venerdì 14 agosto 2015

Una candela che brucia dalle due parti. Rosa Luxemburg tra critica dell’economia politica e rivoluzione - Riccardo Bellofiore



 In una lettera dal carcere del 2 maggio 1917 (Rosa) scrive:

   Interiormente, mi sento molto più a mio agio in un piccolo tratto di giardino, come qui, o in un campo, stesa sull’erba e circondata di calabroni, che in un congresso del partito. A voi posso dire tutto ciò, voi non mi sospetterete subito di aver tradito il socialismo. Voi lo sapete, malgrado questo spero di morire al mio posto: in una battaglia di strada o in un penitenziario. Ma nel mio intimo, io appartengo più agli uccelli che ai miei “compagni”. E questo non perché solo nella natura, come tanti politici che hanno fatto interiormente bancarotta, io trovo un rifugio, un riposo. Al contrario, io trovo nella natura, come tra gli uomini, tanta crudeltà, che ne soffro molto.

Ed ancora in un’altra lettera del 3 luglio 1900 al suo compagno di allora, Leo Jogiches, leggiamo queste frasi:

   Noi, tutti e due, internamente “viviamo” di continuo, cioè cambiamo, cresciamo, perciò di continuo si crea una sproporzione, uno squilibrio, una disarmonia di alcune parti dell’anima con le altre. Dunque bisogna fare una continua revisione interna, ricostituire l’ordine e l’armonia. C’è sempre qualche cosa da fare con se stessi, ma per non perdere mai la misura delle cose, che consiste a mio avviso nell’utilità della vita esteriore, l’atto positivo, l’attività creativa, in una parola per non affondare nella consumazione e nella digestione spirituale, ci vuole il controllo di un’altra persona, che ci sia vicina, che comprenda tutto, ma che sia fuori da questo “io” che cerca l’armonia.

 Della persona che ha scritto in uno dei suoi ultimi articoli su Rote Fahne, nel dicembre 1918, “Un mondo deve essere distrutto, ma ogni lacrima che scorra sul volto, per quanto asciugata, è un atto d’accusa” non si può, non si deve, perdere la tensione tra momento della lotta e momento della com-passione: non lo si può, non lo si deve perdere, perché è appunto nel legame tra “forza” della trasformazione sociale e “debolezza” che si riconosce in sé e cui si vuole dare spazio nel mondo che risiede quanto di più inquietante ed innovativo questa rivoluzionaria può dire a noi ancora oggi. 

Nessun commento:

Posta un commento