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al video della lezione tenuta
per l’Università popolare Antonio Gramsci su concetti analoghi
Segue da: I concetti fondamentali della filosofia di Hegel - Renato Caputo -
" : I concetti fondamentali della filosofia di Hegel (II parte) - Renato Caputo -
La struttura a spirale della verità
Lo sviluppo in tre momenti dell’assoluto –
logica, filosofia della natura e dello spirito – non segue
un ordine cronologico, ma un ordine logico. In effetti,
dal punto di vista cronologico la logica – ossia la grammatica
del reale – può essere estrapolata per astrazione sempre
solo dopo che la lingua, la realtà si è sviluppata
e consolidata.
Dal punto di vista cronologico avremo, quindi, prima lo sviluppo
della natura, oggetto della filosofia della natura, poi
lo sviluppo storico dello spirito umano, studiato dalla filosofia
dello spirito e, solo infine, l’astrazione della logica in
cui si articola inconsapevolmente l’evoluzione della natura e poi
il suo divenire più o meno consapevole nella storia dello sviluppo
dello spirito dell’umanità. Anche se, dal punto di vista sempre
cronologico, si potrebbe meglio dire che viene sempre prima lo
sviluppo fino al suo apice storico della filosofia dello
spirito umano, che diviene così consapevole di ricostruire
l’evoluzione della natura che è divenuta, consapevole di sé
proprio nel genere umano e, infine, ricostruisce (estrapolandola) la
logica seguita tanto dallo sviluppo naturale, che da
quello storico e spirituale. Quindi, dal
punto di vista temporale, è l’ultimo momento – ovvero lo spirito
dell’umanità che, giunto al suo massimo sviluppo in un determinato
momento storico – che, in quanto risultato, consente di porre, di
ricostruire, i momenti precedenti, ovvero la natura e la logica.
D’altra parte è quest’ultima a presiedere allo sviluppo tanto
della storia della natura quanto di quella dello spirito umano, dal
punto di vista logico ovviamente.
La verità, in effetti, ha per Hegel una struttura solo
apparentemente circolare in quanto, con il compiersi della filosofia
dello spirito, è possibile sì ricostruire la logica, ma si tratterà
di una logica più evoluta e complessa della precedente. Dunque, il
risultato solo apparentemente ritorna al suo inizio, compiendo il
circolo, ma in realtà sviluppa la struttura circolare a un grado più
elevato, come avviene nella spirale, che proprio per
questo costituisce la migliore metafora in grado di spiegare
l’articolarsi dei tre diversi momenti dell’assoluto. Del resto,
anche quest’ultimo naturalmente tende a mutare essendo non qualcosa
di morto, di dato una volta per tutte, ma qualcosa di vivente
in un continuo sviluppo storico. Così, da un punto di vista
storico più avanzato diviene, almeno possibile, sviluppare una nuova
versione aggiornata e riveduta, più complessa dell’assoluto e del
suo articolarsi e svilupparsi nella sua storia. Ossia saranno
possibili, necessariamente, elaborare interpretazione sempre
migliore, potendo prendere le mosse dalle precedenti e avendo in più
una maggiore esperienza storica dell’assoluto, per cui
la stessa storia della interpretazioni non può che
esse anch’essa infinita.
Sottolineiamo ciò, in particolare, in polemica con i troppi che,
persino oggi, continuano a equivocare, in modo più o meno
consapevole, accusando a torto il sistema hegeliano di essere chiuso
e di pretendere di voler dire l’ultima parola sullo sviluppo
storico dell’assoluto o, addirittura, di avere l’assurda pretesa
di porsi come fine della storia.
Le partizioni del sistema hegeliano
Dunque
l’assoluto,
che è l’oggetto generale e universale del
sistema delle scienze filosofiche di
Hegel, ha tre grandi partizioni corrispondenti ai tre momenti di
sviluppo dell’idea.
Abbiamo, come primo momento, la logica come idea ancora in
sé,
nel mondo puro e astratto del pensiero, che ancora non si è
confrontato con le realtà esteriore per realizzarsi in essa.
Passiamo, quindi, alla filosofia
della natura,
ovvero al momento in cui l’idea, comincia a uscire dal puro ambito
del pensiero, per fare i conti con l’altro da sé, in primo luogo
con la natura. In quest’ultima il concetto, per divenire idea, deve
cercare di ritrovare se stesso, ovvero deve cercare di ritrovare
dietro i fenomeni infinitamente molteplici della natura delle
regolarità e, addirittura, delle leggi sempre più universali,
attraverso cui l’altro
dalla ragione,
dall’idea comincia ad assumere un senso.
In questo momento il concetto, appena uscito dal mondo puro del
pensiero, dove tutti i conti tornano, inizia a sperimentarsi dai
gradi più bassi, meno complessi della realtà, della natura che,
però, sono al contempo i più estranei al mondo del pensiero.
Proprio perciò l’idea uscendo da sé e calandosi nel mondo
dell’altro da sé, della natura, tende inevitabilmente
a disperdersi nelle partizioni tendenzialmente
infinite mediante cui tende a organizzare e a dare un senso
al proteiforme mondo naturale. Un senso che, per quanto
l’idea cerchi di ricostruire la logica dello sviluppo della natura,
resta al contempo sempre altro dalla natura stessa. In quest’ultima,
in effetti, proprio in quanto non è un prodotto della ragione, è
possibile rinvenire un senso logico solo fino a un certo grado, a un
certo livello di astrazione. Poi, più ci si addentra nel particolare
del proteico mondo naturale, più questa logica, questa intima
razionalità, questo senso che la ragione si sforza di ritrovare
tende, progressivamente, a dileguare.
Proprio per questo, dopo aver delineato i lineamenti fondamentali
dello sviluppo della natura, che corrono sempre il rischio di
apparire un po’ forzati, in quanto si pretende di imbrigliare nelle
regole della ragione il suo altro, Hegel passa a occuparsi del regno
dello spirito umano. In altri termini, dopo aver tracciato i
lineamenti fondamentali dello sviluppo della natura dalle sue forme
più semplici e disorganiche, bisognerà seguirne il suo progressivo
prendere coscienza di sé nell’uomo. Anche perché solo nell’uomo,
nel suo uscire dal mondo puramente naturale attraverso
l’autocoscienza e nel suo operare in funzione della realizzazione
del proprio mondo – lavorando l’altro da sé, la materia, sino a
dare vita a una seconda natura – solo allora lo spirito si sentirà
nuovamente a casa, nel suo ambito, in un mondo che è il prodotto del
rapporto di interscambio tra lo spirito dell’uomo
e la materia della natura.
La dialettica
Lo
spirito, in quanto in continuo divenire,
si sviluppa attraverso un movimento che ha una sua logica interna e
che è il movimento dialettico. La dialettica è, dunque, la forma
del movimento tanto della logica – del mondo del puro pensiero –
quanto del mondo dello spirito, della seconda natura che l’uomo si
è finalisticamente costruito mediante il metabolismo
con la natura.
Ma la dialettica in quanto, sebbene in forma incosciente, è
costretta in un primo momento a svilupparsi nell’altro da sé, essa
è, almeno a livello generale, il movimento necessario a comprendere
la logica
di sviluppo della natura,
in assenza della quale anche le scienze naturali sarebbero
impossibili.
Anche il pensiero, come l’assoluto e il sistema che lo prende come
proprio oggetto fondamentale, può essere descritto, nella sua logica
di sviluppo, secondo tre momenti fondamentali. Abbiamo, così, in
primo luogo il pensiero nella forma analitica dell’intelletto che,
pretendendo di conoscere la realtà scomponendola nelle sua
componenti la conosce solo in modo astratto, perché ogni aspetto
della realtà non ha il proprio senso solo in sé stesso, nel suo
differire e contrapporsi a tutti gli altri, come pretenderebbe
l’intelletto, ma solo nel rapporto che ogni aspetto del reale ha
con gli altri aspetti e con la realtà nel suo insieme, nel suo
complesso, nella sua totalità.
Il
secondo momento di sviluppo del pensiero, della nostra conoscenza
della realtà, è il momento dialettico proprio
della ragione
negativa,
così definita in quanto volta a negare e superare tutte le
distinzioni e le partizioni introdotte dall’intelletto nella
pretesa di poter dar conto, a uno a uno, in modo analitico dei
diversi aspetti della realtà, come se fossero in sé essenti,
avessero in sé la loro verità, fossero dunque causa
sui.
In tal modo, il momento negativo mostra sempre l’altra faccia della
realtà, dove l’intelletto ad esempio si fissa nel cogliere i
momenti di identità fra due fenomeni diversi, la ragione negativa
riporta l’attenzione proprio su quest’ultima, ovvero
sulla differenza.
Al contrario quando l’intelletto si fissa nella differenziazione e
contrapposizione di due aspetti della realtà, la ragione negativa ne
mostra invece l’identità, essendo appunto entrambi aspetti della
stessa realtà e definendosi unicamente nel rapporto reciproco che li
lega anche nella loro contrapposizione.
Il terzo e ultimo momento del processo conoscitivo è il momento
propriamente speculativo o razionale
positivo in quanto non si limata a scardinare ogni
astrazione intellettuale, ma ricomprende in sé gli aspetti analitici
della realtà scandagliati dall’intelletto in uno sguardo
d’insieme, in grado di giungere a una conoscenza sintetica della
totalità, che costituisce l’unica realtà effettiva,
mentre i suoi singoli momenti sono mere astrazioni
dell’intelletto.
L’intelletto
L’intelletto,
dunque, tende a separare per meglio comprenderla analiticamente, nei
suoi aspetti particolari, la totalità
organica del reale in
tanti esseri determinati, esistenti,
separandoli all’infinito gli uni dagli altri. Coglie in tal modo
le differenze,
i diversi aspetti della realtà, ed è perciò essenziale per lo
sviluppo delle scienze naturali, ma perde di vista il momento
dell’identità,
ovvero che si tratta di diversi aspetti di un’unica realtà, ognuno
dei quali tende a definirsi nella relazione-contrapposizione che lo
lega agli altri. L’intelletto tenendo fermo il proprio oggetto, si
fonda sul principio
di identità e non
contraddizione della
logica formale della tradizione aristotelica, proprio perché coglie
ogni aspetto del reale nella sua specifica determinazione.
La
ragione negativa o dialettica costituisce
il momento propriamente dialettico del processo conoscitivo, in
quanto rimette in movimento i diversi esseri determinati e fissati
per sé dall’intelletto, ponendoli in relazione gli uni agli altri.
Tale momento si fonda sula nota massima di Baruch Spinoza per
cui omnis
determinatio est negatio,
ovvero ogni determinazione dell’intelletto si specifica come
negazione di tutto ciò che non è. Così ogni determinazione nel
porsi per sé, non può che richiamare l’opposta determinazione,
mediante la quale soltanto si definisce. Così, ad esempio, il finito
è tale solo in relazione all’infinito, il bene si determina in
contrapposizione al male, l’intelletto è un momento della ragione
in senso lato, come totalità dei tre momenti fondamentali in cui si
articola il processo conoscitivo.
Il vero come unità sintetica delle opposte determinazioni in cui
si articola
Il vero
è l’intero,
inteso come unità sintetica delle opposte determinazioni che ne
costituiscono i momenti.
Il vero è, perciò, unità del momento
razionale e del suo opposto reale,
del momento astratto del
pensiero e del concreto dell’essere, del soggetto
conoscitivo e dell’oggetto conosciuto,
dell’uomo e della natura, del finito e dell’infinito, dell’uomo
e di dio,
dell’ideale e del materiale, della
storia e della filosofia, della teoria e della prassi.
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