Basta. Adesso telefono a J.F. e gli dico che hai mal di testa. Lo sanno tutti che ti viene sempre il mal di testa, non faranno pettegolezzi. E in ogni caso, chissenefrega. Sono solo una massa di stronzi.’
Scott si pulì con l’asciugamano e valutò il risultato cercando di mettersi a fuoco nello specchio abbagliante, ruotando il viso da un lato e dall’altro.
‘Rasatura perfetta’ commentò ‘una pelle pulita e liscia fa sempre la sua figura. Non ti pare?
Ascolta Milli, adesso te lo spiego io come stanno le cose. E’semplice: sei tu che non ce la fai più. E’ tutto qui, non ce la fai più, sei arrivata in fondo. O in cima, se preferisci. E lo sai perché? Perché sei tu che hai sposato Scott. Anzi, di più: Il grande Scott. O no? Ma sì, certo che sì: il grande Scott. Non hai sposato nessun altro. E com’eri contenta! Eri fuori di te dalla gioia, Milli, non te lo ricordi? Io invece ho sposato solo te, e tu sei tale e quale com’eri all’inizio. Non puoi né cambiare né fallire, perché non sei nessuno. Ma io no. Ah, proprio no. Io devo mantenermi all’altezza.’
Si interruppe e si passò la lingua sulle labbra, come a completare l’opera.
‘Tu scrivi, Milli?’ chiese poi, sempre guardandosi nello specchio ‘Dai, rispondimi. Scrivi?’
Milli strinse le labbra. Un fiocco di cenere precipitò dalla punta della sigaretta ed esplose in silenzio sul pavimento.
‘No, Scott. Non scrivo. Lo sai. Lo sanno tutti. Che me lo chiedi a fare? Non scrivo niente, io’
‘E allora’ disse Scott ‘se non scrivi non devi immischiarti nelle faccende di quelli che scrivono. Hai capito?’
‘Ma nemmeno tu scrivi, Scott’ disse Milli ‘non scrivi più da un sacco di tempo’ e di nuovo si morse il labbro.
Scott si voltò lentamente verso di lei. Si teneva con le due mani l’asciugamano attorno al collo. Aveva un bell’ aspetto, ora, e sembrava più giovane.
‘Ah, allora è questa la terribile verità? E’ tutto qui? Il grande Scott non scrive più. E beve. E si tinge i capelli. E con ciò? Ma dimmi, J.F. scrive, forse? E quella papera di Melania? E Sandra? Oppure scrive quell’idiota di Francis, con i suoi stivali da cavallerizzo sempre lucidi ? Se io sono finito, allora quelli sono finiti ancora prima di cominciare. Io, almeno, ho cominciato. Non ti basta? No, non ti basta. Milli, tu vuoi esibirmi ancora, questa è la verità. Al tuo fianco il grande Scott, lo scrittore, la rivelazione, il capitolo nove…il capitolo nove ha fatto epoca, te lo ricordi. E se io la smettessi di raccontare storie sul prossimo romanzo, per te sarebbe ancora peggio. Ti mancherebbe la terra sotto ai piedi. Chi saresti, allora? “Cosa” saresti? Tu ci tieni a questa bugia, Milli. La verità ammazza te, non loro.’
‘Scott’ disse Milli ‘eri tu che non volevi andarci, non io. Io a J, F. gliel’ho promesso. Per me va bene, romanzo o non romanzo. Non m’ importa. Facciamo come vuoi tu. Decidi tu. Per me va bene qualsiasi cosa.’
Gettò la sigaretta nella tazza e tirò l’acqua, osservando con piacere l’azione purificatrice dello sciacquone che turbinava in grosse bolle d’aria.
‘Allora?’ chiese.
Voleva finirla con quel tormento. Finirla al più presto e passare oltre.
‘Ho capito’ rispose Scott.
Si sciacquò il volto con grandi manciate di acqua fredda, si asciugò e rimise la maglietta di cotone. Pulì il filo del rasoio con la carta igienica, fece rientrare la lama nell’impugnatura e lo ripose nel fodero di cuoio.
‘Sono pronto’ disse ‘mi vesto e andiamo. Stai serena , Milli, stasera racconterò un sacco di bugie in tuo onore. Tanto lo so che stai già pregando Dio di ispirarmi trame che non ho mai nemmeno immaginato. Ma vedrai che ti farò fare bella figura. Ci sarà ancora il grande Scott, stasera.’
Milli guardò rapidamente dentro sé senza trovare nessun dio. Sentì l’istinto di replicare, di continuare a distinguere e a chiarire, ma poi lasciò perdere e andò a mettersi le scarpe, raccogliendole dalla baraonda del soggiorno.
Prima di uscire tornò nel bagno e si truccò da cima a fondo.

Appena entrati in casa di J. F. Scott cambiò completamente. Milli, con la sigaretta nella sinistra, osservava ammirata quella assurda metamorfosi. Tutto quello che era accaduto prima, comprese le parole dure che erano state pronunciate, si dissolveva come una sospensione di sale tenero in un bicchiere d’acqua distillata o di seltz.
J.F.si avvicinò, prese le mani di Milli e lei, per un attimo, ebbe paura che volesse baciargliele. Quando J. F. era andato al di là di un solo bicchiere, era capace di qualsiasi stravaganza.
Invece disse:
‘Milli, che gioia’ e la baciò sulle guance.
‘Attento alla sigaretta’ disse Milli.
J. F. sorrise, stringendo le mani di Milli col pollice sul palmo e le dita sul dorso per divaricarle quel tanto che bastava.
‘Ok piccola’ disse ‘conosco le insidie dei mie amici. Anche queste.’
Si passò un dito sulla guancia sinistra, dove era rimasto uno sbaffo di fondotinta bianco.
‘Ma no’ disse Milli scherzando ‘ti dona, J F. Somiglia al bacio di un fantasma. Oppure - come dicono gli italiani? - di una fantasima. Fa molto glamour, credimi. Tanti auguri, tesoro.’
‘Grazie’ disse J.F. ‘allora lo terrò. In tuo onore, Milli.’
Melania, vestita di un abito blu mare pieghettato, si fece avanti dal fondo della sala come una nave pavesata a festa. Le strinse la mano di fretta.
‘Bella mia, stai un incanto’ disse in un fiato ‘Cos’hai sul viso, J.F? Ma dov’è Scott?’
‘Auguri, Melania’ disse Milli ‘Scott non lo so, l’ho già perso. Non sempre mi appartiene. Ma dovrebbe essere al buffet dei liquori. Di solito vive lì.’
‘Venticinque anni’ disse J.F. circondando con un braccio la larga vita di Melania ‘ Venticinque, Milli, ti rendi conto? Il nostro matrimonio ha l’età di un giovanotto di successo. Una vita, una giovane vita, ma pur sempre una vita. Come poteva mancare Scott? Sono contento che tu sia riuscito a convincerlo.’
‘Bè’ disse Milli ‘ devo riconoscere che non è stato facile. Ce n’è voluto per farlo alzare dal tavolino. Sapete com’è quando si mette a scrivere. Si estranea da tutto. E’ come un morto vivente. E’ come se diventasse sordo. Ho dovuto gridargli negli orecchi per farlo smuovere da lì.’
Melania sorrideva con increspature sulle guance abbondanti. Sembrava pensare ad altro, quasi non fosse lì.
J.F. fece segno a un cameriere che portava in equilibrio sul palmo della mano destra un vassoio di flutes perfettamente verticali. Ne prese due, porgendone uno a Milli, e poi un terzo per Melania.
‘Grazie’ disse al cameriere, che subito riprese la sua navigazione nella sala gremita.
J.F. sollevò il suo calice.
‘Champagne’ disse ‘Brindiamo al grande Scott e al suo nuovo capolavoro. E anche a te, Milli, naturalmente. Salute.’
Milli succhiò una goccia di vino.
‘J.F., che significa “naturalmente”?’
Melania fece gli occhi vuoti, chiese permesso e si allontanò verso il tavolo dei liquori con il bicchiere ancora intatto. J. F. si voltò come se volesse richiamarla, accennò un gesto con la mano libera, poi tornò a guardare Milli.
‘Cioè?’ le chiese.
‘Parlavo di “naturalmente”, J.F. Perché hai detto “naturalmente”?’
J.F. si voltò di nuovo verso il fondo della sala. Accanto al tavolo dei liquori, un gruppo di invitati faceva corona a un punto invisibile dove c’erano sicuramente Scott e una bottiglia di gin. Arrivava uno scampanellare di bicchieri e di ghiaccio in cubetti, si sentiva ridere, e ogni tanto qualcuno applaudiva. Milli riconobbe Francis dallo scintillio delle scarpe e da quelle risalì fino al volto, tirato a lucido come le scarpe.
J. F. le strinse il braccio in segno di saluto.
‘Perdonami, Milli’ disse di fretta ‘ma credo di dover fare un po’ di onori di casa. Dicevi…Ah certo, naturalmente. Ci vediamo dopo.’
Si allontanò di buon passo.
Milli cercò un angolo in cui stare tranquilla. Aveva voglia di fantasticare un po’e di sentirsi triste e sola. Puntò una sedia libera che sembrava dimenticata contro la parete, una di quelle che i camerieri non sanno dove mettere e che spostano di continuo. Afferrò al volo un secondo calice da un vassoio con un paio di gambe sotto, allungò il passo e si lasciò cadere sulla sedia anticipando di un secondo una bionda molto truccata, sui venticinque anni, che aveva avuto la stessa idea.
Quella guardò Milli con sorpresa e stava per protestare, ma poi cambiò espressione e non disse nulla. Fece anzi un passo indietro e le sorrise.
‘Scusami, tesoro’ disse Milli ‘scusami davvero. Non volevo essere sgarbata, ma questa sedia mi piaceva troppo. Noi non ci conosciamo, mi pare. Bè, fa niente.’
E guardò dall’altra parte sperando che la ragazza se ne andasse, pensasse pure quello che le pareva.

J.F. aprì le labbra con aria incerta. Non si aspettava quella domanda. Gli sembrò scorretta, quasi un colpo a tradimento o una gratuita cattiveria che non sentiva di meritare.
‘Ma insomma, Milli’ rispose parlando lentamente ‘io non capisco, che domande mi fai? Anche ieri, per telefono…la stessa…ecco…ma sì, la stessa ostilità, non so come altro chiamarla, quasi che da qualche tempo ti desse fastidio la stima e l’ammirazione che noi tutti proviamo per Scott, come se ti facesse sentire esclusa o… messa in secondo piano, ecco. Prima non era così. Quando è uscito il romanzo non stavi nella pelle per la gioia, sembrava addirittura che l’avessi scritto tu. E ora, all’improvviso… Che diamine, Milli, siamo vecchi amici noi quattro! Fra noi non dovrebbero esistere questioni del genere. Ti giuro, mi mortifichi.’
Abbassò la testa come se volesse guardarsi le scarpe.
‘Comunque’ riprese ‘va bene, vuol dire che da ora in poi starò più attento quando parlo con te. Però, davvero, non mi sembra giusto da parte tua. Non me lo merito. E neanche Melania.’
Bevve un sorso dal bicchiere guardandola negli occhi. Aspettava una replica, forse non proprio delle scuse, ma almeno qualche parola di rettifica o di spiegazione che ristabilissero il giusto ordine nel suo piccolo mondo fatuo.
Milli non fece una piega. J.F. pensava che lei era invidiosa di Scott. Bene, molto bene. L’invidia implica l’esistenza di qualcosa di cui essere invidiosi. Non si può essere invidiosi del nulla. Scott non ci rimetteva nulla dal fatto di avere una moglie che mal tollerava il successo e il talento del suo uomo, anzi. Sì, davvero molto bene.
‘Ok J.F.’ disse Milli con un sospiro ‘stavolta hai colto nel segno. “Touchè”, come dicono i francesi. E’vero, qualcosa è cambiato. Che ne so, saranno i primi segni della menopausa. Ma tu non sai cosa significa. No, non parlo della menopausa, che c’entra. Dico che a te non è toccato di sposare un grande scrittore, ecco tutto, e che quindi... Nella tua prossima vita dovresti provarci. Mi sapresti dire, allora. E’ difficile, sai. E’ molto difficile, con l’andare del tempo. E poi tutti abbiamo le nostre debolezze. Ora che hai scoperto la mia, però, sii clemente.’
Milli stava completando il dialogo dal punto in cui J.F. l’aveva fatto abortire poco prima, battendo in ritirata con equivoca disinvoltura alla sua domanda su “naturalmente”.
Muoveva le labbra a sillabare ogni battuta, immersa in un aria compressa come quella dei sogni ma più pesante e intensa.
Si riscosse.
‘Però’ si disse ‘niente male. Sembrava proprio vero. Una cosa ben fatta. Non stonerebbe in un racconto, anzi’
Se l’avesse trascritto, chissà, forse Scott avrebbe potuto utilizzarlo come spunto. Ma si sarebbe sentito umiliato, perché il grande Scott non era ancora al punto di dover accettare suggerimenti. Avrebbe alzato le spalle dicendo che non valeva nulla e che non è così che si scrive, poco ma sicuro.
‘Infatti’ disse Milli rivolgendosi alla ragazza ‘non è così che si scrive. Scrivere è un’altra cosa. Non mi chiedere quale perché io non lo so. Io non scrivo, non scrivo niente tranne i numeri di telefono.’
E le venne da ridere.
La ragazza si chinò verso lei.
‘Mi scusi, signora. Non ho sentito bene. Ho capito solo l’ultima parola. Forse cerca un telefono?’
E sorrise.
Milli pensò che era davvero gentile e carina. Una che sapeva come ci si rivolge alla gente più anziana. Ma perché stava ancora piantata lì? Forse si trattava di quel genere di fanciulla che si mette in un angolo, troppo timida per spingersi fra gli uomini e le signore eleganti e grasse che ridevano e si ubriacavano alla grande. Si era sentita fuori posto, povera cara, ed era rimasta in piedi accanto alla sedia come ad aspettare che si liberasse. Milli si intenerì. O magari aspettava solo il suo fidanzato, che alla fine, se pure si fosse fatto vivo, si sarebbe rivelato uno tale e quale agli altri e da lì a qualche anno l’avrebbe sposata e poi delusa e infine abbandonata, quando già era incinta, a favore di qualche attricetta o della più svelta a togliersi le mutandine in automobile. Povera, povera cara.
Milli si intenerì ancora di più e le venne voglia di dirle qualcosa di carino e gentile. Ma era un bel po’ brilla e ogni cosa che le veniva in mente le sembrava troppo o troppo poco.
La ragazza la anticipò.
Si chinò ancora su di lei e le parlò quasi all’orecchio:
‘Signora, mi permette di dirle una cosa?’
Milli depose il bicchiere sulle ginocchia.
‘Ma certo, cara. Ci mancherebbe. Dimmi tutto quello che vuoi.’
‘Io lo so chi è lei’ disse la ragazza in un soffio, come se stesse avvicinandosi a chissà quale segreto.
‘Ah sì? Ah sì?’ disse Milli ‘E’ una cosa molto interessante, molto.Tu neanche te lo immagini quant’è interessante. E chi sono? Dai, non farmi stare sulle spine. Chi sono io?’
‘Lei è la moglie del grande Scott’ rispose la ragazza parlando di fretta, e si tirò su appoggiandosi al muro, ma con grazia.
Adesso sorrideva fra sé lasciando scorrere sul salone affollato uno sguardo che non si fermava su nulla e nessuno, come un faro su un mare vuoto.
Milli era delusa. Si era aspettata qualcosa di diverso (ma cosa poi?). E in fondo, a ben guardare, la ragazza aveva colto esattamente nel segno: lei non poteva essere nessun altro se non la moglie del grande Scott. E questo valeva per tutti, comprese le ragazze giovani, gentili e carine. Era così.
‘Bene’ le disse ‘touchèè. Hai fatto centro, piccola. Non che ci volesse molto, a dire la verità. Chi altro potrei essere? Ma visto che siamo in argomento di presentazioni, adesso dimmi di te. Ci tengo. Tu chi sei esattamente? Cioè scusami, voglio dire come ti chiami, perché chi sei, bè, questi sono fatti tuoi e non li devi mica andare a raccontare alla prima venuta, anche se è la moglie del …’
Era brilla e parlava troppo, se ne rendeva conto.
‘Io sono Angela F.’ rispose la ragazza ‘sono la nipote di J.F. Noi non ci siamo mai incontrati, ma so che siete molto amici con lo zio, lei e il signor Scott. Mi parla sempre di voi.’
Milli accavallò le gambe e annuì con rabbia.
‘Come no! Hai detto proprio la parola giusta tesoro: amici. Grandi amici, anzi. Grandissimi ecco. Cioè, di Scott. Grandissimo amico di Scott. Anche Melania. Grandissima amica di Scott, zia Melania. Io invece sono compresa nel prezzo. Vengo al traino, per così dire. Al traino come una barca vuota. Insomma hai capito. Il fatto, vedi, è che io sono la moglie di Scott. Proprio la moglie, cioè, quella vera. Ah, ma questo già lo sai.’
E fece un gesto con la mano come a scacciar via una mosca o l’ovvietà di tutto ciò che andava dicendo. Poi oscillò lievemente cercando di controbilanciare l’oscillazione della sedia e del parquet.
Si rese conto che Angela aveva cominciato un discorso piuttosto articolato dove c’era qualcosa che, sul momento, Milli non riuscì ad afferrare.
Poteva trattarsi di una qualsiasi considerazione buona e gentile, o magari di un ‘ma no, che dice, zio J.F. e zia Melania stravedono per lei, davvero, la adorano, mi creda, sono praticamente innamorati, la loro vita non avrebbe senso senza di senza di lei e …’ e insomma meglio non approfondire, pensò Milli. Meglio di no. Anche perché forse si trattava di tutt’altro.
Milli la guardò da sotto in su, incuriosita. Angela parlava in tono confidenziale ma questa volta non si era chinata sul suo orecchio. Sembrava sicura di aver catturato la sua attenzione e lanciava le parole una ad una come palle da biliardo che avrebbero senza meno raggiunto la buca delle sue orecchie.
‘Davvero?’ le disse Milli alla fine ‘Ma è straordinario, mia cara. Una grande notizia. E da quanto tempo è che scrivi?’
‘Da quando ero bambina’ rispose Angela ‘Signora mi perdoni, ma Zio J.F. mi ha detto che potevo rivolgermi a lei. Veramente, mi anche detto che potevo parlare direttamente al signor Scott, ma non trovo il coraggio. Lei mi capisce. Come si fa?’
Ecco, ecco. Così andava meglio. Nessun complimento, nessuna rassicurazione, niente di nuovo insomma, solo una replica del già visto e sentito. Una richiesta che andava al sodo, cioè a Scott - al grande Scott - passando attraverso di lei.
Milli si toccò il naso come fa una signora, senza insistere ma quanto basta a grattarselo.
Sentì una gran voglia di alzarsi in piedi, di andare in bagno a vomitare e imprecare e poi di bere ancora ma per ognuna di queste cose, e per tutt’e tre, ci voleva un sostegno, un qualcosa di fisico e stabile cui appoggiarsi durante la navigazione. Ma è qui, pensò Milli, chi meglio di lei, facciamola almeno lavorare un po’.
‘Senti, tesoro’ disse ad Angela ‘non è che ti andrebbe di accompagnare una vecchia signora ad incipriarsi il naso?’
Angela sorrise e la prese sottobraccio. Non sembrava per niente delusa da quel cambiamento di rotta. J.F. doveva essere entrato nei dettagli.
‘Dia a me il bicchiere’ disse e lo poggiò su un tavolino lì accanto.
‘Che scema’ disse Milli ‘non ci crederai ma di quel tavolino non sospettavo nemmeno l’esistenza. Si vede che sto diventando miope.’
‘Venga’ sussurrò Angela con dolcezza ‘il bagno è da questa parte.’
Il salone adesso era luminosissimo, come se gli avessero dato fuoco dall’interno. Tutto scintillava e tintinnava e le voci degli ospiti sembravano fortissime, quasi stessero urlando per farsi sentire dagli altri che strillavano a loro volta. Sul soffitto i lampadari ardevano di luce stellare, simili a membri di una presuntuosa costellazione fittizia
‘Eppure ne ho presi solo tre’ pensò Milli ‘al massimo quattro, okay. Ma che diavolo ci mette J.F. negli aperitivi?’
Dal tavolo giù in fondo arrivava il fragore dei bicchieri, delle voci e delle risate. Scott, sempre invisibile, stava sicuramente fra la bottiglia di gin e il centro del cerchio di ammirazione ed ebbrezza alcolica. Vicino al pavimento, due stelline luminose brillavano inquiete a segnalare la punta degli stivali di Francis.

‘D’accordo’ disse Scott ‘d’accordo. Avete vinto. Ubi maior… e qui il maior è la maggioranza, cioè voi, signori, perché siamo in democrazia, mi pare, se l’America è ancora l’america. Mi avete messo all’angolo, bravi, e in un modo che mi costringe moralmente ad obbedirvi. Devo soccombere alla volontà collettiva. La democrazia, d’altra parte, non è altro che la legge del più forte ingentilita dall’acquiescenza della vittima. Non vi sembra?’
E per cancellare da se stesso e dagli altri la banalità appena pronunciata tirò giù un sorso di gin, ma non prima che Francis dicesse:
‘Ahi ahi, se anche gli scrittori di rango si mettono a ripetere gli slogan stiamo freschi. Chi potrà ancora stupirci?’
‘Forza Scott’ disse Melania aggiustandosi il ciuffo ‘non dar retta ai provocatori. Soccombi e basta e racconta. Sei qui per questo.’
Scott strinse il bicchiere e pensò a dove diavolo stava Milli.
‘Scott’ disse J.F. ‘e allora?’
Scott ingoiò ancora un sorso di gin lasciandolo rotolare in gola per assorbirne il bruciore e la grazia.
‘Allora ecco. La storia si apre in un appartamento. Lui si chiama Red, lei Candice. Sono sposati da otto anni. Red è un giornalista che ha appena pubblicato un pezzo molto critico verso i magnati della città.’
‘Quali magnati?’ chiese Francis, misurandosi una dose di sherry.
‘I magnati, Francis. Ci sono sempre dei magnati in una città. Quelli che fanno il brutto e il cattivo tempo, quelli che comandano su tutto. Giornali, industrie, polizia. Su tutto, insomma. Bene, questo Red si è stancato e vuole dirgliene quattro. Perciò ha scritto quel pezzo. Un pezzo bello duro, senza complimenti. Estremo, quasi. Aveva paura che il direttore gli facesse storie, invece è filato liscio come l’olio. Il pezzo esce in prima pagina con tutti gli onori. E sapete perché?’
‘Perché il direttore si scopa Candice’ disse Francis.
Scott annuì sollevando il bicchiere.
‘Complimenti, Francis. Questa era la risposta più ovvia. Ma è sbagliata. Non tutti gli stivali sono lucidi. E non tutte le mogli dei giornalisti si scopano il direttore. Non tutte. Pensa di più.’
‘Ora non pretendere l’impossibile, Scott’ disse J.F.
Tutti risero. Francis mostrò la lingua a tutti e poi rise anche lui.
‘Vai avanti, Scott’ disse Melania.
C’era un sacco di gente lì attorno, con il bicchiere in mano e la voglia di divertirsi con qualcosa di intelligente. Scott ignorava chi fosse la maggior parte di loro, ma era troppo ubriaco per dare credito all’impressione del momento.
Chi beve molto si abitua a non prendersi sul serio e a dubitare di se stesso. Poteva darsi benissimo, pensava Scott, che molti li avesse già conosciuti prima, in altri assurdi festeggiamenti o alla presentazione del primo romanzo. Oppure a casa di conoscenti comuni, sennò per strada, forse al bancone di un bar, in un ristorante, alle corse o addirittura a casa sua, in qualche serata il cui ricordo si era ormai cancellato per esaurimento o perché l’alcol aveva reso impossibile fissarlo in un tassello stabile di memoria.
Ma dove diavolo si era cacciata Milli?
Scott ingoiò un altro sorso di gin.
‘Ecco’ disse ‘il fatto è che Candice è la figlia illegittima di uno degli uomini più ricchi e potenti della città. Mister Dubberfore, si chiama. Uno proprio tosto, legato alla politica e forse alla mafia. E’ stato lui a telefonare al direttore del giornale di Red e a dirgli ‘fagli scrivere quello che vuole. Se esagera ci pensiamo noi, ma tu lascialo fare.’
‘Cosa non si farebbe per i figli’ commento Francis. Sollevò il piede destro per ispezionare la punta dello stivale.
Scott decise di non fare altre pause. Tirò giù un altro sorso, si accorse che il bicchiere era vuoto e lo riempì. E tirò giù un altro sorso.
‘Ma l’articolo supera ogni aspettativa. Red ha scritto uno di quei pezzi che fanno epoca. Ci sono dentro tutti, dal sindaco al capo della polizia, dagli amministratori dell’ospedale al sindacato dei tassisti, anzi, al sindacato in genere, e poi ancora, verso l’alto e verso il basso ma soprattutto verso l’alto fino a sfiorare i membri del governo e del Congresso. Anzi, più che a sfiorare: Red fa nome e cognome, tira in mezzo figli, mogli, nipoti, amicizie compromettenti, vecchie storie, antichi scandali dimenticati e porcherie nuove di zecca e insomma chi più ne ha più ne metta. Al punto che uno si aspetterebbe di leggere da un momento all’altro persino il nome del Presidente, che è l’unico che invece Red non nomina. Però fa un’allusione a quello che chiama ‘il grande Burattinaio’, ognuno capisca pure quello che vuole. Ecco, questo sarà il titolo del romanzo: ‘Il grande burattinaio’ o qualcosa del genere. Ma andiamo avanti. Mister Dubberfore…’
‘Il grande burattinaio?’ lo interruppe Melania ‘Ma sei sicuro, Scott?’
‘Sì, quasi. Penso di sì. Ma perché?’
‘Ma niente’ disse Melania ‘niente. Scusami Scott. Non volevo interromperti. E’ solo che mi sembra troppo simile.’
Scott fece girare il bicchiere fra le dita e ci guardò dentro. Rispose parlando molto lentamente.
‘Simile? Ah, può darsi Melania. Forse addirittura uguale. Ma che male c’è?’
Con un risolino muto Francis stava contemplandosi la punta dell’altro stivale.
J.F. afferrò la spalla di Melania con la mano sinistra e strinse forte.
‘Piantala Melania. Scott, non darle retta. Continua. Voglio sentire il seguito. A me pare molto promettente’. Fece scorrere rapidamente lo sguardo sugli ascoltatori.
‘Forza Scott.’
Un biondino magro come una sigaretta chiese se si poteva fare un po’ di musica.
‘Ellis, vai al piano. J. F. ha uno Stenway magnifico. E’ vero J.F.?
‘Che c’entra la musica adesso?’ protestò J.F. ‘Stavamo ascoltando Scott, mi pare. Melania, è tutta colpa tua. Scott, per favore, finisci di raccontare.’
Ellis, un donnone con un vestito rosso fuoco, si staccò dal gruppo con un sorriso. Il biondino e qualcun altro la seguirono col bicchiere in mano.
‘Voglio che mi suoni Stardust’ disse il biondino mentre si allontanavano.
Scott vuotò il bicchiere in un sorso. Continuava a guardarci dentro e mentre beveva divenne strabico, lo sguardo deformato dal cristallo del fondo come da una lente.
‘Scott’ disse J.F. ‘non so come chiederti scusa. E’ una cosa…una cosa…Melania, questa me la paghi.’
‘Ma io’ disse Melania ‘non ho fatto niente. Era solo un’osservazione. Che c’è di male a fare un’osservazione? Perdonami , Scott, non immaginavo.’
Scott barcollò e si appoggiò al tavolo dei liquori.
‘Lascia stare J.F. Non voglio che litighiate per colpa mia il giorno dell’anniversario. E poi non c’è niente di cui scusarsi. Melania, davvero. Va bene così, va benissimo così.. Stavo solo annoiando tutti. E’ normale. In fondo è una festa ed è giusto che la gente si diverta… Ragazzi, la riunione è sciolta. Vuol dire che leggerete il romanzo quando uscirà’
‘E quando uscirà?’ domandò Francis.
Le note di Stardust, picchiate sul piano, arrivarono insieme a Milli e Angela dal fondo del salone.

‘Scott’ disse Milli tutta allegra ‘c’è qui quest’angelo di ragazza che muore dalla voglia di conoscerti.’
In bagno si era liberata dell’eccesso di liquore ma non riusciva ancora a camminare diritto.
Guardò gli altri e notò l’imbarazzo.
‘Ragazzi, ma che succede? Allora Scott, questa è Angela. E’ una scrittrice molto promettente. Angela, questo è il grande Scott, mio marito. Ecco fatto.’
Si avvicinò a J.F. e lo prese a braccetto.
‘J.F., cattivone che sei, non sapevo che avessi una nipote così carina. Ci tieni nascosto il meglio. A proposito, ma cosa ci hai messo nei cocktail?’
‘Ciao Angela’ disse Scott. Le strinse la mano.
Milli tese l’orecchio.
‘Ah, ma stanno suonando Stardust. Ragazzi, lasciamo gli scrittori alle loro faccende e andiamo a unirci al coro. Noi qui siamo di troppo.’
‘Sì’ disse J.F. Sembrava sollevato. ‘Scott, non ho parole. Mi dispiace tanto. Andiamo Francis, vieni anche tu. Angela, non annoiare troppo il signor Scott.’
‘Di cosa ti dispiace?’ chiese Milli.
‘Gli dispiace per mister Dubberfore’ rispose Fancis ridendo ‘non se n’è più saputo nulla.’
Milli guardò Francis e poi J.F.
‘Scusate, ma chi è questo mister Dubberfore? E’ qualcuno che doveva arrivare?. J.F. non ti preoccupare. Al massimo, sarà uno di quelli che beve troppo e si dimentica gli anniversari.’
E rise.
‘Ma come’ chiese Francis ‘proprio tu non conosci mister Dubberfore? Ahi ahi Milli. Scott ha dei segreti persino per te, a quanto pare.’
‘Smettila Francis’ gli intimò J.F. ‘Melania vieni. Scott, noi ci vediamo dopo. Ciao Angela. Mi raccomando.’
E se li portò via insieme al residuo del gruppo di ascoltatori.
Mentre si allontanavano verso la musica, Scott sentì Milli domandare ancora a J.F. chi diavolo era questo mister Dubberfore, mentre Francis rideva come uno scemo e Melania si guardava le scarpe.
Uscendo dal nulla, Sandra si unì a loro e cominciò a chiacchierare con Milli sgambettando al suo fianco.
Scott distolse lo sguardo. Depose sul tavolo il bicchiere vuoto e rifletté se era il caso di riempirlo ancora. Questa riflessione gli portò via parecchio tempo, perché non era semplice. Era già ubriaco oltre misura, ma fin qui era normale. Ora si trattava di decidere se andare oltre o se fermarsi lì. Però l’alternativa era falsa, perché fermarsi lì significava tornare lentamente indietro verso la sobrietà, mano a mano che il sangue e il gin si separavano, e quindi non era davvero un fermarsi, ma un retrocedere. Era impossibile “fermarsi lì”. Si poteva solo andare avanti, restando in quel movimento circolare che l’ avrebbe comunque riportato ad esser sobrio, certo, ma molto, molto più in là, forse addirittura il giorno dopo e proprio all’ora giusta per ricominciare. E nel frattempo?
Scott pensò che tornare sobrio mentre la festa continuava sarebbe stata una immensa sciagura.
Questa considerazione gli apparve decisiva. Si riempì ancora il bicchiere con una buona dose di gin. E solo in quel momento percepì di nuovo la presenza di Angela, che lo guardava con atteggiamento adorante, in piedi davanti a lui.
‘Angela’ disse ‘mia cara, devi proprio scusarmi. Un vecchio ubriacone come me non sempre riesce a comportarsi come si deve. Ma vedrai che saprò farmi perdonare.’
Stava per portarsi il bicchiere alla bocca. Si interruppe con le labbra già socchiuse.
‘Oh, ecco un’altra falla, tesoro. Non ti ho offerto da bere. No, proprio non sta bene. Un gentiluomo non si comporta in questa maniera. Lasciami riparare, voglio farti da cameriere. Cosa prendi Melania? Ossignore, perdonami, Angela, Angela, certo, non farci caso. Sono un vecchio ubriacone e mi ripeto come tutti i vecchi…Dimmi cosa gradisci. Guarda, questo tavolo è come un prato delle delizie, fiorito di tutti i fiori del male. Ci sono spighe di wisky, bacche di gin, cespugli di sherry, ciuffi di anisette e filari di cognac. Il cognac te lo consiglio. E’ di prima qualità, Zio J.F. sa scegliere, è un uomo di gusto. E a guardar bene, sa scegliersi anche le nipoti. Sei davvero un incanto, mia cara. Cosa preferisci?’
‘Io non bevo, signor Scott’ disse Angela ‘ma solo a starla a sentire mi sento già brilla.’
Sorrise.
‘Un prato delle delizie: un’immagine deliziosa. Lei parla proprio come scrive. Non immagina che gioia sia per me….oddio che frase sciocca. Quello che volevo dire è che lei per me è il numero uno. Davvero. Ho letto tutti i suoi libri.’
‘Tutti?’ chiese Scott ‘Proprio tutti?’
‘Sì. Non me ne sarei lasciato sfuggire uno per tutto l’oro del mondo. Ecco, ho detto un’altra frase stupida. Però è la verità. Ho letto anche i racconti. Per me sono stati una rivelazione.’
‘Ma non mi dire. I racconti! Angela tu mi sconvolgi. Quelli non li ha letti quasi nessuno. La gente mi conosce solo per il romanzo. E tu invece hai letto anche i racconti. Bè, meriteresti una decorazione. Ma non vuoi almeno un bicchiere di aranciata?’
Angela annuì.
‘L’aranciata sì. Volentieri. Grazie, signor Scott.’
Scott le riempì il bicchiere e glielo porse con un inchino.
‘Madame è servita. O dovrei dire mademoiselle? Sei sposata?’
‘No. Nossignore. Vede, signor Scott…’
‘Scott’ disse Scott ‘Scott e basta.’
Angela arrossì.
‘Va bene. Scott, d’accordo. Vede Scott, il fatto è che io voglio solo scrivere. Il resto mi sembra una perdita di tempo. Una specie di tradimento. Credo che lei possa capirmi. Scrivere è…’
Scott la lasciò parlare senza interromperla. Ascoltò tutto quello che Angela aveva da dire riguardo allo scrivere, alla grande passione, ai dubbi, agli entusiasmi, al senso di profondo scoramento che la assaliva quando rileggeva quello che aveva scritto, all’impulso di distruggere tutto e alla voglia di non mollare e infine al suo desiderio di trovare qualcuno che la aiutasse.
‘Perché vede, Scott, io mi sento debole. Mi sento debole davanti alla scrittura. Mi sento sola. Eppure la amo. E’ una situazione…’
Scott le domandò allora cosa scrivesse, se racconti, romanzi, poesie oppure teatro e Angela rispose che scriveva racconti.
‘E che genere di racconti? Cioè, scusa. Questa volta la domanda sciocca l’ho fatta io. Non esiste il genere. Esistono solo i racconti. Il genere è…una stupidaggine inventata da chi non scrive e a volte ci cascano anche gli scrittori. Ma è inutile che continuiamo a parlarne in astratto. Se tu avessi qualcosa di tuo da farmi leggere… ne sarei molto contento, Angela.Magari ci sediamo in un angolo tranquillo e vediamo di cosa si tratta. Sono molto curioso. Sempre che tu ne abbia voglia, è chiaro.’
Svuotò il bicchiere e tornò a riempirlo.
Angela fece una specie di saltello. Certo che aveva qualcosa di suo. Oddio, non se lo sarebbe mai aspettato! Giusto il tempo di salire in camera a prendere i dattiloscritti. Proprio un secondo. Pregò Scott di non muoversi e sparì in un attimo, quasi correndo.
Scott sentiva che se fosse stato sobrio mai e poi mai sarebbe caduto nella trappola.
Ora gli sarebbe toccato fare la cosa che odiava di più, cioè leggere quello che scriveva un altro e magari dare consigli, suggerimenti e fare osservazioni senza offendere. Inoltre, gli pareva che si trattasse di una specie di complotto al quale Milli era tutt’altro che estranea. Ma era ubriaca anche lei. In quelle condizioni uno può fare le cose più strane e inconcepibili, tipo presentargli una bella ragazza che “amava” scrivere e lasciarlo solo con lei.
Ma dove diavolo era finita Milli?
Dal pianoforte arrivavano voci stonate e una marcetta dixieland suonata con lo stile di un organetto meccanico. Poteva vedere la schiena enorme di quella Ellis, fasciata di rosso, andare su e giù articolando le braccia e le mani sui tasti. Gli sembrò un operaio metallurgico alla catena di montaggio che desse una dimostrazione a un gruppo di visitatori. Nello stesso momento si rese conto che se si fosse staccato dal tavolo dei liquori al quale era appoggiato sarebbe senz’altro rovinato al suolo. Non si reggeva in piedi. Bè, questo era già qualcosa. Bevve ancora.

‘Ma dov’è andato a nascondersi Scott?’ disse Milli.
Ellis aveva smesso di suonare perché era stanca. Le si erano “aggricciate” le mani e adesso si faceva scrocchiare con forza le dita producendo ogni volta una specie di detonazione.
Sandra fece girare un’occhiata circolare sulla sala.
‘Non lo so. Non lo vedo da nessuna parte.’
Il gruppo degli ascoltatori si era dissolto nella baraonda. Milli guardò verso il tavolo dei liquori, ma non c’era nessuno.
‘Forse si è seduto da qualche parte a parlare con Angela’ disse ‘Scusaci Ellis.’
‘Ma dove lo vuoi cercare?’ chiese Sandra ‘Non lo vedi che non c’è?’
Fecero il giro della sala e alla fine uscirono sul terrazzo. C’era parecchia gente che beveva alla luce dei lampioncini e prendeva quel poco di fresco che a tratti portava la brezza.
Molti la riconobbero e la salutarono con un cenno del capo o sollevando il bicchiere. Milli arrivò alla balaustra di marmo e si fermò a guardare oltre.
La casa di J.F. dava su un giardino che confinava con la spiaggia. La luna illuminava la sabbia come un riflettore. Il mare era calmo, percorso da minuscole onde. Lontano c’erano le luci verdi e rosse di un cargo.
‘Pensi che si siano imbarcati?’ chiese Sandra ridendo.
Milli alzò le spalle.
‘E’ tardi e me ne voglio andare a casa a dormire. Sono stanca.’
L’ubriachezza le era passata di colpo e si sentiva la bocca amara.
‘Ci sarà pure dell’acqua da qualche parte’ disse.
Sandra indicò il mare.
‘Smettila, Sandra. Oh, scusami, ti prego. Ma sono proprio esausta. Se non bevo subito un bicchiere d’acqua muoio.’
Rientrarono. Vicino alla porta finestra J.F. e Melania stavano parlando a bassa voce.
Melania si guardava le scarpe e Milli ebbe l’impressione che avesse appena smesso di piangere. J.F. aveva la faccia scura e un bicchiere in mano.
Appena la vide cambiò espressione e gettò una rapidissima occhiata a Melania.
‘Milli, tesoro, tutto bene?’
‘Hai visto Scott, J.F.? Non lo trovo.’
‘Non lo troviamo’ precisò Sandra con rassegnazione.
J.F. si guardò istintivamente attorno.
‘Non lo so, Milli. Poco fa era con Angela vicino al buffet. Ma non lo so.’
Milli gli chiese se si poteva avere dell’acqua. J.F. fermò un cameriere.
‘Arriva subito’ disse.
Milli e Sandra si accostarono al buffet dei liquori. J.F. e Melania avevano subito ripreso il discorso di prima. Sembrava roba grossa.
‘Che bella tovaglia’ disse Sandra ammirando il pizzo finissimo che copriva il tavolo ‘bisogna proprio riconoscere che J.F. non bada a spese. Solo questa vale come tutto il mio guardaroba.’
La tovaglia scendeva ai quattro lati del tavolo e arrivava fino a terra. Sandra ne sollevò un lembo per osservarla meglio. Milli si domandò cosa ci trovava di così incantevole e perché adesso si era chinata a guardare addirittura sotto al tavolo. Ma quanto ci vuole ad avere un po’ d’acqua? pensò.
Sandra si tirò su di colpo lasciando cadere la tovaglia come un sipario.
Era pallida e insieme divertita.
‘Milli’ disse ‘ho trovato Scott.’

J.F. aveva strillato, aveva cacciato via gli ospiti e aveva continuato a strillare come un ossesso fino alle ore piccole.
‘L’ospite d’onore’ ripeteva sputando saliva ‘l’ospite d’onore. Milli, se tu sapevi che era…che era definitivamente impazzito e non mi hai detto niente, allora sei colpevole quanto lui. Anzi peggio di lui.’
Avevano fatto venire un medico, che aveva visitato Scott e si era espresso in maniera rassicurante.
‘E’ solo ubriaco. Molto ubriaco, a dire il vero. Ma un buon sonno e passa tutto.’
‘Però’ aveva commentato Sandra ‘che diagnosi’ e il dottore se n’era andato offeso.
Dalla parte opposta della sala, Melania consolava Angela. Si erano sedute su un divano e Melania le teneva un braccio attorno alle spalle.
Angela piangeva a grandi lacrime.
‘Nessuno lo capisce’ diceva fra i singhiozzi ‘nessuno lo capisce.’
Su un altro divano, Scott dormiva profondamente. Sembrava morto.
‘Ma tu ti rendo conto?’ strillava J.F. ‘sotto a un tavolo con mia nipote. E in mezzo a tutta quella gente.’
Milli uscì di nuovo sul terrazzo deserto. Albeggiava. Si era portata dietro al bottiglia d’acqua da cui beveva a lunghe sorsate.
Immaginò che se un bagnante molto mattiniero l’avesse vista dalla spiaggia, l’avrebbe presa per un’alcolizzata all’ultimo stadio attaccata alla boccia di gin.
‘E’ solo acqua, idiota!’ gridò Milli a nessuno.Un gabbiano si alzò in volo e rispose qualcosa urlando come J.F all’interno
Alla fine, pensò Milli, non avevano fatto niente di male. Scott si era solo ubriacato più del solito, ma forse anche meno di altre volte, e non aveva trovato niente di meglio che nascondersi sotto al tavolo per dormire in santa pace. E allora? Al massimo, lo si poteva accusare di eccesso di discrezione.
Certo, Angela era distesa accanto a lui e gli poggiava la testa sulla spalla. Ma era un gesto di tenerezza filiale, forse addirittura di pietà. Farne uno scandalo era non solo ridicolo, ma impietoso.
‘Un fallito’ strillava J.F.’un maledetto fallito , ecco che cosa è il nostro ospite d’onore, il famoso ospite d’onore, il fiore all’occhiello, l’amico prediletto, il lustro e il vanto della casa, colui che non poteva mai mancare, il primo di tutti, il grande…’
Milli si domandò se prima o poi l’avrebbe smessa o se si sarebbe dovuto ricoverarlo da qualche parte.
La cosa la fece ridere. Non riusciva ad avercela con Scott. Il grande Scott era quello che era, povero cristo. Stava sopportando le cose peggiori della vita, la vecchiaia e la decadenza, e si arrangiava come poteva. Provò un’immensa tenerezza. Ebbe voglia di tornare dentro per portarselo via, a casa, a curarlo e aiutarlo alla faccia di tutti.
Il sole uscì dalle acque in assoluto silenzio. Milli si trattenne a guardarlo fino a che le fecero male gli occhi. 



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