Il movimento di tipo populista cerca in primo luogo un capo
carismatico capace di portarlo alla vittoria, un’incarnazione dello spirito di
rivolta, sottratto alle alchimie partitiche. Nello stesso tempo, il leader
carismatico agisce da “riduttore di complessità”, rispondendo anche all’
esigenza di forte semplificazione della politica. Il populismo aspira a portare
i problemi “al livello del popolo” che ritiene educato quanto basta a capire
l’essenza dei problemi, delegando il dettaglio tecnico a quanti il “Capo”
designerà a questo scopo. In un certo senso, il “tecnico” (inteso come
depositario di un sapere esclusivo che determina la scelta politica) è ancora
più del “politico” il nemico da battere, per cui le questioni vanno spogliate
dalla loro complessità, ridotte nei termini più “semplici” e decise, affidando
al tecnico un ruolo meramente esecutivo terminale. E spesso questa avversione
al tecnico si accompagna ad una istintiva diffidenza verso l’intellettuale in
genere (l’anti intellettualismo è una componente estremamente ricorrente del
populismo).
Se la protesta del 1992-93 faceva ancora uso delle categorie
politiche di destra e sinistra, quella attuale le respinge per reclamare la
soggettività del “popolo” in quanto tale, che si presenta nella sua “unità”
contro divisioni viste come funzionali solo agli interessi della classe
politica. Ed in questo senso, quella attuale è una forma di populismo radicale,
estraneo alla classe politica, assai poco incline alla mediazione.
La classe politica della Seconda Repubblica, ha usato il
populismo come strumento di raccolta del consenso, vellicando spesso gli umori
antipolitici della società, ha distrutto o ridotto all’impotenza i corpi
intermedi fra Stato e società (partiti, sindacati, associazionismo ecc.) non ha
prodotto alcun materiale di cultura politica (riviste, centri studi, inchieste,
convegni, grandi dibattiti politici ecc. sono
un lontano ricordo del passato di cui non c’è traccia alcuna nello
scorso ventennio).
Per cui, se la classe politica della Prima Repubblica aveva
–nel bene e nel male- condotto un’opera di alfabetizzazione politica delle
classi popolari, socializzandole alla democrazia, quella della Seconda hanno fatto una sorta di
sistematica “anti pedagogia politica” che ha prodotto una spoliticizzazione di
massa.
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