Il panorama politico francese è sempre più interessante di quello italiano così di basso livello e così insignificante sul piano internazionale. Le ultime vicende elettorali francesi presentano una serie di elementi da analizzare a fondo, se vogliamo comprendere quale percorso intraprendere per uscire da quella palude, nella quale è semiaffogata quella che pretende chiamarsi sinistra di classe, forse nemmeno sapendo, come certi intellettuali alla moda, cosa sia effettivamente una classe sulla cui natura continuano ad interrogarsi.
Vediamo di ricostruire gli eventi di questa complicata vicenda che vede vari protagonisti in primo piano e sullo sfondo, cominciando dagli avvenimenti finali.
Martedì 23 luglio, dopo lunghe ed estenuanti trattative, data la natura ibrida del Nuovo Fronte Popolare (vero problema teorico e pratico della sinistra di classe), questo ha proposto Lucie Castets come primo ministro, personaggio alquanto sconosciuto, funzionario di altissimo livello dello Stato francese (énarque) consigliere economico del sindaco socialista di Parigi. In precedenza era stata rifiutata la candidatura di Laurence Tubiana, una diplomatica indipendente per il clima, sostenuta dai Verdi e del Partito Comunista, che già pensava ad un accordo con il Fronte dei Repubblicani. Poi è stata proposta Huguette Bello del PCF, considerata troppo estremista dalla destra della LFI e quindi scartata.
Chi pensa male (e secondo Andreotti ha ragione) ritiene che la nomina della Castets sia una buona mediazione, accettabile da parte di Marcon, che però per ora ha dichiarato di non prendere in considerazione. Pur sostenitrice dei servizi pubblici, secondo alcuni la su menzionata gentile signora sarebbe pronta a non battersi fino in fondo per realizzare il programma del NFP, già alquanto insoddisfacente soprattutto riguardo la politica estera.
Alcuni vedono in questa scelta la continuazione della politica della desistenza contro il Rassemblement national, che però ha portato all’elezione di politici antipopolari come Elisabeth Borne, e che per il condizionamento dei socialisti, come François Hollande, non darà probabilmente impulso a significativi cambiamenti sul piano-economico-sociale. Questi, già presidente della repubblica, aveva invitato tutti gli elettori a difendere quest’ultima e ad impedire che il Rassemblement national conquistasse la maggioranza nell’Assemblea nazionale.
Benché Macron non si sia ancora pronunciato, sia pure sollecitato dallo stesso Jean-Luc Mélenchon a rispettare le leggi della democrazia, sembra che questa candidatura sia sortita da un accordo sotto banco tra il presidente e il Partito socialista, di cui è stato membro dal 2006 al 2009.
Da parte sua il NFP ha dichiarato che Lucie Castets si è impegnata nella repressione delle frodi fiscali e contro la criminalità finanziaria, non approva la legge sulle pensioni di Macron, di cui intende promuovere l’abrogazione. Quest’ultima ha considerato impossibile un accordo con Macron, sia perché la sua prospettiva politica diverge profondamente da quella del presidente e sia perché questi ha assunto un atteggiamento autoritario, quasi fosse Zeus sull’Olimpo; nello stesso tempo il presidente, intervistato, ha sostenuto che il problema, a suo parere, non è le Sujet (ossia il nome, la persona), ma la nuova coalizione, dato che nell’Assemblea nessuna forza politica ha la maggioranza assoluta, che possa approvare il bilancio e le ipotetiche riforme. Evidentemente Macron spera di ricreare una coalizione a lui favorevole, mettendo insieme i pezzi delle varie formazioni politiche e giocando sulle contraddizioni interne al NFP, dovute non solo alla presenza al suo interno del PSF, le cui correnti minoritarie hanno chiesto di chiarire la posizione del partito all’interno del primo (ma non si erano presentati con lo stesso programma?). Un altro problema è rappresentato dall’abbandono di alcuni eletti della LFI, che evidentemente non avevano aderito con sincerità al programma del NFP e che cercano a qualsiasi costo una collocazione nel futuro governo. Per esempio, François Ruffin, personaggio assai noto, ha lasciato la LFI, accusando il suo ex partito di non essersi occupato delle zone industriali e le campagne operaie, dedicandosi esclusivamente ai giovani e alle periferie.
Smentendosi, la stessa Castets ha poi dichiarato di essere pronta ad accordarsi con tutti tranne che con il RN, delineando la prossima coalizione governativa maggioritaria: macronisti, repubblicani, NFP con l’esclusione de LFI, che paradossalmente con la desistenza ha consentito l’elezione dei suoi nemici scambiati ingenuamente per amici.
Secondo In Defence of Marxism in realtà vi è una profonda divisione all’interno del NFP tra la sinistra, rappresentata da LFI, e la destra, legata al PCF e ai Verdi. Alcuni, come la segretaria generale della CGT Sophie Binet, svalutano questa divergenza, attribuendola a personalismi. Tuttavia, la verità è che questa destra, i cui caratteri erano del tutto prevedibili, tendono all’elaborazione di un programma di compromesso negoziato con i macronisti, che implichi la rinuncia a quello del NFP. Programma che, in breve, si propone di abrogare alcune delle riforme neoliberiste, come quella sulle pensioni e quella sull’assicurazione per la disoccupazione, prevede il congelamento di alcuni prezzi compensato dalla tassa sugli extraprofitti ottenuti nel settore agro-alimentare, aumento della pensione e del salario minimo, indicizzazione dei salari etc. I punti deboli stanno soprattutto nella politica estera, che accetta l’invio delle armi all’Ucraina e ripropone la soluzione dei due Stati per la Palestina, ormai rifiutata dalla resistenza palestinese, perché del tutto inefficace per sconfiggere il sionismo.
D’altra parte che si vada in questa direzione, è confermato dalla rielezione alla presidenza dell’Assemblea nazionale della macronista Braun-Pivet, nemica delle giuste pensioni, del popolo di Gaza massacrato da Israele, e sostenitrice della folle guerra della NATO in Ucraina. È anche confermato dal fatto che, utilizzando i giochi olimpici (iniziati con un discutibile omaggio alla “società dello spettacolo”) e dedicandosi a negoziati sotto banco, Macron sta prendendo tempo per non incaricare il primo ministro proposto dal NFP.
E allora cosa fare? Il Partito comunista rivoluzionario francese, che nulla ha a che fare con il PCF, sfida il NFP a cercare di realizzare il suo programma, che del resto non approva, e che non poteva essere credibile dal momento che era stato “fatto proprio” da forze moderate, con le quali si può stabilire un’alleanza solo da una posizione di forza, altrimenti – come Francia e Italia dimostrano – si rischiano il ripensamento, la paralisi, il passaggio al nemico. Propone anche un programma minimo, il cui successo non potrà certo basarsi sul dialogo, ma sulle mobilitazioni, che hanno già caratterizzato il panorama francese e che ci dovrebbero ispirare. Ecco i punti di questo programma: pace su tutti i fronti, abrogazione di tutte le contro riforme, primato delle leggi francesi sulla normativa europea, aumento immediato e consistente dei redditi da lavoro, tassazione dei profitti, ripristino della scala mobile soppressa nel 1983 dall’accoppiata Mitterrand-Delors per dare il via l’euro. Non è quello che vorrebbero anche i lavoratori italiani, se non fossero distratti dai falsi problemi e dalle menzogne quotidianamente somministrate?
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