Alcune aziende che quindici anni fa non esistevano, come Google e Facebook, oggi costituiscono la nuova e potente oligarchia planetaria del capitalismo digitale. Internet ne rappresenta l’intelaiatura, e i suoi utenti, vale a dire circa tre miliardi di persone, la forza lavoro utilizzata. Le nuove tecnologie digitali fanno ormai parte della nostra vita quotidiana, le portiamo addosso e controllano tutti gli ambienti della vita sociale, dai luoghi di lavoro ai templi del consumo. Questo libro propone una riflessione sui dispositivi attraverso i quali questa oligarchia e queste tecnologie catturano e colonizzano il nostro immaginario a fini di profitto economico e di controllo sociale. E mette in luce il risvolto di tutto ciò, ovvero l’emergere di una nuova e impercepita sudditanza di quel popolo virtuale che, riversando ingenuamente messaggi, fotografie, selfie, ansie e desideri su piattaforme e social-network, contribuisce con le sue stesse pratiche a rafforzare il dominio del nuovo impero. Non conosciamo ancora le conseguenze sui tempi lunghi di questo ulteriore passaggio del modo di produzione capitalistico. Chiara invece appare la necessità di immaginare pratiche di decolonizzazione personale e collettiva per istituire nei luoghi ordinari della vita varchi di liberazione.
“L’anima si colora con
il colore dei suoi pensieri” (Marco Aurelio)
Neuroplasticità cerebrale: “In campo medico l’istruzione è
ritenuta unanimemente il fattore decisivo per la salute di un individuo (...)
inoltre l’istruzione rende liberi – liberi da molte costrizioni, perché chi è
istruito può porsi criticamente nei confronti di sé stesso e del proprio
ambiente e non è esposto passivamente alle contingenze. Questo riduce lo
stress, che a sua volta distrugge i neuroni“. (…) “I fondamenti (…)
dell’apprendimento permanente (Long Life Learning) stanno in una buona
istruzione nell’infanzia e nell’adolescenza“. (M. Spitzer, 2012)
La «riserva cognitiva»: tutto dipende dal punto in cui si
parte
Concetto centrale: più tardi veniamo esposti al sistema
digitale (comunque dopo l’età dello sviluppo) più facilmente riusciamo a
mantenere intatte le capacità cognitive che vengono compromesse da un uso
intenso dei media digitali.
Un adulto che comincia ad utilizzare i media digitali
dispone di sufficiente esperienza nella ricerca, memorizzazione e gestione
delle informazioni, perché ha sedimentato nel suo cervello un passato
«analogico».
Un bambino che non ha ancora sviluppato la corteccia
prefrontale (che guida il comportamento previsionale, la pianificazione di
schemi di azione nel tempo, la capacità di relazione con il mondo esterno) e
che viene precocemente esposto ai media, crea da zero le sue capacità cognitive
di base sul modello digitale, con tutte le conseguenze osservate dagli studi.
In pratica: se partiamo da «più in alto», ci accorgiamo meno
della discesa… Chi parte da molto basso, invece, è già subito a valle…
http://www.davincialba.it/clil-genta/demenza-digitale.pdf
La società del controllo è un fatto irreversibile,
afferma Lyon; così come la modernità è divenuta liquida e non c’è
più possibilità che ritorni al suo stato solido, aggiunge Bauman.
Le tecnologie della sorveglianza aiutano tuttavia
gli uomini e le donne a migliorare la propria vita, perché riducono
al minimo il tempo dedicato alle mille incombenze quotidiane. Ma ecco profilarsi
un altro caso di ambivalenza: l’immanente conseguenza dei molteplici
dispositivi della sorveglianza è infatti il controllo capillare
e diffuso dei comportamenti individuali e collettivi . Viene
così progressivamente cancellata ogni tipo di intimità. La vita dei singoli
è ridotto a un profilo dove consumi, relazioni sentimentali,
lavorative vanno a comporre un aggregato di dati gestito dallo Stato
e da parte di imprese che utilizzano quei dati per le proprie strategie
di marketing; o per venderle ad altre imprese. L’«economia dei big
data» è possibile proprio grazie a questa incessante espropriazione
delle relazioni sociali ridotte a consumi, gusti, attitudini (...) il
«sesto potere» costituito dalla sorveglianza è rappresentato da un
inedito complesso militare-digitale sancito da un’alleanza tra pari tra lo
stato e imprese che raccolgono, gestiscono ed elaborano una massa
imponente di dati individuali.
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