martedì 3 settembre 2024

L’attualità del Capitale, liberato dalle secche di interpretazioni superate - Ascanio Bernardeschi intervista Roberto Fineschi

Da: https://futurasocieta.com -  Roberto Fineschi è docente alla Siena School for Liberal Arts. Ha studiato filosofia e teoria economica a Siena, Berlino e Palermo. Fra le sue pubblicazioni: Marx e Hegel (Roma 2006), Un nuovo Marx (Roma 2008) e il profilo introduttivo Marx (Brescia 2021). È membro del comitato scientifico dell’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels, dell’International Symposium on Marxian Theory e della Internationale Gesellschaft Marx-Hegel für dialektisches Denken. (http://marxdialecticalstudies.blogspot.com - https://www.facebook.com/roberto.fineschi - Marx. Dialectical Studies - laboratoriocritico.org!). -  Ascanio Bernardeschi collabora con UniGramsci (Pisa), La Città futura e Futura Società [(APPROFONDIMENTI TEORICI (UNIGRAMSCI)].

Vedi anche: Incontro con Roberto Fineschi - Unigramsci Pisa 

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Storia del capitalismo e materialismo storico. Riflessioni eretiche - Roberto Fineschi dialoga con Paolo Tedesco

Leggi anche: L’onda lunga della crisi del marxismo (tra prassi e teoria) - Roberto Fineschi

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Intervista a Roberto Fineschi, curatore di un’importante nuova edizione del libro I de Il capitale. Perché il capolavoro marxiano è ancora attuale e perché è importante questa nuova impresa editoriale, augurandoci che possa essere portata a termine.

È stata pubblicata nel giugno scorso una nuova edizione, nella prestigiosa collana I millenni di Einaudi, del libro I de Il capitale, l’opera più importante di Marx, con traduzioni di Stefano Breda, Gabriele Schimmenti, Giovanni Sgrò e Roberto Fineschi. L’uscita del capolavoro di Marx è di per sé un fatto da segnalare, ma in questo caso c’è un valore aggiunto in più in quanto si tratta della proposizione in Italia di inediti e varianti alle varie edizioni curate dallo stesso Marx, che aiuta a una migliore comprensione di un’opera a seguito della quale si è sviluppata un’immensa discussione, con divaricazioni significative.

Ne parliamo con il curatore Roberto Fineschi.

D. La prima domanda è d’obbligo. Perché Il capitale, per anni messo in soffitta o conservato come un reperto da museo da molti intellettuali italiani, è invece tornato di attualità e perché è utile a chi oggi si propone il superamento del capitalismo ma anche a chi vuole capire meglio questo modo di produzione?

R. Era stato messo in soffitta perché il modo di leggerlo era legato a una tradizione interpretativa molto importante, ma incapace di aggiornarsi di fronte all’evoluzione del modo di produzione capitalistico. Ponendo una grande enfasi su concetti come valore-lavoro oppure classe operaia sfruttava al massimo determinate caratteristiche che funzionavano molto bene in una fase del capitalismo, ma che, allo stesso tempo, non permettevano alcun adattamento agli sviluppi ulteriori. D’altro canto la crisi politica dei movimenti che quei concetti avevano adottato ha fatto mancare anche le premesse “materiali” affinché un ulteriore sviluppo fosse possibile. La forza in una determinata fase di certi concetti non ha consentito di coglierne la duttilità e capacità interpretativa più generale.

I motivi perché è utile riprenderlo sono alla fine assai semplici: a differenza delle teorie economiche, sociologiche, ecc. mainstream, Il capitale spiega le realtà. Queste teorie offrono dei modelli molto astratti che hanno poco o niente a che vedere con ciò che accade; pretendono invece che sia la realtà ad adattarsi alla teoria (ammettendo di fatto che quello che succede non è ciò che la teoria spiega). Sono in sostanza delle ideologie, al di là dei loro formalismi e delle loro complicazioni matematiche. Il capitale invece prende molto sul serio la realtà e quindi propone una teoria per esempio del conflitto di classe, della crisi, del progresso tecnologico, della disoccupazione e via dicendo. Esso ovviamente può essere discusso, criticato, approfondito, ecc., ma è la realtà che va spiegata con la teoria e non pretendere che la realtà, siccome non corrisponde a ciò che la teoria sostiene, venga cambiata per corrisponderle.

D. Mi scuso se la seconda domanda ti costringe a ripetere contenuti che hai hai illustrato più volte, ma serve fornire ai nostri lettori gli elementi che mostrino l’importanza dell’edizione critica delle opera di Marx ed Engels (Mega2) e quindi di un’edizione del Capitale che ne utilizzi alcuni canoni. Quali sono, secondo te, i contenuti del primo libro che possono essere meglio focalizzati se si accede al faticoso e non compiuto percorso di Marx verso un’edizione che lo soddisfacesse?

R. Ripercorrere il lungo processo di gestazione della teoria marxiana del Capitale permette di capire meglio quali fossero le sue intenzioni e quindi consente di interpretarle in maniera più corretta. Per esempio permette di concepire letture alternative anche di categorie fondamentali lette tradizionalmente in maniera univoca. L’esempio che in genere faccio riguarda la “teoria del valore-lavoro”. Essa è una drastica riduzione della complessa articolazione della dialettica di merce e denaro al mero concetto di sostanza e grandezza di valore per lo più letti in maniera naturalistico-fisiologica. Se già la versione canonica del Capitale è in realtà sufficiente ad escludere questa interpretazione, la stratificazione testuale conferma come la cosa veramente importante per Marx fosse: 1) inserire il concetto di sostanza, grandezza e forma di valore nell’articolazione del concetto di merce (quindi non del prodotto in generale), 2) che la parte che Marx riteneva davvero fondamentale era la forma di valore della quale redige ben sette varianti nell’arco di diversi anni. Nell’interpretazione tradizionale questa categoria semplicemente non viene neanche presa in considerazione. Vale poi la pena ricordare che l’espressione “valore-lavoro” non è di Marx ma un’invenzione del suo nemico più acerrimo, Böhm-Bawerk. Un po’ di testualità insomma non guasta. Anche perché la lettura tradizionale ha imboccato ormai da anni un vicolo cieco senza via di uscita. Vale dunque la pena di riprendere certi temi alla luce di una lettura più analitica.

Analogamente si può menzionare la questione del lavoratore/operaio. Il tedesco Arbeiter significa entrambe le cose allo stesso tempo. Se quindi è vero che l’operaio è antagonista del capitale, ciò non toglie che l’altro del capitale non sia solo l’operaio ma il lavoratore salariato, e che quindi per essere sussunti sotto il capitale non è necessario esclusivamente lavorare in una fabbrica, ma essere momento del processo di valorizzazione come attore cooperativo, parziale o appendicizzato. Le categorie di sfruttamento, disoccupazione, ecc. non si applicano solo all’operaio. Nelle traduzioni tradizionali, utilizzando la parola operaio, si è ristretto il campo di applicazione del concetto di Lohanarbeiter (che significa tanto operaio che lavoratore salariato) a una delle sue figure storiche a esclusione delle altre che invece sono altrettanto soggette alla dinamica di sfruttamento del capitale.

D. Tu sei stato anche il curatore di una precedente edizione, per la Città del Sole, la quale pure si rifaceva ai materiali della Mega2. Perché una nuova edizione? Quali sono le differenze più rilevanti fra le due?

R. L’edizione de La città del Sole per vari motivi editoriali non ha avuto grande diffusione. Allo stesso tempo era solo una ritraduzione parziale del testo (fino al capitolo settimo incluso). Questa nuova edizione è una traduzione integrale, include dunque anche tutte le parti successive al capitolo settimo. Si è inoltre rivista la parte già ritradotta: mentre nella vecchia edizione, per essere fin troppo fedeli al testo tedesco, talvolta la traduzione italiana risultava un po’ rigida, si è cercato questa volta di proporre un italiano più scorrevole, senza per questo rinunciare al rigore, ma concedendo un po’ di più alla leggibilità.

Da un punto di vista curatoriale la struttura è analoga: sono pubblicati tutti i testi che Marx ha redatto con l’esplicita intenzione di scrivere il primo libro del Capitale dal 1863 alla morte nel 1883. L’edizione di riferimento è la quarta tedesca (1890) curata da Engels, rispetto alla quale sono proposte tutte le varianti delle altre tre edizione tedesche curate da Marx o da Engels (1867, 1872/3, 1883) e dell’edizione francese (1872-5). Inoltre c’è una nuova traduzione del cosiddetto VI capitolo inedito e di un manoscritto redazionale che Marx scrisse in preparazione della seconda edizione tedesca e dell’edizione francese. In queste, rispetto all’edizione del 1867, i cambiamenti sono significativi, in particolare per quanto riguarda la teoria del feticismo; in questo manoscritto se ne può ripercorrere la gestazione passo passo.

Anche in questo caso è stata rivista la traduzione e si sono ampliate le note curatoriali che spiegano i molti rimandi impliciti nel testo di Marx.

D. Ricordo che la traduzione della precedente edizione era stata effettuata sulla base di un glossario in cui, per la massima trasparenza, indicavi come venivano tradotti alcuni termini tedeschi chiave e ne illustravi la motivazione. Nonostante che ora ci siano ben quattro traduttori, tutto questo è confermato in questa nuova avventura editoriale o vengono seguiti nuovi criteri? Nel secondo caso puoi dirci sinteticamente quali sono?

R. I criteri sono per lo più gli stessi e sono stati seguiti da tutti i traduttori. Come accennavo si è cercato di limare alcune asprezze dovute a una traduzione troppo rigida e di favorire la leggibilità. Una questione delicata è stata come tradurre Arbeiter. Come si diceva poc’anzi, può essere sia lavoratore che operaio. Nella vecchia edizione un po’ fiscalmente si era sempre tradotto con lavoratore. Era una rigidità inutile perché in alcuni contesti si parla chiaramente di operai e quindi si poteva usare il termine senza ambiguità di sorta. In tutti i casi però in cui questa traduzione avrebbe significato un’amputazione del significato complessivo del termine, si è mantenuto lavoratore.

Per altri termini in cui per limare l’italiano non era possibile attenersi strettamente ai criteri traduttivi che ci eravamo imposti, si sono adottate soluzione più leggibile ponendo il tedesco tra parentesi, di modo che comunque non andasse perso il riferimento all’originale.

D. Passiamo ora alle prospettive. Il primo libro del Capitale, nonostante alcuni inediti a e alcune varianti delle edizioni curate da Marx e da Engels, di nessuna delle quali l’autore si considerò pienamente soddisfatto, è un’opera che può essere considerata di Marx e compiuta. Diverso è il discorso del secondo e terzo libro – soprattutto del terzo – che il Moro non ha potuto pubblicare direttamente e che risentono degli sforzi di Engels di dare un certo ordine alla miriade di manoscritti marxiani, a scapito della correttezza filologica. Per questo motivo sarebbe molto utile che uscissero in Italia anche i manoscritti per il secondo e terzo libro, curati secondo i canoni della Mega2. È possibile che si realizzi questo lavoro? In quali tempi?

R. Il secondo ed il terzo libro sono stati compilati da Engels sulla base di manoscritti marxiani che avevano diversi livelli di elaborazione. Ciò non giustifica, come alcuni sono arrivati a sostenere, che non ci sia una teoria del capitale ma solo una massa di appunti. Chiunque li legga, può scartare automaticamente questa ipotesi. Il punto chiave è invece capire la differenza tra manoscritto preparatorio e opera pubblicata: mentre la seconda è chiusa, il primo è aperto, vale a dire passibile di sviluppi e interpretazioni perché l’autore stesso non si è deciso in maniera definitiva sulle possibilità aperte. Ciò implica un grado di libertà (non a partire da generiche annotazioni, ma da una struttura che nella sua articolazione ha delle coordinate ben precise) per risolvere diversamente problemi che nel dibattito tradizionale si sono arenati in delle secche da cui non sono più usciti (si pensi per es. alla discussa questione della trasformazione dei valori in prezzi di produzione). Una nuova edizione di questi testi sulla base della MEGA2 è dunque quanto mai auspicabile e di rilevante importanza.

L’editore ha mostrato un chiaro interesse al proseguimento del progetto. Ciò dipenderà naturalmente anche dalla valutazione dei risultati di questo primo libro, il cui successo potrebbe fare da volano alla prosecuzione. I tempi non saranno brevi. Direi tre-quattro anni a volume.

Credo tuttavia che vada già riconosciuto un gran merito all’editore Einaudi che ha voluto, in maniera convinta, questa edizione, soddisfacendo tra l’altro, a distanza di decenni, il desiderio di Pavese di avere Il capitale nei Millenni. La pubblicazione de Il capitale in questa prestigiosa collana einaudiana è un importante segnale culturale. 

1 commento:

  1. Ho appena scoperto questo sito, molto interessante, mi sono segnato vari articoli e video
    Peccato non ci siano commenti ma è un vizio tipico dei comunisti considerare la discussione come esclusivamente finalizzata alla produzione di concetti, dopodiché le masse dovrebbero impararli ma non si capisce perché non vogliano applicarsi

    Purtroppo invece il comunismo funziona solo se si attiva un discorso a livello collettivo, una ermeneutica comunitaria (su internet e sui social, degli utenti) suscitata da intellettuali che mettano in secondo piano la pedissequa precisione delle idee a favore del fermento di una discussiine partecipata da tutti, unica base sulla quale può nascere una efficace soggettività politica (e mettano in secondo piano la loro personalità…)
    Il primissimo passo è che uno o più intellettuali con un minimo di nome comincino a dialogare con gli utenti nei social, usando toni affettivi, anche accesi, non per fare didattica ma per ascoltare, per ridare la parola alla gente che ormai ne è stata privata e ne soffre come per una colpa, per comprendere per quali vie è possibile ricreare uno soirito comunitario che fornisca l'orizzonte di senso per il sa rificio e l'impegno
    Cioè: l'intellettuale scrive, dialoga per far sì che sia la gente a re-imparare a parlare
    Tempo sei mesi si crea un fenomeno virale, basta che il filosofo/intellettuale sia di buon livello, un minimo di crdenziali e soprattutto affettivo
    L'alternativa è l'attuale riduzione all'insignificanza dei comunisti e il disastro culturale/ideologico a livello del pubblico

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