lunedì 19 marzo 2018

La Cina corre...

Da: https://www.italiaoggi.it


La Cina corre e si prende un ruolo guida mondiale sui salari: ora la busta paga media cinese supera quelle dell'Est Europa - Tino Oldani


Ricordate ciò che tutti dicevano fino a ieri sulla povertà dei salari in Cina? Bastava investire dieci dollari per pagare cento operai, produrre scarpe da tennis a Shangai, e l'affare era fatto. Non è più così: la pacchia è finita. A Shangai le retribuzioni medie mensili ammontano a 1.135 dollari; a Pechino sono a 983 dollari, e a Shenzen poco di meno: 938 dollari. Un analista di Forbes, Kenneth Rapoza, le ha messe a confronto con le buste paga medie dei paesi dell'Est Europa, constatando che ora quelle cinesi sono più ricche. In Croazia, nuovo paese membro dell'Unione europea, lo stipendio medio netto è di 887 dollari al mese. I cinesi di Shangai, Pechino e Shenzen sono pagati meglio anche di quelli che lavorano in Romania, Bulgaria, Slovacchia, Albania e Montenegro, paesi nei quali molte imprese europee, italiane comprese, avevano delocalizzato gli impianti, prima di emigrare in Cina.

«La crescita dei salari in Cina è impressionante», scrive Rapoza. A conti fatti, tranne la Polonia (1.569 dollari) e la Repubblica Ceca (1.400 dollari), tutti i paesi dell'Europa orientale che fino al 1989 facevano parte dell'orbita sovietica, comprese Lituania, Lettonia ed Estonia, oggi hanno buste paga mensili inferiori a quelle cinesi. Un gap che si spiega con la maggiore velocità con cui l'economia cinese ha saputo integrarsi nell'economia globalizzata.

Nel 1990, sommando Cina e Europa orientale, la popolazione attiva potenziale tra 24 e 64 anni era pari a 820 milioni di persone: un serbatoio enorme di manodopera a basso costo che, grazie al crollo dell'Unione sovietica, alla globalizzazione e all'ingresso della Cina nel Wto (Organizzazione del commercio mondiale), è cresciuto fino a 1,2 miliardi di persone nel 2015. Un aumento di 380 milioni di lavoratori sottopagati, a cui si sono aggiunti circa 80 milioni di popolazione attiva nei paesi europei industrializzati, cresciuta da 685 milioni nel 1990 a 763 milioni nel 2014. «L'ingresso di questi due enormi bacini di manodopera a basso costo nella forza lavoro mondiale», scrive Rapoza, «ha posto le basi per la stagnazione dei salari tra i lavoratori meno qualificati delle catene di montaggio di tutto il mondo». Una stagnazione dalla quale la Cina sta uscendo più rapidamente dei paesi dell'Est europeo, grazie a due motori molto potenti: il commercio estero e gli investimenti strategici.

La quota del commercio cinese su scala mondiale, pari al 2% nel 1990, è oggi del 15%. Quanto agli investimenti, il presidente Xi Jinping (appena nominato a vita), con i 900 miliardi di dollari destinati alla conquista dell'economia globale attraverso il faraonico progetto chiamato «La nuova via della seta» (infrastrutture, trasporti e logistica), ha lanciato una vera e propria sfida agli Stati Uniti per la supremazia economica nel mondo. Un progetto immenso, a cui si affianca quello denominato «Risveglio cinese», che prevede, tra l'altro, un primo centro di studi sulle intelligenze artificiali del valore di 2,1 miliardi di dollari. Con un primo risultato clamoroso: in un solo anno, ben 440 mila tra ingegneri supertecnici, docenti universitari e colletti bianchi cinesi, cresciuti e arrivati al top negli Usa e in Canada, sono tornati in Cina per portarvi il meglio del sapere occidentale. Una fuga di cervelli verso Pechino, che sta attirando anche molti giovani laureati dei paesi europei.

Le statistiche dicono che la Cina è ormai a un passo dal sorpasso sugli Stati Uniti per quanto riguarda gli investimenti stranieri, con l'astronomica somma di 71 miliardi di dollari investiti dai «venture capitals» occidentali solo nel 2017. Inoltre, per quanto soggetto a restrizioni e censure governative, internet può contare in Cina su 751 milioni di utenti. Un fattore di crescita più che evidente, visto che, per ammissione di Bloomberg, «tre delle cinque più ricche startup del mondo sono in Cina, non in California».

In conclusione: la Cina sta assumendo un ruolo chiave nel mondo non solo per orientare in futuro le buste paga del settore manifatturiero, ma anche di quelli più evoluti, dall'e-commerce in su. Una tendenza che, proiettata sull'Europa intera, non solo su quella dell'Est, fa intravedere uno scenario impensabile fino a ieri: sperare che i salari cinesi salgano ancora di più, per avere poi buste paga più pesanti anche nella vecchia Europa. Quanto meno nei paesi europei che riusciranno a restare competitivi sul piano globale. Il che vale più che mai per l'Italia, ammesso che i partiti politici oggi vincitori, M5S e Lega, riescano a conservare per il nostro paese un posto nel G8. Impresa di cui, visti i programmi, è lecito dubitare assai.

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