Da: https://futurasocieta.com - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it).
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Discorso sul colonialismo*- Aimé Césaire
Dopo due mesi Macron ha scelto il suo primo ministro che ha cominciato la sua lotta contro gli immigrati. I lavoratori francesi hanno cominciato a protestare, ma ci vuole più determinazione.
Lo scorso 7 settembre si è svolta in Francia una manifestazione nazionale (150 iniziative nelle città più grandi) contro la decisione di Macron di nominare come primo ministro Michel Barnier, appartenente al partito dei Repubblicani, che alle elezioni legislative che ottenuto solo il 7% dei voti, e rifiutando la nomina di Lucie Castets, proposta dal Nuovo Fronte Popolare, che ha la maggioranza relativa nell’Assemblea nazionale. In questa scelta è stato sostenuto da Marie Le Pen, che però non condivide in tutto la politica bellicista di Macron, il quale ha prospettato l’invio di soldati per sostenere l’Ucraina nella sua guerra, diretta di fatto dalla Nato, contro la Russia. È difficile sapere se il presidente ha pensato a questo risvolto, ma negli ultimi tempi ha evitato di fare dichiarazioni interventiste.
La mobilitazione era stata convocata dalla France Insoumise, dai sindacati l’Union Étudiante e l’Union Syndicale Lycéenne, e avrebbe riunito, secondo gli organizzatori, 300.000 persone. Ha partecipato anche una parte dell’elettorato del Nuovo Fronte Popolare in collera contro “Manu”, che aveva evitato il successo del Rassemblement National alle elezioni, stilando un accordo di desistenza con la sinistra, di fatto poi tradito.
Il rifiuto di rispettare i risultati elettorali ha messo in evidenza la grave crisi della “democrazia francese”, che in realtà ha stretti legami con neofascismo, cui si rivolge in caso di bisogno (come si è sempre fatto anche in Italia). L’Eliseo aveva emesso un comunicato nel quale si affermava che un eventuale governo del Nuovo Fronte Popolare non avrebbe garantito la stabilità al paese, giacché il RN e Ensemble di Macron avrebbero votato uniti contro questa scelta. Al contempo, le forze politiche gravitanti attorno al presidente hanno cercato in tutti i modi di spaccare il Nfp, il quale reclama in primis l’abrogazione dell’antipopolare legge sulle pensioni, contro cui in moltissimi si sono inutilmente mobilitati in passato. Dopo le elezioni di luglio, nel periodo della celebrazione dei giochi olimpici e delle consultazioni politiche, la Francia per circa due mesi si è trovata senza governo.
I manifestati, non numerosissimi, si dichiaravano alquanto sconcertati, osservando giustamente che la loro volontà non è ascoltata né quando si esprime nelle mobilitazioni né quando si esprime nelle urne. Nel frattempo Jean-Luc Mélenchon, per veicolare la protesta nel quadro democratico, ha deciso di impiegare l’articolo 68 della Costituzione, che prevede un procedura complessa per giungere alla destituzione del presidente della Repubblica. Questa scelta non fa pensare a un ribaltamento immediato della situazione e nel frattempo il capo della France Insoumise dovrebbe fare autocritica, perché ha dato ampio spazio al moderato Partito socialista, ha permesso la rielezione dei deputati macronisti, allontanando così la possibilità di una svolta politica, ossia l’istituzione di un governo di sinistra.
D’altra parte, la candidatura di Lucie Castets del Partito socialista, che sin dal momento in cui è stata proposta si è dichiarata incline ai compromessi con le altre forze politiche, non ha suscitato l’entusiasmo delle masse.
Il vero problema – credo – sta nella natura composita ed eterogenea del Nfp, che contiene in sé la France Insoumise, quel che resta del Partito comunista francese, il Partito socialista, gli ecologisti etc., e che non ha una linea precisa e concretamente praticabile. Come del resto, è stato dimostrato dal fatto che nel corso delle elezioni personaggi di spicco, pur di essere eletti, hanno abbandonato la France Insoumise come il noto documentarista e giornalista François Ruffin, fatto che ha suscitato molte discussioni.
I lavoratori francesi, che secondo alcuni sondaggi sarebbero al 91% contrari sia al coinvolgimento nella guerra in Ucraina sia all’approvata legge sulle pensioni, si sentono certamente disillusi, avendo constato che neppure la vittoria elettorale, sia pure di misura, riesce a scalfire il potere dell’ex impiegato dei Rothschild e del suo entourage liberista. Occorre, pertanto, un globale cambiamento di strategia, tanto più che l’Europa, a causa delle quotidiane provocazioni alla Russia da parte della Nato, rischia di diventare lo scenario delle Terza guerra mondiale e questa riflessione ovviamente non vale solo per i lavoratori francesi, ma anche per quelli europei purtroppo addormentati dalla manipolazione mediatica.
Nel frattempo, il nuovo primo ministro, nominato da Macron, Michel Barnier, ha dato il via alle sue politiche antipopolari. Intende istituire un ministero dell’immigrazione, che era già esistito in Francia tra il 2007 e il 2010, per agire in maniera rigorosa in questo ambito, in particolare combattendo l’immigrazione illegale.
Dobbiamo ricordare a tutti coloro che intendono combattere questo fenomeno che, in primis, le grandi potenze imperialiste dovrebbero riconoscere la loro responsabilità storica che sta alla base di questo drammatico fenomeno. Cosa che non faranno ovviamente mai, ma che dovrebbe esser loro imposta. In secondo luogo, è indispensabile chiarire che sono gli Stati che stabiliscono se un certo immigrato è illegale o no, essendo il fenomeno migratorio non un “fatto naturale”, ma frutto di certe circostanze economico-sociali che proprio gli Stati, che intendono normarlo, hanno contribuito a generare. Infine, occorre anche smentire l’idea che ormai siamo nella fase della migrazione senza limiti, perché i suddetti Stati da anni hanno impiantato disumane politiche securitarie volte al controllo dell’immigrazione, che hanno generato una classe di lavoratori emarginati e super sfruttati, per di più ingiustamente accusati di essere i responsabili del declino delle condizioni di vita dei lavoratori europei.
Pertanto, l’Unione europea si trova oggi nell’insanabile contraddizione tra la necessità di far fronte alla grave decrescita demografica tramite l’immissione di lavoratori extraeuropei (preferibilmente qualificati) e gli scompensi che essa ha creato e potrebbe generare nel tessuto sociale. Proprio per il fatto che, nell’attuale contesto imperiale, basato sul depauperamento del cosiddetto Sud globale, questa contraddizione non è risolvibile, sembra opportuno citare le parole scritte da Aimé Césaire nel suo celebre Discorso sul colonialismo (1955) a proposito dell’indifendibilità dell’Europa: “Una civiltà che si dimostri incapace di risolvere i problemi che produce il suo stesso funzionamento è una civiltà in decadenza”.
In conclusione, a questo punto sembra che, per essere ascoltati e per imporre le loro sacrosante rivendicazioni, i lavoratori francesi debbano dar vita a un movimento che riunisca tutto il mondo del lavoro, i giovani, i pensionati, le classi popolari, e sia dotato di un programma adeguato per affrontare la situazione. E non debbano temporeggiare nell’illusione di dialogare con il nuovo autoproclamato monarca. Debbono assolutamente organizzare uno sciopero politico simile a quello che avrebbe potuto aver preso vita dalla lotta contro la legge delle pensioni e dal movimento dei Gilets Jaunes, forzando in questa direzione le titubanti forze politiche e sindacali. Le risorse per aumentare i magri salari, per gestire il tempo di lavoro e riportare il pensionamento 60 anni debbono essere prelevate dai profitti dei grandi gruppi economici e finanziari. Il movimento non deve limitarsi a rivendicazioni economiche; infatti, alcuni sondaggi mostrano che la maggioranza dei francesi ritiene sia tempo ormai di cambiare regime, mettendo fine alla V Repubblica, che per i suoi meccanismi anti-democratici ha permesso a Macron di eludere le richieste democratiche. Purtroppo se questo scenario in Francia è almeno immaginabile, in Italia siamo lontani da esso anni luce.
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