Dal sito Dialegesthai (19 luglio 2002), https://mondodomani.org/dialegesthai - Ora in: Dialettica
riproposta - Stefano Garroni - lacittadelsole - a cura
di Alessandra Ciattini - Stefano
Garroni è
stato un filosofo italiano.
-----------------------------------------------
Negli anni Venti del nostro secolo, il neopositivista Moritz
Schlick sottolineava come conoscere (erkennen) sia propriamente un ri-conoscere
(wieder-erkennen).
Com’è noto, questo tema del conoscere come riconoscere già
lo abbiamo incontrato in Hegel; dunque, può destare qualche meraviglia
ritrovarlo in un ambiente (quello neo-positivista), che di solito considera
Hegel il campione del pensiero speculativo e metafisico, contro cui si
indirizza l’analisi linguistica, proposta, a partire dal Wienerkreis (Circolo
di Vienna, 1929), quale strumento terapeutico contro gli abusi linguistici [1]
e di pensiero.
La stessa puntualizzazione, che chiarisce come per Hegel non
si tratti esattamente di erkennen/wiedererkennen (riconoscere), ma sì di
erkennen/anerkennen (riconoscere, ma nel senso di legittimare), non ci toglie
dall’imbarazzo, dato che M. Schlick usa wiedererkennen, intendendo dire che
<conoscere X> equivale a ritrovare in X la possibilità di ricondurlo a
una certa forma o regola, nella quale la ragione ritrova o riconosce se stessa;
dunque, per Schlick, affermare che la ragione conoscendo, riconosce X, significa dire che la ragione legittima X, testimonia della sua razionalità, lo accetta nel dominio del razionale. A questo punto wiedererkennen vale esattamente anerkennen.
[2]
Da quanto detto, si possono ricavare due conseguenze:
(i) comune a due grandi momenti del razionalismo moderno
(pensiero di Hegel e Wienerkreis [3]) è la concezione del conoscere (che ha
nella scienza la sua espressione più compiuta [4]) come riconoscere/legittimare;
(ii) ciò posto, possiamo esaminare il tema nel solo Hegel, pur
avendo lo scopo di mettere in evidenza come conoscere/riconoscere implichi
certe condizioni, che valgono probabilmente per qualunque razionalismo moderno.
In Hegel, anerkennen (riconoscere/legittimare) gioca -non
per caso- un ruolo importante sia in ambito epistemologico [5], sia in ambito
etico-politico.
Perché? Rispondere ci obbliga ad un breve détour.
Chiarisco che quando parlo di tradizione dialettica intendo
la linea di pensiero Leibniz - Hegel - Marx. Ciò non significa, ovviamente,
ignorare le profonde radici aristotelico-platoniche del pensiero di Hegel (e
quindi le fondamenta nell’antichità classica dell’atteggiamento dialettico); né
significa ignorare il contributo grande, che alla dialettica hanno dato
personaggi come Descartes, Kant e lo stesso Fichte.
Significa semplicemente proporre i tre autori, che ho citato
(Leibniz, Hegel, Marx), come coloro, che più compiutamente hanno dato
espressione all’atteggiamento dialettico.
Ora, di cosa si occupa la dialettica? Qual è lo spazio, il
dominio del suo svolgersi?
L’indagine dialettica mira fondamentalmente -al suo livello
più alto, speculativo- a definire la grammatica (per così dire)
dell’inarrestabile dinamica dell’esperienza, a coglierne le forme generali e il
modo, la ragione del loro succedersi l’una dall’altra. A questo livello, la
dialettica può giungere ad una comprensione piena dei processi - ma, appunto, a
questo livello, in cui ciò che si conosce non sono determinate situazioni,
determinati contenuti, ma sì la forma del loro svolgersi.
Come si vede, la piena, assoluta conoscenza, che la
dialettica può raggiungere, ha un limite di un certo rilievo: è la piena,
compiuta conoscenza di … nulla, di nulla di determinato.
La risposta sembra indubbia: la dialettica è qualcosa che ha
senso, entro il dominio dell’esperienza storico-naturale dell’umanità.
In altre parole, la dialettica non ci parla del mondo, ma sì
dell’esperienza dell’uomo nel mondo; la dialettica non ci parla della società,
ma sì dell’esperienza dell’uomo nella società.
Detta altrimenti, la dialettica non parla di cose (il mondo,
la società, la natura), ma sì di sistemi dinamici di relazione: dunque, se il
suo dominio è quello dell’esperienza, ciò significa che è quello del continuo,
inarrestabile rapporto/scontro/conciliazione/ e così di seguito, tra uomo,
società e natura.
Ma esiste, anche, un altro livello: quello di un’analisi più
puntuale, dello studio per così dire di <insiemi regionali>, di
situazioni determinate, che tuttavia costituiscano un tutto, sufficientemente
definito.
Perché, in realtà, comprendere quale sia lo spazio della
dialettica significa, certo, cogliere la centralità della dimensione
dell’esperienza, ma appunto nei termini, che abbiamo già usato -intendo
l’<esperienza> in quanto sistema dinamico di relazioni uomo / natura /
società. Ma questo è, appunto, un tutto, il quale - essendo un inarrestabile
rapporto/conflitto/conciliazione e così via -, non è qualcosa di lineare, di
sempre identico a sé; piuttosto è qualcosa di travagliato, ricco di torsioni e
tensioni, insomma, un <tutto>, che ospita dentro di sé la contraddizione,
lo scompenso, la disarmonia, il <no>.
E’ un tutto -in questo senso qualcosa di identico a sé-; ma
un tutto travagliato, contraddittorio -e che, dunque, ha dentro di sé l’altro
da sé, ciò che lo smentisce, lo tormenta, lo minaccia. E’ un tutto sì, ma
dialettico, contraddittorio, ed esattamente per questo dinamico, inarrestabile.
Come si vede, il paradosso essenziale di questo tutto è di
comprendere entro di sé l’uguale e il diverso, l’identitario <sì> e il
differenziante <no>: ciò significa che la realtà di questo tutto,
paradossalmente, sta proprio nel dinamico richiamarsi dell’identico e del
diverso, del positivo e del negativo, ognuno dei quali trova nell’altro la
propria conferma.
Abbiamo già detto che il tutto di cui parliamo è
l’esperienza storico-naturale, di cui l’uomo è, ad un tempo, risultato a
protagonista: ma qual è la condizione perché esista una tale esperienza?
Evidentemente la vita sociale; solo in società, infatti,
l’uomo può avere rapporto con gli altri uomini e con la stessa natura; solo in
società, l’uomo può -mediante il rapporto sociale di lavoro- trasformare la
natura e, nello stesso momento, suscitare in sé nuove capacità, plasmare sé
stesso con nuove e più complesse abilità. Se comprendiamo questo, comprendiamo
facilmente come il tema del riconoscere/anerkennen, in Hegel, passi con totale
facilità dal piano propriamente epistemologico a quello etico-politico.
Ad es., per Hegel è vero che la mia volontà diviene qualcosa
di sicuro, stabile ed obiettivo, mediante la forma giuridica, cioè il
riconoscimento sociale; dunque, in ambito etico-politico, è vero che la
possibilità di affermare <X è obiettivo> rimanda all’esistenza di una
collettività organizzata in modo pubblico, ovvero mediante regole da tutti
conosciute. In altre parole, in quanto vivo nel contesto d’una esperienza
sociale organizzata, è vero che <obiettivo> significa riconosciuto da una
volontà collettiva, strutturata mediante istituzioni; in questo senso, la
pubblicità del diritto non è solo una garanzia per il singolo contro l’arbitrio
del Potere, ma sì anche un modo per dare effettiva consistenza all’individuo
mediante la società ed alla società mediante l’individuo.
A conclusione di questa breve nota, osserviamo che definire
il significato hegeliano di erkennen /anerkennen (conoscere, come riconoscere)
ci ha messo, anche, in condizione di precisare alcuni punti dell’ambito, entro
cui ha senso la dialettica (almeno nel significato, che il termine ha entro
quella tradizione, che giunge fino ad Hegel e Marx).
Naturalmente ciò non significa che in linea di principio non
sia legittimo usare il termine dialettica in altri contesti e con altri
significati.
Significa, però, che quando dialettica venga riferito a
dimensioni, che non sono l’esperienza storico.naturale dell’uomo, abbiamo a che
fare con qualcosa, di cui probabilmente non ha neanche senso chiedersi come
tradurre nel linguaggio (e, dunque, nella prospettiva e nella problematica) di
Hegel e di Marx.
1 - Versprechien - si noti che questo termine fa parte del
vocabolario freudiano.
2 - Si potrebbe dire che anerkennen occupa, semanticamente,
uno spazio, che comprende e unifica il significato di wiedererkennen, che già
conosciamo, e quello di ausweisen, legittimare.
3 - Sia pure per ragioni apposte, collocare il pensiero di
Hegel e il Wienerkreis entro lo svolgimento del razionalismo moderno può
destare qualche importante riserva. Evidenti motivi di opportunità, ci inducono
-ora- a mettere tra parentesi tale questione.
4 - Naturalmente è importante sottolineare una differenza:
in Hegel, la scienza (Wissenschaft) coincide con il punto di vista speculativo
o della ragione; per il Wienerkreis, al contrario, il modello della
scientificità è dato dal dominio delle scienze particolari (Einzel -
wissenschaft), che Hegel differenziava, invece, dallo Scientifico in senso
pieno, così come differenziava l’intelletto dalla ragione.
5 - Uso il termine semplicemente nel senso di pertinente il
conoscere.
Nessun commento:
Posta un commento