LA DANIMARCA, OVVERO
DELL’UMORISMO. – SULLA DIALETTICA HEGELIANA.
Il discorso cadde anche sulla Danimarca, dove sia Ziffel
che Kalle erano stati per un po’di tempo, poiché si trovava sulla loro strada.
ZIFFEL
Laggiù hanno un senso dell’umorismo addirittura proverbiale.
KALLE Ma non hanno ascensori, e lo
dico per esperienza. I danesi sono gente cordiale e pacifica, e ci accolsero
con grande ospitalità. Si ruppero la testa a pensare come potevano fare per
rendersi utili, ma poi ci si dovette arrivare da noi. L’idea fu quella di
trarre profitto dal fatto che nella case della capitale non ci sono ascensori,
ed ecco che qui intervenimmo noi, poiché tutti quanti dicevano che non era mica
dignitoso che noi si dovesse accettare l’elemosina invece di essere pagati per
un lavoro. Quando scoprimmo che i secchi della spazzatura se li dovevano portar
giù per le scale dall’ultimo piano, ci mettemmo a farlo noi: così era più
dignitoso.
ZIFFEL Sono tanto spiritosi. Si
divertono ancora oggi a parlare di un certo loro ministro delle finanze,
l’unico dal quale abbiano ricevuto qualcosa in cambio del loro denaro, e più
precisamente una barzelletta. Un bel giorno si presenta da lui una commissione
per controllare la casa, lui si alza con gran dignità e, battendo il pugno
sulla scrivania, dice: «Signori, se loro insistono per il controllo, io non
sono più il ministro delle finanze». Al che quelli se ne vanno e tornano dopo
sei mesi, e allora vien fuori che il ministro aveva detto la pura verità. Lui
l’han messo in prigione, ma venerano la sua memoria.
KALLE Il loro senso dell’umorismo
si è sviluppato specialmente durante la prima guerra mondiale. Rimasero
neutrali e si diedero al commercio, e che buoni affari! Tutto ciò che ce la
faceva a stare a galla finì in Inghilterra, lo smerciarono laggiù come imbarcazione;
cioè veramente non lo chiamavano imbarcazione, ma piuttosto materiale
navigabile, ciò che era più corrispondente al vero. Così il benessere nazionale
ebbe grande incremento. Le loro perdite in marinai furono le più altre di tutte
le potenze belligeranti.
ZIFFEL Sicuro, sono riusciti a
trovare il lato buono anche nella guerra. Vendevano pure carne in scatola,
mettendoci dentro tutto ciò che gli puzzava troppo per lasciarlo in giro.
Quando scoppiò la seconda guerra mondiale se ne stavano li pieni di speranzosa
attesa, disarmati fino all’ultimo bottone. Ripetevano continuamente: noi siamo
troppo deboli per difenderci, noi dobbiamo vendere maiali. Una volta un
ministro d’un paese straniero, volendo fargli cambiare idea, cercò di infonder
loro coraggio raccontando una storiella di animali della steppa: un’aquila era
calata d’un tratto su una lepre, che non poteva o non voleva più scappare.
Allora la lepre si rovesciò sulla schiena e con le zampe si mise a tempestare
di colpi il petto dell’aquila fino a sfondarlo. Le zampe della lepre sono molto
robuste, adatte a scappare rapidamente. I danesi risero molto della storiella,
trovandola divertente, ma al ministro dissero di sentirsi del tutto sicuri dai
tedeschi, perché se avessero occupato la Danimarca ben presto non avrebbero più
potuto comprare maiali, in quanto i russi non avrebbero certo più mandato gli
ingredienti per preparare il loro cibo. Si sentivano così sicuri che non si
spaventarono neanche quando i tedeschi gli proposero un patto di non aggressione.
KALLE Loro erano democratici, e ci
tenevano che ognuno avesse la sua brava libertà di fare dello spirito. Avevano
un governo socialdemocratico, e il presidente del Consiglio se lo tenevano solo
perché la sua barba era così buffa.
ZIFFEL Erano tutti convinti che da
loro il fascismo non avrebbe attecchito perché hanno troppo senso
dell’umorismo. Vivono più o meno del commercio dei maiali, e quindi dovevano
far buon viso ai tedeschi, che di maiali avevano bisogno; e intanto inventavano
barzellette su se stessi, come quella che nella vendita dei maiali bisogna
andarci piano, se no al maiale gli fa male. Purtroppo il fascismo non se l’ebbe
affatto a male perché non era preso sul serio in Danimarca; anzi un bel mattino
fece la sua apparizione con una dozzina di aerei e occupò tutto. I danesi hanno
sempre affermato che purtroppo il loro umorismo non è traducibile, perché
consiste di tanti piccioli modi di dire che hanno una loro intima comicità: il
che può aver contribuito al fatto che i tedeschi non si accorsero di non essere
presi sul serio. Oggi i danesi in cambio dei loro maiali hanno solo pezzi di
carta, così che il loro umorismo verrà messo a dura prova, perché altro è
vendere maiali a uno che si disprezza, e altro non essere pagati da uno che si
disprezza, nemmeno per un maiale.
KALLE Tuttavia un tiro se lo sono
permesso, al momento dell’occupazione. Quando i tedeschi arrivarono, era di
buon mattino: loro difatti son molto mattinieri, perché non hanno il sonno
tranquillo per paura della polizia. Un battaglione danese ebbe sentore
dell’invasione e, in formazione di marcia, si mise subito in moto. Si diresse
verso il Sund, che divide la Danimarca dalla Svezia; marciarono per parecchie
ore, finché giunsero al traghetto, si comprarono i biglietti e se ne andarono
in Svezia. Lì rilasciarono un’intervista, affermando che il battaglione avrebbe
lottato con tutte le forze per tenersi la Danimarca. Però gli svedesi li
rimandarono indietro: di battaglioni così ne avevano anche a sufficienza.
ZIFFEL Vivere in un paese
dove non esiste senso dell'umorismo è insopportabile, ma ancora più
insopportabile è vivere in un paese dove non se ne può fare a meno.
KALLE
Quando mia madre non aveva nulla da darci, niente
burro, ci spalmava umorismo sul pane. Non è cattivo, ma non sazia.
ZIFFEL
Quando si parla di umorismo, io penso sempre al filosofo Hegel; di cui sono
andato a prendermi qualche libro in biblioteca per non sfigurare con lei in
filosofia.
KALLE Me
ne racconti. Io non sono abbastanza istruito per leggermelo da me.
ZIFFEL Aveva la stoffa per essere
il più grande umorista tra i filosofi, pari solo a Socrate, che usava un metodo
simile. Ma lui a quanto pare fu sfortunato e dovette prendere un impiego
statale in Prussia, e così si diede anima e corpo allo Stato. Tuttavia aveva
innato, a quanto posso capire, un certo ammiccare degli occhi, come un difetto
di nascita, e se lo portò appresso fino alla morte; senza che lui stesso se ne
rendesse conto, ammiccava continuamente con gli occhi, così come un altro ha un
insopprimibile ballo di San Vito. Aveva un tale senso dell'umorismo che per
esempio non poteva assolutamente immaginarsi una cosa come l'ordine senza il
disordine. Egli si rendeva conto che proprio accanto all'ordine più perfetto si
trova il più grande disordine, anzi, giunse persino a dire: proprio nello
stesso posto! Per Stato egli intendeva qualcosa che sorge là dove si
manifestano i più forti contrasti tra le classi, di modo che l'armonia dello
Stato vive, per così dire, della disarmonia delle classi. Ha negato che uno sia
uguale a uno, non solo in quanto tutto ciò che esiste si tramuta continuamente,
senza sosta, in qualche altra cosa, e precisamente nel suo contrario, ma perché
niente è identico a se stesso. Come ad ogni umorista, gli interessavano
particolarmente le trasformazioni delle cose. Lei conosce l'esclamazione
berlinese «ma come ti sei cambiato, Emilio!». La viltà dei coraggiosi e il
coraggio dei vili gli diedero molto da pensare, e in generale il fatto che
tutto si contraddice, e in particolare la faccenda dei salti: lei mi capisce,
tutto fila tranquillo e liscio come l'olio e da un momento all'altro c'è il
patatrac. In lui i concetti si dondolavano sempre sulla sedia, il che in
principio fa un impressione molto rassicurante finché poi la sedia si rovescia.
Il suo libro La grande logica lo lessi una volta che avevo i
reumatismi e non potevo muovermi. È una delle più grandi opere umoristiche
della letteratura mondiale. Tratta della maniera di vivere dei concetti, queste
esistenze scivolose, instabili, irresponsabili; come s’insultano l’un l’altro e
fan la lotta a coltello e poi si siedono a tavola insieme per la cena, come non
fosse successo niente. Essi compaiono, per così dire, a coppie, ciascuno
sposato col suo contrario, e le loro faccende le sbrigano in coppia, cioè
firmano contratti in coppia, fanno processi in coppia, organizzano irruzioni e
scassi in coppia, scrivono libri e fanno dichiarazioni giurate in coppia, e
cioè come coppia completamente in disaccordo su ogni cosa. Ciò che afferma
l’ordine, lo confuta subito, possibilmente nello stesso momento, il disordine,
suo compagno inseparabile. Non possono vivere l’uno senza l’altro, né l’uno con
l’altro.
KALLE Il
libro parla solo di questi concetti?
ZIFFEL I concetti che noi ci
facciamo delle cose sono molto importanti: sono per così dire gli espedienti
che ci mettono in grado di muovere le cose. Il libro tratta del modo in cui
l'uomo può mettere il suo zampino tra le cause dei processi che avvengono. Lo spirito,
l’ironia di una cosa lui lo chiama la dialettica. Come tutti i grandi umoristi,
egli diceva tutto con la faccia più seria di questo mondo. Ma lei dove ne ha
sentito parlare?
KALLE In
politica.
ZIFFEL
Questo è un altro dei suoi tratti di spirito. I più grandi sovversivi si
definiscono allievi del più grande sostenitore dello Stato! Tra parentesi,
questo testimonia in favore del loro umorismo. Difatti, non ho mai visto un
uomo privo di umorismo che capisse la dialettica di Hegel.
KALLE Noi
di Hegel ci interessavamo moltissimo. Ci davano da studiare dei riassunti delle
sue opere. Sa, con lui è meglio attenersi ai riassunti – come il giorno prima
dell’esame. Ci interessava, per via che vedevamo tante cose che avevano uno
spirito dialettico come dice lei. Per esempio, che in quelli di noi che
venivano dal popolo e che andarono al governo ci siano stati così buffi
cambiamenti, e cioè che una volta al governo non erano più solidali col popolo,
ma soltanto col governo. La parola dialettica l’ho sentita la prima volta nel
1918. Era il momento che la potenza del Ludendorff era più grande che mai,
poteva ficcare il naso dappertutto, c’era una disciplina di ferro, e pareva che
dovesse durare mill’anni; invece mancavano ormai solo pochi giorni, e sul naso
ci mise un paio di occhialoni neri, e se ne andò lui oltre confine anziché
mandarci un nuovo esercito come aveva progettato. Oppure prenda certi
contadini, nelle dimostrazioni che facemmo per la riforma agraria. Erano contro
di noi perché dicevano che noi gli volevamo portar via tutto, e poi invece a
portargli via tutto furono le banche e i proprietari terrieri. Uno di loro mi
disse: sono questi i peggiori comunisti. Se questa non è una spiritosaggine!
ZIFFEL
La migliore scuola dialettica è l’emigrazione. I più acuti dialettici sono i
fuoriusciti. Essi sono tali appunto in seguito a certi cambiamenti, e quindi
non studiano altro che i cambiamenti. Dai più piccoli indizi presagiscono i più
grandi avvenimenti, se sono intelligenti, beninteso. Quando i loro avversari
vincono, subito son li a calcolare quanto sia costata la vittoria, e per le
contraddizioni hanno un occhio clinico. Evviva la dialettica!
Se non avessero temuto che alzandosi solennemente
in piedi e facendo un brindisi avrebbero dato troppo nell’occhio in quel
locale, per nessuna ragione al mondo Ziffel e Kalle sarebbero rimasti a sedere.
Ma vista quella buona ragione, si alzarono solo in ispirito. Poco dopo si
separarono e se ne andarono, ciascuno per la propria strada.
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