Da: https://www.rivistamissioniconsolata.it - Eduardo Galeano (Montevideo, 3 settembre 1940 – Montevideo, 13 aprile 2015) è stato uno scrittore, giornalista e saggista uruguaiano. - Gianni Minà (Torino, 17 maggio 1938 – Roma, 27 marzo 2023) è stato un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano. E' stato editore e direttore della rivista letteraria Latinoamerica e tutti i sud del mondo dal 2000 al 2015 ed è stato direttore della collana di Sperling & Kupfer Continente desaparecido, dedicata a realtà e autori latinoamericani. Ha pubblicato numerosi libri sull'America Latina.
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Giornalista e scrittore, Galeano è riconosciuto come uno tra i maggiori pensatori latinoamericani dell’ultimo secolo. Alfiere dell’America Latina dei popoli ha spesso denunciato l’imperialismo nordamericano. Ha lasciato molti scritti e alcuni testi fondamentali e sempre attuali per capire il continente.
Quando, come succede in questo caso, mi tocca raccontare di un vecchio amico scomparso che mi ha regalato il piacere della sua parola, come Eduardo Galeano, mi viene difficile trovare la misura e il tono giusti per descriverlo in tutte le sue sfaccettature. Tutto suona banale.
Eduardo è stato per anni il saggista più acuto e onesto nell’illustrare il fascino del continente dove era nato e cresciuto, quello a Sud del Texas, ma anche il narratore più sarcastico sulle esagerazioni che l’attuale mondo isterico ci sbatte ogni mattino in faccia, sia in America Latina sia nel resto del mondo.
Così ora mi commuove pensare all’attualità dei suoi ironici discorsi, specie pensando a quante parole stonate sono state spese dopo l’incontro fra Obama e Raul Castro (17 dicembre 2014) che avrebbe dovuto finalmente chiudere un’assurda «guerra fredda», mai dichiarata e mai terminata, fra l’America Latina e gli Stati Uniti d’America. Una guerra fredda che aveva costretto Obama, il presidente succeduto a Bush jr, a mettere da parte per un po’ la politica di ingerenza nordamericana nella terra scoperta da Cristoforo Colombo.
Galeano, qualche anno fa, polemizzando con Mario Vargas Llosa per la sua accusa alla maggior parte degli scrittori latinoamericani di essere troppo condiscendenti verso la rivoluzione cubana, è stato franco: «Vargas Llosa vede sorprendentemente l’America Latina come se fosse un viaggiatore nato in una contea inglese e non nel Perù del sottosviluppo e degli orrori. Amo molto Mario, uno dei più grandi scrittori viventi, per questo mi dispiace stia facendo una specie di gara con Octavio Paz (Nobel per la Letteratura nel 1990) per vedere chi corre più a destra». E poi, entrando nella contesa: «Io sono stato spesso critico con Cuba, ma lo faccio con amore e rispetto, non con odio e rancore, come sembra succedere a molti che, in altri tempi, si atteggiavano a rivoluzionari, e oggi vogliono cancellare ogni traccia del proprio passato a costo di ignorare che, se in questo continente la metà della gente vive sotto la soglia di povertà, è il libero mercato, quello che ora chiamiamo il neoliberismo, a fallire miseramente ancora prima del socialismo».
Certo Eduardo non le mandava a dire e per questo sono orgoglioso di aver lavorato 10 anni con lui per fare uscire 7 delle sue opere in Italia, dove era stata pubblicata, fino a quel momento, solo la trilogia di «Memorie del fuoco».
Nel 1971 quando apparve il suo libro «Le vene aperte dell’America Latina», fu per molti una vera e propria folgorazione, tanto che Heinrich Boll, scrittore tedesco Premio Nobel per la Letteratura 1972, affermò: «Negli ultimi anni ho letto poche cose che mi abbiano commosso così tanto».
Galeano, in un libro-vangelo di un continente allora di moda, aveva inventato, a trentuno anni, un metodo per raccontare la storia partendo apparentemente dalla piccola quotidianità.
I ricordi di un’amicizia sono tanti. Una volta ci ritrovammo a Buenos Aires per un omaggio alla memoria di Osvaldo Soriano. C’era anche la vedova Catherine Brucher. Tutti eravamo emozionati e per la prima volta anche il severo Eduardo, che aveva un senso dell’amicizia fortissimo, si asciugò gli occhi.
Aveva anche il culto dell’impegno civile. Tanto che lui, così schivo nella vita, aveva accettato una volta perfino di partecipare con altri intellettuali al controllo delle elezioni in Venezuela, stravinte da Chávez. Si era adirato molto quando aveva letto le invenzioni che illustravano ogni giorno gli articoli dei cronisti del mondo occidentale, pur smentiti nel loro patetico tentativo di svalutare la credibilità delle elezioni stesse. D’altronde non c’è da stupirsi. Quei cronisti, infatti, sono gli stessi che ancora, quattro anni dopo la morte di Chávez, tentano di imporre le strategie informative da golpe mediatico nell’epoca di Nicolás Maduro. Tutto questo malgrado il risultato indiscutibile delle recenti elezioni sulla nuova Costituente, perse in modo clamoroso dall’opposizione, nonostante il sostegno delle varie agenzie dei servizi di intelligence nordamericani.
Eduardo amava la nuova America Latina progressista e nelle sue note non lo nascondeva, come non nascondeva la simpatia per il Subcomandante Marcos e l’Ezln (Esercito zapatista di liberazione nazionale) da cui andò un paio di volte.
Gianni Minà
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